Autore Topic: SEBASTIANO FANTE ITALIANO  (Letto 57984 volte)

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Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #60 : Lunedì 10 Settembre 2018, 20:08:33 »
The Pointer

I racconti (e i film) ambientati su mezzi come autobus o i treni hanno sempre qualcosa di magico e di melanconico. Sarà perché quel mondo minor è il simbolo di un mondo molto più grande.
Bravo Stè.
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #61 : Lunedì 10 Settembre 2018, 20:14:09 »
Acuto e attento osservatore di comportamenti, vizi e pregi dell'italiano medio e che generalmente si fa il mazzo. Grande. Un Marziale di oggi. Bravo Stefano.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #62 : Martedì 11 Settembre 2018, 09:43:04 »
Grazie Ragà,
si, è sicuramente divertente ciò che si osserva sui mezzi pubblici.


Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #63 : Martedì 11 Settembre 2018, 11:54:08 »
La mimesi del pesce palla
Sul treno, avamposto di civiltà e vaso sanguigno attraverso il quale gente cosiddetta “di provincia” giornalmente porta la sua linfa vitale alla città tentacolare che muore (scuola catastrofica, setta degli iettatori), tra i tanti è osservabile un curiosissimo individuo: la Cosa. La scena ideale affinché questa creatura dispieghi tutta la sua ragione d'essere e, nel contempo, la propria filosofia di vita è, manco a dirsi, il vagone, uno qualsiasi di un qualsiasi treno italiano. Come ogni mattina, il mezzo è più o meno gremito di persone assonnate, di altre profondamente immerse tra le coltri di Morfeo o di altre ancora semplicemente assorte nei loro pensieri. Teatro ideale per la Cosa. E poi lui: il posto vuoto! La gente si accalca, furente spinge per raggiungerlo, alcuni quasi bestemmiano ma, l’anfratto della felicità su rotaia può essere tanto lontano da diventare un’irraggiungibile chimera. E allora si arriva alla sua fermata e Lui, ma più probabilmente Lei, la Cosa, entra facendosi largo come può. Inizia così uno spettacolo unico nel suo genere: l’occasione di verificare le camaleontiche virtù della Cosa. Da Alessandro a Cesare, da Annibale fino a Bearzot, tutti i più grandi condottieri della storia ci hanno insegnato che il segreto di ogni conquista è la capacità di adattamento, anche veloce. E Lei, questa creatura indefinita, si adatta abilmente agli ostacoli che la separano dal suo unico obiettivo: quel posto vuoto. Allora la Cosa ora finge una lieve zoppia con la suorina, ora si slaccia un bottone della camicetta col mandrillo o si fa cadere un oggetto inutile per l’altrettanto inutile cavaliere e gentiluomo. Insomma, in pochi secondi questo essere indecifrato mette in mostra una galleria di atteggiamenti e pose che vanno dalle tecniche di seduzione alla Mata Hari, passando per la pietas del galata morente, fino all’opportunismo da vile canaglia. Ma non importa più, ora finalmente la Cosa è là, davanti al posto vuoto sul finestrino, il suo posto, vicino al mio. Prima però c’è un ultimo ostacolo: un signore tanto grasso da coprire la Cosa con la sua enorme mole. Lui guarda quel posto vuoto come fosse una coscia di pollo agli estrogeni ma, ahisemprelui, insinuarsi nello spazio messo a disposizione da quel posto, su quel treno costruito per le ferrovie dei Boshimani, dannati nani di boscaglia, lo costringerebbe ad uno spietato incastro con atroci dolori. Così quest’uomo espanso smadonnante infine rinuncia e, delusissimo, si appoggia alla parete del vagone ma, cosa ben peggiore, fa da tappo e blocca ogni flusso di ossigeno. In noi filistei della rotaia la circostanza crea quel tipico disagio da asfissia, costringendo così i meno resistenti ad azionare la leva che libera il vagone dai finestrini. Manco a dirlo, il violento vuoto d’aria che segue risucchia immediatamente alcuni pendolari sputandoli fuori all’altezza di Galleria Colonna. Respireranno finalmente ma prenderanno il prossimo. E riecco di nuovo Lei, la Cosa. Un sorriso di circostanza, noi guardiamo lei, lei guarda noi, noi riguardiamo lei che per l’occasione veste occhi da triglia casuale ma, ed è questo che solo per lei conta, raggiunge infine il suo obiettivo: la Cosa si siede. Tutto sembra andare per il meglio, il posto le calza a pennello ma, lei si alza si siede varie volte – ne conto 5 o 6 in modalità compulsiva – la creatura sistema la sua pandorica borsa sul vano sopra le nostre teste, tuttavia, non prima di aver tirato fuori un poderoso volume che guardo di sfuggita: “50 Sfumature di grigio” recita la copertina. Fino alla stazione rimangono si e no 7 minuti e la Cosa di quel libro riuscirà a leggere si e no mezza pagina. Lei approfitta poi di una mia distrazione per scipparmi il posto del gomito sul poggiolo e sospira, sembra priva di forze… ma è l’ennesima sua cortina fumogena. E’ iniziata la personalissima guerra di invasione della Cosa. La vediamo armeggiare sul suo smartphone-note-col-maxi-schermo, lo tocchetta fastidiosamente con le unghie artificiali (effetto procione che corre sull’asfalto). Però, all’improvviso il colpo di scena: stuck! La signora di Ciampino, con un panegirico di 3 minuti netti sulle vene varicose, asserisce, anzi annuncia ai più che quello è senza alcun dubbio il rumore tipico della calza costrittiva che si rompe. Il tempo di voltarsi verso la creatura che il ragazzo che le siede di rimpetto è ormai un individuo con pochi minuti di vita, inscatolato com’è tra le cosce di lei. La Cosa cangiante, poliedrica e multiforme si è ormai fatta largo tra gli innocenti mostrando il suo vero volto. Abbiamo tutti paura e preghiamo. Quel signore grasso la guarda male. La Cosa ci ha fregato di nuovo.

