Autore Topic: SEBASTIANO FANTE ITALIANO  (Letto 57146 volte)

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Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #160 : Venerdì 21 Settembre 2018, 09:11:05 »


                                                                                                                          ... la nottola di Minerva
                                                                                                                               inizia il suo volo sul far del crepuscolo.
                                                                                                                           (HEGHEL, Lineamenti di filosofia del diritto)
 


A pensarci bene, Arch, Leo e Panza sono tre civette di Minerva.

Emmò non è che me devo mette a discettare di Hegel, no?

Evvabbè: discetto.  :P
La civetta è una bestia assolutamente perbene, che quando la notte cala e copre con la sua ineluttabile caligine tutto quello che è successo, non facendocelo vedere più e facendocelo ricordare in maniera parziale o (ahibò e financo) settaria, vi sparge la serenità della savia e "azzurra luce" del suo occhio filosofico da athene noctua, e ce lo fa considerare dalla prospettiva equanime del saggio.
E quando capita che lo fa con ironia, o con passione o con compassione o addirittura senza equanimità e saggezza, non ve dovete preoccupà perché è saggezza pure quella.

P.s.
Frusta no. Quello parla di cose mai avvenute; e travisa la realtà pure quando si tratta di ritrarla dal vero; lo ha fatto perfino con sua nipote infilandola in un vestito da apache, perché a disegnarla così com'era je pareva brutto.
Insomma, al massimo lo posso infilare nel trio delle civette che stanno sul comò a far l' amore con la figlia del dottore.  ;D
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #161 : Venerdì 21 Settembre 2018, 10:16:23 »
In campana, Fru! Chi è contro la civetta qualche volta fa una brutta fine. Pensa ai poveri abitanti di Samo.
Invece, tuo malgrado, credo che anche tu ti accompagni con il saggio volatile notturno. Sei talmente post quem che sei il primo degli ante quem. ;D

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #162 : Venerdì 21 Settembre 2018, 15:01:49 »
A pensarci bene, Arch, Leo e Panza sono tre civette di Minerva.
La civetta è una bestia assolutamente perbene, che quando la notte cala e copre con la sua ineluttabile caligine tutto quello che è successo, non facendocelo vedere più e facendocelo ricordare in maniera parziale o (ahibò e financo) settaria…

Sono completamente d'accordo con Frusta. Ed è evidente che la parte in neretto è rivolta a me, autore di quel documentario di impronta chiaramente sovietica (di quelli che venivano propinati nei circoli operai russi in epoca rivoluzionaria).
Ma, come insegna Lenin, l'estremismo è una malattia infantile, una specie di morbillo che immunizza per il futuro e necessario per accedere -col tempo- ad uno stato di imperturbabile saggezza. Il problema nasce quando questo morbillo diventa malattia cronica, e di questi malati cronici ne esistono più di quanto si immagini... :risa:


Frusta no.

Te piacerebbe, eh… In verità il "travisamento della realtà" è parte della realtà. Anche chi scrive il racconto più realistico mette in atto gli stessi meccanismi dell'inconscio, cioè ricorda solo quello che vuol ricordare, e quindi travisa. Per cui scendi dal comò, lascia perdere la figlia del dottore ed accetta la dura verità: io, Arch e Frusta siamo civette quanto te, caro Frusta :icon_biggrin:
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #163 : Venerdì 21 Settembre 2018, 15:08:13 »
accetta la dura verità: io, Arch e Frusta Panza siamo civette quanto te, caro Frusta :icon_biggrin:
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Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #164 : Venerdì 21 Settembre 2018, 15:40:02 »
Leo, io sono preda di cronica malattia infantile. Ma non mi sento male. :-X

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #165 : Venerdì 21 Settembre 2018, 16:09:38 »
Leo, io sono preda di cronica malattia infantile. Ma non mi sento male. :-X

Tranquillo, Fabio, siamo un po' tutti figli di Giovanni Pascoli  :sciarpaD:
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Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #166 : Venerdì 21 Settembre 2018, 21:15:40 »
Ruspando nella memoria del mio vecchio pc da tempo ormai relegato in soffitta, e volendo, non tanto per chi ha la ventura di affacciarsi qua dentro quanto per me che credevo ormai di averli perduti, ritrovare un pochino del tempo che fu, ho riacchiappato (col gaudio che proustianamente si deve al ritrovamento delle cose perdute) alcuni capitoli della mia Storia della Matematica e le origini del Tango.
Ringraziando Panza che ha avuto l' idea di aprire questo spazio, li deposito qui, dove, in compagnia di quanto vorranno postare i colleghi orgers, staranno di sicuro meglio che (solo soletti) nel vecchio pc addormentato in soffitta.

Vado quindi a sottoporvi il  CAPITOLO UNDICESIMO, che ha per titolo, LA TEORIA DELL’ANTIGRAVITA’ E L’AMORE ETERNO
 
In cui ci si rammarica:

a)   Che Edward Leedskalnin si sia innamorato di Agnes Skuvst e non di Emmy Noether, o di Inge Lehmann, o di Mary Lucy Cartwright, o di Berta Karlik, o di Katharine Way. (Sarebbe andata bene anche Margherita Hack)

b)   Che Edward Leedskalnin sia morto il 7 novembre del 1951 e non il giorno dopo.

c)   Che Edward Leedskalnin sia stato contemporaneo di Nikola Tesla e non di Michio Kaku.

P.s.
Nota ai tre rammarichi in calce al titolo in una domanda e una risposta.

Domanda: “E’ più facile dimostrare la teoria dell’antigravità o quella dell’amore eterno?”

Risposta: “Girerei volentieri la domanda a Edward Leedskalnin o a Florentino Ariza e Fermina Daza se il primo non fosse morto da 57 anni e i secondi non fossero mai esistiti.”
 
E che ha per sottotitolo: CORAL CASTLE

Ovvero (in una domanda e due risposte: una presumibile e una incomprensibile)
Domanda: “E’ possibile realizzare il sogno di Einstein circa la “Teoria del tutto” che mostri in una singola equazione l’unità di tutte le forze fondamentali nell’universo?”
Risposte: “Se girassi la domanda a Michio Kaku, presumibilmente mi risponderebbe di si.
Mentre Nikola Tesla mi guarderebbe senza vedermi, bofonchierebbe in serbo qualcosa di incomprensibile e tornerebbe a pensare ai fatti suoi”
Secondo Michio Kaku, teorico della supergravità conformale e attivo inseguitore del sogno di Einstein, l'impossibile è un concetto relativo.
Anche secondo Leedskalnin.
Secondo Marquez è possibile aspettare il si di una donna per 51 anni, 9 mesi e 4 giorni senza perdere mai la fiducia di averlo.
Anche secondo Leedskalnin.

Solo che Florentino Ariza, nell’attesa che arrivasse quello di Fermina Daza se la spassò collezionando in tutto quel tempo “… storie con altre donne cavalcando il fascino degli innamorati infelici…”

Edward Leedskalnin, cercando di eludere l’attesa, eluse la gravità costruendo l’ incostruibile: Coral Castle.

Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #167 : Venerdì 21 Settembre 2018, 21:20:49 »
(Dedicato alle signore del Forum)

LA TEORIA DELL’ANTIGRAVITA’ E L’AMORE ETERNO

CAPITOLO UNDICESIMO, parte prima.
 
