Autore Topic: SEBASTIANO FANTE ITALIANO  (Letto 55974 volte)

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Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #200 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 12:23:02 »
Breve storia di Cristine
Quadrilogia del barbaro - secondo atto

Cristine è una svedese che non ama il freddo. Di aspetto discutibile, Lei sfata il mito di Inga-gnocca-anni-‘70 ormai cristallizzato nell'immaginifico walhalla di ogni genere di nostrano segaiuolo. Sotto i suoi seni un ippopotamo insegue un chiwawa in un trionfo di lisergica vegetazione tatoo. Figlia di un trafficante di uranio e di una canna, Cristine un tempo era ricchissima di soldi sporchi ma, non ci badava. Lei voleva solo venire in Italia ed aprire 'Il Tempio dell'aringa tonnata'. Però, al primo autogrill dilapidò tutto il gruzzolo nella strenua ricerca dell'inafferrabile nano mammolo, vanamente inseguito in una macchina acchiappa peluches. Da allora, la ragazza si muove in simbiosi con un gruppo di giapponesi stanchi ma odia essere chiamata punkajap. Nonostante ami circondarsi di intellettuali, Cristine ha un vocabolario minimo ma, è quanto le basta per campare. Quando nuota nel suo golfo mistico asserisce di essere posseduta dalla bestia, con tanto di coda tatuata che le sporge dalla fessura delle natiche. Arrivata infine in Italia al seguito di un gruppo di jazzisti malesi partiti da casa per rovesciar cassonetti e bruciare macchine in occasione dell'annuale fiera del tortellino ligure (ricetta apocrifa), Cristine miracolosamente sfugge all'Interpol nascondendo se e i suoi nipponici tutti dietro una monolitica massaia di La Spezia. La donna ligure però, a riscatto le impone di vendere i jap ad un vicino nordcoreano famoso per testare i botti di capodanno anche in aprile. Così, ormai sola, Cristine libera la punka e si stabilisce a La Spezia, terra di influssi atlantici e di droghieri senza scrupoli. "Chissà se dura...", bofonchia l'edicolante croato che non si fa mai i cazzi suoi. Cristine non ama il mare, non ama l'odore del cocco, disprezza il gelato al taleggio e rinuncia alle sue lenti a contatto solo per buttarsi dalla scogliera quando ha mal di testa. Ma, va detto, impazzisce letteralmente per le cozze ripiene al chiaro di luna, possibilmente mentre scorrono le note di Toto Cutugno, cantante autoctono. Così Lei, nel dubbio circa il proprio destino, resta e resterà. Ora langue sulla spiaggia di Portovenere, protezione 4, figli 3, cani brutti 3, marito 1, tabagista assorto nella sua nuvola di fumo in compagnia dei jazzisti malesi in libertà vigilata. Cristine vende tutti i peluches dei nani tranne quello che mai afferrò, certa nella flebile speranza di trovarsi di nuovo un giorno in quell'autogrill e riprovarci.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #201 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 12:28:09 »
me fai un po' paura, Stè :-X

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #202 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 12:30:55 »
(ah ah ah ah ... io ve lo avevo detto)

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #203 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 13:59:57 »
Breve storia di Fritz

