Autore Topic: SEBASTIANO FANTE ITALIANO  (Letto 57864 volte)

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Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #400 : Mercoledì 19 Dicembre 2018, 15:58:09 »
ah ah ah ah ah ah....

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #401 : Venerdì 21 Dicembre 2018, 10:58:40 »
Stati di sopraffazione

20/12/2018 ore 6.30, dopo giorni, mesi, anni di letture e ricerche sulle droghe sacre, su misticismo e scienza, sugli stati di allucinazione indotti, insomma, sulle vie per accedere alla trascendenza, finalmente decido di sperimentare su me stesso ciò di cui ho sempre sentito parlare.

Certo, reperirlo oggi, dopo una sostanziale messa al bando operata dalla cultura del demone capitalista e neo liberista, non è stato semplice. Sul web, nel dark web, imperversano i tutorial per sintetizzarlo ma no, io ho conosciuto gente a posto ed insospettabile che sa come reperire il prodotto naturale usando le maniere lecite.

Si, tra le sostanze da sperimentare ne avrei potute scegliere tante, il mercato ne è così ricco ma, ho preferito lei. Non ci crederete ma, la prima a parlarmene fu mia madre. “Ci sono cresciuta” mi disse. Ne rimasi sconvolto.

Su questa sostanza chiesi lumi anche a mio padre ma, lui mi disse di averne assunte altre. Un giorno mi disse ancora che, mentre insieme ai suoi colleghi inseguiva nelle campagne lombarde un cane (o un gatto) con un bocca la mano di un cristo che si era accidentalmente fatto esplodere maneggiando una bomba a mano - un suo amico e collega che perquisiva gli impiccati mangiando panini ricostruì il cadavere, …e mancava un pezzo - ne vide depositi enormi, una vasta produzione.

Ma come riprodurla ora? Mi chiesi. A me mancavano le materie prime, non avevo con me nemmeno l’erba. Però, come detto, ora la ho. L’avevo comprata pure per Fla ma, forse, per lei è troppo. E poi l’immaginario dei bambini è tale da consentir loro di avere “visioni” non eteroindotte.

Decido allora di soprassedere, devo essere io la cavia, e sto per annotarne gli effetti.

20/12/2018 ore 6.45. Sono seduto sul divano, iniziano gli effetti: ho uno stato di agitazione (per la verità, non so se ho lasciato il gas aperto), mi tremano le mani, sul palato mi rimane come un sapore di mentuccia.

La camera comincia a girare, i telefoni in bakelite a suonare. La chitarra arpeggia da sola un pezzo di Al DI Meola (mi pare “Viva la danzarina”). Questa sostanza ha la grande capacità di far si che ogni rumore o suono incida sulle mie visioni, sui colori, sulle forme: archi gotici che si moltiplicano all’infinito, sbuffi vulcanici, fulmini e draghi.

Come disse qualcuno più famoso di me: “fuochi di artificio e caleidoscopico risultano espressioni limitative, quasi riduttive”.

Mi sento di ridere. Un senso di goliardia ostacola qualsiasi riflessione seria. Lulic tira e manda fuori! Sono in balia delle mie paure. Lulic tira e rete! Rete! Cazzo si! li abbiamo sconfitti in ogni stato di coscienza, persino in ogni singolo meandro di una mente alterata.

Farfuglio qualcosa, non mi comprendo. Provo a scrivere qualcosa ma non capisco la mia scrittura. Poi divento di nuovo riflessivo: la vera sapienza è assenza di volontà. Decido così di restare fermo. Ma comincio a volare per la stanza, mi libro emettendo flatulenze di ogni genere. In uno stato di incantamento mistico fisso la finestra, la imploro di aprirsi.


20/12/2018, ore 7.15  mi risveglio riverso sul pavimento. Mi sento ancora inebriato ma l’effetto sta svanendo. Peccato, mi avevano detto che si sarebbe protratto dalle 5 alle 12 ore. Mi vesto, vado al lavoro.


Però!  …devo riprovarlo ancora sto latte di capra.
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Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #402 : Venerdì 21 Dicembre 2018, 13:39:43 »
Mattepossino... :D :D :D :D

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #403 : Venerdì 21 Dicembre 2018, 23:28:17 »


 :D :D :D :D :D
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #404 : Giovedì 3 Gennaio 2019, 16:22:43 »
Ricordanze di fine anno


Certo, nella hall of fame delle proprie "ricordanze" potrebbe mai esserci l’episodio che segue? Eppure io lo serbo in memoria sempre con l’affetto e quell’insopprimibile frinir di cicale che contraddistinguono le nostre estati migliori.

Creta, luglio 2002, complice un fetido omunculo passato alla storia as “arbitro Moreno”, l’Italia di Trapattoni era stata appena eliminata dal mondiale per mano di una delle due Coree, ed io, senza angoscia alcuna, mi barcamenavo vacanziero in una Grecia ancora anni ’70.

Secondo un irreversibile processo di avvicinamento, anche lì la Rai imperversava con il promo dello show tv autunnale di Gianni Morandi.

Nell’albergo, i crucchi svernavano attorno alla piscina e alle loro lardose colazioni. Bé, almeno così le covate delle tartarughe caretta caretta recintate di lì a qualche metro su una meravigliosa sabbia rosso cretese, quatte quatte sarebbero potute rimanere in pace.

