Il derby dei Faraoni lo sta
vincendo lui. Mentre nel Milan
Massimiliano Allegri dosa i minuti
di Stephan El Shaarawy, faraone
per la cresta, nell’Inter
Claudio Ranieri deroga alla «linea
senatori» quasi soltanto
per Marco Davide Faraoni. Vale
il secondo nome (il primo è
quello del padre, buon calciatore
anche se mai passato professionista)
di questa ragazzo nato
a Bracciano 20 anni fa e cresciuto
calcisticamente nella Lazio.
Faccia di bronzo Un talento con
quella faccia di bronzo che non
guasta soprattutto a San Siro,
dove tanti giovani (ma non solo)
evitano la giocata per paura
dei fischi. Faraoni no. Faraoni è
«nato vecchio» grazie agli insegnamenti
di una famiglia sana
e alle esperienze della vita. La
più significativa nel settembre
2009, quando alla fine dell’allenamento
con la prima squadra
di Ballardini in un cambio di direzione
si rompe il legamento
crociato anteriore del ginocchio
sinistro. Infortunio tremendo,
che sembra pregiudicare
una carriera da predestinato,
con presenze in tutte le under
azzurre e «sotto età» nelle
giovanili della Lazio. Il tutto
con l’inseparabile Chico Macheda,
altro ’91 poi finito altrove.
«Davide era devastante come
difensore centrale - racconta
Stefano Avincola, che in biancoceleste
lo ha allenato nei Giovanissimi
nazionali -. Personalità,
lettura delle traiettorie, rapido
nel breve, veloce nel lungo e resistente:
caratteristiche rare
nello stesso atleta. Già da noi fu
provato anche esterno basso,
sia a destra sia a sinistra. Me lo
ricordo fare un figurone a Trigoria,
in un derby, e pure contro
la stessa Inter».
Passioni, cross e parametro Lì i
dirigenti nerazzurri hanno drizzato
le antenne. Ma una prima
offerta fu respinta da Lotito,
che poi però fallì il rinnovo al
minimo sindacale e lo perse a
parametro zero nel 2010. Faraoni
dunque arriva a Milano gratis,
ma lottando per recuperare
da quel crack al ginocchio. Mesi
duri, con tante ricadute e il
muscolo della gamba sinistra
che non cresceva abbastanza.
La forza gli arriva anche da una
ragazza più grande di lui e già
madre di una figlia. I tre vivono
insieme in zona Niguarda e Davide
cresce ancora più in fretta.
Niente disco, tanta pasta alla
carbonara, musica rap e hip
hop. Le sue passioni, insieme alla
pesca. Quando si riprende, in
febbraio vince il Viareggio con
la Primavera di Fulvio Pea, che
però «tradisce» in aprile, facendosi
espellere nella sfida decisiva
contro l’Atalanta per un calcione
a un avversario dopo
aver fallito un tunnel. La fotografia
di un ragazzo di personalità
(anche troppa), che convince
Leo a portarlo in prima squadra
anche nell’Inter. A Pinzolo,
in luglio, inizia il ritiro da sano
e Gasperini nella Supercoppa
persa contro il Milan a Pechino
lo preferisce a gente come Pazzini
e Pandev per sostituire Alvarez.
Seguono alcuni mesi in
secondo piano, con la squadra
in balia dei flutti. Poi arrivano
l’esordio in campionato (col Cagliari)
e in Champions (a Trabzon).
L’esplosione contro l’Udinese.
Prima volta (di tre consecutive)
da titolare e Inter che affonda
quando lui esce per crampi.
La gente di San Siro,
che tanto toglie ma
tanto può dare, lo
adotta proprio perché
il ragazzo
non abbassa
mai lo sguardo
e rischia
anche i cross
al volo. Ora
sta a lui spiccarlo.