Edward Leedskalnin (per voi puriste del lettone, gentili signore, Edvards Liedskalniņš o Lēdskalniņš) nacque a Riga il 10 agosto 1887.
Il 10 maggio di 26 anni dopo, e cioè alla vigilia del giorno delle nozze, fu respinto dalla promessa sposa sedicenne, Agnes Skuvst.
Da quel momento e per tutto il tempo che gli restava da vivere, e cioè trentotto anni, sei mesi e undici giorni, non pensò ad altro che a riconquistarla.
Agnes era una fanciullona monumentale, bionda, apatica e mansueta. Aveva il volto largo, gli occhi inespressivi, i fianchi immensi e le ossa poderose dei russi baltici.
Guardò per un secondo l’uomo che le avevano proposto per marito, pensò ad uno scherzo, rivolse un “niet” quasi impercettibile al sensale che le aveva combinato il matrimonio, girò lentamente le spalle e si diresse, stizzita, maestosa e solenne da dove era venuta.
Edward era microscopico ed apprensivo. A 26 anni non superava il metro e cinquanta centimetri di statura e i 45 kg di peso.
Guardare quella montagna bionda ed innamorarsene perdutamente fu la stessa cosa.
Avrebbe voluto dirle che per lui massa, struttura e dimensioni erano concetti assolutamente relativi ma non ne ebbe il tempo.
Incassò il “niet” del sensale e decise che quella sarebbe stata l’unica donna della sua vita.
E che l’avrebbe conquistata dimostrandole coi fatti quello che non aveva avuto il tempo di comunicarle con le parole.
Come ella sicuramente saprà, gentile signora, per favorire l’ingegneria edilizia non c’è niente di meglio che un grande amore.
Meglio se tribolato.
L’amore per la perduta Mumtaz Mahal fece costruire il Taj Mahal al re Shah Jahan, quello per Diane di Poitiers il Castello di Chenonceau a Enrico II, quello per Roxelana l’ Hammam al Magnifico Solimano, quello di Nabucodonosor i giardini pensili per la sua amatissima Amitis…
E insomma poteva sottrarsi ad una così ribadita consuetudine da cuore affranto il cuore infranto del povero Leedskalnin? Certo che no!
Ma a lui occorreva di più.
Occorreva dimostrare alla sua Agnes che era possibile vivere in un luogo dove le loro differenze formali sarebbero state annullate dalle leggi della fisica.
E siccome questo luogo non c'era, lo avrebbe costruito.
Gentili signore, quando vi capiterà fra le mani una banconota serba da 5 dinari (o anche da 10 o da 100 o da 500 o da 1000 o anche da dieci miliardi di dinari, non sto scherzando, esiste anche quella) date un’occhiata al personaggio che c’è raffigurato, si tratta di Nikola Tesla, probabilmente il fisico più geniale del secolo scorso. E malgrado sicuramente lo sembrasse agli occhi dei suoi contemporanei e lo sembri ancora in ognuna delle banconote che le ho elencato, assolutamente non era matto, o perlomeno lo era in maniera del tutto relativa ai nostri parametri da poveretti.
Il fatto che abbia rifiutato il Nobel nel 1912 per il solo motivo che non glielo avevano dato prima o che morì in assoluta miseria dopo che i suoi brevetti avevano riempito di dollari le tasche degli azionisti della Continental Edison o della Westinghouse Electric Company sembrerebbe confortare quei parametri, ma si figuri se ora ci mettiamo qui a prenderli in considerazione.
Sicuramente non lo fece Edward Leedskalnin quando lo incontrò nella primavera del 1918 e divenne la sua ombra in cambio di qualche briciola del suo genio.
Forse fece sue le ipotesi di come le forze elettriche e magnetiche potessero distorcere, o addirittura modificare, il tempo e lo spazio e le procedure attraverso le quali si potessero controllare tali energie.
O forse quella relativa a un postulato fondamentale già compreso nella fisica quantistica secondo cui la luce è formata sia da particelle elementari sia da onde elettromagnetiche che potessero essere manipolate fino a creare un “muro di luce” in grado di alterare a piacimento il tempo, lo spazio, la gravità e la materia, e su cui poggiare i concetti di antigravità, teletrasporto, viaggi nel tempo e tutto quello che gli scrittori di fantascienza si sarebbero sfogati ad immaginare negli anni successivi. 
Fatto sta che da quell’ incontro in poi, il buon Edward, sempre col pensiero rivolto all’immagine della sua Agnes, si mise al lavoro.


CAPITOLO UNDICESIMO parte seconda.
 
TITOLO
CORAL CASTLE
ovvero
IL METODO PIU’ SICURO PER NON ESSERE PRESI SUL SERIO
ovvero
COME EVITARE CON LA MASSIMA CURA DI PASSARE ALLA STORIA.
 
Riassunto della prima parte in una domanda e una risposta.
Domanda: è possibile l’impossibile?
Risposta: si
 
 
Nel 1986 William Broad, un raffinatissimo musicista inglese che si diverte da più di trent’anni a truccarsi da scemo e a fare il buffone con lo pseudonimo di Billy Idol, ha scritto "Sweet Sixteen" ispirandosi all’amore impossibile di Edward Leedskalnin per Agnes Skuvst. Il testo, gentile signora, lo puoi leggere qui sotto
 
I'll do anything
For my sweet sixteen,
And I'll do anything
For little run away child

Gave my heart an engagement ring.
She took ev'rything.
Ev'rything I gave her,
Oh sweet sixteen.

Built a moon
For a rocking chair.
I never guessed it would
Rock her far from here
Oh, oh, oh, oh.

Someone's built a candy castle
For my sweet sixteen.
Someone's built a candy brain
And filled it in.

Well I'll do anything
For my sweet sixteen
Oh I'll do anything
For little runaway child

Well, memories will burn you.
Memories grow older as people can
They just get colder
Like sweet sixteen

Oh, I see it's clear
Baby, that you are
All through here
Oh, oh, oh, oh.

Someone's built a candy castle
For my sweet sixteen,
Someone's built a candy house
To house her in.
Someone's built a candy castle
For my sweet sixteen.
Someone's built a candy brain
And filled it in.

And I do anything
For my sweet sixteen
Oh, I do anything
For little run away girl.

Yeah, sad and lonely and blue.
Yeah, gettin' over you.
How, how do you think it feels
Yeah to get up in the morning, get over you.
Up in the morning, get over you.
Wipe away the tears, get over you,
get over, get over...

My sweet sixteen
Oh runaway child
Oh sweet sixteen
Little runaway girl.

Gave my heart an engagement ring
She left everything
Everything I gave her
Sweet sixteen
Built a moon
For a rocking chair,
Never guessed it would
Rock her far from here
Oh, oh, oh

Someone's built a candy castle
For my sweet sixteen.
Someone's built a candy house
To house her in.
Someone's built a candy castle
For my sweet sixteen
Someone's built a candy house
To house her in.

And I'll do anything
For my sweet sixteen
Oh, I'll do anything
For little runaway child.

Do anything
For my sweet sixteen
I'll do anything
For little runaway girl
Little runaway girl
Oh sweet sixteen
Oh sweet sixteen
Oh.
La canzone la potete ascoltare qui:

E il castello lo potete vedere qui:
[ Link a YouTube non valido ]


A breve le parti seguenti.

Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #168 : Venerdì 21 Settembre 2018, 21:38:25 »
CAPITOLO UNDICESIMO
parte terza.

Riassunto della prima e della seconda parte in tre punti ed un Post scriptum:
a)   a New York tutti cercano qualcosa
b)   a New York tutti vogliono andare da qualche parte
c)   a New York tutti vorrebbero essere qualcuno
P.s.
Pure altrove.
 
TITOLO
CORAL CASTLE
ovvero
COME REALIZZARE IL MEZZO SENZA RAGGIUNGERE LO SCOPO
 
Donald Westlake nella Danza degli Atzechi sostiene che a New York tutti cercano qualcosa.

Gli uomini cercano le donne e le donne cercano gli uomini.
Al Bum Bum Bar gli uomini cercano gli uomini e al Barbara le donne cercano le donne.
Le mogli degli avvocati, davanti al Lord & Taylor, cercano un taxi, e i mariti delle mogli degli avvocati, in Pine Street, cercano il rotto della cuffia.
Le passeggiatrici davanti all’Americana Hotel cercano un gabinetto e i ragazzini che aprono le portiere dei taxi davanti al terminal di Port Authority cercano mance.
I neolaureati cercano lavoro. Gli uomini con la cravatta cercano un lavoro migliore, gli uomini col giubbotto di pelle cercano migliori opportunità, le donne in tailleur di linea severa cercano opportunità uguali a quelle degli uomini e gli uomini con la cintura di coccodrillo cercano una roulette alla quale si possa barare.
Gli uomini coi polsini lisi cercano dieci dollari fino a mercoledì.
Gli imprenditori cercano profitti più alti e una bella villa in New Hyde Park.
I ragazzi di Fordham cercano una ragazza da portare al cinema.
I ragazzi di St.Louis ne cercano una da portare a letto.
I giovani dirigenti aziendali della Terza Avenue cercano una relazione sentimentale significativa.
I neri che stazionano in Washington Square Park cercano carne bianca.
I bevitori di birra che stazionano nei bar di Columbus Avenue cercano guai.
I mendicanti del Bowery con uno straccio sporco cercano un parabrezza.
Le macchine con la targa della Florida cercano la West Side Higway.
Le macchine col contrassegno dei medici cercano un posteggio.
I furgoni delle consegne a domicilio cercano un posteggio anche in doppia fila.
I turisti cercano un posto dove sedersi, i borseggiatori cercano i turisti, i poliziotti cercano i borseggiatori.
I vecchi sulle panchine di Broadway cercano un po’ di sole, le vecchie con gli scarponi militari cercano chissà cosa nelle pattumiere della Sesta Avenue.
Le coppie che passeggiano mano nella mano per Central Park cercano un’esperienza guidata da madre natura.
Alle Nazioni Unite cercano traduzioni simultanee.
A Broadway cercano un grosso successo.
Al Lincoln Center cercano rispettabilità artistica.
Quasi tutti, nella metropolitana, cercano una rissa.
Quasi tutti, sul treno delle cinque e nove per Speonk, cercano una carrozza bar.
Quasi tutti nell’ East Side cercano una posizione di rilievo.
Quasi tutti, nel West Side, cercano una dieta che funzioni davvero.

A New York tutti cercano qualcosa. E, di tanto in tanto, qualcuno la trova.

Edward Leedskalnin, ancora prima di mettere piede sulla banchina del porto di Cape Liberty cercava un professore di fisica con l’immaginazione di uno scrittore di fantascienza, insomma una via di mezzo fra Nikola Tesla e Michio Kaku.
Incontrò Nikola Tesla.
Sempre meglio che niente.


CAPITOLO UNDICESIMO
parte quarta.
 
Riassunto della parte terza
A New York tutti cercano qualcosa.
(E, di Tanto in tanto, qualcuno la trova).
 
TITOLO
CORAL CASTLE
ovvero
A NEW YORK TUTTI VOGLIONO ANDARE DA QUALCHE PARTE
Ovvero
A NEW YORK TUTTI VORREBBERO ESSERE QUALCUNO
SOTTOTITOLO
Pure Edward Leedskalnin, e molto prima che Donald Westlake lo sostenesse nella sua Danza degli Atzechi.
 
A New York, tutti vogliono andare da qualche parte.
Gli artisti vogliono andare al Greenwich Village.
I ladri vogliono andare sulla scala antincendio.
I direttori del museo Guggenheim vogliono andare a fondo delle cose.
Gli alcolisti anonimi vogliono andare al bar più vicino.
Tutti vogliono andare sul letto della moglie del vicino di casa.

Era la primavera del 1918 ed Edward Leedskalnin aveva appena incontrato Nikola Tesla.
L’unica intenzione del quale era quella di andare in un posto dove non gli venisse dato del matto.
Per il momento stava seduto al tavolo di un ristorante di seconda categoria, proprio sotto a una finestra che dava sulla strada, più che a mangiare, occupatissimo a stendere l’incipit della sua autobiografia.
Evidentemente quel passante microscopico e male in arnese che vedeva attraverso i vetri dovette ispirargli chissà quale fiducia perché lo chiamò al suo tavolo e gli offrì il pranzo in cambio di un po’ di attenzione e cominciò a leggere:

“Mi chiamarono pazzo nel 1896 quando annunciai la scoperta di raggi cosmici.
Ripetutamente si presero gioco di me e poi, anni dopo, hanno visto che avevo ragione. Ora presumo che la storia si ripeterà quando affermo che ho scoperto una fonte di energia finora sconosciuta, un’ energia senza limiti, che può essere incanalata.”


Visto che il suo interlocutore non mostrava segni di scetticismo, continuò dicendogli che l'energia elettrica poteva essere propagata attraverso la Terra ed anche attorno ad essa in quella zona atmosferica chiamata cavità di Schumann che si estende dalla superficie del pianeta fino alla ionosfera dove onde elettromagnetiche di frequenza estremamente bassa, diciamo attorno agli 8 hertz, viaggiano, praticamente senza perdite, verso ogni punto del pianeta. Quindi, chiunque fosse riuscito a sintonizzarsi su quel sistema di trasmissione, avrebbe potuto attingere da esso tutta l’energia che voleva.

Come sicuramente saprete, gentili signore, per favorire l’ ingegneria edilizia non c’è niente di meglio che un grande amore. Meglio se tribolato.
L’amore per la perduta Mumtaz Mahal aveva fatto costruire il Taj Mahal al re Shah Jahan, quello per Diane di Poitiers il Castello di Chenonceau a Enrico II, quello per Roxelana l’ Hammam al Magnifico Solimano, quello di Nabucodonosor i giardini pensili per la sua amatissima Amitis…
Insomma mentre Tesla parlava, ad Edward, che aveva ancora gli occhi e i pensieri rivolti alla sua monumentale Agnes Skuvst, venne in mente che solo costruendo per lei qualcosa di monumentale avrebbe potuto riconquistarla e chiese con tutta la fiducia e l’ ingenuità possibile, se esistesse qualche dispositivo per ricevere dall’etere quella misteriosa radiazione.
Certo che c’era! Ed era semplicissimo da realizzare. Tesla strappò dal quaderno che aveva in mano il foglio con l’incipit della sua autobiografia e, proprio nel rigo in bianco che seguiva il “Mi chiamarono pazzo nel 1896…” scrisse una formula così semplice che anche uno in possesso di nozioni elementari come Edward poteva capire.