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #64 : Martedì 11 Settembre 2018, 22:58:50 »
Alle medie avevo un professore che alla fine di ogni lezione ci leggeva una novella.
Da Verga a Paolieri, da Pirandello a Fogazzaro, passando per Fucini, Tecchi, Panzini, Martini, Gadda, Panzacchi, Capuana, Tozzi, Bacchelli, Praga e via dicendo, credo che ci abbia letto almeno un racconto di tutti i novellieri a cavallo dell' 800 e il 900.
Insomma ogni lezione veniva alleggerita almeno un po' da questa specie di dulcis in fundo.
Qui più o meno sta succedendo qualcosa di simile: dopo aver letto e condiviso le ambasce (spero che già dalla prossima partita siano accompagnate da note un po' meno dolenti) relative alla nostra amata Società Sportiva, vengo a carcare il dulcis in fundo in Sebastiano Fante Italiano.
Però non è che debba gravare solo sulle spalle di Leo, Panza, Arch e Frusta, eh! Possibile che non ci sia nessun altro con qualcosa da raccontare?
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #65 : Martedì 11 Settembre 2018, 23:32:15 »
BOROCOTO’
(Ah, Sudamerica…)

“Os pretos dos longos... 
I negri dai lunghi tamburi
dai rossi collari
dai capi piumati
dai labbri violenti
dagli occhi sensuali,
enchem acima a...
riempiono la città d’uno stridio africano.
Música da floresta...
Musica della selva in mezzo alla città,
allegria dei camiti dai denti affilati,
um rei do hoax...
un monarca da gioco va dispensando inchini
con gravità solenne di pagliaccio africano.

Borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs

O candomblè dispersa a cor...
Il candomblè scialacqua colore sul tavolato di serpentine
su cui rotola il suono dei tamburi
até partir...
fino a rompere i timpani della città.

Borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs…"

Quante cose non sanno i poeti!
Se Idelfonso Pereda Valdès non scrivesse frugando tra le nuvole, in questa mattina di caldo coloniale leggerebbe meno Africa scontata nel samba che lo ha tenuto sveglio tutta la notte.
Non guarderebbe re Momo ed i suoi paramenti da santerìa o i fanti di coppe che lo circondano attraverso le volute del suo Davidoff habana e non parlerebbe di occhi sensuali e di labbri violenti.
Se non fosse poeta guarderebbe “os pretos” dai lunghi tamburi e i rimbalzi della loro capueira con l’occhio di leika del turista da charter e si limiterebbe a godere della fortuna meschina di non essere uno di loro.

Borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs…

Quante cose non sanno i poeti.
Se Idelfonso Pereda Valdès non si abbandonasse alla constatazione compiaciuta di essere riuscito a riprodurre con un verso il suono dei tamburi, riuscirebbe a rilevare l’eco dei colpi di scudiscio di cui ogni pelle scura conserva la memoria, e forse scriverebbe di rotte bananiere e di mozzi reclutati a ceffoni nei cafarnao dei meninhos de rua, et di come eglino ci venissero incontro nuotando intorno alla Niña, alla Pinta et alla Santa Maria et di come ben fatti fossero et di molto belli sembianti, né bianchi né neri, con la pelle del colore del sole dé Canari et i capelli grossi come setole di cavalli, et... e le gambe nude di Milvièla, acerbe come suoi undici anni, che seguono sambando, borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs, la scia verdeoro dos pretos di re Momo…                                                   

Quante cose non sanno i bambini!
Se Milvièla avesse i calzettoni bianchi e la gonna blu a pieghe da ragazzina perbene non catturerebbe lo sguardo cannibale della leika e non verrebbe catturata dal suono dei cruseiros che le mani del turista da charter fanno tintinnare nelle tasche come i sonagli nella coda di un crotalo.
Continuerebbe a sambare sulla scia di re Momo senza la tentazione di infilare la sua mano nella tagliola di quelle mani.

Borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs…

Quante cose non sanno i poeti.
Ma se non fossero poeti non correrebbero dietro a Milvièla urlando “O dobro, o dobro! Il doppio di quanto ti offre lui, qualsiasi cifra ti stia offrendo, ti offro il doppio per vederti ballare sulla scia di re Momo, per vederti sparire tra il verdeoro dei fanti di coppe e per vedere la tagliola chiudersi di stizza sulla leika ed andare a tendere agguati altrove, maledetto.
Che la poesia è mia e voglio che vada a finire come dico io! Quanto è vero che sono poeta.
“Quando a cidade...
Quando la città depone luci e colori e muore il carnevale,
assim que...
appena imbianca il cielo e os pretos si ritirano,
 o meu coração diventa un tamburo
e ripete pazzamente e ripete sordamente borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs…”

Borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs borocotò borocotò borocotò ciàs ciàs…





P.s.
"Borocotò" e "Mapuche" sono stati pubblicati una quindicina di anni fa in una antologia di racconti contro la pedofilia.

P.p.s
Borocotò è una poesia di I. Pereda Valdès


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Offline Ataru

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #66 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 00:23:34 »
io di cazzate ne ho fatte, ma non le so raccontare
osa c'è da psicolo propriono capisco.
qui sono un esempio di civilità e non solo per molti

Offline zorba

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #67 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 07:19:32 »
io di cazzate ne ho fatte, ma non le so raccontare

 ;D ;D ;D

Però potresti fare in modo che questi piccoli capolavori letterari contenuti in questo topic, quelli ovviamente frutto della maestria di cotanti BC.orgers, non vadano perduti, a futura memoria...

 O0 O0 O0
Là dove torneranno ad osare le aquile (e dal 26.05.2013, ci siamo andati un pò più vicino!!!!)

Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #68 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 08:46:14 »
1946