Quadrilogia del barbaro - terzo atto

Fritz è un biondo ragazzone tedesco dell'algida Turingia, connotato dal classico aspetto ariano superior. Sin dalla tenera età, a scanso di equivoci, Fritz è sottoposto ad una rigida dieta mediterranea che, quantomeno, possa alterarne il metabolismo rendendolo forse incline alle indolenti mollezze latine. Ma non basta. La ricetta mimetico-alemanna impone che, alla maniera di un aristocratico del XVII sec., il ragazzo venga spedito nel Bel Paese a fare il Grand Tour. Tuttavia, appena messo piede nella terra dei santi, dei poeti e dei navigatori onlus, l'ignaro visitatore scopre qualcosa di inimmaginabile: dati alla mano, il 95,8% dei cani e un buon 3% dei porcellini d'India detenuti in Italia all’unico fine della stabilizzazione familiare si chiamano Fritz. Chissà, forse per una rara forma di contrappasso o di chiara vendetta per i tempi dell'occupazione, gli italiani amano anche solo l'idea che, ad un loro cenno, qualcuno o qualcosa con quel nome accorra docile ed arrendevole. Nein problema: Fritz comprende, Fritz cambia nome e si presenta a tutti come Hans Emmenthal I. Così, allo scopo trasferitosi in una amena zona casearia del basso Cilento, novello Hans con questo nome pensa bene di garantirsi un buon anonimato e, al contempo, di impressionare i locali.  Ma non basta ancora. È evidente, Fritz è chiaramente un incamuffabile crucco, e per comprenderne l'origine è sufficiente guardare lui e il suo cane, Sigfrido. E, nel frattempo, il teutonico visitatore certo non fa nulla per passare inosservato: pur acerbo, il germanico è irrimediabilmente attratto dal podere del vicino e dalla figlia bona di costui e vuole invaderlo annettendo parte dei Sudeti. A causa di ciò, alla sua vista gli abitanti di Castellabate gridano: "è l'Arianooo!" e, come spaventati dalle erinni, scappano verso il mare. Ma quando sembra ormai vano ogni tentativo di fuga dal proprio destino e dalle proprie inclinazioni, Fritz ha l'Idea! Il nostro, smessi i panni dell'alias e con ritrovato ardore wagneriano, si trasferisce a Vicovaro Mandela, paese di panettieri già da tempo schierati contro l'Apartheid, dove apre un forno alimentato unicamente con legno di mangrovia e polvere da sparo. Da quel momento, quando gli abitanti del luogo lo avvistano, gli ululano striduli e invidiosi: "è Lariano, è Larianooo!" Ora Fritz è un boom.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #204 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 14:08:08 »
Breve storia di John
Quadrilogia del barbaro - quarto ed ultimo atto

John è un anticonformista, a partire dal nome. Nato a Carate in Brianza, fa judo a Bergamo. Ma John non si da per vinto, John aspetta che lo faccia l'arbitro. Però, a pensarci bene, con quel nome vorrebbe difendersi senza mani, magari con una pistola. "With a gun you will be what you are just the same" cantano alla radio gli Steely Dan. E allora John compra una pistola e va tranquillo con la sua Beretta para bellum (si vis pacem). "È bifilare, 15 colpi più uno in canna, spara anche sott'acqua...". John ascolta silente l'armaiuolo ma nessuna prova davanti allo specchio, nessuna prova nella vasca, niente di niente. Cane, percussore e grilletto, Lui va tranquillo. La gentile signora di fronte lava le scale e il pianerottolo ma dopo non srotola il tappeto? John spara. Il postino lascia le lettere fuori dalla buca? e John spara. Il furbo gli ruba il parcheggio davanti al bar? John spara. In tv mandano le repliche di 'supercar'? ...John spara. Al banco dei salumi:"...due etti e mezzo vanno bene lo stesso?" e John spara. Ma  John va tranquillo, nonostante tutto, nessuno lo cerca e lui continua a sparare. Poi, all'improvviso Susan! ... figlia di un ergastolano di Treviso, bella da starci male. John la vede, se ne innamora, è sua. "Sai improvviso John, mentre mi toccavi le tette pensavo che sto bene con te perché sei un tipo, un amore che è tanta roba... " ma John non si fida dei sentimenti, John ci va di piombo e spara ancora. Fermati John! …almeno per ricaricare.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #205 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 14:31:12 »
Hahahaha  :D meglio della quadrilogia di Asimov.
In più questa si legge in un baleno.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #206 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 14:58:14 »
Dimenticavo.
Per Aaron Winter che vive in Brianza, per MCM che sta a Paris, per Chemist che brancola nelle nebbie della perfida Albione, per Jim che sta in non so più quale parte degli USA etc etc,  :P il pane di Lariano è un must.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #207 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 16:07:53 »
Breve storia di John
Quadrilogia del barbaro - quarto ed ultimo atto

Grande Stefano, questo se lo legge Salvini ti fa sottosegretario  :clapcap:
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #208 : Mercoledì 26 Settembre 2018, 17:23:33 »
Dimenticavo.
Per Aaron Winter che vive in Brianza, per MCM che sta a Paris, per Chemist che brancola nelle nebbie della perfida Albione, per Jim che sta in non so più quale parte degli USA etc etc,  :P il pane di Lariano è un must.

ah ah ah
la mia frase lancio al bancone del pane è "ce l'ha tipo Lariano? Viterbo? ... Basta così"

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #209 : Giovedì 27 Settembre 2018, 16:22:04 »
[Del come e del perché i nostri cafoni intrapresero il più grande esodo migratorio dell'età moderna]



Viva la Merica, morte ai signori!

