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Offline cartesio

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« : Lunedì 26 Settembre 2011, 15:27:33 »
Forza, economisti del forum!
Che roba è questo default di cui tanto si parla in questi giorni?
O il selective default?
Cosa rischiano i greci, e cosa rischieremo noi, se veramente dopo la Grecia toccherà a noi?
e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

Giglic

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« Risposta #1 : Lunedì 26 Settembre 2011, 15:54:23 »
Forza, economisti del forum!
Che roba è questo default di cui tanto si parla in questi giorni?
O il selective default?
Cosa rischiano i greci, e cosa rischieremo noi, se veramente dopo la Grecia toccherà a noi?

Che ritorneremo alla condizione iniziale (questa è per informatici)  ;D

Seriamente: se dichiari fallimento non sei più in grado di pagare i tuoi debiti, che nel caso di uno stato sono gli stipendi ed i conti in banca

CiPpi

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« Risposta #2 : Lunedì 26 Settembre 2011, 16:03:20 »
in parole povere che con la storia del consumare ci fara' diventare piu' ricchi alcuni l'hanno messo in q a parecchi.

come da sempre, come da default.

o piu' seriamente che l'economia occidentale e' sull'orlo del fallimento, ma quello che significhera' sara' molto difficile prevederlo.

non si puo' cerco cancellare uno stato o fare un lodo petrucci.

potrebbe essere l'inizio della fine dell'ideale di stato sociale che ebbe inizio un 250 anni fa con la nascita della classe media/borghesia, e magari un ritorno ad un piu' classico due classi nettamente divise.

del resto i divari tra ricchi e poveri si stanno allargando da 25 anni ormai, sia nei possedimenti che nelle possibilita' di entrate.

Offline franz_kappa

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« Risposta #3 : Lunedì 26 Settembre 2011, 16:50:13 »
A integrazione dell'intervento di Giglic (che forse è troppo sintetico, finendo col diventare corretto in teoria ma praticamente incapace di fotografare fedelmente la realtà, secondo me) e di quello di CiPpi (molto interessante la sua suggestione su una incipiente [e temo inevitabile] polarizzazione della società) potremmo dire - semplificando rozzamente - che nel caso di incapacità, da parte dello Stato italiano, di onorare un'obbligazione contratta verso terzi (ad esempio il rimborso di una tranche di titoli in scadenza) si concretizzerebbe una condizione di default.

Da questa fattispecie deriverebbero alcune immediate e inevitabili conseguenze:
- l'Italia sarebbe percepita dal mercato come un debitore estremamente inaffidabile e quindi il costo del denaro, per lo Stato italiano, schizzerebbe verso l'alto, così come lo spread Btp/Bund, ovvero la differenza, espressa in centesimi di punto percentuale, tra l’interesse che offre il titolo decennale emesso dalla Germania e i buoni del tesoro pluriennali italiani. Quale altra contromisura per tutelarsi avrebbe infatti un creditore se non quella di spuntare un interesse maggiore? L'interesse, non dimentichiamolo mai, è FUNZIONE DEL RISCHIO e un'Italia in default sarebbe percepita come uno Stato assai più rischioso di quanto non sia percepita oggi.
- Contestualmente, l'impatto della situazione appena descritta sui titoli di Stato attualmente in circolazione sarebbe devastante: il loro prezzo si ridurrebbe sensibilmente, con conseguente incapacità dei risparmiatori e degli investitori di rivenderli a un prezzo soddisfacente.
- Il deprezzamento dei titoli di Stato si abbatterebbe quindi come uno tsunami sulle banche italiane, tra i principali detentori del debito pubblico italiano. Gli istituti sarebbero infatti costretti a svalutare i propri attivi (in quanto deterrebbero montagne di titoli di valore ormai inferiore - e forse non di poco - a quello nominale). Le svalutazioni iscritte a bilancio metterebbero sotto pressione - e non poco - bilanci che già oggi mostrano qualche crepa nonostante gli interventi degli ultimi anni tesi al rafforzamento patrimoniale degli istituti. Potrebbe emergere una crescente sfiducia nei confronti della capacità delle banche di far fronte agli obblighi verso tutti i propri clienti e non potrebbero essere esclusi fallimenti. Potrebbero anche verificarsi le temute corse agli sportelli da parte di risparmiatori in preda al panico.
- Senza dubbio emergerebbe un clima di profonda sfiducia tra gli operatori del mercato finanziario, che faticherebbero a finanziarsi sul mercato secondario (le banche che si prestano denaro tra loro), a fronte di una contestuale difficoltà a drenare liquidità sul mercato primario (alla luce dell’aumento degli spread). Gli impieghi al sistema produttivo (che pure, si badi bene, nell'ultimo anno non sta chiedendo soldi con un trend di crescita annuo paragonabile al 2008, anno della precedente crisi economico-finanziaria globale), benzina indispensabile per mantenere in attività il motore dell'economia, potrebbero dunque ridursi sensibilmente, con inevitabili conseguenze negative sull'economia reale.