Sessanta anni dopo Donald Westlake iniziava l’ultimo capitolo della sua Danza degli Atzechi dicendo che a New York tutti vorrebbero essere qualcuno.
La rivista “New York vorrebbe essere il “New Yorker”.
I romanzieri vorrebbero essere letti.
I preti vorrebbero essere ascoltati.
Eric Savareid e David Susskind vorrebbero essere importanti e i travestiti non vorrebbero essere donne; vogliono restare travestiti.
Andy Warhol vorrebbe essere insignificante, e lo è.

Sessanta anni prima Edward Leedskalnin (che voleva solo essere il marito di Agnès), con in mano il foglio di quaderno che conteneva l’ incipit dell’autobiografia di Nikola Tesla (che voleva solo incontrare qualcuno che non gli desse del matto) ed una formula tutta da verificare, pensò che forse aveva imboccato la strada giusta.


CAPITOLO UNDICESIMO
parte quinta
 
 
Riassunto della parte quarta:
Nikola Tesla non era matto
 
TITOLO
加來 道雄

Traduzione del titolo:
Gentili signore, nel caso vi dovesse capitare fra le mani la Fisica dell’ Impossibile di Michio Kaku, vi suggerirei di leggerla resistendo alla tentazione di sollevare il sopracciglio sinistro.
 
In un giorno imprecisato della primavera del 1918 Edward Leedskalnin, in cambio di un pranzo in un ristorante di seconda categoria e di un po’ di attenzione, ottenne da Nikola Tesla il mezzo per realizzare da solo la costruzione più incredibile del XX secolo.
Accludo l'indirizzo nel caso vi venisse voglia di andare a verificare: 28655 South Dixie Highway Homestead, FL 33033 (305) 248-6345 Just 31 miles south of the Miami International Airport.
Edward dovette anche ascoltare un paio di capitoli dell’ autobiografia che Tesla stava scrivendo, e lo fece con l’attenzione rispettosa del discepolo e con l’ interesse speranzoso del sognatore incrollabile.   
“…Quando ruppi il mio sodalizio con Edison abbandonai anche la sua concezione dell’ elettricità. Mi trasferii a Colorado Springs, vicino a Denver con l’intenzione di realizzare la mia: condurre energia elettrica senza ricorrere ai fili. Per me era la terra stessa che poteva costituire un conduttore naturale e poteva essere sfruttata per far viaggiare le onde elettriche inviate da un trasmettitore centrale. Tali onde sarebbero state raccolte da ricevitori posti ovunque nel pianeta.
Dato che nessuno mi volle credere, nel 1899 costruii un trasmettitore che poteva anche fungere da ricevitore. Con questa struttura, piazzata sul mio laboratorio, avrei dimostrato la possibilità di inviare un’ onda elettrica vagante per poi riprenderla senza particolari problemi. Intuendo che una singola onda avrebbe potuto perdere potenza nel trasferimento, pensai di fornire impulsi elettrici successivi, creando così un pacchetto energetico continuo di potenza crescente.
Gli abitanti di Colorado Springs tutti rimasero allibiti quando videro spuntare dal tetto del mio laboratorio quella enorme e strana antenna, alta 60 metri che terminava con un globo di ferro. E lo furono ancora di più quelli fra loro che chiamai come testimoni al mio esperimento e che videro accendersi 200 lampadine senza collegamento di fili elettrici a 40 Km di distanza. Mi amareggia constatare che l’ esperimento a al quale assistettero non abbia il posto che merita nella storia di questa civiltà: un fulmine uscì dal globo di ferro in cima all’antenna, crebbe di dimensioni fino a diventare un globo elettrico che mandava verso il cielo lampi scoppiettanti lunghi decine di metri. La zona fu pervasa da rombi di tuono e l’erba assunse il colore di un verde brillante come se fosse diventata fosforescente. Il fatto più traumatico sicuramente fu quello sopportato dagli abitanti, i quali, camminando nelle strade, vedevano sprizzare scintille elettriche che dai loro piedi finivano sul selciato…”

Edward ascoltava rapito. Ascoltò il sogno immediato di Tesla: trasformare la litosfera in un gigantesco portalampade, per cui sarebbe bastato infilare un bastone metallico nel terreno, in qualsiasi parte del mondo, collegarlo ad un trasformatore, ed attingere ad una fonte di energia elettrica inesauribile.
Ascoltò tutti gli altri suoi sogni futuri sui campi di forza, su come le forze elettriche e magnetiche potessero distorcere e modificare il tempo e lo spazio, ascoltò le procedure attraverso le quali le particelle elementari e le onde elettromagnetiche avrebbero potuto essere manipolate fino a creare un “muro di luce” in grado di alterare a piacimento oltre al tempo e allo spazio, la gravità e la materia. Ascoltò i sogni sui quali poggiavano i suoi concetti di antigravità, di teletrasporto, di viaggi nel tempo e tutto quello che gli scrittori di fantascienza si sarebbero sfogati ad immaginare negli anni successivi.
E ascoltò il sogno più grande di tutti, quello che di lì a qualche anno sarebbe stato anche il sogno di Einstein: il concepimento di una “Teoria del tutto” che mostrasse in una singola equazione l’unità di tutte le forze fondamentali nell’universo, perché l'impossibile è un concetto relativo.
Edward salutò quello strano personaggio e si allontanò accompagnato dalle parole che avrebbero concluso l’autobiografia.

"Il successo pratico di un’idea, indipendentemente dalle sue qualità inerenti, dipende dalla scelta dei contemporanei. Se è al passo coi tempi, essa viene rapidamente adottata; in caso contrario, è destinata a vivere come un germoglio che sboccia, attirato dalle lusinghe e dal calore del primo sole, per essere poi danneggiato e crescere con difficoltà a causa del gelo che s’impone."


Di tutti i sogni di Tesla, aveva, su un pezzo di carta, la formula per realizzare il più piccolo, ma a lui bastava.
Ora sapeva come fare per conquistare Agnes, la sua sweet sixteen.


CAPITOLO UNDICESIMO
sesta e (finalmente) ultima parte.
Riassunto della prima, seconda, terza, quarta e quinta parte:
L’importante è disporre del mezzo. Poi, se si arriva allo scopo, bene, sennò chissenefrega.
Nel senso che il vero guaio è perdere il mezzo, non lo scopo.
Purtroppo, nel caso specifico, Leedskalnin ha perso lo scopo, e noi il mezzo.
(Sconfitta totale su entrambi i fronti, ohibò).
 
TITOLO
(In una domanda retorica e una risposta scontata)

Domanda retorica:
"LA STORIA DELL’ UMANITA’ SAREBBE STATA DIVERSA SE EDWARD LEEDSKALNIN SI FOSSE INNAMORATO DI MARGHERITA HACK?"

Risposta scontata:
"Certo che si!"
 