...Negli ultimi decenni dell’800 ebbe così inizio il grande esodo degli abruzzesi verso tutti i continenti. I primi a partire furono i pastori disoccupati delle montagne aquilane, diretti soprattutto in nord Europa (ma i più temerari arrivarono pure in Siberia ed in Cina per costruire ferrovie). Invece i contadini scorciosani preferirono affrontare l’Oceano per raggiungere il sud America, attratti dal miraggio delle sue immense pianure spopolate.
Gli agrari abruzzesi, temendo di rimanere senza manodopera, cercarono di frenare l’ondata migratoria prima con la carota, offrendo ai contadini contratti più favorevoli, poi con il bastone, minacciando i partenti e accusandoli di “diserzione”. Ma fu tutto inutile: i contadini sognavano solo la “terra promessa” al di là dell’Atlantico, e alle minacce dei padroni rispondevano beffardi: “Viva la Merica e morte ai signori!” . Dopo il disbrigo delle pratiche burocratiche, effettuato grazie ad “agenti di emigrazione” senza scrupoli che reclutavano i lavoratori nelle campagne, per gli emigranti arrivava il momento straziante della partenza (1). Molti di loro uscivano per la prima volta dal proprio villaggio, e nel proprio animo la speranza di una vita migliore si univa all’angoscia per il distacco da parenti ed amici. Furono questi i sentimenti che provarono anche Alfonso Milantoni e la moglie Carolina quando –in un giorno di fine ’800- partirono da Villa Scorciosa diretti in Brasile con il loro bagaglio contenente qualche vivanda e “la veste da sbarco”, cioè l’abito buono da indossare nel porto d’arrivo.
I due giovani scorciosani si imbarcarono a Napoli su uno dei tanti piroscafi a vapore che solcavano l’Atlantico, insieme ad altri migliaia di emigranti ammucchiati dentro stive sporche e maleodoranti, come testimoniato dal racconto di un responsabile sanitario: “L’emigrante si sdraia vestito e calzato sul letto, ne fa deposito di fagotti e valige, i bambini vi lasciano orine e feci, i più vi vomitano; tutti, in una maniera o nell’altra, l’hanno ridotto dopo qualche giorno a una cuccia da cane”. Non era insomma una crociera di lusso: sulla nave anche il vitto era di scarsa qualità (la razione d’acqua giornaliera doveva essere corretta con aceto per coprire il cattivo odore), e così durante il viaggio molti si ammalavano di colera o di dissenteria.
Sopportando stoicamente tali tribolazioni, dopo tre settimane di viaggio Alfonso e Carolina arrivarono in Brasile, nazione che aveva appena abolito la schiavitù e quindi bisognosa di braccia per la raccolta del caffè nelle fazendas agricole .
Il governo brasiliano incentivava con prezzi scontati il viaggio degli italiani, grandi lavoratori e bravi cattolici, i più idonei a “sbiancare” una razza locale ritenuta troppo scura e poco civilizzata. In Brasile il ruolo ‘civilizzatore’ degli emigranti italiani fu talmente importante che ancora oggi viene celebrato in popolari sceneggiati televisivi come ‘Terra nostra’, dove la protagonista principale (Giuliana, giovane e bellissima emigrante abruzzese) e gli altri italiani vengono rappresentati come simbolo del lavoratore tenace, onesto, legato ai valori della famiglia.


