Autore Topic: Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?  (Letto 6581 volte)

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Offline cuchillo

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #80 : Venerdì 2 Settembre 2011, 11:45:13 »
No, un momento.

Alla sua prima stagione, Veron ebbe un brutto appannamento da Venezia-Lazio (primi di gennaio) a Lazio-Udinese (metà febbraio). Un mese e mezzo.
Già a Lecce, la domenica dopo, fece un partitone, forse la sua migliore.

Semmai, mi dirai che fu fallimentare il suo secondo anno. E' vero. Causa anche l'infortunio provocatogli da Pizarro (tacci sua), giocò una stagione mediocre. E già a marzo era chiara la volontà di cambiare aria.
Ricordo la doppietta in Lazio-Bari senza esultare. Anche perché ci fu tutta la vicenda del suo passaporto che non lo rendeva tranquillo neanche in campo.


Al suo primo anno, Zarate fu divino nelle prime 5 partite (fino a Torino-Lazio), decisamente buono fino al derby d'andata (che secondo me rimane il suo miglior derby, nonostante la sconfitta) per poi riprendere dal derby di ritorno.
In mezzo 18 partite di cui solo Lazio-Bologna da salvare, in cui - di fatto - vinse da solo. (Fu forse la miglior partita di Matuzalem alla Lazio).

La striscia conclusiva di partite fu decisamente buona, sublimata da Lazio-Samp, che - per me - rimane la sua miglior partita nella Lazio. Non certo il derby del 4 a 2 in cui, gol divino a parte, non la beccò mai.


Tra l'altro, a chi dice che fu il "trascinatore dei 2 trofei", vorrei ricordare che:

- In Coppa Italia, il vero trascinatore fu Pandev. Mauro contribuì pesantemente nelle ultime 2 partite. Con la Juve all'andata non giocò per via di un'ammonizione demente preso col Torino a partita già vinta (a proposito, col Toro si giocò in casa o fuori?  :D). Al Meazza segnò il rigore decisivo, è vero. Ma non partì titolare quella partita, dal momento che era, appunto, nel suo periodo di appannamento più evidente. Segno, quindi, che pure quell'altro incapace di Delio Rossi lo ha messo in panchina, se riteneva che la condizione fisico-psichica non gli permetteva di giocare dall'inizio.

- Nella Supercoppa, non l'ha beccata mai. Ma lì non l'ha mai beccata la Lazio. Di certo, se devo fare 3 nomi per quella vittoria dico Muslera, Rocchi e Mauri. Non certo Zarate.

Questo per amor di verità.

Poi, ovvio che per il peso specifico dei gol fatti e per la qualità degli stessi e per il fatto che era al suo primo anno, il mio voto a quella stagione è un 7,5 pulito.
Ma non mi venite a dire che il letargo durò 6-7 partite. Durò molto di più. Per poi riprendere a settembre (il letargo, intendo).
Invidio tanto Massaccesi. Ossia Jooooooe D'Amato.

leo

Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #81 : Venerdì 2 Settembre 2011, 11:49:12 »
 ... ed è la TUA, a prescindere     ::)

ci sono le immagini a testimoniarlo. l'ha detto reja e lui non ha mai smentito.
ma avete ragione voi, sulla base di cosa, ancora non l'ho capito.

Offline carpelo

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #82 : Venerdì 2 Settembre 2011, 11:53:44 »
Non vinceva più i dribbling mi pare eccessivo, ne vinceva comunque tanti, abbastanza da fare gioco e da guadagnarsi la chiamata dell'Inter, evidentemente. Sulla fase calante siamo tutti d'accordo e siamo tutti incazzati, non credo ci sia da discutere. Sul peso dell'allenatore credo che ne avremo presto controprova, ma in ogni caso anche questo Zarate depotenziato andava benissimo per questa Lazio. Sul punto primo, quello dei silenzi, sai chi mi hai fatto ricordare? Alessandro Nesta. Rileggiti il punto sostituendo un paio di voci e fa scopa  :) Sono ragazzi timidi, che ci vogliamo fare?