Gentili signore, come certo ricorderete, nella nostra ultima seduta spiritica, Newton definì la gravità come quella forza di attrazione che cresce tra gli oggetti in virtù delle loro masse e rincarò la dose dimostrandoci incontrovertibilmente che non può esimersi dal sottostare alla cosiddetta legge dell' inverso del quadrato, e cioè che al quadrato della distanza fra gli oggetti la forza che li attrae diminuisce di un quarto.
Ricorderete anche che nella seduta spiritica precedente il concetto era stato ridefinito da Einstein, il quale ci disse che un pianeta che giri intorno ad un sole non ha bisogno della gravità che proviene dal medesimo perché la sua traiettoria emerge in uno spazio-tempo modificato, ci disse pure (ma questo non potete ricordarlo perché nel frattempo vi eravate addormentate) che, in virtù di questo, anomalie come la Processione del Perielio potevano essere spiegate solo con l’ innalzamento della forza a causa della geometria dello spazio-tempo.
Poi ci disse (ma ormai voi eravate in piena fase rem) che nell’aldilà stava studiando la possibilità di conciliare la Meccanica Quantistica con la Relatività Generale in riferimento a quella forza.
Ed indovinate perché? 
Per contrastarla.
Io per educazione non glielo diedi a vedere ma pensai che ci era già arrivato Nikola Tesla.
Penso pure, ma qui lo dico e qui lo nego, che in qualche modo era riuscito non dico a realizzare un dispositivo, ma almeno ad ipotizzare un metodo (direi addirittura ad escogitare una diavoleria se non sapessi con certezza, care le mie streghe, che in una qualche vostra vita precedente siete finite su un rogo) capace di cambiare il campo gravitazionale locale e/o avente effetto di riduzione sul peso di un oggetto.
Forse a realizzare quel dispositivo ci riuscì un paio di anni dopo il buon Edward Leedskalnin.
E lo usò per costruire, da sé e lavorando solo di notte, quel castello di pietra corallina (sollevando tranquillamente e non si sa come massi da trenta tonnellate) di cui vi ho fornito l’indirizzo e che nessuno di noi probabilmente andrà mai a visitare.
Non ci andò nemmeno l’ ormai ex "sweet sixteen" Agnes Skuvst.
Né quando Ewdard la invitò, rinnovandole la richiesta di matrimonio, né nel 1980, quando, ormai 83enne, fu contattata dal governatore della Florida che le offriva viaggio e soggiorno perchè vedesse ciò che Ed aveva costruito per lei mezzo secolo prima. Ma lei rifiutò. Semplicemente: non le interessava.
Il 7 novembre del 1951 Edward appese all’entrata del castello un cartello con su scritto in stampatello “TORNO SUBITO” e, in corsivo, "Tutta la materia consiste di magneti individuali, ed è il movimento di questi magneti nella materia attraverso lo spazio che produce fenomeni quantificabili come il magnetismo e l'elettricità".
Poi andò andò a farsi controllare il piccolo dolore di cui soffriva da un po’ di tempo al Jackson Memorial Hospital.
Non tornò più: quel dolorino era un malaccio al fegato che lo portò via per sempre, insieme al dispositivo, al metodo, o alla diavoleria che gli aveva permesso di costruire il suo Castello di Corallo.
 
Pensate di quante cose di cui ora faremmo volentieri a meno avremmo fatto a meno da decenni se, invece di innamorarsi di quella ciavattona inerte della Skuvst, Ed si fosse innamorato (tanto per fartv un esempio, che come stazza ed età ci siamo quasi) della Margheritona Hack!
Quella sarebbe andata lì con un lapis in mano e un altro (unisà mai…) infilato su un orecchio, un blocco, anzi due (unsisà mai…) di carta protocollo a quadretti ed avrebbe messo rigorosamente tutto nero su bianco riducendo in formule comprensibili "il mezzo" di Edward.
Se lo sarebbe perfino sposato in cambio (hvello gnomo lì!) facendogli così pure raggiungere "lo scopo".
E ci avrebbe liberati dalla tribolazione della gravità. 

E pure dalla tribologia che ne consegue.

P.s.
Essì, proprio Τριβος + λόγος  ;) (ma voi, gentili signore, stecose le sapete meglio de me).

Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #169 : Venerdì 21 Settembre 2018, 22:23:10 »
E' proprio vero: è tutto questione di attrito :D
Splendido, Frusta!! Non ho parole.

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #170 : Venerdì 21 Settembre 2018, 22:51:53 »
Grazie, Frusta, per questa tenera ed "elettrizzante madeleine (non conoscevo questa stupenda storia). Bella anche la canzone!  :icon_salut:   
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #171 : Lunedì 24 Settembre 2018, 10:29:03 »
ragà, complimenti. Veramente belli.


P.s. Hai capito Billy Idol...

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #172 : Lunedì 24 Settembre 2018, 20:24:53 »
Leo, vedo che stai su questa pagina; spero che tu stia postanto qualcosa, che qui il piatto piange  :D
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Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #173 : Lunedì 24 Settembre 2018, 20:37:31 »
Leo, vedo che stai su questa pagina; spero che tu stia postanto qualcosa, che qui il piatto piange  :D

Sono tecnologicamente un disastro, mi sto impiccando al computer, ma forse ce la faccio  :risa:
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Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #174 : Lunedì 24 Settembre 2018, 20:46:05 »
Sono tecnologicamente un disastro, mi sto impiccando al computer, ma forse ce la faccio  :risa:
Siccome avevo scritto postanTo, m'aspettavo che tu mi rispondessi impiccanTo . :lol: :lol: :lol: :lol:

P.s.
Ultima chiamata.
Giovedi prossimo il prof. Arch ed il pens. (che sta per pensionato e non per pensatore) Frusta alle dieci in punto partono da Roma alla volta della Val d' Orcia per andare ad abboffarsi di cibi proibiti ai vegani presso la taverna anfitrionizzata da TD, oste della malora.
Chiunque volesse aggregarsi non ci sarà di peso.  :D
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #175 : Lunedì 24 Settembre 2018, 21:08:19 »
[Del come e del perché -all'indomani dell'Unità d'Italia- i cafoni lasciarono i bidenti ed imbracciarono i fucili, diventando feroci briganti in guerra contro l'esercito 'piemontese'].



… Travolta l’ultima resistenza borbonica sul fiume Volturno, Garibaldi -a bordo di un treno- fece il suo ingresso trionfale a Napoli. Appena sceso alla stazione, il Generale si recò nel duomo per onorare le reliquie di S. Gennaro, ed anche il santo diede l’approvazione all’impresa garibaldina facendo sciogliere miracolosamente il proprio sangue. Era il 7 settembre 1860, e il giorno prima Francesco II aveva abbandonato precipitosamente la sua capitale per rifugiarsi a Gaeta: l’era borbonica era finita, per il meridione cominciava un’altra storia.


