Autore Topic: SEBASTIANO FANTE ITALIANO  (Letto 58020 volte)

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Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #420 : Mercoledì 12 Giugno 2019, 19:19:31 »
Les choses ont leur terrible "non possumus", diceva Hugo, ma ogni tanto, come in questo caso, possono pure loro.
Grande Panza!
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #421 : Lunedì 1 Luglio 2019, 15:57:34 »
Vendette ed altre meschinità nel bosco delle ombre.

Rocca Priora, datazione incerta. Via! la mia prima corsa di mtb. Da principio smarrito nel peloton immerso nella fanghiglia, solo con lentezza mi sciolgo e decido di fare ciò che son venuto a fare: pedalare. E allora pedalo. La strada sale ed io ci prendo gusto. Saremo in 500.

Supero con discreta fluidità tanti fighettini con la bici da urlo. Ci sono sempre. Li vedo mettere i piedi a terra perché i loro gioielli si inceppano. Forse il cavallo non sente la guida e rompe. E invece la mia non si inceppa, lei no. Cazzo, lei mai.

Forgiata nell'acciaio, la mia Kastle Absolute Team in acciaio con cambio XT è l'excalibur delle bici per ciclisti d'accatto. Quando la incastono su questa prodigiosa due ruote, la mia borraccia da 1 euro si sente il santo Graal.

Ma la gara si accende, e come una spada nella salsa tartara incedo nel fango superando panze da kermesse dell'insaccato. C'è gente che affoga nel proprio sudore emanando odori e fumo di barbecue. Gli insoliti miasmi di un agonismo tra mediomen.

Giá, il dilettante sa essere la più inconsapevole delle vittime. Io vado, non mi capacito ma vado. Vado talmente bene che sbaglio percorso e mi ritrovo in quello più lungo destinato ai professionisti, lo apprendo con sorpresa al posto rifornimento.

Cerco quindi di rifocillarmi ed afferro una lattina: è qualcosa di simile ad uno sciroppo denso e dal sapore d'ospedale. La butto dopo 10 metri, poi tristo riparto. Non mi importa, il ciclismo sono io con la mia ingenuità ed io mulino pedalate come un Vladimiro Panizza d'antan.

Così, torno sulla vecchia via e supero di nuovo le inarrendevoli carcasse della partenza nel frattempo rinvenute col peloton sulle mie tracce. Mi guardano come un ufo. Ma io candido salgo in modalità "sti cazzi" e scollino tra i primi.

La corsa ci butta poi nel bosco delle ombre e, ormai preso dal demone della competizione, mi getto tra i protesi rami come se fuggissi da qualcosa. Il percorso è vallonato, pieno di radici “emerse” e pericolose crepe. Dannate crepe! Ci finisco dentro con l'anteriore e, vista la folle velocità, faccio un volo memorabile.

Prima di allora, un tizio che da principio non riuscivo a staccare, ogni tanto mi chiede fastidiosamente strada ronzandomi nelle orecchie uno sciocco "alé alé". Così, spazientito… "E passa!" gli faccio io. Poi, alla prima salitella, lo sento rantolare e mi dico: non può resistere.

Scatto, dunque, e lo perdo. È lo stesso tipo che, sopraggiungendo poi sul luogo del mio impatto, mi grida: "fuori dalla pistaaaa! alé alé". Stordito ma indispettito, gli dedico qualche parola e, riposto ogni proposito di ritiro, rimonto in bici lanciandomi al suo inseguimento.

Ora la corsa è evento trascurabile, voglio speronarlo e buttarlo fuori.

Lo so, De Cubertin storcerebbe il naso ma, solo il tempo di pensare l'insano gesto che il competitor vola, dico…, mi vola davanti impallidendo il mito di Icaro. Penso io: non è un ciclista, è un aviatore. Lui, incazzato nero, si alza di scatto, sta bene ma ha rotto la forcella. Non mi resta che gridargli un divertito e vendicativo "Oléééé" mentre impavido e lieve volo tra le pozzanghere verso il traguardo. Più tardi, tronfio del mio 44mo all'arrivo, lo incrocio alla fila della crostata.

Mi riconosce ma, non uno sguardo, non una smorfia, la corsa è finita. Zuccheri.
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #422 : Martedì 2 Luglio 2019, 11:53:55 »
Chi  (sottilissimo semianacoluto  ;D) vuole la bicicletta sa cosa gli aspetta  :D
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Offline Karmilla

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #423 : Lunedì 2 Settembre 2019, 17:07:02 »
[Parte prima]

Il libro "La guerra dei nostri nonni" di Aldo Cazzullo si apre con la citazione di un passo del diario di guerra di Silvio D'Amico. In esso D'Amico descrive la decimazione di un reggimento a seguito di un'insurrezione. Un scena berbara ma ricorrente, nel 15-18, che in questo caso è resa persino più barbara da un dato: l'insurrezione avviene il giorno 28, la scelta dei nomi da fucilare è effettuata il 30, e nel mezzo, il 29, arrivano alcuni soldati di complemento che materialmente non possono aver partecipato all'insurrezione. I loro nomi vengono comunque imbussolati, e due sono estratti. All'atto della fucilazione uno dei due complementi implora il colonnello di risparmiarlo: è padre di famiglia, e il 29 non c'era.
Risponde il colonnello, che sia maledetto nei secoli a venire: "Figliuolo, io non posso cercar tutti quelli che c'erano e che non c'erano. La nostra giustizia fa quello che può. Se te sei innocente, Dio ne terrà conto. Confida in Dio."