Il tutto, sommerso sotto quintalate di olive, yogurt,  formaggi protetti da foglie di vite e qualche sorso di ouzo.

Kalimèra e Kalispèra ed una porzione di moussaká.

Bè, questo era più o meno l’assolato quadro d’insieme quando, finalmente libero dalle spire dell’animazione del villaggio, io mi ritrovai a far la fila alla cassa di un minirmarket e, per ingannar l’attesa del nostro turno, presi una bottiglietta d’acqua minerale cominciando a leggerne la targhetta scritta in greco.

Naturalmente greco moderno ma, chi ha studiacchiato l’antico - come certo posso aver fatto io - tutto sommato, può leggere l’attuale. Così feci con un tono nemmeno troppo alto.

Sono quelle cose che fai per saggiare le tue rade riminiscenze. Ma la ragazza alla cassa mi udì e, con ellenico compiacimento, disse “bravooo!”, pure accompagnando con un sorriso.

Ne rimasi sorpreso e, pudicamente rimettendo la bottiglietta a posto, le sorrisi anch’io. Fu un bel momento. Uno di quelli senza enfasi o squilli di trombe ma, comunque un bel momento che porto con me anche a distanza di anni.

Così ora, dovunque essa sia o qualunque cosa faccia, a quella ragazza io dico: Γεια σας, ευχαριστώ και πάλι, σας εύχομαι ευτυχισμένο το 2019. Το νερό ήταν φρέσκο και ο στόχος του Tυρoνε ήταν καλός.

(Trad. : Ciao, grazie ancora, ti auguro un felice 2019. L'acqua era fresca e il goal di Turone era bono)                                                 

Auguri a tutti.

Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #405 : Giovedì 3 Gennaio 2019, 20:40:51 »
Il romantico e delizioso Panzabianca ha colpito ancora. ^-^

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #406 : Venerdì 4 Gennaio 2019, 08:54:51 »
ο στόχος του Tυρoνε ήταν καλός

'O vedi che a scervellatte sul Rocci t' è servito a quarcosa?  8)
Comunque dato che te ce trovavi potevi pure scrive che er go' de Turone era κάλλιστος, tanto quella che ne sa?  ;D
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #407 : Venerdì 4 Gennaio 2019, 10:25:23 »
 
'O vedi che a scervellatte sul Rocci t' è servito a quarcosa?  8)
Comunque dato che te ce trovavi potevi pure scrive che er go' de Turone era κάλλιστος, tanto quella che ne sa?  ;D

ah ah ah ... Il mio rapporto col greco è degno della migliore psicoanalisi

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #408 : Venerdì 4 Gennaio 2019, 11:29:07 »
L’importanza degli oggetti

Anno Domini MMXIX, 4 gennaio, ore 8.23, “Metrebus card il rinnovo, un anno dopo”.

In principio fu Abebe Bikila il Bestemmiatore, poi solo treni in orario o quasi.

La tratta Roma-Zagarolo si mostra tra le più affidabili dell’intero bacino mediterraneo e pure della penisola arabica a gestione inglese, dannazione!” disse un giorno Freya Stark colta in un attimo di debolezza mentre veniva derubata da alcuni mangiatori di gusci di tartaruga nell’Hadramaut e, ahilei (!), di alcune ciocche dei suoi stoppacciosi e posticci capelli biondi.

Così, forte di queste onorevoli referenze, stamani, sceso dal treno, mi dirigo verso l’antro scavato nella pancia della Stazione Termini dove – solitamente quando si è storditi, quindi: di mattina presto o alla sera – si compiono degli atti scelleratissimi. Uno tra tutti: l’efferato rinnovo della metrebus card a circa annuali € 400,00.

Abitualmente, dopo un simile gesto, uso uscire da quei locali sotterranei attaccato al ventre di una titanica pecora ma, poi scopro che gli accecati siamo io e le mie asfittiche finanze.

Però ora un piccolo fashback: in occasione dell’ultimo mio rinnovo, una mia vecchia cara (ex) compagna di Liceo, al secolo Irene V., investita come molti sulla mia rubrica telefonica dai miei racconti da due soldi, mi disse: “io lavoro lì”.

E allora, stamane, giunto allo sportello rinnovi per fatidica destinazione, mentre vengo dapprima colto da uno svenimento e dalla tipica smemoratezza-pin che a quello segue, in una narcotica esitation che precede il freddo coinvolgimento della mia carta di credito, scorgo quindi una pinzatrice sul tavolo dell’inerme impiegato-dietro-il-vetro.

Voi direte: e questo cosa c’entra nel quadro logico e fiabesco di questa ennesima storia senza senso?

Solo un dettaglio, please: su quella pinzatrice color giallo, forse ocra, in stampatello c’è chiaramente scritto “IRENE”.

A dispetto del senso di pace interiore, insito in quel nome, che universalmente si spande per l’aere et per le pulcherrime, luminosissime stelle, la scritta sull’oggetto sembra piuttosto voler minacciosamente dire: “questa è la mia pinzatrice, vedi de nun te lo scordà!

Al ché, con un sussulto tipico del folle o del fine osservatore, fate voi, all’ignaro io chiedo: “scusi, quella pinzatrice è di Irene V.?

Potrete certamente immaginare come, alla mia domanda, la faccia dell’impiegato-dietro-il-vetro, nonché ormai irrisolto collega di Irene, sia finita vittima di una serie di movimenti espressivi sui quali lo stesso malcapitato è sembrato non avere alcuni controllo.