Scorciosani nella Pampa sconfinata

Tanti elogi per i nostri emigranti, ma anche tante sofferenze, perché i padroni delle fazendas trattavano i nuovi arrivati in modo schiavistico: i contratti impegnavano anche i bambini in lavori durissimi, e il mancato pagamento di un debito poteva comportare la tenuta in ostaggio dei familiari. Il vitto nelle fazendas, basato quasi esclusivamente su mais e fagioli, produceva gravi forme di itterizia, tanto che non era raro imbattersi in “gente gialla” vagante tra le piantagioni di caffè. Furono queste le condizioni ambientali a cui dovettero adattarsi Alfonso e Carolina, i quali però non si persero d’animo ed anzi trovarono anche il tempo per concepire numerosi figli. Uno di questi, Peppino, insieme al latte materno assorbì anche un po’ della genialità calcistica brasiliana, dato che -tornato in Italia- arrivò a vestire la maglia delle giovanili del Napoli, diventando così la maggiore gloria sportiva di Villa Scorciosa (2).
Altra meta dell’emigrazione abruzzese era l’Argentina, dove la colonizzazione della Pampa aveva reso disponibili milioni di ettari di terreno (3). Furono tanti gli scorciosani che vi trovarono lavoro come peones (cioè braccianti agricoli), alloggiati in abitazioni che spesso erano fatte di fango e sterco d’animali, in un clima di violenza per i frequenti scontri tra Indios e poliziotti. L’integrazione dei nostri emigranti fu resa ancor più difficile dal fatto che in Argentina gli italiani meridionali, sprezzantemente chiamati ‘tanos’, erano malvisti e considerati “spazzatura” dell’Europa più arretrata (4). Essi erano derisi soprattutto per il loro abbigliamento e per l’attitudine a svolgere mestieri a metà fra il folklore e l’accattonaggio, come -ad esempio- quello di suonatori di organetto agli angoli delle strade. Nonostante questi pregiudizi, e grazie alla loro tenacia, alla fine i nostri immigrati riuscirono ad integrarsi lasciando una grande impronta nella cultura argentina (basti pensare al loro contributo nell’invenzione di una “istituzione” popolare come il Tango, oppure nella creazione del cocoliche, la parlata dei ceti popolari) (5).
Ancora più importante fu il contributo degli italiani in campo economico: oltre che alla colonizzazione della Pampa, essi contribuirono anche alla costruzione della rete ferroviaria e alla modernizzazione architettonica di Buenos Aires per trasformarla nella “Parigi del Sud America”. Ma proprio i forti investimenti per queste opere causarono nel 1890 una disastrosa crisi finanziaria che per molti anni interruppe il flusso immigratorio. E così dagli inizi del ‘900 la migrazione scorciosana cominciò a spostarsi verso gli Stati Uniti, dove la politica di lavori pubblici del presidente Roosevelt garantiva maggiori opportunità lavorative e salari più alti rispetto all’America Latina.


“Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andar…”

