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Lazio, la metamorfosi di mister Reja
Ha le punte più forti e si è adeguatodi Gabriele De Bari
ROMA - I turbamenti e la metamorfosi di Reja. L’allenatore va all’attacco, in campo e fuori, e subito accende la miccia della polemica. E’ consapevole di guidare la squadra più forte della sua longeva carriera, di poter finalmente lottare per un posto al sole, di dover ripagare la fiducia della società e di quella parte scettica della tifoseria. Obiettivi, ambizioni, aspettative sono cambiati, adesso il popolo laziale chiede di più, in virtù dell’organico migliorato e dell’entusiasmo aumentato dopo gli arrivi di Klose e Cisse. Il tecnico è partito con un fardello di responsabilità appesantito dalla cessione di Zarate, nell’ultimo giorno di mercato, che ha lasciato molti rimpianti. Dal presidente Lotito ha avuto i rinforzi che chiedeva e la testa dell’argentino, per poter cominciare la stagione senza problemi particolari di gestione. Una Lazio costruita in sintonia con le idee calcistiche del suo tecnico, pronta per puntare in alto, molto in alto.
Il bel primo tempo di San Siro ha confortato tutti: una partita ben preparata dall’allenatore, con la Lazio messa in campo in maniera praticamente perfetta, a spiccata vocazione offensiva. Un approccio inatteso e sorprendente per un tecnico ritenuto difensivista, sul campo dei campioni d’Italia, lo spirito che tutti vorrebbero vedere anche in Europa. Il vantaggio, il raddoppio, la grande illusione di spezzare l’antico tabù che evapora nello spazio di 4 minuti. Poi la ripresa vissuta a rimorchio, la voglia di difendere il pari, le antiche paure che tornano rivisitando un canovaccio visto nel recente passato. Squadra che, invece di cercare il colpaccio, pensa quasi esclusivamente a difendere, una scelta che, con la regola dei 3 punti, paga poco. E arrivano le prime critiche sull’atteggiamento rinunciatario, dopo la partenza sprint. Tutto nella norma, nel calcio ci può stare. Quello che non ci sta è la reazione sproporzionata, sorprendente e decisamente fuori luogo di Reja nella conferenza stampa del dopo-gara. Il tecnico, solitamente pacato nell’esaminare le partite, appare teso e nervoso, diverso dal solito.
Un nervosismo eccessivo in avvio di campionato, che evidenzia le pressioni e le tensioni che sta vivendo l’allenatore. Se alla prima domanda, ritenuta provocatoria, si perde il controllo e si risponde in maniera sgarbata, allora la situazione è davvero complicata. Nella passata stagione, in alcune situazioni, Reja aveva dimostrato il proprio livello di insofferenza nei confronti dell’ambiente, minacciando anche di lasciare la Lazio. Però, per essere così tesi in avvio di campionato, c’è stato un mutamento di umore, spirito, carattere. Se ha cambiato idea, decidendo di restare per accettare la grande sfida, deve avere lo spessore psicologico e la forza di nervi per sopportare le domande della critica e rispondere in maniera serena. Dopo tanti anni passati in trincea, di certo non gli manca l’esperienza per gestire le situazioni. La piazza di Roma, da sempre esigente, è diventata ancora più ambiziosa dopo il mercato, perciò il nervosismo non serve, non aiuta e ingigantisce i problemi.
Reja è conscio di vivere la stagione più importante, delicata e stressante della sua carriera perché allena la squadra più competitiva. Sa che di non avere più alibi, di non poter sbagliare per non deludere società e tifosi e per non dare ragione agli orfani di Zarate. Le responsabilità e le pressioni sono forti e pesano, soprattutto quando ci sono tutti gli occhi puntati addosso. A chi gli chiede spiegazioni sulle scelte e maggiore coraggio in alcuni momenti delle partite deve solo rispondere sul campo e senza isterismi davanti ai microfoni. La Lazio contro il Milan ha confermato di avere tanta qualità e peso offensivo per diventare una bella protagonista del torneo. Reja dovrà guidarla con calma, senza paura e con la mentalità delle grandi squadre.
Lunedì 12 Settembre 2011