***

Una settimana fa sono stata in un luogo che volevo visitare da tempo: il sacrario di Redipuglia.



Per la verità, mia madre aveva accennato all'idea di farci una tappa già molti anni fa, nell'estate del 2005: tornavamo in auto dalla Croazia, passavamo lì a fianco, cosa ne pensavamo noi ragazzi? Mio fratello e io, 13 e 15 anni, rispondemmo che preferivamo Venezia.

All'epoca, d'altra parte, non ero ancora preda della mia Seconda Grande Ossessione Storica®, che è quella che ho poi sviluppato per la Prima guerra Mondiale (la Prima Grande Ossessione Storica®, se volete saperlo, è per la Seconda Guerra Mondiale). Questa sarebbe nata di lì ad un anno, allorché lessi un libro per me bellissimo, "Una lunga domenica di passioni", che restituisce l'orrore e l'insensatezza del più stupido e crudele conflitto tra i conflitti, che stupidi e crudeli son tutti. Solo dopo aver letto quel libro iniziai a pensare in altro modo ai milioni di figure anonime divorate dalle trincee e al vuoto che avevano lasciato dietro di loro.

L'estate scorsa, in vacanza in Normandia, ho comprato il libro in francese, lingua in cui è stato scritto, e dopo oltre dieci anni me lo sono riletto, provando un dolore ed una rabbia resi più intensi dagli anni che nel frattempo ho vissuto. É stato difficile, con questi sentimenti addosso, non mettersi a piangere di fronte alle centinaia di monumenti ai caduti che costellano ogni singolo buco di villaggio francese, a dimostrazione di quanto ecumenica sia stata la morte.

Ma va detto: con questi monumenti ho un rapporto difficile anche su suolo patrio.
Il che è paradossale, considerato che volevo visitare Redipuglia.

***

Oddio, forse "difficile" non è la parola giusta. Li odio, e cosa c'è di difficile in questo? Mi pare un sentimento semplicissimo. Il difficile semmai è spiegare a me e agli altri le ragioni di questo inusuale sentimento: perché mai dovrei provare una rabbia tanto intensa nei confronti di lastre di marmo vecchie di un secolo con su scritti i nomi dei caduti, che la gente normale neanche guarda?


Citazione da: franz_kappa
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #424 : Lunedì 2 Settembre 2019, 17:09:14 »
[parte seconda]

Siccome la desideravo da tempo, la visita a Redipuglia non poteva andare come me l'aspettavo. E quindi c'erano i lavori, che impediscono di salire sul sacrario e lasciano accessibile solo la prima delle innumerevoli file di loculi. Ne sono rimasta delusa, ma è stata anche una fortuna: avrei potuto passarci 16 ore, tra quelle file di tombe, a interrogarmi sui destini del mondo, e invece mi sono limitata a vedere se tra i caduti vi fosse qualcuno con i cognomi di famiglia, o almeno, con quei cognomi di famiglia che iniziano con la lettera A (il mio, quello di mia nonna, quello della sua nonna paterna). Non avevo prozii o bisnonni caduti da cercare, ma chissà che il tempo e le generazioni (i miei nonni sono nati tutti dopo tranne uno, e io quell'uno non l'ho conosciuto) non avessero inghiottito il ricordo di un parente. Due cognomi su tre non ci sono. Il terzo l'ho trovato. E mi sono ripromessa di controllare, di chiedere, per vedere se il Friuli conserva le spoglie di un contadino umbro che non avrebbe mai dovuto morire lì.



Non che faccia la differenza. Anche se non fosse mio parente, non sarebbe dovuto morire lì, e così.

***

Due giorni prima di partire per il Friuli, con il mio ragazzo passeggiavamo in un paesino sopra il lago Trasimeno, San Savino (frazione del Comune di Magione, da non confondere con Monte San Savino). Anche oggi, con la popolazione italiana quasi raddoppiata rispetto a quella del 1915, conterà sì e no 650 abitanti. Quanti giovani abili e arruolabili poteva avere nel '15? Eppure conta 13 caduti. Molti condividono il cognome, ed io mi sono chiesta, fotografando la lapide come spesso faccio, se fossero fratelli, cugini.



Da San Savino c'è una vista meravigliosa sul Lago Trasimeno, soprattutto al Tramonto. Perché dei giovani hanno dovuto abbandonare questa vista, le loro fattorie (immagino fossero, come i miei avi, in larghissima misura mezzadri e contadini) per morire e per uccidere dall'altra parte dell'Italia?