Rilancio con un'ulteriore domanda: secondo te, cosa ne sarebbe stato di Zarate sotto Mourinho?
Mou è uno che se non lo segui ti fa fare 3+45+10 minuti in tutta la stagione (lo sfascia-macchine Arnautovic), non è che ti mette in campo e poi ti attacca in conferenza. Avrebbe reso (titolare o panchinaro) o sarebbe diventato come Arnautovic? Per me è la prima
Alcune notazioni (pardon, avrei voluto rispondere prima ma non ho avuto tempo).
Zarate sarà anche timido come lo è Nesta, ma sicuramente parliamo di caratteri diversi. Hai mai visto autoscatti di Nesta seminudo davanti allo specchio? O saluti romani in curva o matrimoni con cagnolino? Credo che il paragone non calzi alla perfezione.

Mourinho: non è vero che non ti attacca in conferenza, anzi una delle sue caratteristiche è quella di parlar chiaro. Ricordi Quaresma?

Infine vorrei far notare che il confronto Hernanes-Zarate andrebbe fatto tenendo conto solo della prima stagione dell'Argentino. Se Hernanes dovesse infilare due stagioni come le ultime due di Zarate, ne parleremmo tutti diversamente, no?

Offline seminuovo

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #83 : Venerdì 2 Settembre 2011, 12:00:32 »
ecco, di questo dovremmo parlare.
no dei neoacquisti dell'Inter.
e come no. come lo vedi pirlo?

Offline carpelo

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #84 : Venerdì 2 Settembre 2011, 12:09:12 »
OT
I miei professori di storia diplomatica dicevano che Macedoni e Bosniaci non esistono. Non sono etnie.
Sono costruzioni politiche posticce, non risalenti. Degnissime costruzioni, beninteso.

Poi, qui siete voi (intendo ErMatador, Bill Kelso e AlenBoksic) gli esperti di storia dei Balcani.
Magari è una corrente di pensiero minoritaria...

A tal proposito, però, un anneddoto che ci raccontava uno dei miei prof. di storia diplomatica.

Era in un bar e a un cameriere chiese l'etnia di appartenenza.
Il cameriere rispose: "Sono macedone"
E il prof. gli controbatté: "Vabbé, dai, sei albanese..."
E lui: "Sì, sono albanese. Ma sa, se dico "macedone" la gente mi guarda con meno schifo..."
Io non so granchè della storia dei Balcani (e non solo), però sono abituato a chiamare i popoli in base alla nazione in cui vivono e non all'etnia.
Comunque, proprio questa estate, sono stato in Albania e Macedonia (e Bulgaria vabbè). Ho visto differenze anche fisiche tra i due popoli, ma a parte questo è vero che in Macedonia è forte la comunità albanese. A Skopije ho parlato un po' con una coppia. Lui aveva origini albanesi, ma si dichiarava fieramente macedone. Allo stesso tempo prendeva (anche la sua ragazza) in giro gli stessi Macedoni che hanno preso un'aria di grandeur con la rivalutazione della Macedonia di Alessandro. Sosteneva anche che Skopije non facesse parte di quella Macedonia. Parlavano anche (più lui che è un po' più grande) di come si sentissero legati alla vecchia Jugoslavia, che li preservava da tanti mali e che permetteva loro di avere un tenore di vita molto al di sopra di quello delle nazioni circostanti.
Vabbè, sono esperienze, ovviamente ci sono tante visioni diverse.
Ad esempio a Bitola, a sud vicino il confine con la Grecia, l'orgoglio nazionale appariva molto più forte. Ci hanno spiegato che tutta la civiltà europea deriva dalla Macedonia. Pensa un po' :D
EOT

Offline Kim Gordon

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #85 : Venerdì 2 Settembre 2011, 13:09:38 »
per diventare Simbolo si deve "incarnare".
non basta essere il più forte (o presunto tale)

l'elemento calcistico è presente quando un popolo affibia le stigmate del simbolo a qualcuno.
ma è disciolto, quest'elemento, tra molti altri, per lo più inconsci.
(per esempio, zarate, giustamenete notava un netter, è arrivato e subito esploso, in un momento in cui i tifosi della LAzio erano senza "guida" spirituale, mentre l'altra contrada vanatava totem indistruttibili e consolidati, presenti e futuri)

detto ciò, Zarate è rimasto un Simbolo solo abbozzato, mai risolto.
perchè per completare un Investitura tale, si deve essere all'altezza delgli Oneri, oltre che degli Onori.

