Autore Topic: Gazzetta 30/01/2012  (Letto 385 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline lollapalooza

  • Power Biancoceleste
  • *
  • Post: 5312
  • Karma: +202/-3
  • Sesso: Maschio
    • Mostra profilo
Gazzetta 30/01/2012
« : Lunedì 30 Gennaio 2012, 11:03:35 »
Edizione Locale


«Nessuna dedica Io ci sono sempre»

Il colpo Honda e i cambi di Reja? Hernanes firma la replica
E quando segna lui, la Lazio vince. Cisse: «Forse vado via»



Un gol con dedica (quasi) polemica, una buona prestazione, ma anche la solita, immancabile sostituzione. Il pomeriggio del Bentegodi è trascorso per Anderson Hernanes tra i consueti alti e bassi. Il Profeta è tornato, questo è fuori discussione.
Lo certificano i tre gol realizzati in questo gennaio dopo un digiuno di tre mesi, lo testimoniano anche prestazioni di nuovo toniche dopo un periodo non proprio brillante. Eppure è come se ci fosse ancora qualcosa che non va.
Hernanes non è il totem che fu nello scorso campionato e Reja non smette mai di ricordarglielo con le sostituzioni che gli riserva (ieri la 12a in campionato, la 31a in Serie A: nonostante il gol ha ceduto il posto a Matuzalem a metà ripresa).
E, come se non bastasse, ecco che la società è pronta a mettergli affianco un giocatore dalle caratteristiche molto simili alle sue: il giapponese Honda.

Portafortuna Lui, il Profeta, va però avanti per la sua strada. «Questo gol realizzato al Bentegodi (il quinto in campionato, ndr) mi rende felice, ma non ha alcun significato particolare, anche perché io non devo dimostrare niente a nessuno. Credo che il mio contributo l’ho sempre dato, a prescindere dai gol fatti». Che però sono particolarmente importanti, perché quando segna lui la Lazio vince.
È successo in ognuna delle quattro precedenti gare in cui il brasiliano aveva fatto gol, ed è accaduto anche stavolta a Verona. Tra  l’altro, ogni volta che segna lui (è successo a Firenze, a Cesena, nel derby, con l’Atalanta) poi segna pure Klose. Un binomio, quello del brasiliano e del  tedesco, che sta portando la Lazio in alto, dove nessuno a inizio stagione osava immaginare.

Mercato Eppure Hernanes non è più al centro della Lazio come accadeva nella scorsa stagione.
Le sostituzioni di Reja sono sempre più frequenti, ma non sono solo quelle a turbare il brasiliano. Anche i movimenti di mercato di Lotito e Tare lasciano poco tranquillo il Profeta. L’acquisto di Honda è ormai una questione di ore. Ieri alcuni giornali giapponesi lo davano già per fatto, con tanto di imminente sbarco del centrocampista nipponico a Roma. In realtà la trattativa-fiumecol Cska non è ancora chiusa, anche se la sensazione è che alla fine l’affare andrà in porto. Così come la cessione di Cisse al Qpr. Ieri, uscendo dal Bentegodi, il francese ha confessato: «Andrò via? Non lo so, forse...».
Addirittura il Leone Nero potrebbe partire a prescindere dall’arrivo di Honda.Hernanes,  intanto, attende con calma olimpica gli sviluppi delle ultime ore di mercato.
Sente di essere tornato il giocatore in grado di risolvere da solo le partite. Ed è sicuro di continuare a dimostrarlo.
Con o senza Honda.




«Una Lazio perfetta Sì, da Champions»



Reja a sole due vittorie dal primato di successi esterni: «Il terzo posto resta il nostro obiettivo»

Ha avuto la risposta che voleva dopo il doppio k.o. di San Siro. Edy Reja sapeva che la sua Lazio era ancora viva e vegeta, nonostante un mese di gennaio non proprio esaltante, ma era necessario che fosse (anche) il campo a dirlo. Il Bentegodi, ancora una volta «amico» dei biancocelesti, ha fornito la tanto attesa conferma. «È stata una vittoria fondamentale per noi — dice, raggiante, il tecnico a fine gara —. Dopo le due sconfitte di San Siro era importantissimo tornare a vincere.
Lo abbiamo fatto con pieno merito e grazie ad una prestazione perfetta sotto tutti i punti di vista. Ed è proprio questa considerazione che mi rende ancora più felice. Non è facile per nessuno venire a Verona e battere il Chievo per 3-0. Sapevo che la squadra era in buone condizioni, però quando i risultati non arrivano c’è il rischio che poi il rendimento ne risenta, ecco perché la partita di oggi era di vitale importanza per noi».