Ma ritorniamo al presente storico: ormai sull’orlo di un crollo nervoso, il tipo si schiaffeggia con il consueto gesto di chi nell’800 si sfidava a duello, stavolta, però, con una certa qual (più) violenza.

Poi, rinfilati col ditone gli occhi nelle orbite, ritorna in se e mi dice: “si, è Lei

Così, ristabilito il continuum spazio-temporale in the cavern, come un apostrofo accompagno la sua ammissione con un: “me la saluti con affetto”.

E lui: “chi devo dire? Sono 404 €” 

Un caro saluto Irè.

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #409 : Venerdì 4 Gennaio 2019, 17:09:30 »
Vabbè, dato che Irene è una collega anche mia (di rubrica telefonica, c' est vrai, ma sempre collega è) quando la vedi salutala pure da parte mia.
E se ti chiede "chi devo dire?" dille Frusta di biancocelesti.org  :D
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Offline San Tommaso

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #410 : Venerdì 4 Gennaio 2019, 19:03:00 »
L’importanza degli oggetti

Solo un dettaglio, please: su quella pinzatrice color giallo, forse ocra, in stampatello c’è chiaramente scritto “IRENE”.




Hai veramente ragione : l'importanza degli oggetti (soprattutto negli uffici, aggiungerei io)!

Nonostante in 13 degli ultimi 15 anni abbia sempre avuto un ufficio tutto mio, e nonostante ad ogni cambio abbia ricevuto -com'era prassi- una robusta dotazione di cancelleria nuova, da sempre sulla mia scrivania scintilla questa spillatrice (non gialla, né ocra, ma di un rilassante color arancione), che mi ha seguito in tutte le mie peregrinazioni e che mostra -in qualche punto- l'usura del tempo e delle mille battaglie combattute assieme.
Una sorta di feticcio.
Su cui ho apposto -a scopo di severo monito per chiunque tentasse di appropriarsene, anche occasionalmente- una pecetta bilingue che ricordasse a tutti che essa è di mia esclusiva proprietà e che -guai a loro!!- non si provassero a fingere di scordarsi di rimetterla a posto qualora, me assente, avessero assolutamente bisogno di usarla.
Non credo se non vedo.

Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #411 : Venerdì 4 Gennaio 2019, 19:13:54 »
Irene e una spillatrice. Mi viene in mente Lautréamont: “Bello come l’incontro fortuito su un tavolo di dissezione di una macchina da cucire e di un ombrello”

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #412 : Mercoledì 6 Febbraio 2019, 13:38:56 »
Visto che il Fante sonnecchia soprattutto a causa della latitanza di Arch (che però è giustificato, dato che sta lavorando ad un libro che ci riguarda e chi mancherò alla presentazione si fa il the coi calzini di Scarnecchia) di quella di Leomeddix (giustificato isso pure dato che sta lavorando fuori sede faticosamente vivendo la grama vita dell' esule ramingo ed errabondo) e di Frusta (che non è giustificato pe' gnente dato che non cià un cazzo da fa' dalla mattina alla sera e la sua fatica più grossa consiste nel fare i quattro passi che lo dividono fra il tavolo dove magna e la poltrona davanti alla tivvù sulla quale s' addorme), il Panza (che vive, vegeta e 'gnittanto quarcosa la scrive), m' ha mannato stacosa dal sapore almodovariano, immotivatamente riponendo forse la sua fiducia su una mia ipotetica discrezione.
'Nsomma se credeva (l' incauto) che io leggessi e basta.
 :D E 'nvece io posto, guardampo'


Légami

(accenti)

Parte prima (di cinque)