Classica, in ambito sociologico, è stata la reazione di quella parte di tifoseria che amava zarate in modo viscerale e simbolico, di fronte alla sua cessione.

Reagire alla delusione del Tradimento del Simbolo, tradimento in senso di abbandono, (questo è stato) con la ricerca disperata del capro espiatorio, che ha fornito l'alibi per sopportare il peso emotivo dell'abbandono, altrimenti insopportbile.

dopotutto come si può accettare che il tuo simbolo ti accanni. è difficile. soprattutto se sotto shock.



Mazzola

Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #86 : Venerdì 2 Settembre 2011, 13:25:24 »
ci sono le immagini a testimoniarlo. l'ha detto reja e lui non ha mai smentito.
ma avete ragione voi, sulla base di cosa, ancora non l'ho capito.

100%.
Sento ancora l'eco delle sghignazzate in lontananza su PanZarate.

Offline cuchillo

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #87 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:33:45 »
I concetti di etnia, popolo, nazione sono concetti abbastanza sfuggenti.
La Macedonia è certamente uno Stato. Che sia una nazione, non so. O meglio, ci sono fior di dibattiti sulla materia. Lo stesso dicasi per la Bosnia o per il Kossovo. Già più difficile, viceversa, che non si ritengano nazioni la Serbia o la Bulgaria.
Ma, ripeto, non sono uno storiografo. Mi sono semplicemente lanciato in una provocazione sulla base delle mie reminiscenze di storia diplomatica. Docenti discretamente considerati nel loro campo di applicazione asserivano questo. Ossia che i Macedoni non siano stati, storicamente, un popolo. E ho fatto mia questa teoria. Sicuramente sbagliata.
Invidio tanto Massaccesi. Ossia Jooooooe D'Amato.

Offline Baruch

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #88 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:37:15 »
Ora possiamo anche cambiare il titolo del topic in "Albanese era un popolo, macedone non lo è. Perché?"

 :) si scherza

Offline carpelo

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #89 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:47:48 »
Bhe comunque è molto interessante quanto scritto da cuchillo e non è detto che sia sbagliato.
Poi con la sua provocazione è riuscito a riappacificarci .
(ma gli Italiani, sono un popolo?)

Offline BobLovati

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #90 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:49:18 »
Io credo, Mark, che il tifoso laziale dovrebbe imparare a godersi il momento. Stiamo sempre a cercare qualcosa che non và.

giusto; solo che ognuno il momento se lo gode come e con chi gli piace; semplice !   ;)
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Offline freddy

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #91 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:54:55 »
Stiamo sempre a cercare qualcosa che non và.

mi sà che è nel dna del tifoso biancoceleste  :occhialcielo:

 :)

 :avanti:
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Offline cartesio

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #92 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:55:27 »
Zarate è un prisma, una figura che mai due individui vedranno allo stesso modo.
Neppure si tratta della classica dicotomia campione-pippa, bensì di un caleidoscopio di istantanee e percezioni: ala, attaccante, dribblomane, in grado di saltare l'uomo, solista che non la passa, buon crossatore, elemento dalla corsa inesauribile, indisponente, sopra le righe, mai sentita un'intervista sua, mina vagante nello spogliatoio, fatto fuori dallo spogliatoio, capro espiatorio, salvatore della Patria, uomo del primo mese da urlo, uomo dei due anni di nulla, vittima di Reja, ceduto per dare finalmente all'allenatore la squadra che voleva...
Tutto e il contrario di tutto, insomma. L' "offerta" rappresentata da uno così si incastra, con irreale perfezione, nella "domanda" di giocatori e argomenti che ciascuno possa vedere e valutare in un modo assolutamente e solamente suo.
Uno così poteva solo entrare in profondità nelle viscere e nel sangue di tanti laziali. Compresi, s'intende, quelli che lo detestano.

Il tuo ritratto mi ricorda un personaggio di un film di Buñuel, Quell'oscuro oggetto del desiderio, in cui il ruolo della protagonista femminile viene recitato da due attrici, Carole Bouquet e Angela Molina, che di volta in volta mettono in scena le due anime della donna.  E' un film sulla frustrazione maschile.
Forse nella passione/ossessione per Zarate c'è anche una componente di frustrazione per quello che ci ha fatto intra-vedere, ma non ci ha (più) concesso.

e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

Offline Reflexblue

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #93 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:56:08 »


Al suo primo anno, Zarate fu divino nelle prime 5 partite (fino a Torino-Lazio), decisamente buono fino al derby d'andata (che secondo me rimane il suo miglior derby, nonostante la sconfitta) per poi riprendere dal derby di ritorno.
In mezzo 18 partite di cui solo Lazio-Bologna da salvare, in cui - di fatto - vinse da solo. (Fu forse la miglior partita di Matuzalem alla Lazio).