Queste sono le prime, immediate, conseguenze che mi vengono in mente.
Buon viaggio, caro Piero.

Online Ataru

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« Risposta #4 : Lunedì 26 Settembre 2011, 16:58:33 »
Che ritorneremo alla condizione iniziale (questa è per informatici)  ;D

non propriamente corretto: il default in informatica, è la mancanza (difetto) di un dato. un valore di default viene preso in considerazione solo se manca l'inserimento del dato da parte dell'utente e se questo dato risulta necessario ad evitare loop e/o errori
osa c'è da psicolo propriono capisco.
qui sono un esempio di civilità e non solo per molti

Giglic

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« Risposta #5 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:01:53 »
A integrazione dell'intervento di Giglic (che forse è troppo sintetico, finendo col diventare corretto in teoria ma praticamente incapace di fotografare fedelmente la realtà, secondo me) e di quello di CiPpi (molto interessante la sua suggestione su una incipiente [e temo inevitabile] polarizzazione della società) potremmo dire - semplificando rozzamente - che nel caso di incapacità, da parte dello Stato italiano, di onorare un'obbligazione contratta verso terzi (ad esempio il rimborso di una tranche di titoli in scadenza) si concretizzerebbe una condizione di default.

Da questa fattispecie deriverebbero alcune immediate e inevitabili conseguenze:
- l'Italia sarebbe percepita dal mercato come un debitore estremamente inaffidabile e quindi il costo del denaro, per lo Stato italiano, schizzerebbe verso l'alto, così come lo spread Btp/Bund, ovvero la differenza, espressa in centesimi di punto percentuale, tra l’interesse che offre il titolo decennale emesso dalla Germania e i buoni del tesoro pluriennali italiani. Quale altra contromisura per tutelarsi avrebbe infatti un creditore se non quella di spuntare un interesse maggiore? L'interesse, non dimentichiamolo mai, è FUNZIONE DEL RISCHIO e un'Italia in default sarebbe percepita come uno Stato assai più rischioso di quanto non sia percepita oggi.
- Contestualmente, l'impatto della situazione appena descritta sui titoli di Stato attualmente in circolazione sarebbe devastante: il loro prezzo si ridurrebbe sensibilmente, con conseguente incapacità dei risparmiatori e degli investitori di rivenderli a un prezzo soddisfacente.
- Il deprezzamento dei titoli di Stato si abbatterebbe quindi come uno tsunami sulle banche italiane, tra i principali detentori del debito pubblico italiano. Gli istituti sarebbero infatti costretti a svalutare i propri attivi (in quanto deterrebbero montagne di titoli di valore ormai inferiore - e forse non di poco - a quello nominale). Le svalutazioni iscritte a bilancio metterebbero sotto pressione - e non poco - bilanci che già oggi mostrano qualche crepa nonostante gli interventi degli ultimi anni tesi al rafforzamento patrimoniale degli istituti. Potrebbe emergere una crescente sfiducia nei confronti della capacità delle banche di far fronte agli obblighi verso tutti i propri clienti e non potrebbero essere esclusi fallimenti. Potrebbero anche verificarsi le temute corse agli sportelli da parte di risparmiatori in preda al panico.
- Senza dubbio emergerebbe un clima di profonda sfiducia tra gli operatori del mercato finanziario, che faticherebbero a finanziarsi sul mercato secondario (le banche che si prestano denaro tra loro), a fronte di una contestuale difficoltà a drenare liquidità sul mercato primario (alla luce dell’aumento degli spread). Gli impieghi al sistema produttivo (che pure, si badi bene, nell'ultimo anno non sta chiedendo soldi con un trend di crescita annuo paragonabile al 2008, anno della precedente crisi economico-finanziaria globale), benzina indispensabile per mantenere in attività il motore dell'economia, potrebbero dunque ridursi sensibilmente, con inevitabili conseguenze negative sull'economia reale.