Giunto ormai alla soglia dei 50, comincio ad aver chiaro almeno il cammino fatto. E tra i tanti, v'é certamente l'erotic-sessual-romantic-mystic and dissolution way of Love. Un cammino, anzi, un viaggio che potrebbe non finire mai, fatta eccezione, naturalmente, per le anime pie che esprimano un consapevole voto di rinuncia emancipandosi cosí – bontà loro – da ogni male. Ma questo episodio della mia vita è certamente uno dei più curiosi. Collocazione atemporale, meglio così (…). Serata con amici, serata al pub. Lazzi, frizzi e poco più. Si ricordano le cazzate fatte assieme, ci si ride su. Scorre birra. Si testa la resistenza alcolica. Io sono l'unico che accompagna con qualcosa da mangiare. Regola aurea della passatella: bevi e divertiti però mangia, mangia sempre. Condiscono alcune battute di houmor nero. Ma rimaniamo nel pub: il secondo giro ce lo porta lei, una giunonica, bella ragazza mora. Accento del sud, credo pugliese. Studi alti che naturalmente non ricordo. Forse nativa di zona marittima, mi accenna qualcosa ma dimentico subito anche la località. Certo, è vero, in periodo di ricostruzione occorre tenere a mente alcuni capisaldi: Cicerone, nel De Repubblica, scrive che chiunque volesse fondare (o ri-fondare) una città prosperosa, è bene che la eriga in un saldissimo entroterra e giammai in riva al mare. I luoghi di mare sono troppi esposti alle influenze culturali (e non) di chiunque via approdasse, e, dunque, durerebbero poco. Però, penso io, Ubi maior… e questa è abbastanza gnocca per by-passare pure le massime del politico arpinate. Sin da subito Lei si mostra brillante. E me ne da subito un saggio: mentre arriva e ascolta così solo le battute conclusive di una mia sortita platonica in risposta agli attacchi al buon Averroe - a quanto pare, secondo l’accusa di quella sera, “reo” tra gli altri di aver adattato, non senza qualche sapiente cojonella, le intuizioni greche al Dio dei cristiani - Lei, cogliendo il senso di quel che stavo dicendo, confeziona un intervento in mia difesa, devo dire, assai degno di nota. “Brava! Ben detto” dico io, raccogliendo un suo lauto sorriso di mancia. Da lì, un crescendo rossiniano di intese e di ammiccamenti per un’inaspettata acchiappata (avrebbe detto mio fratello). Credo che nell’occasione il mio ego si sia letteralmente lanciato in sfrenate danze dionisiache. Già, a volte letteralmente consumi te e la tua giovinezza ad inseguire qualche confusa smorfiosetta, si, proprio quella dolce, carina e affettata, per intenderci, quella “ideale” a cui scrivi anche poesie, persino apostrofandola a “irrinunciabile passera” e che poi, quando meno te l’aspetti, nel mezzo di una meravigliosa giornata di sole, sorridente e materna ti avvicina e ti dice: “passerà”. Insomma, ti rifila la classica “tranvata”. E in questo vortice di passione non ricambiata, finisce che tu non dia peso alcuno alle altre, minimali, timide, forse pure incolpevolmente normali o generosamente ordinarie le quali, invece, irrisolute ti sbattono addosso. Tante. Le prime poi, non sempre ma spesso, finiscono preda di qualche jeancojon che, come da “teorema” ferradiniano, le turlupina, le angaria, finanche la malmena e poi le sputa altrove come un osso di oliva colpita da xilella.


Parte seconda (di cinque)

Confesso, almeno un paio di volte nella mia vita ho avuto la voglia di pagare un aereo che le passasse sulle finestre con la scritta “piajtelanderculo zoccola!” Ma poi costa troppo ed io ho imparato a girare pagina immediatamente. L’ho sempre preso come un gioco. Lei però non sembrava tutto questo, anzi, visibilmente interessata all’oggetto, voleva conoscermi. E la cosa mi confermò che l’universo femminile vive quasi esclusivamente di circadiane alchimie si, ma psicologiche. Certo, poi anche fisico-ormonali, spesso sguaiatamente fisiche come non si immagina mai ma, l’approccio, la loro prima impressione è sempre solo mentale. Insomma è un zxcsssfsdgfj ben strutturato. E allora non opposi alcuna resistenza e, in una sera di luglio, dopo aver condiviso la prima parte di serata con un’altra coppia improbabile (lui: Marco, “11.000 euri di abogado” , figlio di papà e fancazzista, Lei: Paola, irrisolta laureata in psicologia, la tipica ragazza problematica che parla parla… che vuole conoscerti ma con la quale sarebbe bene  non uscire MAI) mi ritrovai a sorseggiare del vino nel suo appartamento. Torno lì: dopo una cenetta assai frugale (“…mmmmmm… forse questa ragazza sbaglia qualcosa nella strategia di base (ma nella mente di una donna tutto ha un senso…)”, Lei si mette a suonare il piano ed è sempre più brillante. Mi parla dei suoi autori classici preferiti: Liszt, Chopin, Satie. La conversazione è interessante. Continuiamo a bere vino. Io chiedo olive ma nulla. Comprendo quasi tutto ciò che dice e mi sembra che non bluffi. “Però! Per essere una pugliese, cucina di merda ma ha una sua cultura, un suo perché. Questo potrebbe dare un senso alle residue 22 ore di una giornata” esclama la parte più cinica di me. Ma ci stiamo conoscendo e, devo dire, queste grandi stanze di questa grande casa anni 50, sulla Prenestina, in cui lei e le sue tette vivono da sole non sembrano poi così tetre.


Parte terza (di cinque)