***

Anche a Redipuglia la vista è bella, per la verità. Me ne rendo conto salendo – in mancanza di sacrario – la collina dirimpetto, dove i corpi furono sepolti fino agli anni '30. O almeno: la vista è bella ora, dopo che un secolo intero ha operato per cancellare le tracce dei combattimenti che si tennero in quel luogo. Come fosse all'epoca non so immaginarlo, e neanche voglio.

Qua è la ci sono ancora delle tracce. Mi infilo nella trincea coperta che scorre alla base del sacrario. Ho una fervida immaginazione, ma non riesco a comprendere come potesse essere vivere lì, ammassati a centinaia aspettando di vivere o di morire. Costituzionalmente priva di orientamento, neppure capisco bene da che lato corresse il fronte. A volte quasi scivolo sui massi levigati che emergono dal terreno: nonostante le scarpe da ginnastica, le suole di gomma, il progresso. Chissà se le scarpe che portavano allora i Fanti, con le mollettiere avvolte sopra fino al ginocchio, erano più o meno scivolose.

Citazione da: franz_kappa
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #425 : Lunedì 2 Settembre 2019, 17:10:16 »
Parte terza

Da bambina cantavo la Canzone del Piave divertita e ignara. Mi piaceva il ritmo marziale, mi piacevano soprattutto i sentimenti tragici che evocava. Oggi un po' mi disgusta.

Ho un'amica di Bressanone, madrelingua tedesca, i suoi avi probabilmente hanno combattuto dall'altra parte. Il sangue del nemico che faceva rosso il fiume probabilmente era anche il loro. Ma non è solo questo il punto. Se si parlasse della Seconda Guerra Mondiale, me ne farei una ragione: quando un dittatore con turbe mentali e progetti genocidi scatena una guerra totale per sottomettere l'Europa, qualcuno lo deve pur fermare, no? (Lo so che eravamo suoi alleati: ma sto descrivendo la dinamica della Guerra). L'anno scorso in Francia, sono stata in uno dei più grandi cimiteri americani di Normandia. E anche se la tristezza era grande, non provavo rabbia. Avrei potuto persino abbandonarmi alla retorica, se non fosse che gli Americani sono sempre too fucking much, e quindi fanno passar la voglia. Quei morti si sono davvero sacrificati per la libertà dell'Europa.

Ma quelli della Prima Guerra Mondiale? E soprattutto i nostri morti nella prima guerra mondiale, che cavolo di senso hanno? (Parentesi: visto che interveniamo sempre con 10 mesi di ritardo spero in un futuro di sole blitzkrieg). Trento e Trieste valevano la vita di 650.000 persone e la salute morale e psichica di non so quante altre? Valevano la vita dei ragazzi di San Savino, strappati al lago e gettati tra i monti?

Mi perdonino Oberdan, Sauro, Battisti che tra le schiere furon visti risorgere, ma io ne dubito.


***

Davanti ai loculi di Redipuglia ci sono i sarcofagi imponenti dei comandanti della Terza armata, che mi par di aver capito siano morti tranquilli per conto loro a casa, ma che hanno voluto condividere la morte con i fanti. Emanuele Filiberto d'Aosta, il duca invitto, scrisse nel suo testamento «Desidero che la mia tomba sia se possibile nel Cimitero di Redipuglia in mezzo agli Eroi della Terza Armata. Sarò con essi vigile e sicura scolta alla frontiere d'Italia al cospetto di quel Carso che vide epiche gesta ed innumeri sacrifici, vicino a quel Mare che accolse le Salme dei Marinai d'Italia.»

Non lo so. Forse lo giudico male perché condivide il nome con l'inviato dell'Isola dei Famosi. Ma le sue parole mi irritano, per lo stesso motivo per cui mi irritano le frasi ampollose e retoriche sui monumenti ai caduti. Trovo osceno questo parlare di "eroi" e di "sacrificio" a fronte di un massacro cinico ed inutile imposto dai pochi ai molti. Di eroi ce ne sono stati molti. Di sacrifici, moltissimi. Ma non sono stati la libera scelta degli uomini che li hanno subiti. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Mario Grecchi e Duccio Galimberti, Salvo d'Acquisto e quelli come loro sin sono sacrificati per la patria. Avevano la possibilità di scegliere, ed hanno fatto una scelta consapevoli delle conseguenze.

I fanti della prima guerra mondiale non avevano nessuna scelta. Non si sono sacrificati, voce del verbo "sacrificarsi", riflessivo. Sono stati offerti in "sublime olocausto" come recita un cippo nella collina davanti a Redipuglia che a momenti seppellisco di improperi (il sublime olocausto. Ma vaffanculo a chi l'ha scritto e a chi ci crede). E la storica forza con cui sopportarono tutto ciò che gli piovve addosso, i singoli atti di eroismo che mi fanno stringere il cuore e bagnare gli occhi non possono diventare il paravento dietro cui nascondersi per giustificare il carnaio. Sui monumenti funebri dovrebbe esserci scritta un'unica parola, e non è né "presente", né "a noi": è "perdonateci". Per il freddo, la fame, la paura, il sangue, la nostalgia di casa, le salite sulle Alpi sotto il fuoco austriaco. Per avervi tolto alle case, alle famiglie, e buttato all'Inferno.