Queste sono le prime, immediate, conseguenze che mi vengono in mente.

Questo è quello che sta succedendo in Grecia, imho. Non c'è necessità di arrivare al default (tecnicamente è la "bancarotta" di uno stato, giusto?)
In condizioni simili, senza volerci scomodare. ci sono miriadi di stati. Il default è quello che è successo in Argentina, è quello che successe nella germania di Weimar (dove un pacchetto di sigarette costava 20 miliardi di Marchi). Poichè il nostro sistema monetario è transnazionale, alcuni effetti da quelli da te descritti non si realizzano: molto più probabile il ricorso al "prestito forzoso" di tredicesime, ed al non pagamento degli interessi sui titoli (tanto, con uno spread del genere, ormai li comprano solo gli enti istituzionali, come la BCE oltre a noi italiani). Perdita di credibilità immediata certo, ma tanto anche questo per l'Italia non è (più) un problema, grazie a nipoti di Mubarak e Noemi varie

Offline franz_kappa

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« Risposta #6 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:11:37 »
Perdita di credibilità immediata certo, ma tanto anche questo per l'Italia non è (più) un problema, grazie a nipoti di Mubarak e Noemi varie
Giglic caro, ma perché dobbiamo sempre infilare dentro le nostre discussioni la polemica politica (con il dito puntato sempre verso l'unico obiettivo degli strali di quasi tutti, ovvero quella sciagura di S.B.)?

Potrei ribattere che la situazione attuale (l'indecente debito pubblico che ripagherà la mia generazione e quelle successive alla mia al prezzo di una parziale ipoteca sul proprio futuro) è tutto sommato molto poco figlia delle azioni di S.B., al governo dal 1994 con le parentesi 1996-2001 e 2006-2008, ma è soprattutto figlia - a causa di un incontrastabile effetto trascinamento - delle decisioni di finanza pubblica assunte di tutti i partiti di centro-sinistra che hanno governato dalla seconda metà degli anni Settanta ai primi anni Novanta, passando per i ruggenti (tsk) anni Ottanta. Per tacere, poi, della tacita approvazione nei confronti di una politica di bilancio lassista da parte del Pci ante 1989.
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« Risposta #7 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:18:10 »
Sul momento attuale di crisi consiglierei di leggere l'apocalittico "Contagio" di Loretta Napoleoni.
Sembra scritto da un attivista del mondo dei centri sociali, mentre in reltà la Napoleoni è una economista di fama internazionale.
In realtà, è giunta l'ora di riprendere a discutere di lavoro e di stimoli alla domanda, non di età pensionabile e di riduzione dei costi dello Stato.
Il rigorismo finanziario ha forse i giorni contati. E non sarebbe un male, anzi.
un uomo di una certà mi offriva sempre olio canforato, spero che ritorni presto l'era del cinghiale biancoazzurro
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« Risposta #8 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:19:28 »
A integrazione dell'intervento di Giglic .....

.... le prime, immediate, conseguenze che mi vengono in mente.