Nel frattempo, credo che lei stia andando ben oltre la sua soglia di “resilienza etilica”. Io invece no. Mai. Soprattutto in talune circostanze (come questa), c’è una residuale parte di me che naviga nel lugubre, nel catastrofico, nella casualità dei numeretti estratti in cronaca nera. Per fortuna, però, riesco a confinarla come una bollicina d’olio in un mare di acqua fresca: la mia ironia. Così, rimango sobrio e, pur presenti, le mie minime preoccupazioni vengono a galla sotto forma di motivetto sciocco che per un po’ fa da colonna sonora alla serata (“…Mi ha detto mio cuggino che una volta in discoteca ha conosciuto una tipa …Che però poi non si ricorda più niente e alla fine si è svegliato in un fosso tutto bagnato che gli mancava un rene, mio cuggino mio cuggino...”). Vero, tutto sommato, per me questa ragazza è una sconosciuta. Però è pure il primo appuntamento, e non potrebbe essere altrimenti. Lo sarebbe stata pure Cenerentola. Ma, eloquenza della logistica, il pianoforte, casualmente o no, è posto nella sua camera da letto. Giusto, dico, anche io quando ho la scintilla artistica d’accatto, magari mentre dormo, vorrei subito trovare la mia chitarra, così credo anche lei. Poi, d’un tratto, succede qualcosa che ancora oggi non mi spiego: nella mia testa riecheggia qualcosa, non so dire, forse il tema di una puntata di quelle trasmissioni domenicali sulle ricchezze del territorio… “Per produrre il salame si devono seguire diverse fasi di lavorazione. Tra queste la preparazione dell’impasto con l’aggiunta degli aromi, la procedura di insacco. E’ proprio terminata questa fase di insacco che si procede alla legatura del Salame, l’argomento di cui vogliamo parlare oggi…”  "Cos’è? Che cazzo de vino ho bevuto? Questa risparmia su tutto?"... Ma poi riatterro in quella casa al cospetto di quella ragazza. Ma, ancora quella voce: “Nonostante oggi esistano sistemi automatizzati per realizzare la legatura del salame, quella effettuata manualmente gli conferisce una preziosità unica. Essa rivela tutta la cura e l’attenzione con cui il salame è stato prodotto. Tutti i prodotti di questo Salumificio, da sempre, sono legati esclusivamente a mano. Vediamo insieme quali sono le principali caratteristiche di questa lavorazione…” E poi di nuovo lì, a parlare del più e del meno con la tipa dalle grandi tette. Sono frastornato ma, io voglio concentrarmi su di lei e non voglio sentire altro. Si, io voglio concludere l’acchiappo. In gergo credo che si possa dire: quagliare. Mi verso altro vino, lo verso anche a lei. E’ già nello stato in cui le basterebbe reclinare la testa per russare e, magari, per poi svegliarsi con la casa svaligiata. Credo abbia esagerato ma boh, avrà calcolato i suoi rischi. Tutto sommato, ho caratteri fisiognomici rassicuranti. Mah. Però, per fortuna regge ed è lucida. Ora, però, risoluta si stacca dal piano per andare verso l’armadio. D’acchito non capisco.


Parte quarta (di cinque)
 
Nel frattempo ancora quelle voci: “La legatura è una vera e propria arte: l’intreccio di spago che con destrezza e maestria viene compiuto dalle mani esperte di un professionista o amatore è un insegnamento tramandato nel tempo. Una tradizione di gesti delicati e precisi ereditati dal passato, che ogni giorno cerchiamo di tramandare alle nuove generazioni”. Un presentimento può rivelarsi in qualsiasi maniera, sul territorio... Ma, credendolo solo un effetto del vino, mi metto una mano sulla faccia e mi ridesto presente a me stesso davanti a quell’armadio. Mi chiedo poi se questa circostanza abbia un senso. Perché ancora davanti all’armadio? Incuriosito e perplesso, guardo la gnocca la quale, dopo aver aperto un’anta, tira fuori da un cassetto degli strani lacci ed, ora, è lei che guarda me, pure con un certo compiacimento. Dapprima non capisco, poi si, purtroppo si. “L’hai mai fatto? Ti va?” mi dice lei con aria da donna dalle mille fatte. Gli attimi si allargano, anzi, si distendono, e quelle oscure voci diventano presentimento, monito: “…la legatura è anche un’arte complessa, che richiede particolare l’attenzione. Il salame, infatti, non deve essere legato né troppo stretto né troppo largo. Lo spago troppo stretto potrebbe infatti provocare la rottura del budello, mentre una legatura morbida non favorirebbe la maturazione compatta del salame, con conseguente formazione di aria al suo interno”. “Cosa, legarti? Avoja. Mò le donne chiedono solo quello…” Rispondo io con tono navigatissimo ed espressione da cargo battente bandiera liberiana. E poi, come se niente fosse, rilancio: “come vuoi farti legare? Che hai in mente?” E le voci che prima mi parlavano di salami e legacci, ora diventano un giaculante coro greco-romano: “si, ma se te leghi e questa se sente male, a te chi te scioglie? Tu non la conosci. Magari c’ha il colesterolo alto, è cardiopatica, isterica, maniaca, poliedrica. Magari è solo pazza. O forse c’ha qualche complice nascosto, quello de prima, quello del rene. E tu? La immagini la figura demmerda quando er poliziotto te troverà legato?...”. Mmmmm… maschero qualche attimo di legittima perplessità versando altro vino ed indossando una maschera di pongo. “Che c’è, non sarai mica un bigotto?” mi fa ancora lei con aria di superiorità scandinava. Penso a tutto, ad Alessandro Magno e il Nodo di Gordio, pure a Gesù Cristo, morto in croce per asfissia. Già, non certo per quei dannati chiodi, ma per una fastidiosissima, stronzissima “posizione viziata”. Ma con un’immediatezza che sorprende anche me, dico: “no no, se po fa. A te piace così…? So di mentire sapendo di mentina. Bluffo come uno spergiuro. Va’bbè, sembro catapultato in un film di Verdone. Francamente, non avrei mai immaginato di vivere, prima o poi, quel “famolo strano” che a volte si maneggia inconsapevoli scherzando con gli amici ma, tantè. Dovevo prenderne atto ed agire. Ero in ballo e c’era qualcosa che mi faceva restare lì con la cameriera ninfomane. Qualche giorno più tardi mi documenterò: Il “bondage” (questo il nome della cosa) è una pratica amata sia da uomini che da donne di qualsiasi etnia o generazione e viene messa in pratica legando, tramite l’ausilio di corde o manette, il proprio partner durante un rapporto sessuale. La parola, tradotta letteralmente, significa “schiavitù”.Regola di ingaggio indispensabile per dare avvio alla pratica è che entrambi i due partner si fidino l’uno dell’altro e che, naturalmente, siano consenzienti e liberi decidere in qualsiasi istante di mettere un freno ai giochi” Ecco, già due punti (pure tre) non è che fossero così pacifici: amavo la pratica? Ero consenziente? Ma, soprattutto, mi potevo fidare? Decisi allora di essere proattivo: “Come la chiami tu questa “arte”: il gioco dei legacci?” Ed ormai svolazzante sui fumi di alcol e galoppante erotismo, lei non parlava più, annuiva, anzi, no, puntualizzava: “si chiama Bondage ma si, tu puoi chiamarlo come vuoi…” . Avevo molto credito e subito ne approfittai: “E allora ti lego prima io, mi piace legare le mie partner”, dissi io ormai calato nella parte e mosso da lucido quanto inspiegabile fervore. Erano però gli stessi attimi in cui mi sfiorava barbara l’intenzione di attaccarla e lasciarla là. L’armamentario a sua disposizione era complesso e composito. Impressionante. Nei miei occhi ad oggetti anche eleganti si alternavano rozzi cordini che gridavano sesso. In particolare, c’erano dei legacci che al netto della confezione e livrea persino sado-maso assomigliavano ad un imbrago integrale per le ferrate. Complice quel vino, credo un rosso di Manduria (ma, di ricaduta), ebbi visioni quasi lisergiche di lei nuda attaccata in parete con quella roba addosso.