E poi, a fianco dell'eroismo c'è stato anche altro. Di quello vogliamo parlare? Quanti dei nomi sui monumenti ai caduti vennero fucilati nella schiena per aver tentato di disertare? Forse a qualcuno sembreranno vili, forse qualcuno lo era. Ma io fatico a non empatizzare con chi a un certo punto decise che tornare a badare ai maiali a Gualdo Tadino fosse meglio che crepare nella trincea delle Frasche gridando "Avanti Savoia". E quanti sono stati vittime delle decimazioni? Vogliamo parlare delle vittime di pezzi di merda come Andrea Graziani, come il colonnello nel brano di D'Amico?
Citazione da: franz_kappa
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #426 : Lunedì 2 Settembre 2019, 17:11:27 »
Parte quarta

Mio fratello è del '92. Come il 90% dei maschi della sua età, ama giocare ai videogiochi. A volte lo trovo a fare un orribile (a mio avviso) sparatutto che simula le battaglie della prima guerra mondiale. Si gioca via internet, tutti i soldati del videogioco sono animati da persone vere. Mio fratello gioca coi suoi amici, lo sento che grida in cuffia "spara, lancia, bomba". A volte grida sconsolato "No, sono morto". Mi fa infuriare, non riesco a togliermi dalla testa che se fosse nato in un altro '92 la guerra l'avrebbe combattuta davvero. Ma forse ha ragione lui, forse ha capito senza bisogno di pensarci che chi è sopravvissuto lo ha fatto perché noi vivessimo. Non per lasciarci sotto la cappa di uno scempio avvenuto cent'anni fa.

Ma non esiste una sana via di mezzo tra l'indifferenza e l'ossessione?
 
Le persone che visitavano Redipuglia con me, la settimana scorsa, sembravano garrule. Un gruppo di bambini, in gita con un centro sportivo dell'Emilia Romagna, si è infilato eccitato nei resti di un trincea. Volevo fare la moralista da strapazzo, ma tranquilli, mi sono trattenuta.

C'erano anche vari stranieri, oltre agli Italiani, e paradossalmente quello che mi ha consolato almeno un po' è stato sentir parlare tedesco. Mi sono detta che dopo tanto sangue versato, perlomeno siamo tornati capaci di parlarci. Ma non è, anche questo, un ennesimo simbolo dell'inutilità di quella carneficina? Quando leggo di come i soldati dei diversi schieramenti giocassero insieme a calcio, durante le tregue natalizie, non mi viene da sorridere bonariamente, rincuorata dal pensiero che l'umanità trionfa. Mi viene ancora di più da maledire chi, quella natura umanità, l'ha messa l'una contro l'altra per un pezzo di terra.

E poi chissà quanto durerà, anche questa consolazione, questa pax europea. Chi sopravvisse al '19 senza dubbio credeva di averla scampata. E invece di lì a 20 anni un'altra guerra si sarebbe presa figli e nipoti, e a volte pure loro stessi. Quando ci penso, quando penso, in particolare, ai veterani che furono vittima delle leggi razziali e poi dei campi di sterminio vorrei smontare il mondo come una torre di mattoncini Lego.

***

Me ne sono andata da Redipuglia chiedendomi se c'è almeno una lezione che si può trarre da tutto questo. Non ho risposte. Da allora leggo articoli, compro libri, ascolto canzoni. Penso ai ragazzi del '99 come se quei fanti fantolini fossero fratelli minori, come se non ci fossero gli ottant'anni che hanno più di me. Penso alla mia amica di Bressanone, mi dico che siamo fortunate ad avere questo mondo, il mondo in cui vado da lei e camminiamo sotto braccio a Innsbruck e Salisburgo, un mondo in cui non siamo costrette a spararci addosso come lo sono stati i nostri avi. Vorrei che fosse anche il mondo dei nostri figli e nipoti. E seguo con ancora più fastidio una politica per cui la nazione ("patria" non è il mio termine preferito, desolée) non è che la posta in gioco di calcoli elettorali.

Ma a parte questo? Non lo so.
La storia è maestra di vita, ma le sue lezioni non sono facilissime da cogliere.


Citazione da: franz_kappa
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Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #427 : Martedì 24 Settembre 2019, 12:39:39 »
Splendido. Riflessioni che condivido in toto, in particolare queste che riporto in copia-incolla:

"Non lo so. Forse lo giudico male perché condivide il nome con l'inviato dell'Isola dei Famosi. Ma le sue parole mi irritano, per lo stesso motivo per cui mi irritano le frasi ampollose e retoriche sui monumenti ai caduti. Trovo osceno questo parlare di "eroi" e di "sacrificio" a fronte di un massacro cinico ed inutile imposto dai pochi ai molti. Di eroi ce ne sono stati molti. Di sacrifici, moltissimi. Ma non sono stati la libera scelta degli uomini che li hanno subiti. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Mario Grecchi e Duccio Galimberti, Salvo d'Acquisto e quelli come loro sin sono sacrificati per la patria. Avevano la possibilità di scegliere, ed hanno fatto una scelta consapevoli delle conseguenze".