Così cantavano i tanti italiani che sognavano di rifarsi una vita oltreoceano, e proprio cento lire era il costo del viaggio verso i porti degli Stati Uniti. Per ottenere i soldi del biglietto, gli emigranti ricorrevano ad ogni stratagemma: qualcuno chiedeva un prestito ai parenti, altri vendevano un pezzo di terra, i più disperati si sposavano prima del viaggio per monetizzare la dote del matrimonio.
Furono tanti gli scorciosani che nei primi due decenni del ‘900 approdarono nel porto di New York, e appena sbarcati i loro primi sentimenti furono lo stupore e la vergogna: stupore alla vista degli enormi edifici di Manhattan e dei strombazzanti ‘carri a motore’ (le automobili) sfreccianti per le strade. Vergogna quando, appena scesi dalla nave, dovevano spogliarsi per farsi visitare le parti intime: gli americani volevano solo immigrati sani, chi soffriva d’ernia o di altre malattie invalidanti veniva segnato sulla schiena con il gesso, proprio come una pecora, e poi rispedito in Italia.
Tra i numerosi emigrati abruzzesi che allora giunsero negli Stati Uniti, vi erano anche i genitori di personaggi che un giorno avrebbero dato lustro a quel paese: basti pensare ad artisti come Perry Como, Mario Lanza, Henry Mancini oppure a campioni sportivi come il leggendario pugile Rocky Marciano (6). Erano di origine abruzzese anche John Fante e Pietro Di Donato, due scrittori che seppero descrivere con grande realismo le sofferenze di tanti “cafoni” improvvisamente scaraventati in un mondo sconosciuto dove tutto –la lingua, abitudini alimentari, usanze religiose- appariva incomprensibile (7).
Negli Stati Uniti, ancor più che in sud America, gli italiani erano malvisti per la loro sporcizia, per l’abitudine di convivere con animali domestici e per la loro religiosità troppo superstiziosa. I meridionali, in particolare, erano ritenuti tutti potenzialmente criminali e pertanto appellati col soprannome dago, parola derivante da “digger”, cioè “pugnale” . In effetti, non furono pochi gli italiani che usarono la criminalità come mezzo di avanzamento sociale, e la loro propensione all’illegalità era favorita da una cultura contadina che li rendeva istintivamente diffidenti nei confronti della “Legge”. 
L’impatto con gli Stati Uniti fu difficile anche per gli immigrati scorciosani, e di alcuni di essi -Nicolino Amoroso, Camillo Staniscia e Nicolò Di Paolo- si perse ogni traccia dopo l’arrivo. Sulla loro sorte si fecero le più disparate ipotesi: intorno a Nicolò nacque addirittura la leggenda di una sua affiliazione alla Mano Nera , anche se più verosimilmente egli si aggregò a uno dei tanti gruppi di tramps, giovani vagabondi che vivevano di espedienti più o meno legali.
 Ma la maggioranza dei nostri emigranti alla fine riuscì ad integrarsi, anche a costo di accettare i lavori più duri e le umiliazioni più cocenti. Molti scorciosani -come Pasquale Piucci e Vincenzo Brighella- trovarono occupazione nelle miniere o nei tanti cantieri stradali aperti in ogni angolo degli Stati Uniti. Costruiva strade anche Domenico Brighella, arrivato nel 1907 a Brooklyn dove fu presto raggiunto dalla moglie e dal figlio Nicolino. A quei tempi Brooklyn appariva come una immensa Babilonia di razze ostili fra loro, con immigrati italiani, russi, polacchi e cinesi che dialogavano più con il coltello che con la lingua. In questo mosaico di etnie, Domenico e gli altri scorciosani cercavano di conservare in ogni modo i legami con le proprie tradizioni: le feste patronali in onore di S. Rocco erano occasione per incontrare i paesani e riascoltare il suono del proprio dialetto, mentre nelle cene familiari venivano riproposti gli antichi valori della convivialità e del mangiare “lento”, in contrapposizione alle frenetiche abitudini alimentari degli yankee.
Il governo statunitense, per uniformare gli immigrati al modello di vita americano, rese obbligatoria la loro frequenza scolastica fino ai 12 anni. Perciò, anche il piccolo Nicolino cominciò a frequentare la scuola elementare, ma per lui l’obbligo scolastico si accompagnava al dovere di aiutare la famiglia, e così ogni pomeriggio si recava nel cantiere del padre per rifornire d’acqua gli operai in cambio di qualche dollaro. All’età di 15 anni, Nicolino trovò impiego in una vetreria dove le temperature dei forni raggiungevano i 1.400 gradi, ma la paga era buona e a fine anno si potevano accumulare buoni risparmi. Insomma negli Stati Uniti si lavorava duro, ma almeno i sacrifici erano ben ricompensati e permettevano di accumulare buoni risparmi.


‘Mericani’ cornuti e scorciosani ‘magnafuojie’