Italia si, Italia no

Alla notizia della trionfale marcia di Garibaldi, la popolazione abruzzese si divise tra due fazioni opposte: in molte città i patrioti liberali scesero nelle strade festeggiando e distruggendo i simboli del potere borbonico, e a Lanciano addirittura numerosi volontari partirono per unirsi alle Camice rosse. Invece nei paesi rurali come Villa Scorciosa la popolazione -rimasta fedele a Francesco di Borbone - impugnò di nuovo i forconi per assaltare le case dei liberali.
La situazione rischiava di degenerare, e allora una delegazione di liberali abruzzesi -tra i quali Francesco D’Annunzio, padre del poeta- si recò ad Ancona per incontrare Re Vittorio Emanuele II per chiedere il suo immediato intervento “in difesa dell’ordine minacciato nella nostra regione”. Il re piemontese, anche per frenare gli ardori rivoluzionari di Garibaldi, decise di intervenire: il 15 ottobre con due corpi d’armata varcò il confine del fiume Tronto e –accompagnato dalla sua amante ufficiale, la ‘bella Rosina’- avanzò nella nostra regione tra bandiere tricolori, fuochi pirotecnici e striscioni di benvenuto, non mancando neanche di onorare l’accoglienza con brindisi a base di Centerba abruzzese (1).
Per legittimare l’annessione del meridione al nuovo Regno d’Italia, furono subito organizzati plebisciti in tutte le località, ma dal voto erano esclusi le donne, gli analfabeti e i nullatenenti, cioè la stragrande maggioranza della popolazione. Molti preti -rimasti fedeli ai Borboni- arrivarono a nascondere i registri parrocchiali coi nomi degli elettori pur di boicottare un plebiscito considerato strumento del Male. Per tutta risposta, le Guardie mobili (la polizia locale dell’epoca) crearono un clima di intimidazione contro chiunque mostrasse sentimenti “antiunitari”, e anche a Villa Scorciosa i pochi che si recarono al seggio furono costretti a votare in modo palese (2). Alla fine, il plebiscito si trasformò in farsa e il voto ebbe esito scontato: nel distretto di Lanciano (a cui apparteneva anche Villa Scorciosa) i “SI” all’annessione furono 22.852 contro solo 482 “NO”, mentre in tutto il meridione i favorevoli furono circa 1.735.000 e 11.000 i contrari.
E così, la sera del 21 ottobre 1860 gli scorciosani scoprirono improvvisamente di essere diventati cittadini italiani. Cittadini, però, di serie B, perché i funzionari piemontesi –alla vista di tanta arretratezza- cominciarono a denigrare le nostre popolazioni, ed anche un noto intellettuale come Massimo D’Azeglio arrivò a dire: “La fusione coi Napoletani mi fa paura; è come mettersi a letto con un vaiuoloso” (3). Intanto, però, pure tra i ‘cafoni’ abruzzesi cominciava a serpeggiare il dubbio che l’Unità d’Italia fosse solo l’ennesima truffa a vantaggio dei signori, interessati a fare del meridione un enorme mercato per le loro speculazioni. Il dubbio divenne certezza quando gran parte dei beni sequestrati alla Chiesa –tra cui le proprietà dei Padri Filippini situate a Villa Scorciosa- finirono nelle mani di borghesi e nobili, gli unici a disporre dei mezzi finanziari per acquistare quei terreni .
Il sentimento di ostilità verso i ‘piemontesi’ aumentò quando vennero aumentate la tasse sul sale e sul commercio, per cui gli scorciosani si videro costretti a pagare un pedaggio pure per vendere qualche cesto di ortaggi al mercato di Lanciano. Il nuovo padrone sabaudo appariva più esigente e spietato di quello borbonico, e nei canti popolari l’odio contro i piemontesi si univa alle speranze di aiuto dei Santi, come in questo stornello molto diffuso tra i contadini:

“Oh, che scite accise
li uardie mobbile e li Piemundise
dapò ca tutte s’ha finite
a lu Piemonde si n’ha rijite.
Mmezz’ a li uaie c’ha lassate:
Viva, viva Sant’Antonio Abbate”.

Ma neanche l’invocazione a Sant’Antonio servì a migliorare la situazione, ed anzi la collera popolare aumentò ancora di più quando fu introdotta la leva obbligatoria, che per otto lunghi anni allontanava la gente dai propri campi. Molti pastori e contadini, pur di evitare la leva, si diedero alla macchia e insieme ai reduci dell’esercito borbonico cominciarono a formare bande di briganti che presto si diffusero in tutte le nostre campagne. La rabbia si era trasformata in ribellione di massa: migliaia di cafoni imbracciarono i loro tromboni caricati a pallettoni e cominciarono una spietata guerra contro l’esercito ‘piemontese’ invasore e contro i galantuomini borghesi che li sfruttavano senza pietà (4).


Storia di Filippucce, Policarpo e Cannone

La provincia di Chieti, con i suoi folti boschi e le strade nascoste tra i dirupi, era un territorio ideale per l’attività di brigantaggio. I briganti erano tutti nostalgici del regime borbonico, tanto che il loro motto era: “Vittorio Emanuele re di monnezza, Francesco re di ricchezza”, e vivevano di rapine ed estorsioni, usando spesso metodi brutali: quando rapivano un possidente, gli tagliavano le orecchie che poi recapitavano ai familiari per sollecitare riscatti non solo in denaro, ma pure in prosciutti, scamorze, vestiti e tabacco (5). La ferocia dei ‘fuorilegge’ colpiva anche spie e traditori, che venivano prima torturati con colate di lardo fuso nei calzoni, poi uccisi e infine evirati per sfregio.
Nella zona di Villa Scorciosa agivano alcuni fra i capi-banda più famigerati dell’epoca: anzitutto Filippo Di Martino, detto Filippucce, uomo assai amato dalla popolazione (soprattutto dalle donne, e una di queste, Camilla Melizza, lo nascose per molto tempo nella sua abitazione) ; c’era poi Domenico Valerio, detto Cannone, considerato uno dei briganti più sanguinari di tutto il meridione, noto anche per il vezzo di indossare  preziosi anelli; ed infine Policarpo Romagnoli, personaggio temerario, molto rispettato dai suoi compagni per il coraggio dimostrato negli scontri coi carabinieri. La popolarità di questi tre briganti era talmente grande che –ancora dopo molti anni- nei nostri villaggi le imprese di Filippucce, Cannone, e Policarpe venivano narrate di sera ai bambini per farli addormentare .
Proprio nella banda di Policarpo Romagnoli militavano anche tre briganti scorciosani: Giovanni Angellotti e i fratelli Vitangelo e Francesco Schiarizza, i quali furono protagonisti di una delle più feroci imprese di quell’epoca quando, la notte del 18 luglio 1862, assalirono un edificio presso la marina di Fossacesia in cui alloggiavano i tecnici addetti alla costruzione della ferrovia . I briganti, dopo aver ucciso a fucilate tre tecnici e ferito numerosi altri, si trattennero nell’alloggio fino a tarda notte, mangiando, bevendo e rubando tutto quello che trovarono. Compiute queste prodezze, la comitiva dei banditi si avviò verso Fossacesia al suono della tromba e gridando “Viva Francesco II”. Una volta giunti in paese, i briganti completarono la loro impresa assaltando la sede della Guardia Nazionale e frantumando a fucilate lo Stemma Reale; infine, dopo aver rubato la bandiera tricolore, si diressero tranquillamente verso Lanciano per spartirsi il bottino (6).