Tanto di cappello a franz_kappello.
Ed agli altri che sono intervenuti.
Ora, ipotizzando un prossimo default italiano, cosa fare? Avendo un po' di risparmi, pur essendo consapevole che in situazioni del genere si viene comunque travolti da fenomeni troppo grandi per resistere in toto, in che modo cercare di conservarne la maggior parte?
Investire in "beni durevoli"?
Oro, mattone, sigarette (queste non durano)?
O tenere i soldi su un C/C?
BOT e BTP, apparentemente, sembrano da evitare.

Disclaimer: libero in anticipo da responsabilità chiunque darà suggerimenti. Ognuno è responsabile delle proprie decisioni.
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« Risposta #9 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:21:42 »
Giglic caro, ma perché dobbiamo sempre infilare dentro le nostre discussioni la polemica politica (con il dito puntato sempre verso l'unico obiettivo degli strali di quasi tutti, ovvero quella sciagura di S.B.)?

Potrei ribattere che la situazione attuale (l'indecente debito pubblico che ripagherà la mia generazione e quelle successive alla mia al prezzo di una parziale ipoteca sul proprio futuro) è tutto sommato molto poco figlia delle azioni di S.B., al governo dal 1994 con le parentesi 1996-2001 e 2006-2008, ma è soprattutto figlia - a causa di un incontrastabile effetto trascinamento - delle decisioni di finanza pubblica assunte di tutti i partiti di centro-sinistra che hanno governato dalla seconda metà degli anni Settanta ai primi anni Novanta, passando per i ruggenti (tsk) anni Ottanta. Per tacere, poi, della tacita approvazione nei confronti di una politica di bilancio lassista da parte del Pci ante 1989.

Ed avresti ragione a dirlo. Infatti con il "centrosinistra", ossia Craxi, l'Italia perse tanta di quella credibilità che nel 1992 Amato (poi riciclatosi come grande saggio, ma all'epoca galoppino del cinghialone compare d'anello di B. nel matrimonio con Veronica Lario) fu costretto al prestito forzoso (mai restituito) daiconti degli italiani. Uscimmo dallo SME e svalutammo la lira (allora si poteva fare)

Offline franz_kappa

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« Risposta #10 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:24:24 »
Il rigorismo finanziario ha forse i giorni contati. E non sarebbe un male, anzi.
Prefiguri un approccio neo-keynesiano?
Dio ce ne scampi, se ho capito bene cosa auspichi.

Personalmente - e lo scrive un convinto liberale - ritengo che nell'attuale condizione l'unica maniera per dare respiro ai nostri conti pubblici sarebbe una manovra finanziaria davvero dura, tesa a drenare non meno di 200-400 miliardi dalla minoranza di italiani (non più del 20%) che detengono oltre i 3/4 della ricchezza complessiva del Paese.

Tale azione darebbe respiro ai conti pubblici e consentirebbe, con cautela, l'adozione di misure in grado di stimolare l'economia in maniera incisiva (e dunque solo indirettamente la domanda) MA SENZA IPOTIZZARE IN ALCUN MODO un ritorno della spesa pubblica per il tramite dello 'spending deficit'.
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« Risposta #11 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:24:45 »
A proposito della Napoleoni e dei suoi libri - prima o poi ne leggerò uno - trovo questo su IBS.it

La compravendita del rischio, come se il rischio fosse un bene economico da vendere e da comprare. Un patrimonio di anni buttato via. Cifre da capogiro. Ma invece di azzerare il rischio, i governi lo spostano dal settore privato a quello pubblico, caricandolo sulle nostre spalle. Ancora una volta la verità ci viene negata. E siamo ingannati: come è successo per la guerra al terrorismo che ha alimentato le nostre paure e dissanguato le casse degli Stati Uniti, mentre la finanza islamica è ben florida e aiuta il diffondersi del fondamentalismo sulle macerie dell'impero comunista. La crisi economica è l'effetto dell'11 settembre e delle guerre che ne sono seguite. Inutili. Nessuno ha il coraggio di dirlo. Ma è a tutti chiaro che niente sarà come prima. Non è la fine del mondo, ma di un mondo. Malgrado tutto, possiamo esercitarci a immaginare un altro futuro. Più nostro.