Parte quinta (di cinque)

Ero combattuto. Questa qui mi piaceva ma, al contempo, mi faceva paura. Che genere di peccato sarebbe stato deluderla? Ma l’idea di legarmi no, proprio non mi piaceva. Nemmeno mi eccitava, anzi, trovavo la circostanza buffissima. E mentre cominciavo a legarla e ad applicarle corde, gingilli ed admnicula, nella mia testa scorrevano rapide e risolute infinite equazioni sull’umana miseria. Ma, sottovalutavo infine la redenzione della gnocca. Mi aveva anche sfiorato più volte l’idea di far crollare quell’origamo di illusioni con un banalissimo “ma fa la seria… su! Che demo fa?” ma - e questo ad oggi è ancora un mistero gaudioso - trovavo la cosa dannatamente eccitante, pure interessante. Un interesse forsanche culturale per questa cosa che veniva da lontano. Diciamo così va. E poi, sai quando vuoi vedere come va a finire? Ecco. Intanto, il vino continuava a fare il suo lavoro e lei, interrompendo l’oriental afflato del rito dei legacci, si assentava momentaneamente. Ricordo solo che abbandonò il letto saltellando, data la costrizione di alcune parti (…).  Quando  penso a quanto fu surreale quel momento, mi viene di sentire il rumore di due palloncini che si sfregano ma, obiettivamente, lei era molto meglio di tutto questo. Quanto a me, rimanevo irrisolto davanti a quella sedicente strumentazione del piacere. E mentre riflettevo su ciò che stavo facendo, ancora il coro: “…nello Shibari (l’atto di legare qualcuno) il Nawashi (artista della corda, ossia colui che esegue la legatura) – ma che cazzo volete?? chiedevo al coro ma, niente… – esegue disegni e forme geometriche che creano un meraviglioso contrasto con le curve naturali ed i recessi del corpo femminile. La consistenza e la tensione delle corde creano un contrasto visivo con la pelle liscia e le curve, sottolineando la morbidezza delle forme corporee. Capito Ste? La modella diventa come una tela, e la corda è il colore ed il pennello. Questo contrasto viene ulteriormente enfatizzato dall’utilizzo di modelle dalle forme giunoniche - ah ecco! Tutto ha un senso… - le cui curve generose compresse dalle corde creano forme e giochi di luci ed ombre ancora più evidenti”. Tutto chiaro, dunque. Ma, certo, per me che ero alle prime corde (…), questo sostrato di evidenze culturali anche etiche, mi metteva una certa tensione. Insomma, se non era tensione de corda, era sicuramente tensione di altra maniera più tanto altro ancora. Ne approfittavo per andare a bere un sorso d’acqua in cucina. Posi attenzione anche al cellulare. Ricordo che risposi ad una collega di lavoro per una noia in ufficio ed anche a quel mio amico che non più tardi di qualche ora prima mi aveva espresso tutta la sua invidia per il pregevole acchiappo. Il testo del messaggio recitava più meno così “Andrè, brutta merdaccia (tifava e credo tifi ancora per una squadra diversa dalla mia, in città), questa se vole fa legà, anzi la sto già a legà. Nun so se metteme a ride o annammene. La tua sarà pure logorroica ma quelle strane tutte a me…”. Ma non c’era più tempo da perdere e lei era di nuovo pronta: “Stefano, eccomi. Ti aspetto…” Poi ancora quelle voci ormai insopportabili: “Il bondage nasce in Estremo Oriente, più precisamente nel Paese…”
“Ahò e bastaaa…”
e lei ancora: “ Ste, tutto ok?”
ed infine io candido e costrittivo: “si? (cazzo), aspè, arrivo…”       

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #413 : Mercoledì 6 Febbraio 2019, 14:00:08 »
No, qui siamo davanti al Genio!!