Avanti così Al Bentegodi, dove la Lazio ha vinto le ultime cinque gare disputate contro il Chievo (e sei delle ultime sette), la banda di Reja ha colto la sesta vittoria esterna. Il record assoluto di successi fuori casa è per i biancocelesti di otto, conquistato sia dalla Lazio di Eriksson sia da quella di Mancini (con il torneo a 18 squadre) e di Delio Rossi (a 20). Visto che siamo appena a metà campionato per Reja è lecito sperare di migliorare questi primati. Ma soprattutto, dopo questa vittoria ed in virtù dei risultati di giornata, è lecito sperare di lottare fino in fondo per il terzo posto
che significa qualificazione in Champions League: «È il nostro obiettivo, ma la stagione è ancora troppo lunga per dire dove potremo arrivare e quali traguardi poter inseguire. Adesso sarà  fondamentale trovare conferme nella gara di mercoledì contro il Milan, speriamo di fare in tempo a recuperare le energie. E poi saranno fondamentali gli scontri diretti che avremo in primavera: la corsa alla Champions si deciderà in quelle partite»


RADU Con il Milan per vincere

«E adesso sotto con il Milan». Stefan Radu sorride e manifesta l’umore di una squadra che, dopo le
batoste degli ultimi giorni, è tornata prepotentemente a farsi avanti in classifica. «Una grande vittoria che significa molto per noi perché ci rilancia in chiave Champions League — afferma il giocatore —. D’altra parte, anche contro l’Inter una settimana fa avevamo disputato una buona gara e non meritavamo assolutamente di perdere. Sappiamo tutti come è andata. Col Chievo
abbiamo sofferto poco in difesa e questo è un buon segnale. Stiamo ritrovando la solidità dello scorso anno». Ora arriva il Milan e la Lazio sente di potersela giocare. «Rispetto alla partita persa in Coppa — sottolinea Radu — dovremo essere più cattivi. Per il resto credo che come squadra non
ci manchi nulla per aspirare a vincere». Dal mercato potrebbe giungere qualche buona notizia. «Se arriva qualcuno a rinforzare la squadra è bene accetto — conclude il difensore — ma
intanto noi dobbiamo pensare a dare il massimo e a non sprecare più occasioni. Il successo sul Chievo sicuramente ci dà la spinta giusta per guardare avanti con ottimismo».
Giancarlo Tavan


Edizione nazionale

Il doppio colpo del killer con il silenziatore

KLOSE
Cecchino implacabile e uomo squadra di poche parole, Reja stravede per il tedesco: «È un campione assoluto, un fuoriclasse vero»

No, non poteva mancare il suo acuto anche a Verona, meta particolarmente amata dai tedeschi, a due passi da quel lago di Garda che d’estate diventa una specie di enclave germanica in Italia. No, Miro Klose non poteva proprio steccare l’appuntamento del Bentegodi. Si è fatto attendere, come
spesso fanno le star. Ma alla fine ha colpito, eccome se ha colpito. Per due volte, con disarmantefacilità, con disarmante puntualità. Due reti che hanno evitato alla Lazio e ai suoi tifosi minuti finali ad altissima tensione. Perché quell’1-0 che resisteva da metà del primo tempo
cominciava a scricchiolare per il forcing del Chievo. Ci ha pensato lui, Miro «Mito» Klose, a
mandare tutti sotto la doccia con qualche minuto d’anticipo. È la sua seconda doppietta italiana,
dopo quella di Lecce. Una doppietta che porta il totale, in campionato, a quota 12, cifre che alla Lazio non si vedevano dai tempi di Signori, Vieri e Crespo. Cioè dai tempi in cui la squadra biancoceleste era piena zeppa di fuoriclasse.