I risparmi fatti in America venivano spediti in Abruzzo e amministrati dalle mogli degli emigranti le quali, proprio per il fatto di maneggiare soldi, venivano spesso accusate di comportamenti dissoluti, tanto che nei villaggi abruzzesi divennero popolari stornelli come questo: “Lu povero americano tutte li quatrine c’a mannate; e mo ch’è ritornate, debbite e corne à truvate” ( 8 ).
Anche le autorità giudiziarie vigilavano attentamente sulla moralità di queste donne, sospettando che esse -lasciate sole dai mariti- arrivassero a “far baratto di quel pudore che è l’angelo tutelare della famiglia”. Ed effettivamente tra il 1905 e il 1915 nella nostra provincia vi furono ben 37 omicidi ‘d’onore’ commessi da mariti i quali, tornati dall’estero, ebbero il sospetto di essersi arricchiti più di corna che di denaro. Ma in realtà, nonostante la cattiva fama, erano proprio le donne a garantire la sopravvivenza delle famiglie, perché oltre ai lavori domestici esse dovevano sobbarcarsi anche molti lavori agricoli prima svolti dai mariti .
Vittime delle maldicenze erano però anche gli uomini che tornavano dall’America, sarcasticamente chiamati “cafune nghe la sciamberìca” (‘cafoni con il soprabito da signori’) oppure “mericane ufane” (‘americani spocchiosi’), e spesso criticati per i loro comportamenti anti-conformisti. Quando, ad esempio, Nicolino Brighella rientrò a Villa Scorciosa, destò molto scalpore il suo orecchino portato all’orecchio, una usanza che negli Stati Uniti era segno di distinzione e “modernità”, ma che invece gli scorciosani interpretarono come manifestazione di tendenze omosessuali.
Anche Francesco Trivilino, emigrato in Brasile, fu oggetto di molte ironie perché, rientrato in Italia col piroscafo “Capri”, vide nascere la leggenda di un suo mitologico ritorno “a cavallo di una capra”. Dietro questo sarcasmo, in realtà, si nascondeva un sentimento ambivalente –tra invidia ed ammirazione- nei confronti di chi era stato capace di sollevarsi dalla miseria generale (9). Con i soldi fatti in America, infatti, gli emigranti poterono finalmente realizzare desideri fino ad allora considerati impossibili, come quello di avere una abitazione decorosa. A Villa Scorciosa, dove la maggioranza viveva dentro tuguri in promiscuità con gli animali (le cosiddette case delle tre effe: della fame, del fumo e del freddo), le abitazioni ‘mericane’ di Domenico Baccile e Giovanni D’Amario apparivano regge principesche con i loro porticati e gli eleganti balconcini. In queste case apparvero anche i primi beni di ‘lusso’ come il radio-grammofono riportato da Francesco Marrocco, vera attrazione per amici e parenti, ma i mericani erano invidiati soprattutto per il consumo di prodotti alimentari prima inaccessibili come il pane di frumento, la pasta Tartaglia del rinomato pastificio di Rocca S. Giovanni e la carne di maiale (ma non quella di bue, animale considerato “sacro” perché utilizzato nel lavoro dei campi). Questa invidia era giustificata, perché in quell’epoca la stragrande maggioranza degli scorciosani doveva accontentarsi di diete “vegetariane” a base di pizza e fuoje, ortaggi e cazzarielli, micidiali peperoncini piccanti che servivano a dare un po’ di sapore alle minestre.
Proprio a causa della loro dieta, i nostri contadini venivano spregiativamente chiamati “magnafuoje” dai signori di Lanciano, i quali invece potevano permettersi una cucina molto più ricca e raffinata . Ma del resto -come ben sapevano gli scorciosani- l’umanità si era sempre divisa tra due razze ben distinte: i pochi che mangiavano il pane bianco e i tanti costretti a sfamarsi col pane nero.