Chissà se qualcuno di voi ricorda quanto è stata dura da mandar giù l’estate del 46.
Gli americani se ne erano andati e con loro i tempi belli della borsanera, di soldi in giro se ne vedevano pochini, le bische erano praticamente vuote ed era una pena vedere gli allibratori clandestini aggirarsi come anime perse sotto gli spalti semivuoti dell’ ippodromo di Agnano con certe facce sconfortate che avrebbero intenerito il più duro dei vostri cuori.
Qualcuno di loro per favorire la clientela si era messo perfino ad accettare le puntate a credito, e le cose in un certo senso erano migliorate, ma solo dal punto di vista degli allibratori, perché da quello degli scommettitori il credito si chiama debito ed allora il termine miglioramento comincia a perdere gran parte del suo significato.
E poi il difetto più grosso dei debiti è che bisogna pagarli, soprattutto quelli contratti con gli allibratori, che in certi ambienti a giocarti la reputazione non ci metti niente e a giocarti i connotati ci metti ancora meno; e queste sono cose da evitare con cura, a costo di andare a raccogliere ‘e pummarola a Castellamare di Stabia ed a scaricarli al molo Beverello per meno di duemila lire al giorno come stavano facendo in quel periodo Fefè ò Barone e Nino ò Sammarzano, che se uno è ommo d’ onore i debiti di gioco li paga fino all’ ultimo centesimo, pure si s’ adda fà no culo tanto.
Fino a quando però uno non se scassa è uallere, perché con le cassette di pomodori se fatica assaie, e pensare che i soldi ci starebbero pure, solo che chi li ha li tiene nascosti, ma a volte basta usare un po’ la testa per metterci le mani sopra, e che il piano era perfetto, e che bisognava essere in tre, e che avevano pensato a me perché de fetiente in giro ce ne stanno assaie, e che pure p’ arròbbà ce vò la ggente onesta.
Dieci milioni da dividere in tre meno il dieci per cento per l’ intermediario.
Insomma, tre milioni tondi a testa, prendere o lasciare; che se avessi rifiutato io ci sarebbe stata la fila per fare il terzo ad un affare come quello.
Il piano era tentatore: don Pascalone ò Svizzerese, il più grosso allibratore da Caserta a Battipaglia, era schiattato, pace all’anima sua cumm’ annu scème, ruopp una indigestione ‘e purpe ‘e scoglie ed aveva lasciato ‘onna Delina a cchiagnere in mezzo ad un bel mucchietto di milioni, nessuno dei quali guadagnato onestamente è vero, ma almeno una decina dei quali molto meno faticosamente raggiungibili di quelle poche lire rimediate cu ‘e ppummarola.
In poche parole bastava rapire la vedova e chiederli come riscatto a lei medesima.
Il piano era tentatore, è ovéro, ma anche chi tra voi non ha mai sequestrato nessuno sa benissimo che quando si tratta di un rapimento la proporzione tra gli inconvenienti e la tentazione di effettuarlo non è quasi mai esageratamente incoraggiante: insomma a me chi mi garantiva che la signora avrebbe allentato dieci milioni senza recalcitrare, e, soprattutto, una volta rilasciata non sarebbe andata a raccontare tutto alla polizia, o, peggio non avrebbe speso un altro po' dell’ eredità di don Pascalone per pagare qualche fetiente che ci facesse a fettuccine?
-La pissicologgia!- Ricètte ò Barone -‘Onna Dele insiema a ‘e renare ha ereditato da ‘on Pascalone il monopolio delle scommesse da Caserta a Battipaglia, e se comincia a circolare la voce che la gente ha così poco rispetto di lei da rapirla, l’autorità che le deriva dalla buonanima senne và a fa fotte, e la sua carriera da allibratrice finisce prima di cominciare.
E poi ci sta ‘a piccerella, sua figlia Tittina, che proprio ieri è ripartita per il collegio svizzero dove sta a studià mmièse a tutta gente perbene, figurati se lassù sticcose se venesseno a sapè... -E poi mica si tratta di un sequestro vero e proprio!- ò Sammarzano aveva studiato il piano valutando ogni particolare che gli aveva fornito l’ intermediario che quel dieci per cento che gli avevano promesso se lo era meritato fino all’ultimo centesimo –Si tratta piuttosto di una breve trattenuta di persona che se va bene la possiamo risolvere anche in un paio d’ ore.-
In pratica si trattava di recarsi a fare le condoglianze a donna Dele e poi, una volta entrati in casa informarla che non ce ne saremmo andati finché non ci avesse messo dieci milioni in mano. E che non tentasse scherzi perché ci sarebbe dispiaciuto vuie nun sapite quanto procurare un secondo lutto a quella povera criatura di Tittina.
E quando gli chiesi perché avessero scelto proprio me come complice, con un candore che mi disarmò completamente mi dissero che per fare un discorso del genere ci voleva uno con la faccia autorevole e che loro con quelle facce da fessi che si ritrovavano al massimo avrebbero rischiato di farla morire dalle risate una comme a ‘onna Delina.
Se volete potete pure non crederci ma il piano filò liscio come l’ olio.
La signora trovò addirittura ragionevole la richiesta di dieci milioni e ci fece venire pure un po’ di sensi di colpa quando disse che anche se dati i tempi che correvano non poteva darci torto, ridursi a sequestrare una povera vedova era na còsa brutta assaie, che non potevamo pretendere che avesse tutti quei soldi in casa e che perché se li procurasse avremmo dovuto aspettare che aprissero le banche e le otto e mezza del giorno dopo, ma che comunque non ci serbava rancore, anzi, quando seppe che per pagare i debiti di gioco Nino e Fefè erano andati a caricare ‘e pummarola disse che la cosa gli faceva onore perchè l’ onestà di una persona la vedi da come paga gli allibratori e che tutto sommato era una fortuna che stavamo lì a sequestrarla, così poteva averci come ospiti a pranzo perchè voi non sapete quanto è triste per una povera vedova la domenica pranzare sola come una disgraziata.
E così passammo insieme uno dei più bei pomeriggi della nostra vita, con Nino che cantava tutto accorato “Quann spònta la luna a marchiare” mentre ‘o barone batteva il tempo col cucchiaino sulla tazzina del caffé e piangeva comme nù criaturo, che certe cose ti prendono proprio a ò core, e a un certo punto buttò le braccia al collo a donna Delina e la baciò sulle guance cumm’ a nna mamma mentre lei si schermiva commossa.
E poi l’aiutammo a sparecchiare la tavola ed a lavare i piatti e accettammo tutti contenti la proposta che ci andava facendo, e cioè che se per passare il tempo volevamo fare qualche puntatina sulle corse di quel pomeriggio lei ci avrebbe fatto credito volentieri perché eravamo proprio guagliuni per bene.
Passammo tutto il pomeriggio a bere a scommettere e a cantare, e poi alle sette e mezza accendemmo la radio per sentire i risultati delle corse mentre donna Delina con la matita in mano faceva i conti.
Risultò che Fefè era sotto di tremilioni e quattrocentoventicinquemila lire, Nino di tremilionitrecentottantuno e io di tremilionitrecentoquaranta per un totale di dieci muliune e ciend quarandaseie milalire.
Ormai era diventato perfettamente inutile aspettare il giorno dopo dal momento che il nostro credito di dieci milioni poteva considerarsi estinto e convenimmo con lei che se avessimo avuto la cortesia di darle le centoquarantaseimila lire residue potevamo andarcene tranquillamente.
Fra tutti e tre in tasca arrivavamo a malapena a quindicimila lire e dovemmo firmarle un pagherò di centotrentunomila.
In mezzo alla strada, sotto la luce del tramonto d’ o sole ‘e Napule, brillava un barattolo vuoto ‘e pummarola sammarzane.
Nino gli diede un calcio forse pensando a quanti ne avremmo dovuti caricare per pagare l’intermediario che ci aveva dato le informazioni per il rapimento.
Essì, perché in certi ambienti non pagare un intermediario è peggio che non pagare un allibratore.
-Comunque abbiamo tempo fino a natale pe rimedià ‘e rinare, quando la fanno uscire dal collegio per passare le feste a casa- Perché l’intermediario, lo seppi in quel momento, era Tittina, l’educanda, la figlia di donna Dele e di don Pascalone ‘o Svizzerese.