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #414 : Venerdì 29 Marzo 2019, 16:54:32 »

Vanity train

Stamane, ma pure un giorno qualsiasi:

lei sale infardellata, mancano 5 minuti alla stazione d’arrivo ma lei - o lui, si intende - deve mettersi comoda, si deve sistemare. E dopo un’acerrima lotta con l’anta della porta scorrevole che non scorre, lei, sempre lei, come avesse uno scanner, verifica ogni tipo di pertugio, disponibile sul vagone, in cui posar oggetti.

Crea baruffa e strepito. La gente salita a Cassino malinconicamente saluta le rarefatte, bucoliche atmosfere della partenza e si dispone alla timorosa osservazione della nuova arrivata.

Lei si fa strada tra i passeggeri dispensando a chi una culata e a chi una spallata. Un tipo di vanità la sua che letteralmente si esercita spavalda nell’occupazione dei vani.

I francesi saliti a Zagarolo la guardano incupiti al pensiero che questo essere possa un giorno solo pensare di intraprendere un viaggio transoceanico.

Ma lei procede, ha da sistemar cose. Comincia con la sua borsa, la borsa di una donna che solitamente non è Mary Poppins ma masupercalifragilisticazzodebagagli… poi il portapranzo …e il computer, poi ancora altri oggetti imbustati alla meglio  ma che ci sembrano esserle vitali.

Infine, a due minuti dall’arrivo, si toglie la giacca, solitamente un capo pesantissimo perché Lei non ha ancora fatto il cambio di stagione.
E poi a marzo, si sa…

Intanto, sul treno fa caldo, un caldo sahariano. L’impiegato del fondovettura si sventola col suo carnet di buoni pasto e lei lo guarda con aria sprezzante.

Fa caldo, si. In questo periodo di mezza stagione, il controllore solitamente sospende ogni sua mansione per impegnarsi a cercare l’interruttore del termosifone, che non trova mai.

Su un treno nessuno lo sa. Mentre lei, finalmente, si apre il libro per quella quotidiana intramuscolo di cultura letteraria, sistemando temporaneamente il segna-libri sul crinito capo di un giovine scapijato, immerso in cuffie e spotify.

Osservo gli altri passeggeri: il frate pauperista, la ragazza col tatuaggio della Dea Elefante, la signora di Ciampino che oggi ci ha fregato tutti: è salita a Valmontone.

Tutti guardano l’ultima arrivata come se s’aspettassero altro. Ed altro succede: si entra in stazione a passo d’uomo quando lei comincia a truccarsi. Tutti crediamo che si aiuti con qualche “sostanza proibita”. Queste le parole del sospirante manovale di Posta Fibreno.

La signora di Ciampino arriva anche a chiederle una consulenza, il controllore la interroga su dove cazzo possa essere l’interruttore dei termosifoni. E lei lo accontenta spegnendoli just one touch sull’applicazione dell' I-phone.

Ma s’apre la porta e Lei scende dal treno. Deve arrivare in tempo al lavoro ed ha da sbarazzarsi del nutrito stuolo di follower che intanto l’ha eletta Deus Ex treno. Li  semina. E’ finita. [/size]
 

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #415 : Venerdì 29 Marzo 2019, 18:27:51 »
Vanity train
 a chi una culata
Ho chiesto al Panza in pvt se la signora in questione fosse di gradevole aspetto, e quindi rendesse con la sua avvenenza meno sgradevole se non addirittura piacevolmente accolta la propulsione di cui sopra, ma m' ha risposto che proprio no. Prooooooprio no.  8)
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Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #416 : Mercoledì 5 Giugno 2019, 12:28:40 »
Cuore di porco

Enrico è un impiegato. Già questo basterebbe a guastarne ogni sogno. Eh si perché Enrico sarebbe anche uno sportivo.

Dico sarebbe perché vive col complesso della castagna bacata, e il suo big bang può scoccare da un momento all’altro.

Già, Enrico ha un cuore debole. Ma niente paura, per lui ce n’è già pronto un altro presso l’‘ISTITUTO TRAPIANTI E URLA TE PIGLI QUELLO CHE C’È’. Enrico lo sa, la sua vita si giocherà nel tempo che corre tra la linea del traguardo e i primi soccorsi. Un massaggio cardiaco, uno sterno resistente, sicurezza e allarme. La combinazione della salvezza è incognita e casualità.

Palletta, invece, è un maiale allevato a pochi metri dalla casa di Enrico. Della sua cucciolata è certo il più grande, il più pronto per il macello ma, per fortuna sua, è anche l’unico ad essere passato dalla sala ingrasso a quella di inseminazione. E’ bastato un colpo d’occhio del veterinario mentre Palletta passava davanti alla sala ricevimento scrofette.

Così Palletta si ritrova in riproduzione e, tra un amplesso e l’altro, vede i suoi amici salire sul tir del non ritorno, ogni volta tirando un profondo grugnito di sollievo. Poi, certo, Palletta si rigetta nell’alcova dei piaceri perché qualcuno lo deve pur fare, ed ogni attimo a pensare ad altro è sprecato.

E’ il giorno di Pasqua quando Enrico partecipa al “Trofeo spaccacuore”, corsa di 24 ore tra mille asperità e imprevisti. Enrico, asciutto e in forma, prima dello sparo si batte il petto per sentirsi vivo, e poi Via! Piove e tira vento, tra le montagne le 4 stagioni si avvicendano nello spazio di 5 minuti, ma Enrico c’è e va. Arriva così la ventitreesima ora di corsa e le posizioni sono sgranate; i pochi atleti ancora in gara sono prossimi all’arrivo e, tra questi, c’è Enrico.