Fuoriclasse Klose non ci sarebbe stato male in quella squadra. «Per lui ormai c’è davvero poco da dire. È un campione assoluto, un fuoriclasse vero», si è lasciato andare Edy Reja.
Eccessivo? No, perché Klose si è davvero rivelato molto più forte e determinante di quanto si pensasse prima del suo arrivo in Italia. Non solo cecchino implacabile, ma anche uomo squadra. Un leader silenzioso, non perché il suo italiano sia ancora un po’ stentato, ma perché i giocatori carismatici non hanno bisogno di troppe parole. A loro basta uno sguardo, un gestosemplice. Come quelli che il tedesco concede dopo i suoi gol. Un piccolo movimento delle sopracciglia, il segno
«Ok» con le mani, un abbozzo di sorriso. Del resto, che volete che faccia uno che in carriera ha segnato più di 250 gol, 63 dei quali con la maglia della Germania? I compagni lo amano proprio per questa semplicità, che è anche la sua grande forza.Ma a volte lo vedono come un marziano, come
quando (dopo ogni partita) si immerge in una vasca piena di ghiaccio. Roba da matti. Come fare 12 gol in 19 partite al primo anno in Italia. Roba da Klose.

Verona è casa Lazio Hernanes e Klose stendono il Chievo



Per la quinta stagione di fila i biancocelesti sbancano
il Bentegodi e si riavvicinano alla zona Champions


Benvenuta al Nord, madame Lazio, ricevuta con graziose maniere in quella che vorrebbero chiamare Padania ma che resta incantata dal fascino di Roma capitale. Due sconfitte in due passaggi a Milano (è sempre Nord, ma multietnico) tra domenica e giovedì potevano indurre lo stato di crisi, di solito può bastare anche meno.
Ma il Chievo si è sempre preso cura delle difficoltà
laziali e anche stavolta le ha dissolte: questa è la quinta vittoria consecutiva biancoceleste al Bentegodi e negli undici passaggi complessivi si legge una sola sconfitta. Il giro a Verona è tonificante come una piscina d’acqua calda termale. Se poi anche le rivali si adeguano alla giornata dell’Aquila, Reja sorpassa l’Inter e avvicina l’Udinese, insomma zona Champions a portata di mano,
come del resto un anno fa.

Sì viaggiare La sesta baldoria di campionato in trasferta appiana anche alcune difficoltà,
come quelle di Hernanes che vede la scia di Honda in arrivo e apre le esultanze, oppure fornisce
la conferma dell’acquisto dell’anno, cioè Miroslav Klose. La differenza tra il tedesco e i compagni è questa: gli altri sbagliano e tengono il Chievo in corsa fino quasi al termine; lui invece naviga nelle
debolezze altrui e in novanta secondi pennella la doppiettache lo porta a quota 12 in campionato. È vero: il 3-0 è esagerato e i gialloblù hanno la possibilità del pari poco prima della sentenza  teutonica. L’elegante Thereau butta il premio di migliore dei suoi rifiutandosi di sgonfiare Marchetti,
mentre nel primo tempo Pellissier aveva centrato il portiere. Però la banda di Reja chiude in testa in quanto a palle- gol (9-4): il suo problema è che somiglia troppo a Lulic.

I motivi Il bosniaco e Dias sono gli unici «di campo» a non aver perso un minuto dei tre impegni settimanali. Lulic è fra i più bravi, taglia in area e copre, fa stendere Sorrentino o costruisce il vantaggio. Ma quando deve chiudere, parte in slalom, dribbla anche il portiere e centra la traversa. «Quando vede la porta gli si annebbia la vista», lo giustifica Reja.
 A tutta la squadra, reduce dalla settimana di sovraccarico, si annebbia la vista quando
scruta la vittoria. Per fortuna c’è Klose.
Oppure il Chievo. Di Carlo, pure lui eliminato dai quarti di Coppa Italia, torna alla difesa a quattro e non può attaccarsi alla stanchezza: 11 titolari diversi rispetto al k.o. con il Siena, mentreReja ne manda dentro subito sette che erano partiti anche
giovedì contro il Milan. I veronesi sono disarticolati a centrocampo, soprattutto verso
l’esterno: Luciano e Sammarco non arginano Lulic e Gonzalez, Sardo e Jokic salgono poco o male. Con la fase difensiva approssimativa, gli inserimenti laziali sono agevoli. La lunghezza degli schieramenti non è come insegnano a Coverciano e si vedono delle corse da un’area all’altra che non possono essere chiamate contropiede, ma assalti all’accampamento, anche se si è soltanto
al minuto 15. Forse un colpo di fortuna, o di vento, avrebbe evitato al Chievo la lezione di tedesco, ma nemmeno i cambi più offensivi (Cruzado per Luciano e Moscardelliper Paloschi) stuzzicano la  sorte.
Di Carlo non peggiora molto la classifica, ma la considerazione verso la squadra sta scendendo pericolosamente prima di scontri delicati con Novara e Parma.