Omme se nasce, brigante se more

La strage di Fossacesia, per la sua ferocia, destò grande clamore in Abruzzo, dove ormai il brigantaggio si era trasformato in guerra civile con i briganti che, sostenuti dalla popolazione, controllavano centinaia di località.
Questa situazione eccezionale richiedeva una risposta altrettanto eccezionale da parte dello Stato, risposta che arrivò con una dura legge anti-brigantaggio promossa dal parlamentare abruzzese Giuseppe Pica . Questa legge -che prevedeva l’istituzione di tribunali militari e il ricorso ad esecuzioni sommarie- fu presto bollata come “licenza di uccidere i meridionali”. Ed in effetti, grazie alla “Legge Pica” l’esercito ‘piemontese’ venne legittimato ad agire con ferocia pari –se non maggiore- a quella dei briganti: decine di paesi furono completamente rasi al suolo, interi nuclei familiari –compresi vecchi e bambini- vennero sterminati dai ‘piemontesi’, mentre numerose donne furono stuprate prima di essere uccise a colpi di moschetto. Bastava tenere in casa una immagine di Francesco II, oppure offrire cibo ad un ‘fuorilegge’, per essere considerati manutengoli (cioè fiancheggiatori) e condannati ai lavori forzati, mentre per stanare i ricercati non si ebbe remora ad incendiare interi boschi, con tecnica simile a quella usata cento anni dopo dagli americani in Vietnam.
Il bilancio finale di queste operazioni fu pesantissimo, con migliaia di briganti morti in combattimento, fucilati o condannati all’ergastolo; anche gli ultimi capi-banda che agivano intorno a Villa Scorciosa, Giuseppe Pomponio e Croce di Tola, furono alla fine eliminati, e quando nel 1870 lo Stato Pontificio –ultimo rifugio sicuro per i ‘fuorilegge’- fu conquistato dall’esercito italiano, il fenomeno del brigantaggio poté considerarsi definitivamente debellato.
Il brigantaggio era stato sconfitto, ma la guerra “sporca” dei piemontesi aveva dimostrato tutta la debolezza di uno Stato tenuto insieme più dalla paura che dal consenso. Nelle nostre campagne l’introduzione della odiatissima tassa sul macinato aveva ridotto alla fame i contadini, mentre migliaia di pastori piombarono nella miseria più nera dopo la privatizzazione del Tavoliere pugliese . La crisi colpì anche i preti, che videro diminuire le offerte della popolazione impoverita, ed in molti villaggi i parroci arrivarono a moltiplicare le celebrazioni religiose pur di rimediare qualche obolo in più da parte dei fedeli. In Abruzzo la situazione era talmente drammatica che, per evitare una nuova guerra civile, il governo italiano decise un ambizioso piano di opere pubbliche che prevedeva la bonifica delle paludi malariche e la costruzione delle prime linee ferroviarie. E così per la prima volta gli scorciosani poterono vedere in azione il ‘mostro a vapore’ quando –alla presenza del Re Vittorio Emanuele- fu solennemente inaugurata la stazione di Fossacesia .
Per incrementare la produzione agricola, il governo prosciugò il lago del Fucino ed assegnò terreni comunali ai nullatenenti, mentre nel territorio chietino venne introdotta la coltivazione dell’uva Montepulciano . Per la nostra economia sembrava finalmente iniziata la ripresa, ma tutto cambiò quando -verso la fine dell’Ottocento- l’arrivo in Italia di grano americano fece crollare i prezzi agricoli. Il governo fu allora costretto ad alzare le barriere doganali, e ne nacque una guerra commerciale con la Francia che, penalizzando le esportazioni, impoverì tutte le campagne abruzzesi.
Al danno si aggiunse anche la beffa, perché molti intellettuali –attribuendo l’arretratezza del Sud a tare genetiche della popolazione invece che alla sua storica emarginazione- arrivarono a distinguere gli italiani in due razze: quella dei ‘nordici’ (ariani, fisicamente vigorosi, capaci di organizzazione sociale) e i ‘sudici’ (mediterranei, biologicamente inferiori e propensi all’individualismo) (7).
Di fronte a questa situazione, l’alternativa per i nostri contadini era ribellarsi o fuggire. E siccome dopo la fine del brigantaggio ogni tentativo di ribellione appariva impossibile, ai nostri cafoni non restò che la via della fuga, alla ricerca di fortuna in terre lontane e sconosciute.