Sono reduce da una sortita sul Pasubio attraverso le 52 Gallerie ed ho visitato la zona sacra con un magone che non finiva mai e che mi prende ancora adesso quando ci penso. Hai ragione, non eroi ma poveri Cristi presi quà e là per l'Italia. Mio prozio Sebastiano è "saltato" sul Carso dopo essere stato strappato agli studi, in un Liceo di Alatri (FR) che, ora, con una stele ne ricorda il nome e il sacrificio insieme a quello di una 40na di altri malcapitati ragazzotti. Era del 98 ed è anche lui a Redipuglia. Una vita sacrificata.

Forse l'unica cosa positiva di questa brutale vicenda, al netto dei mille errori strategico-militari commessi dal comando generale e dai vari comandi territoriali, è stata quella di mettere fianco a fianco il calabrese, il sardo, il siciliano, il veneto, il laziale e di sperimentare così l'Italia e, forse, l'essere Italiano.
Fu e rimane un'immensa, drammatica, eterna strage di ragazzi.
 

Offline Karmilla

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #428 : Martedì 24 Settembre 2019, 13:17:59 »
Splendido. Riflessioni che condivido in toto, in particolare queste che riporto in copia-incolla:

"Non lo so. Forse lo giudico male perché condivide il nome con l'inviato dell'Isola dei Famosi. Ma le sue parole mi irritano, per lo stesso motivo per cui mi irritano le frasi ampollose e retoriche sui monumenti ai caduti. Trovo osceno questo parlare di "eroi" e di "sacrificio" a fronte di un massacro cinico ed inutile imposto dai pochi ai molti. Di eroi ce ne sono stati molti. Di sacrifici, moltissimi. Ma non sono stati la libera scelta degli uomini che li hanno subiti. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Mario Grecchi e Duccio Galimberti, Salvo d'Acquisto e quelli come loro sin sono sacrificati per la patria. Avevano la possibilità di scegliere, ed hanno fatto una scelta consapevoli delle conseguenze".

Sono reduce da una sortita sul Pasubio attraverso le 52 Gallerie ed ho visitato la zona sacra con un magone che non finiva mai e che mi prende ancora adesso quando ci penso. Hai ragione, non eroi ma poveri Cristi presi quà e là per l'Italia. Mio prozio Sebastiano è "saltato" sul Carso dopo essere stato strappato agli studi, in un Liceo di Alatri (FR) che, ora, con una stele ne ricorda il nome e il sacrificio insieme a quello di una 40na di altri malcapitati ragazzotti. Era del 98 ed è anche lui a Redipuglia. Una vita sacrificata.

Forse l'unica cosa positiva di questa brutale vicenda, al netto dei mille errori strategico-militari commessi dal comando generale e dai vari comandi territoriali, è stata quella di mettere fianco a fianco il calabrese, il sardo, il siciliano, il veneto, il laziale e di sperimentare così l'Italia e, forse, l'essere Italiano.
Fu e rimane un'immensa, drammatica, eterna strage di ragazzi.
 


Grazie mille Panza. Anche io spero di visitare presto quei luoghi. Ho scoperto che il mio bisnonno, classe '97, era negli alpini, 6° reggimento, Battaglione Sette Comuni. Parteciparono alla battaglia dell'Ortigara. Mi chiedo cosa abbia fatto il bisnonno, per quale abilità sua o scherzo del destino io sono qui oggi a scrivere queste righe e le pronipoti del quasi coetaneo Sebastiano sono state inghiottite dal buco nero della storia insieme a lui.

(Questa cosa degli assenti, di quelli che proprio non sono mai nati in conseguenza di eventi storici spaventosi, è un tema che mi tormenta parecchio. La perdita di una vita è in sé una tragedia, un dolore immenso per chi resta. Ma a distanza di decenni puoi vederne anche gli effetti a cascata. Non c'è solo l'orrore per la vita che è finita. C'è lo sgomento per tutti quelli che non sono nati.)

Piccola nota, che mi rendo conto forse è un po' macabra: da quando ho scoperto "http://www.cadutigrandeguerra.it/CercaNome.aspx" ho leggermente rivalutato i monumenti ai caduti. Continuo a odiare la retorica, e infatti manco le leggo più, quelle scritte, dove ci sono. Ma ora vedo i monumenti come la possibilità di sapere qualcosa delle persone che sono morte durante la guerra, fosse anche solo paternità, data di nascita, luogo di morte. Continuo a trovare in qualche modo stonato il termine "sacrificio", ma sono contenta di poterne coltivare la memoria.
E mi dispiace l'indifferenza di un paese in cui anche le persone colte e sensibili passano accanto alle manifestazioni della storia senza guardarle, come se il passato fosse staccato dall'oggi. Io penso che se avessimo più consapevolezza di cosa è stato chiesto e di cosa hanno dato i nostri avi avremmo più a cuore il mondo in cui viviamo.