NOTE
1) Per convincere i contadini a partire verso il Sud America, gli “agenti di emigrazione” usavano ogni mezzo di persuasione. Questi agenti giravano i paesi mostrando cartoline che ritraevano contadini argentini e brasiliani accanto a galline giganti o carote sproporzionate. In alcuni casi i mediatori promettevano di far passare la visita medica pure ai malati corrompendo i medici: sarebbe bastato indossare una medaglietta come segno di riconoscimento. La truffa veniva scoperta dagli emigranti solo dopo essere sbarcati nei porti americani, allorché i malati –nonostante sventolassero la medaglia di fronte ai medici- venivano rimpatriati immediatamente in Italia. (Cfr. V. RIVERA, Profili essenziali dell’emigrazione abruzzese dall’Unità ad oggi).
2) In Sud America, fin dal primo ‘900 lo sport è stato uno strumento di integrazione per gli emigranti italiani, i quali crearono numerose società sportive e calcistiche. Nel caso del Brasile, furono nostri connazionali a fondare nel 1914 a San Paolo la società calcistica Palestra Italia. Il nome originale venne mutato con quello di Palmeiras nel 1942, dopo l'entrata in guerra del Brasile contro le nazioni dell'Asse. Anche a Belo Horizonte immigrati italiani fondarono un società calcistica, sempre col nome di Palestra Italia, e anch’essa mutò il proprio nome nel 1942, assumendo la denominazione di Cruzeiro. (Cfr. D. MARCHESINI, Lo sport, in: Storia dell’emigrazione italiana, Donzelli Editore).
3) Tra il 1881 e il 1953 quasi tre milioni di italiani emigrarono in Argentina, 50.000 solo dalla provincia di Chieti. Oggi la comunità italo-argentina, compresi i discendenti degli italiani, conta 25 milioni di membri, pari circa al 50% della popolazione argentina. Questi dati spiegano la battuta che ancora oggi circola in Sud America: “I messicani discendono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas e gli argentini dalle navi”.
4) Il termine tanos è una abbrevazione di papolitanos, storpiatura ironica di ‘napoletani’.
5) Il Tango nacque nelle osterie e nei bordelli di Buenos Aires e Montevideo. Molti dei più grandi compositori ed interpreti di Tango erano italiani come Francisco De Caro De Sica (lontano parente del nostro Vittorio De Sica), Astor Piazzolla e Donato Racciatti, quest’ultimo originario di Guilmi in provincia di Chieti. Il cocoliche era invece un linguaggio in cui si fondevano elementi spagnoli ed italiani, usato specialmente dagli immigrati italiani per comunicare coi nativi argentini. Il termine cocoliche deriva dal nome di un personaggio comico del teatro argentino, Francesco Cocolicchio, il quale, si esprimeva in una lingua contaminata da molti elementi dialettali italiani, ed era quindi oggetto di burla. (Cfr. A. GRUSSU, Dal Mediterraneo al Rio de la Plata. Il contributo dei musicisti di origine italiana alla storia del Tango).
6) Pierino Ronald Como, conosciuto con il nome d'arte di Perry Como, fu un popolare cantante e attore statunitense figlio di due emigranti provenienti da Palena. Mario Lanza, pseudonimo di Alfred Arnold Cocozza, fu un grande tenore figlio di una emigrante di Tocco Casauria. Rocky Marciano, pseudonimo di Rocco Francis Marchegiano, fu un pugile campione del mondo dei pesi massimi dal 1952 al 1956 ed è stato l’unico peso massimo della storia a ritirarsi imbattuto; suo padre era originario di Ripa Teatina. Henry Mancini (Enrico Nicola Mancini) è stato un compositore di musica da film (suoi sono i motivi Moon River nel film Colazione da Tyffany e il celeberrimo tema musicale della Pantera Rosa), figlio di immigrati provenienti d Scanno. Nel complesso, furono più di mezzo milione gli abruzzesi (circa un terzo della popolazione complessiva) che nei primi due decenni del ‘900 emigrano in America.
7) John Fante (1909- 1983) era figlio di un emigrante proveniente da Torricella Peligna. Dopo aver vissuto una giovinezza turbolenta, si dedicò alla scrittura di racconti in cui con molto realismo veniva descritta la vita all’interno della comunità italiana. I suoi racconti hanno avuto una grande influenza sull’opera di Charles Bukowski, considerato uno dei padri della Beat generation. Pietro Di Donato (1911 – 1992) nacque negli Stati Uniti da genitori emigrati da Vasto. Da giovane lavorò come muratore e -nonostante la sua scarsa preparazione scolastica- nel 1939 raggiunse una grande popolarità con il romanzo Cristo tra i muratori, ambientato nel mondo degli immigrati italiani occupati nell’edilizia.
8 ) La canzone, raccolta da Benedetto Croce, è riportata da E. Giancristofaro nell’articolo “Una canzone popolare inedita raccolta da Benedetto Croce a Raiano nel 1907”, in Lares, 1968.
9) Nelle piccole realtà rurali l’invidia era un sentimento che svolgeva (ed in parte ancora oggi svolge) una precisa funzione sociale. Questo sentimento, infatti, costringendo gli individui a non allontanarsi troppo dai comportamenti accettati dal gruppo, era uno strumento per la difesa dei tradizionali equilibri comunitari. (Cfr. G. PERRUCCI, La generazione tradita – Analisi antropologica del cambiamento culturale in una comunità contadina abruzzese).
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #210 : Venerdì 28 Settembre 2018, 10:29:40 »
The scorciosan way of life and story...

Belli.

Leommedix, sono particolarmente colpito dalla tua attenzione etimologica. Ogni cosa ha un senso. Un piacere leggerti. Grande.

Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #211 : Venerdì 28 Settembre 2018, 10:37:44 »
Complimenti vivissimi a Leo. Mi sto facendo una cultura. Grazie.

Frusta e Arch, reduci dalla Toscana, ringraziano Thomas Doll per la gentile accoglienza e invitano gli utenti di BC a visitare San Quirico d'Orcia, splendido centro storico di una delle zone più belle d'Italia.