Opinioni.
Io mi ero convinto che la crisi avesse radici pre-11 settembre, e che gli attentati avessero solo fatto da detonatore, ma forse ha ragione lei.
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« Risposta #12 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:27:24 »
A proposito della Napoleoni e dei suoi libri - prima o poi ne leggerò uno - trovo questo su IBS.it

La compravendita del rischio, come se il rischio fosse un bene economico da vendere e da comprare. Un patrimonio di anni buttato via. Cifre da capogiro. Ma invece di azzerare il rischio, i governi lo spostano dal settore privato a quello pubblico, caricandolo sulle nostre spalle. Ancora una volta la verità ci viene negata. E siamo ingannati: come è successo per la guerra al terrorismo che ha alimentato le nostre paure e dissanguato le casse degli Stati Uniti, mentre la finanza islamica è ben florida e aiuta il diffondersi del fondamentalismo sulle macerie dell'impero comunista. La crisi economica è l'effetto dell'11 settembre e delle guerre che ne sono seguite. Inutili. Nessuno ha il coraggio di dirlo. Ma è a tutti chiaro che niente sarà come prima. Non è la fine del mondo, ma di un mondo. Malgrado tutto, possiamo esercitarci a immaginare un altro futuro. Più nostro.

Opinioni.
Io mi ero convinto che la crisi avesse radici pre-11 settembre, e che gli attentati avessero solo fatto da detonatore, ma forse ha ragione lei.

considerando che crisi significa scelta, mi dà l'idea che come la si guardi, questa scelta sia stata fatta abbondantemente prima del 2001
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Offline franz_kappa

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« Risposta #13 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:42:47 »
Tanto di cappello a franz_kappello.
Ed agli altri che sono intervenuti.
Ora, ipotizzando un prossimo default italiano, cosa fare? Avendo un po' di risparmi, pur essendo consapevole che in situazioni del genere si viene comunque travolti da fenomeni troppo grandi per resistere in toto, in che modo cercare di conservarne la maggior parte?
Investire in "beni durevoli"?
Oro, mattone, sigarette (queste non durano)?
O tenere i soldi su un C/C?
BOT e BTP, apparentemente, sembrano da evitare.

Disclaimer: libero in anticipo da responsabilità chiunque darà suggerimenti. Ognuno è responsabile delle proprie decisioni.
La domanda così è mal posta, se permetti. Ma non deve suonare come una critica: solo, servono più elementi per darti una risposta seria.

Due elementi fondamentali:
-   quale la consistenza di questi risparmi? Siamo entro i 10mila euro, tra 10mila e 25mila, tra 25mila e 50mila od oltre 50mila euro?
-   quali sono le tue esigenze individuali o familiari? Pensi che, per qualsiasi motivo, ti possano servire quei soldi con una certa urgenza per esigenze non prevedibili (salute, istruzione dei tuoi figli [se ne hai], spese non differibili ad esempio per la ristrutturazione della tua abitazione o la sostituzione della vecchia auto)?

Immagino tu convenga con me sul fatto che 1) consistenza dei tuoi risparmi e 2) tue esigenze individuali o familiari, attuali e in prospettiva, sono due variabili che mutano completamente lo scenario.

Considera che, in ogni caso, pur in presenza di fallimento di un singolo istituto (cui avresti affidato i tuoi soldi) il Fondo interbancario di tutela dei depositi garantisce i risparmiatori italiani sino a 102mila euro circa.
Nel nefasto scenario di un collasso dell’intero sistema finanziario italiano i tuoi soldi (come i miei) sarebbero comunque carta straccia, indipendentemente dalla forma di investimento dove li allocheresti.