Si parla di un cinese cascato in un burrone ma la corsa non si ferma. Enrico sprinta con un nordcoreano. Arriva ma sa che il peggio ha ancora da venire. E il peggio quando lo aspetti arriva. Sono attimi frenetici quelli presso l’ISTITUTO TRAPIANTI E URLA TE PIGLI QUELLO CHE C’È, proprio oggi se ne è andato l’ultimo cuore disponibile, ed Enrico sta arrivando.

Un chirurgo senza cuore sacramenta sulla porta e si prepara a recitare la formuletta di rito per i parenti. Ma succede qualcosa, succede quello che non ti aspetti: il padrone dell’ingrasso ha dimenticato di ringraziare chi gli salvò il cane con il cuore di un vigile urbano caduto in una buca e mai reclamato dai familiari.

Così, mettendo insieme alla meglio un pacco-dono, il padrone dell’ingrasso ci infila pure Palletta, ormai stanco padre di mille figli. E l’ex-inseminatore seriale viene infiocchettato insieme ad una marmellata, un uovo di cioccolata, un sacchetto di lenticchie avanzato da capodanno e poi via verso la clinica.

S’apre la porta scorrevole, un colpo d’occhio di Palletta alla segretaria bona, un altro del chirurgo al quadrupede e… Palletta è sotto i ferri. Il maiale non capisce, crede che gli tolgano l’organo più importante. Teme solo per la sua virtù, per le mille scrofette inconsolabili e per le voci che si spargeranno leste.

E si ritrova su un lettino, intontito e col torace aperto sotto luci accecanti, vede il numero di gara di Enrico disteso a fianco ma, continua a non capire. Palletta chiude gli occhi senza capire, Enrico li riapre senza sapere come si è piazzato. Ricucire.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #417 : Mercoledì 5 Giugno 2019, 15:52:17 »
Tremendissimo. :-X

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #418 : Mercoledì 5 Giugno 2019, 18:04:16 »
Gadda e King non si sono mai conosciuti ma in questo racconto ci si sarebbero riconosciuti tutti e due, diavolo d' un Panza!   :)
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Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #419 : Mercoledì 12 Giugno 2019, 08:54:20 »
Rashid

Storia di un Libro

Nacqui a Rashid come taccuino d’appunti, ero di stanza in Egitto al seguito di un soldato, Jean-François, mi pare si chiamasse così quello strano tizio.

Fui appuntato con la traduzione di un decreto tolemaico. Si, Rashid, da voi credo si dica Rosetta, lo seppi appena tornato in Francia. Prima di ripartire ed avere una vita mia, stetti qualche tempo davanti a quel pezzo di pietra inciso. Anche io come lei diviso in registri, da quanto capii: geroglifico, demotico e greco.

Credo si parlasse dell’anniversario di un’incoronazione ma non era quello il punto. Io fui, anzi, diventai il mezzo per comprendere un mondo fino ad allora sconosciuto. Ricordo che io e la stele, il pezzo di pietra fu chiamato sempre così, partimmo insieme e fummo a lungo inseparabili.

Poi però ci divisero ed io fui letteralmente traslato in un libro di testo. Cambiai addirittura nome, mi chiamarono tutti codice, i più snob “codex”. In mancanza della stele, nel frattempo passata agli inglesi, fui esposto io, una volta anche vicino alla Gioconda.

Poi solo libreria, spolverato una volta ogni tanto, chiusi gli occhi pensando di non aprirli più. Mi risvegliai dopo qualche tempo in una piazza, questo lo vidi bene, qualcuno bruciava libri ed il bimbo Hans non avendo nulla da ardere mi rubò al padre professore di Egittologia all’Università di Heidelberg.

Dalle carezze di un professore che mi faceva sentire amato mi ritrovai ad essere indesiderato e a soffiare per spegnere un fuoco appiccato da altri. Quella volta credetti fosse proprio la fine. E sprofondai in un letargo che sapeva di morte ma, buon dio, mi risvegliai infine solo per non annegare.

Era l’alba di un piovoso novembre del ’66, quando mi ritrovai infangato e senza tetto. Un giovane maldestro mi puliva maltrattandomi “…maremma maiala” bofonchiava lui col raffreddore. Ero in lista per il ricovero e la cura ma, ahimè, una mano estranea mi portò via sottraendomi per sempre al mio colto destino.

E mi ritrovai di nuovo in una libreria alla quale, lo dico con fermezza, non mi adatterò mai! Odio il modernariato. Son caduto due volte, questo bambino sbava e mi disfa. No ho speranze. L’altro giorno il loro fastidiosissimo cane - si chiama Cleopatra e lo tollero solo perché mi è sinistramente familiare - mi ha strappato le prime due pagine.

Ora sono quasi orfano, direi anonimo. Mi confondo con delle enciclopedie anni '70.

Certo, fortunatamente era solo l’introduzione ma so che un altro colpo così mi sarà fatale. Ora stanno preparando il trasloco ed io non sono nemmeno in procinto di essere riposto in un scatolone. Mi usano come "scalino" per raggiungere le cose sui pensili ancora appesi. Prendevano la conserva per il sugo coi pioppini.

Tutto si conserva
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