Panzabianca

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #212 : Venerdì 28 Settembre 2018, 11:27:06 »
Complimenti vivissimi a Leo. Mi sto facendo una cultura. Grazie.

Frusta e Arch, reduci dalla Toscana, ringraziano Thomas Doll per la gentile accoglienza e invitano gli utenti di BC a visitare San Quirico d'Orcia, splendido centro storico di una delle zone più belle d'Italia.

vero.

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Ed ogni volta dentro quelle dipinture
opus insigne di chi venia da Vinci.
son prati, vigne e verdi coloriture
quelle sinuose curve sempre saranci
a salutar chi viene e dimentica ogni mal
Cazzo però che culo sto Thomas Doll!
[/i]
(PB)

ThomasDoll

Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #213 : Venerdì 28 Settembre 2018, 12:57:15 »
àzzo, qua c'è da leggere

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #214 : Venerdì 28 Settembre 2018, 13:31:21 »
Ringrazio Stefano e Fabio per i complimenti, ma sono io che sto imparando molto da voi.

P.s.
Ora sono bloccato da improrogabili incombenze lavorative e da crudeli appuntamenti col dentista, ma spero di incontrarvi tutti in una prossima scampagnata turistico-mangereccia (e poi non dimentico il guanto di sfida lanciato da Fabio sulla pasta alla carbonara :risa:).
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #215 : Venerdì 28 Settembre 2018, 13:48:00 »
Io sto già a sbatte le ova :D

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #216 : Venerdì 28 Settembre 2018, 13:53:54 »
Io sto già a sbatte le ova :D

Ma infatti la carbonara è un piatto che induce all'ovazione.  :icon_biggrin:
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Offline Frusta

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #217 : Venerdì 28 Settembre 2018, 17:50:05 »
[Del come e del perché i nostri cafoni intrapresero il più grande esodo migratorio dell'età moderna]

Grande Leo!  :D Mi verrebbe da dire Leone.

Casualmente, chiacchierando con Arch alla volta di val d' O, tra i vari argomenti abbiamo sfiorato anche questo, e siamo andati a finire col parlare del mio nonno materno, classe 1884 e quasi abruzzese dato che era nato Arsoli, che nel 1902, quindi a 18 anni (ma i cafoni diciottenni di allora se la sapevano cavare meglio dei trentenni di adesso) partì da solo (e ci teneva a dirlo) alla volta del Brasile, destinazione Santa Rita.
Dove qualche anno dopo conobbe la signorina Augusta Lake, figlia di irlandesi stabilitisi lì fin falla fine della prima metà dell' 800, con cui convolò a giuste nozze mettendo al mondo 7 figli, fra i quali mia madre, e con i quali tornò in Italia verso la metà degli anni trenta pensando di aver fatto chissà quale affare, non immaginando quello che sarebbe accaduto di lì a soli 5 anni.
Il primo (leggero) assaggino di fascismo toccò a mia madre, allora decenne, che si vide -d' imperio!- italianizzare il nome da un ufficiale dell' anagrafe: sui nuovi documenti, da Mabel (come sua nonna) divenne, italicamente, Amabile.
Il resto dei guai, quelli veri, arrivò dopo.

P.s.
Leo, mò che ci hai parlato tanto di scorciosani, se fare un pranzo abbisogna che scorciosano sia!
Quindi trovaci una lochesion scorciosana che Arch ed il sottoscritto ormai hanno preso l'aire, e quando se tratta de partì pe' magnà diventano un sol uomo.  :P
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline leomeddix

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #218 : Venerdì 28 Settembre 2018, 22:00:45 »
P.s.
Leo, mò che ci hai parlato tanto di scorciosani, se fare un pranzo abbisogna che scorciosano sia!
Quindi trovaci una lochesion scorciosana che Arch ed il sottoscritto ormai hanno preso l'aire, e quando se tratta de partì pe' magnà diventano un sol uomo.  :P

Caro Frusta, l'idea di una mangiata alla scorciosana (e a Villa Scorciosa) mi frulla da tempo in testa.
Presto vi saprò dire con maggiore precisione, ma stà cosa s'adda fà :barbecue  :risa:
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Offline Arch

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Re:SEBASTIANO FANTE ITALIANO
« Risposta #219 : Venerdì 28 Settembre 2018, 22:52:30 »
Un  brunch a Ville Scorcieuse mi attizza beaucoup. :P