Quanto al fatto di tenersi lontani da Bot e Btp, ti dico che sarebbe da discuterne: il decennale italiano rende il 6% lordo, ovvero poco meno del 5,4% netto: non male, direi. Considerato che è improbabile che l’Europa permetta che l’Italia finisca in condizione di default, io un rischio del genere lo correrei (a patto di non imaginare di aver bisogno prima di un decennio della somma investita ed essendo disposti ad 'accontentarsi' della cedola annuale, erogata se non erro in due soluzioni a cadenza semestrale).
 
Come pure ti dico che agli attuali valori di Borsa titoli di utility o società energetiche che distribuiscono dividendi potrebbero essere interessanti occasioni di investimento. Anche in questo caso avresti sempre, ogni sei mesi, i dividendi accreditati sul tuo conto corrente e potresti, in caso di significativo apprezzamento del titolo, venderlo dopo un certo tempo conseguendo una soddisfacente plusvalenza. 

Ma è evidente che le due opzioni appena illustrate presentano profili di elevato rischio.
Se sei ansioso o ritieni di dover avere sempre i tuoi soldi disponibili ti suggerirei di pronti/contro termine con scadenze ravvicinatissime (1-3 mesi) oppure esperirei se c’è la possibilità di sottoscrivere, tramite un intermediario finanziario NON ITALIANO, dei titoli di debito emessi da altri Stati, Germania in primis. Sempre considerando che il Bund tedesco a 10 anni rende il 2% o poco più.

“Ma è una miseria, Franz!”, potrai obiettare. Chi non risica non rosica, ribatto io.

Ma a me pare che per te la priorità sia la tutela del tuo risparmio e la liquidabilità pressoché immediata dello stesso e non spuntare un interesse maggiore.
Buon viaggio, caro Piero.

Giglic

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« Risposta #14 : Lunedì 26 Settembre 2011, 17:47:29 »
IO in periodi di crisi sono per tenermi i soldi (che sono veri, al confronto di quelli virtuali presenti nei conti correnti) il più possibile. Sul rendimento dei BOT e dei BTP, poi, quello che dice f_k è vero: SE ti pagano....
Ricordo che chi aveva 300.000 lire in BOT in banca sentendosi sicuro in caso di guerra, si ritrovò nel 1945 con quei soldi svalutati del 70%...

Offline fish_mark

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« Risposta #15 : Lunedì 26 Settembre 2011, 18:29:38 »
Prefiguri un approccio neo-keynesiano?
Dio ce ne scampi, se ho capito bene cosa auspichi.

Personalmente - e lo scrive un convinto liberale - ritengo che nell'attuale condizione l'unica maniera per dare respiro ai nostri conti pubblici sarebbe una manovra finanziaria davvero dura, tesa a drenare non meno di 200-400 miliardi dalla minoranza di italiani (non più del 20%) che detengono oltre i 3/4 della ricchezza complessiva del Paese.

Tale azione darebbe respiro ai conti pubblici e consentirebbe, con cautela, l'adozione di misure in grado di stimolare l'economia in maniera incisiva (e dunque solo indirettamente la domanda) MA SENZA IPOTIZZARE IN ALCUN MODO un ritorno della spesa pubblica per il tramite dello 'spending deficit'.

Per risanare un'azienda non basta tagliare i costi ma far ripartire le occasioni di profitto, altrimenti il taglio dei costi è fine a sé stesso e prelude alla chiusura.
Questo discorso a livello macroeconomico si traduce in un termine semplice su cui stanno insistendo tutti, le imprese, i sindacati, il presidente della Repubblica: la crescita.