Concludo dicendo che condivido moltissimo il passaggio evidenziato. Leggendo di come le seconde linee austro-ungariche se ne siano semplicemente andate a casa, sfasciando l'esercito e l'impero, durante la battaglia di Vittorio Veneto mi sono detta che noi non eravamo molto diversi quanto a varietà culturale e linguistica: eppure i fanti non se ne sono andati. E anche se – di nuovo – penso che non avremmo certo dovuto forgiare l'Italia nel ferro della guerra (fanculo a D'Annunzio e a quelli come lui), sono ammirata dallo stoicismo che queste persone hanno dimostrato. L'Italia l'ha fatta il Risorgimento, l'Italiano lo hanno fatto i Fanti della Prima Guerra Mondiale, e di questo li ringrazio.

Citazione da: franz_kappa
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Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #429 : Martedì 24 Settembre 2019, 13:26:39 »

Grazie mille Panza. Anche io spero di visitare presto quei luoghi. Ho scoperto che il mio bisnonno, classe '97, era negli alpini, 6° reggimento, Battaglione Sette Comuni. Parteciparono alla battaglia dell'Ortigara. Mi chiedo cosa abbia fatto il bisnonno, per quale abilità sua o scherzo del destino io sono qui oggi a scrivere queste righe e le pronipoti del quasi coetaneo Sebastiano sono state inghiottite dal buco nero della storia insieme a lui.

(Questa cosa degli assenti, di quelli che proprio non sono mai nati in conseguenza di eventi storici spaventosi, è un tema che mi tormenta parecchio. La perdita di una vita è in sé una tragedia, un dolore immenso per chi resta. Ma a distanza di decenni puoi vederne anche gli effetti a cascata. Non c'è solo l'orrore per la vita che è finita. C'è lo sgomento per tutti quelli che non sono nati.)

Piccola nota, che mi rendo conto forse è un po' macabra: da quando ho scoperto "http://www.cadutigrandeguerra.it/CercaNome.aspx" ho leggermente rivalutato i monumenti ai caduti. Continuo a odiare la retorica, e infatti manco le leggo più, quelle scritte, dove ci sono. Ma ora vedo i monumenti come la possibilità di sapere qualcosa delle persone che sono morte durante la guerra, fosse anche solo paternità, data di nascita, luogo di morte. Continuo a trovare in qualche modo stonato il termine "sacrificio", ma sono contenta di poterne coltivare la memoria.
E mi dispiace l'indifferenza di un paese in cui anche le persone colte e sensibili passano accanto alle manifestazioni della storia senza guardarle, come se il passato fosse staccato dall'oggi. Io penso che se avessimo più consapevolezza di cosa è stato chiesto e di cosa hanno dato i nostri avi avremmo più a cuore il mondo in cui viviamo.

Concludo dicendo che condivido moltissimo il passaggio evidenziato. Leggendo di come le seconde linee austro-ungariche se ne siano semplicemente andate a casa, sfasciando l'esercito e l'impero, durante la battaglia di Vittorio Veneto mi sono detta che noi non eravamo molto diversi quanto a varietà culturale e linguistica: eppure i fanti non se ne sono andati. E anche se – di nuovo – penso che non avremmo certo dovuto forgiare l'Italia nel ferro della guerra (fanculo a D'Annunzio e a quelli come lui), sono ammirata dallo stoicismo che queste persone hanno dimostrato. L'Italia l'ha fatta il Risorgimento, l'Italiano lo hanno fatto i Fanti della Prima Guerra Mondiale, e di questo li ringrazio.

si, senza dubbio. Dopo tutto, la Prima Guerra Mondiale fu a detta di molti l'atto finale del Risorgimento. E il Paese si unì, quanto meno nel pianto per migliaia di martiri che, hai ragione, sono rimasti lì e sono ancora lì.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #430 : Martedì 24 Settembre 2019, 15:14:09 »
P.s. che poi se nel corso dell'intero conflitto su altri fronti si ebbe qualche "pausa", sull'altopiano di Asiago (e nell'area dei sette comuni) invece, se non erro, si combatté per tutta la guerra, sempre sempre.
Si poteva tornare solo se muniti di tanta, tantissima fortuna.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #431 : Martedì 24 Settembre 2019, 15:40:48 »
P.s. che poi se nel corso dell'intero conflitto su altri fronti si ebbe qualche "pausa", sull'altopiano di Asiago (e nell'area dei sette comuni) invece, se non erro, si combatté per tutta la guerra, sempre sempre.
Si poteva tornare solo se muniti di tanta, tantissima fortuna.

Già.
Il bisnonno per fortuna ha mancato la straffexpedition, in quel periodo era stato appena chiamato al distretto militare (era di gennaio '97), è arrivato al fronte solo nell'autunno di quell'anno.
Poi è sopravvissuto all'Ortigara...
Abbiamo avuto molta fortuna.
Citazione da: franz_kappa
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Offline Karmilla

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #432 : Martedì 24 Settembre 2019, 15:44:30 »
Aggiungo: io queste cose le ho scoperte dal foglio matricolare del bisnonno, trovato all'archivio di Stato. Non so se tu hai già visto quello del tuo prozio... Se no ti consiglio di cercarlo, è molto interessante.