P.s.
Il racconto è ispirato ad un fatto di cronaca narrato negli anni 70 da Donald Westlake.

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Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #69 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 08:55:42 »
Un Pasticciaccio brutto in salsa napoletana, con relativi toni gaddiani.
Grande Frusta!  :fan:
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Offline Arch

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« Risposta #70 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 09:42:18 »
Bell'eccose assaje, Frusta. Bravo.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #71 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 09:43:33 »
vero.

Frusta Magister!

Offline leomeddix

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« Risposta #72 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 19:10:30 »
Vengo squalificato se mando un racconto in forma di video? :D
Questo documentario l'ho fatto in una lontana era geologica, quando ero un giovane militante rifondarolo (per cui vi prego di essere clementi  :icon_biggrin:). Racconta la storia di un personaggio straordinario: Mario Rovinetti, partigiano di Marzabotto che perse il padre nella strage del suo paese. Dopo la guerra regolò qualche conto in sospeso, si fece il carcere, uscì e continuò a portare avanti le sue idee fino alla fine. E' morto qualche anno fa, camminando tra i boschi delle sue montagne che lo avevano visto guerreggiare, la morte più bella per uno come lui. Per me era come un padre.

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Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #73 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 19:58:49 »
Mò pure un Leo filmaker!! In fondo è un bel racconto secondo me.

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #74 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 20:49:32 »
Mò pure un Leo filmaker!! In fondo è un bel racconto secondo me.

Era un documentario "militante". A quei tempi Ždanov m'avrebbe spicciato casa :icon_biggrin:
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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #75 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 21:48:29 »
Leo πολύτροπον: poeta, scrittore e cineasta.   
:D Quali altre sorprese ci riservi?
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« Risposta #76 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 22:06:51 »
Leo πολύτροπον: poeta, scrittore e cineasta.   
:D Quali altre sorprese ci riservi?

Tu non mi hai mai visto cucinare… La mia vera missione è combinare poesia e pasta alla carbonara  :icon_biggrin:
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« Risposta #77 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 22:16:46 »
Te pare poco!!

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« Risposta #78 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 22:19:03 »
Con Arch stiamo progettando una puntata in val d'orcia, te voi aggrega'? Al posto di TD cucini tu.
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« Risposta #79 : Mercoledì 12 Settembre 2018, 22:25:51 »
Con Arch stiamo progettando una puntata in val d'orcia, te voi aggrega'? Al posto di TD cucini tu.

Ti ringrazio Frusta, in questo momento sono "impedito", ma spero di incontrarvi presto, e magari la carbonara ve la faccio per davvero  :risa:
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