Qualche anno fa si parlava di un'operazione di vendita del patrimonio dello Stato (tutte le attività, mobiliari e immobiliari) per realizzare una cifra attorno ai 400 miliardi di euro. Il veicolo sarebbe una SPA a cui intestare tutte queste attività.
In questo modo il debito pubblico scenderebbe di colpo sotto il 100%del PIL, ma non sarebbe comunque sufficiente.
Questo paese deve ripartire: deve riemergere come potenza industriale, come lo era in passato.
Sono le lamentazioni di gente de sinistra, come Gallino. Il guaio è che maledettamente vero.
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« Risposta #16 : Lunedì 26 Settembre 2011, 18:36:41 »
Per accodarmi alle argomentazioni di Franz il guaio è ch il Bund ti dà una miseria, i prezzi degli immobiliari sono in calo
... non rimane che la Svizzera  :o
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« Risposta #17 : Lunedì 26 Settembre 2011, 18:38:46 »
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« Risposta #18 : Lunedì 26 Settembre 2011, 18:48:07 »
.......
Questo paese deve ripartire: deve riemergere come potenza industriale, come lo era in passato.
Sono le lamentazioni di gente de sinistra, come Gallino. Il guaio è che maledettamente vero.

Prescindendo da quello che si deve fare per ripartire, Gallino dice un sacco di cose interessanti sulle modalità con cui questa crisi è nata, si è sviluppata ed è esplosa. L'assurdità della finanza pura è incredibile, così come gli strumenti/prodotti finanziari utilizzati e la distorsione normativa indotta a livello di legificazione degli Stati.
In buona sostanza gallino dice che si è passsati dall'economia del capitalismo industriale basata sulla produzione di valore all'economia del capitalismo finanziario basata sull'estrazione del valore.
Rispetto alla tutela dei risparmi, l'unico investimento sensato è quello in bond di stati sicuri, ergo tedeschi. Non rendono quasi nulla ma non comportano rischi di crac...In fondo considerando che molti di noi rischiano di dover affrontare problemi occupazionali e altro, l'importante è disporre di un capitale di base non inseguire chimere speculative.
Ora però restando in tema di default sottopongo agli esperti una domanda: che succede ai dipendenti pubblici e ai loro stipendi? Cosa succede alle pensioni? Cosa succede al servizio sanitario nazionale (peraltro già massacrato dalla potestà normativa regionale)? Quello che succede all'Università ed istruzione pubblica è già evidente...

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« Risposta #19 : Lunedì 26 Settembre 2011, 19:40:05 »
le cause della crisi sono molteplici , tra le altre lo spostamento delle produzioni in paesi con standard di tutela del lavoro molto più basso dell'Europa e del mondo occidentale , la ricchezza finanziaria creata in paesi industriali emergenti e quella detenuta dai paesi produttori di petrolio permette a speculatori di professione di creare tensioni e crisi locali che contagiano sistemi economici collegati con un effetto domino ,

oltre ad un ipotesi di Tassa Patrimoniale su chi la ricchezza la detiene sul serio è necessario che quanto prima sia la Comunità Europea a gestire il totale del debito pena la scomparsa dell'Euro e con esso la matrice comune che ci tiene insieme ,

 
politiche comuni permetterebbero grandi risparmi sulla spesa pubblica , mantenere singoli eserciti per singoli stati ad esempio è oramai anacronistico e troppo dispendioso ,

qui in Italia poi scontiamo politiche energetiche che hanno fatto e fanno pagare l'energia molto di più rispetto i nostri vicini con conseguente costo maggiore per cittadini ed imprese , impoverendo i primi e rendendo poco concorrenziali le seconde , tranne poche elite e artigiani specializzati è difficile vedere nuovi impianti aperti ,

come difendersi da un cataclisma finanziario ? in caso di inflazione a 2 cifre i risparmi se non sono nell'ordine dei milioni potrebbero sparire in pochi mesi , il mattone svalutarsi dall'oggi al domani e così via , anche i preziosi perderebbero valore per la poca domanda , l'unico bene rifugio sicuro è un pezzo di terra dove poter tirar fuori qualcosa per sfamarsi ,

una bella casa in campagna con un orto , qualche albero da frutta e posto per galline e maiali è quello che consiglio a chi vuole stare sicuro   
M'illumino di Lulic

Bajo las águilas silenciosas, la inmensidad carece de significado.


Chi ha paura di perdere non merita di vincere