Io sono andata all'archivio di Stato di Perugia e mi hanno spiegato lì come trovarlo. Non so come funzioni nel Lazio, se devi cercarlo all'archivio centrale della regione o all'archivio del luogo che coincide con il distretto militare (credo la prima, ma non ne sono certa). Su internet però si trovano informazioni più accurate.
Citazione da: franz_kappa
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Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #433 : Martedì 24 Settembre 2019, 16:08:09 »
Aggiungo: io queste cose le ho scoperte dal foglio matricolare del bisnonno, trovato all'archivio di Stato. Non so se tu hai già visto quello del tuo prozio... Se no ti consiglio di cercarlo, è molto interessante.


Io sono andata all'archivio di Stato di Perugia e mi hanno spiegato lì come trovarlo. Non so come funzioni nel Lazio, se devi cercarlo all'archivio centrale della regione o all'archivio del luogo che coincide con il distretto militare (credo la prima, ma non ne sono certa). Su internet però si trovano informazioni più accurate.

Si, il Colonnello che mi scrisse dal Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti mi indicò nel Centro Documentale (ex Distretti Militari) e/o Archivio di Stato della provincia di nascita del caduto l'istituzione a cui rivolgermi per il foglio matricolare.

Mi mandarono un mod. 146 con delle notizie sommarie di mio zio ed una risposta (mod. 361 bis) altrettanto sommaria ad una ulteriore richiesta di notizie probabilmente formulata dal mio bisnonno. Poi, nel primo documento era stato indicato chiaramente che del suo 987° Battaglione d'Assedio del 7° Artiglieria Fortezza si era persa molta documentazione.
Quindi ho temuto e temo ancora di non poter trovare molto altro.

Però un tentativo si farà.

Online leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #434 : Martedì 24 Settembre 2019, 18:06:18 »
Cari Karmilla e Stefano, grazie per i vostri bellissimi racconti. In questa epoca 'postmoderna' in cui domina la "dittatura del presente" è opera buona e giusta rimettere insieme i cocci della memoria storica.
Voglio solo aggiungere che, riguardo alla prima guerra mondiale, ho sempre trovato inquietante la figura di Luigi Cadorna, un generale megalomane la cui folle strategia di guerra causò migliaia di morti inutili (sempre ammesso che in una guerra vi possano essere morti 'utili'). Del resto, nelle nostre zone di guerra la memoria di Cadorna è ancora oggi così maledetta che ad Udine alcuni anni fa l'amministrazione comunale ha deciso di toglierli l'intestazione di una piazza a lui dedicata. Meglio tardi che mai.
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #435 : Martedì 24 Settembre 2019, 19:27:32 »
I generali italiani, per il 90%, furono codardi e sanguinari. Ci sono storie incredibili in merito.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #436 : Martedì 24 Settembre 2019, 21:29:13 »
Se poi penso al mattatoio di Caporetto e ai "cannoni muti" di Badoglio mi viene la voglia di andargli a pisciare sulla tomba.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Karmilla

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #437 : Martedì 24 Settembre 2019, 22:11:01 »
Io ho un personale disprezzo per Andrea Graziani. 102 anni dopo per me la storia di Alessandro Ruffini grida ancora vendetta.
Poveri ragazzi nostri, in che mani erano.



ps. Dev'essere il nome Graziani e il grado di generale che non mi aggradano, perché uguale e sommo disprezzo lo nutro anche per il macellaio del Fezzan.
Citazione da: franz_kappa
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #438 : Mercoledì 25 Settembre 2019, 09:58:36 »
Vi riporto fedelmente un passo del Libro "Andare per i luoghi della Grande Guerra" di Marco Mondini (ricercatore nell'Istituto storico Italo-germanico di Trento e Prof. di Storia Militare all'Università di Padova) de "Il Mulino":

C’è qualcosa di grottesco nel ripensare oggi alla condotta militare di molti professionisti delle armi nel 1915…