NOTE
1) Nel suo trionfale viaggio attraverso l’Abruzzo, re Vittorio Emanuele fu accompagnato anche da Rosa Vercellana (popolarmente chiamata “la bella Rosina”), sua amante fin dal 1847, quando la ragazza aveva solo 14 anni. L’episodio della “Centerba” avvenne nei pressi di Tocco, dove le autorità allestirono un buffet con dolci, confetti di Sulmona, bevande alcoliche, e Vittorio Emanuele, restando in groppa al cavallo, degustò sia i confetti che il liquore di Centerba prodotto a Tocco. (Cfr. E. MATTIOCCO, Dal Tronto al Sangro).
2) La consultazione del 21 ottobre per l’annessione delle province meridionali al Regno d’Italia si svolse nella più completa assenza di segretezza. Nei seggi, infatti, vi erano tre urne: due erano aperte e contrassegnate con le scritte “Sì” e “NO” e contenevano le schede prestampate, un'altra era chiusa con la feritoia al centro; il votante doveva ritirare la scheda estraendola dall'urna del " Sì " o da quella del "NO" e deporla nell'urna centrale dipinta col tricolore, rendendo in questo modo palese la propria intenzione di voto. Nei giorni precedenti la consultazione, sui muri di molte città furono affissi manifesti in cui era dichiarato “nemico della Patria” chi avesse votato per il “NO”, ed in numerosi seggi della Frentania i soldati piemontesi, affiancati da volontari garibaldini ungheresi, minacciarono fisicamente chiunque manifestasse “sentimenti antiunitari”. (Cfr. G. RESSA, L’invasione e la fine delle Due Sicilie-I plebisciti).
3) L’immagine del Sud come terra abitata da popolazioni incivili era stata diffusa anche dai patrioti meridionali rifugiatisi a Torino dopo il fallimento della rivoluzione del 1848; il siciliano Giuseppe La Farina, per esempio, nel novembre 1860 affermò che per evitare la diffusione della “cancrena” napoletana in tutto il resto d’Italia occorresse usare “il ferro e il fuoco”. In realtà, prima del 1860 il primo ministro Cavour non pensava all’unificazione italiana, ma auspicava la formazione di un regno dell’Alta Italia sotto il controllo del Piemonte, un regno dell’Italia centrale con il Papa presidente onorario e un regno del Sud sotto influenza francese. (Cfr. A. LEPRE, Italia addio? Unità e disunità dal 1860 ad oggi, ed. Mondadori).
4) Il brigantaggio post-unitario fu istigato non solo sia dai Borboni rifugiati a Roma, ma anche dal il Papa, il quale favorì le bande di briganti con armi e denaro in quanto comprendeva che la nascita dell’Italia unita avrebbe segnato la fine del suo potere temporale. Per impedire che i briganti potessero rifugiarsi in territorio papale, l’esercito italiano costruì numerosi fortini (chiamati ‘Block-Haus’) nell’Appennino abruzzese. Il sostegno del Papa nei confronti dei briganti proseguì fino a quando -nel 1870- le truppe italiane entrarono a Roma decretando la fine dello Stato Pontificio. (Cfr. F. CELENZA, Polifemo e l’intruso).
5) Nelle loro attività illegali, spesso i briganti godevano non solo dell’appoggio della popolazione contadina, ma anche dei ceti borghesi. Ad esempio, secondo una voce molto diffusa tra le nostre popolazioni, la fortuna economica della famiglia Marcantonio di Mozzagrogna ebbe origine grazie ai suoi rapporti di affari con bande di briganti nei primi anni dell’ ‘800. I Marcantonio acquisirono grande fama di dispotici profittatori ed usurai, tanto che divenne molto popolare un proverbio che diceva: “Si piess ‘a li Scavune e ‘n siè rubbate, o Marcantonie dorme o sta ‘mmalate” [‘Se passi a Mozzagrogna e non sei derubato, o Marcantonio dorme o è ammalato’]. (Cfr. NICOLA M. FOSCO, Mozzagrogna. Dalla selce alla Sevel).
6) La banda brigantesca di Fossacesia era formata da una settantina di elementi, guidati da Policarpo Romagnoli e Camillo Andreoli detto “Moretti”. I tecnici assassinati durante l’assalto a Fossacesia erano Giulio Pagano, Melchiorre Castellani e Beniamino Bernasconi. Quest’ultimo fu ucciso in modo feroce: trascinato nel magazzino dell’edificio dove alloggiava, dopo essere stato fatto inginocchiare fu ucciso con due fucilate. Nel corso dell’azione criminale, il bottino raccolto dai banditi fu complessivamente più di 90.000 lire in oggetti d’oro, d’argento, armi e vestiario. L’eccidio dei lavoratori addetti alla costruzione della ferrovia probabilmente non fu casuale, perché le strade ferrate erano considerate il simbolo dell’occupazione piemontese, in quanto utilizzate per gli spostamenti delle forze di repressione. (Cfr. FRANCESCO PAOLO D’ORSOGNA, Il brigantaggio nel distretto di Lanciano, 1810-1870). 
7) Il maggior teorico della teoria razziale applicata alle popolazioni italiane fu Cesare Lombroso, il quale spiegò l’arretratezza dei meridionali con un arresto del loro sviluppo intellettuale, riscontrabile grazie allo studio della conformazione cranica. Teorie simili furono adottate anche da un esponente socialista come Enrico Ferri, il quale dava voce a diffusi sentimenti degli operai settentrionali che vedevano il Sud come una ‘palla al piede’ che frenava lo sviluppo dell’Italia.
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #176 : Lunedì 24 Settembre 2018, 23:18:04 »
Leo qui apri uno spiraglio sulla mancanza assoluta nel popolo di una "coscienza nazionale" come la chiamava Gramsci e sulla sua sostanziale estraneità ai moti unitari.
Il cafone (culturalmente, e soprattutto emotivamente, lontano mille miglia da pulsioni unitarie, è bene dirlo) di fatto, subì passivamente un evento che, a posteriori e sfrondato dagli epicedi e dalle bandiere con cui glielo avevano intortato, gli apparve in tutta la sua cruda logica gattopardiana, e cioè che tutto avvenne perché nulla cambiasse.
Da vecchio lettore gramsciano non posso che ripetere con lui  che "Lo Stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare chiamandoli briganti."
Quella che gli "scrittori salariati" hanno fatto passare come lotta la brigantaggio, e che oramai nei libri di storia oltreché nei monumenti e nella Retorica Nazionale è passata così (non so voi, ma il 17 marzo del 2011 l'ho trascorso travasando bile, evvabbè) non fu altro che una feroce repressione nei confronti di una vera e propria lotta partigiana contro un Usurpatore con la U maiuscola.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #177 : Martedì 25 Settembre 2018, 00:14:26 »
Leo qui apri uno spiraglio sulla mancanza assoluta nel popolo di una "coscienza nazionale" come la chiamava Gramsci e sulla sua sostanziale estraneità ai moti unitari.
...Quella che gli "scrittori salariati" hanno fatto passare come lotta la brigantaggio, e che oramai nei libri di storia oltreché nei monumenti e nella Retorica Nazionale è passata così (non so voi, ma il 17 marzo del 2011 l'ho trascorso travasando bile, evvabbè) non fu altro che una feroce repressione nei confronti di una vera e propria lotta partigiana contro un Usurpatore con la U maiuscola.

Hai ragione, Frusta. Gramsci aggiunge anche che il Meridione era una "grande disgregazione sociale", con masse contadine frammentate e prive di orientamento politico. Per questo motivo, però, come appare ridicola certa retorica risorgimentale, altrettanto sbagliato sarebbe mitizzare il fenomeno del brigantaggio. Il brigantaggio rappresentò una grande rivolta contadina di massa ma fu anche un fenomeno politicamente reazionario. La rabbia dei contadini fu strumentalizzata (e sostenuta) dalle forze più retrive di quell'epoca (Borboni e Chiesa) in funzione 'antipiemontese': i briganti combattevano il "nuovo ordine borghese" con la testa rivolta all'indietro, cioè verso un mondo storicamente superato, e perciò furono annientati. Per cui, parafrasando Sciascia, io non sto "né con lo Stato né coi briganti".
E allora, spesso, mi sono chiesto: se fossi vissuto in quei tempi nel mio paesino, cosa avrei fatto? E mi sono dato una risposta che può apparire naif: avrei cercato di insegnare a leggere e scrivere ai contadini, perché senza istruzione (e quindi senza un minimo di coscienza politica) quelle masse erano condannate alla subalternità o alla rivolta senza sbocco.

P.s.
Comunque, a prescindere, chi ha letto Gramsci è amico mio :risa:
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #178 : Martedì 25 Settembre 2018, 07:37:27 »
E mi sono dato una risposta che può apparire naif: avrei cercato di insegnare a leggere e scrivere ai contadini, perché senza istruzione (e quindi senza un minimo di coscienza politica) quelle masse erano condannate alla subalternità o alla rivolta senza sbocco.
Più che naif con gli occhi di oggi potrebbe risultare romantico-missionaria, dato che le due cose non procedono necessariamente di pari passo.
Anche adesso che bene o male l' istruzione è arrivata non siamo usciti dallo stallo fra la subalternità e la rivolta senza sbocco.
Ma forse è questo l' unico destino dei "cafoni", dalla cui parte, comunque, i Gramsci e (più modestamente) i Leo e i Frusta (ed anche gli Arch, per quel che ne so) staranno sempre.

P.s.
Io non so cosa avrei potuto fare; si diceva in famiglia che, per linea materna avevamo una qualche discendenza da Giuseppe Mastrilli, il famigerato "mastriglia", che però fu capitozzato nel 1822 e quindi in un periodo precedente a quello a cui ti riferisci; magari, avendo seguito le sue orme in funzione antifrancese, avrei attraversato Ponte Sant' Angelo in compagnia di Mastro Titta ed all' arrivo dei piemontesi non avrei mai assistito. Chissà...  ;D
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #179 : Martedì 25 Settembre 2018, 07:50:03 »
Ora che rileggo mi accorgo che dopo "linea materna" sarebbe stata necessaria un' altra virgola.
Niente:  ;)  l 'istruzione dei cafoni decisamente sarebbe stato meglio affidarla a te.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.