Nel frattempo, dopo aver rinunciato all’idea di distruggerli con il solo uso dell’artiglieria, il comandante della prima armata pensò bene di mandare contro i forti nemici la fanteria, e l’altopiano divenne così il teatro di uno dei massacri più eclatanti del conflitto, se non il più sanguinoso certo il più stupido: l’assalto alle fortificazioni del Col Basson.
Alto meno di 1.500 metri, il Basson è difficile da notare, poco più di un colle oblungo a sud della Val d’Assa, ma nelle prime settimane di combattimenti era sede di un importante osservatorio austriaco, difeso da ordini di reticolati e postazioni di mitragliatrici. Nella notte tra il 24 e il 25 agosto, il 115° reggimento di fanteria della brigata “Treviso” fu inviato all’assalto con l’obiettivo di conquistarlo. Non si trattava di un’azione decisiva per le sorti del conflitto; non si trattava nemmeno di un obiettivo risolutivo dal punto di vista tattico. A dirla tutta, l’assalto al Basson era poco più che un’azione diversiva nel quadro di un’offensiva più vasta che avrebbe dovuto permettere alla 34ma divisione di fanteria al comando del generale Oro di oltrepassare la linea dei forti, assumendo il controllo della strada della val d’Assa e dei passi verso Trento; un piano ambizioso naufragato per l’incapacità delle artiglierie italiane (che avevano sparato ininterrottamente per una settimana) di mettere a tacere le difese nemiche. Nel contesto più generale di questo piano mal riuscito, il disastro ampiamente annunciato del Basson è difficilmente definibile come un mero insuccesso: i termini tragedia e farsa si adattano meglio a ciò che accadde. Il colonnello Riveri, comandante della 115° reggimento di fanteria, pretese di condurre personalmente l’attacco. Indossò la sua divisa migliore, completa di guanti bianchi e gambali lucidi, volle che la banda reggimentale suonasse la Marcia reale e che la bandiera del reggimento venisse spiegata dinnanzi ai battaglioni in avanzata e, sciabola in pugno, si pose con il suo stato maggiore e il trombettiere in testa alle truppe, che condusse prima a passo di marcia e poi di corsa contro tre ordini di reticolati e postazioni fisse munite di mitragliatrici, lungo una salita priva di ripari in una notte limpida e con un’ottima visibilità. Viste le condizioni, c’è da chiedersi non tanto come mai l’assalto sia fallito, ma come abbiano fatto alcune centinaia di fanti a conquistare la prima linea, finendo poi inchiodati dal fuoco incrociato dei cannoni di forte Luserna: le testimonianze dei pochi superstiti parlano di una sorta di frenesia collettiva che colpì quasi tutti i combattenti durante l’attacco, specialmente gli ufficiali a cui vennero attribuiti gesti di coraggio ai confini dell’incoscienza. Benché il conto dei caduti sia ancora oggi vago (molti dei corpi non furono mai recuperati), si può stimare che in poche ore il reggimento abbia perso circa 1.100 uomini (su 2.800) tra morti, feriti e dispersi. Il colonnello Riveri venne ferito e catturato, il comandante del 1° battaglione ucciso nel tentativo di salvare la bandiera e l’unità di fatto annientata come reparto combattente. Tuttavia, invece di indignarsi per quell’enorme (e inutile) spreco di vite, il governo e l’opinione pubblica nazionalista esaltarono l’ecatombe del 115° come un bellissimo gesto di valore e i nomi degli ufficiali e dei soldati caduti entrarono a far parte del pantheon degli eroi guerrieri, additati alla riconoscenza eterna della nazione: alla fine della guerra, i due reggimenti della brigata risultarono tra i più decorati dell’esercito (in tutto oltre 600 medaglie al valor militare) anche se avevano pagato questo onore con perdite pari al 200%  della forza originaria. Gabriel D’Annunzio pronunciò poche settimane dopo una celebre orazione esaltando «il cuore dell’uomo [che] supera il limite della sua virtù e si fa più che umano nel sacrificio» paragonando i fanti del 115° agli opliti di Maratona, «glorificati e benedetti nel cuore dell’Italia» il cui cuore assicurava la vittoria imminente. In quanto al generale Oro, da cui il reggimento dipendeva, dipinse l’azione come un magnifico esempio delle migliori virtù italiane. Forse nelle sue lodi si annidava anche un po’ di senso di colpa. Giuseppe Zava, all’epoca un giovane sottotenente, ricordò molto anni più tardi le voci che correvano su uno scontro verbale tra il generale e Riveri, il quale sosteneva (a ragione) come i bombardamenti di artiglieria non avessero intaccato il filo spinato e le opere difensive del fortino e che dunque l’attacco in quelle condizioni sarebbe stato un azzardo. A questo rilievo Oro avrebbe replicato sprezzantemente che i «i reticolati si aprono con i denti e coi petti»; l’attendibilità della testimonianza è controversa, ma non vi è dubbio che, tra i sopravvissuti, la scelta pressoché suicida dell’attacco si sia spesso attribuita all’onore ferito del pluridecorato comandante, ansioso di mostrare il proprio coraggio e la propria capacità di comando. Alla base del colle è ancora leggibile la lapide posta nel corso di una solenne cerimonia nel 1936: «nella notte del 24 agosto 1915 / i fanti del 115° «Treviso» / tentando / con pertinace impeto la via di Trento / su questo colle / votavano / vite e sangue / alla vittoria redentrice». La caccia alla gloria aveva portato alla scomparsa di un migliaio di giovani riservisti, tutti provenienti dai comuni rurali della provincia di Treviso, ma non pare che qualcuno si sia premurato di informarsi sull’opinione delle famiglie in proposito.



Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #439 : Mercoledì 25 Settembre 2019, 10:32:31 »
* Gabriele.
Errore mio di battitura