La striscia conclusiva di partite fu decisamente buona, sublimata da Lazio-Samp, che - per me - rimane la sua miglior partita nella Lazio. Non certo il derby del 4 a 2 in cui, gol divino a parte, non la beccò mai.


Nella striscia negativa ricordo Reggina-Lazio con due assist per Pandev, un gol a Udine che aprì l'incredibile rimonta, una buona prestazione a Lecce.. Ci fu un calo fisiologico ma non un crollo.
Sulla Coppa Italia possiamo dire che se la sono spartita: il macedone, anzi l'albanese  :D, decisivo in avvio, Zarate nel finale.

Boks XV

Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #94 : Venerdì 2 Settembre 2011, 15:57:08 »
Il tuo ritratto mi ricorda un personaggio di un film di Buñuel, Quell'oscuro oggetto del desiderio, in cui il ruolo della protagonista femminile viene recitato da due attrici, Carole Bouquet e Angela Molina, che di volta in volta mettono in scena le due anime della donna.  E' un film sulla frustrazione maschile.
Forse nella passione/ossessione per Zarate c'è anche una componente di frustrazione per quello che ci ha fatto intra-vedere, ma non ci ha (più) concesso.

Maurito in realtà era Maurita?  :o  :D

leo

Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #95 : Venerdì 2 Settembre 2011, 16:00:17 »
Il tuo ritratto mi ricorda un personaggio di un film di Buñuel, Quell'oscuro oggetto del desiderio, in cui il ruolo della protagonista femminile viene recitato da due attrici, Carole Bouquet e Angela Molina, che di volta in volta mettono in scena le due anime della donna.  E' un film sulla frustrazione maschile.
Forse nella passione/ossessione per Zarate c'è anche una componente di frustrazione per quello che ci ha fatto intra-vedere, ma non ci ha (più) concesso.

o forse ci rode dove ammettere, anche implicitamente, che aveva ragione totti quando disse che zarate non era un campione?

Offline freddy

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #96 : Venerdì 2 Settembre 2011, 16:02:09 »
.. totti quando disse che zarate non era un campione?

il bue dice cornuto all'asino !!!

 ;D  ;D

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Offline cuchillo

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #97 : Venerdì 2 Settembre 2011, 16:02:20 »
Ma sì, la verità è questa.
Si veniva da un anno infame. Un CL fallita contro i Greci e un campionato mediocre che più mediocre non si poteva (unica soddisfazione il derby di Valon).
La roma veniva da un'annata magnifica con Spalletti, culminata in un secondo posto.

Questo arriva e fa sei gol in cinque partite (quattro gol fantastici).
Ecco che tutti (tranne chi scrive, a quanto pare) si fanno venire la verga dura dall'eccitazione e STABILISCONO IN VIA DEFINITIVA che questo è il nuovo fenomeno del calcio mondiale da contrapporre a totti.
Già si cominciavano a fare i paragoni tra Zarate a 21 anni e totti a 21 anni. Della serie: totti a 21 anni era un cazzone pieno di urina che Carlos Bianchi voleva regalare alla Sampdoria.

Quando si è capito che questo era un giocatore dai colpi deliziosi ma che non era un fenomeno non si è avuto il coraggio di fare macchina indietro e di dire: "Beh, sì, forse abbiamo esagerato...", riportiamo le cose nella loro dimensione e diamo tempo a questo ragazzo di diventare un calciatore vero.
E invece no. Più giocava male e più gli si costuivano castelli di alibi intorno. Lui, ovviamente, si è crogiolato in quest'aura di intoccabilità e non è mai cresciuto. Non è mai voluto crescere.

Dopo la delusione Di Canio, c'era una voglia matta di (ri)trovare l'idolo da contrapporre all'idolo. E si è scelto lui. E non si è avuto il coraggio di tornare indietro, anche per non darla vinta ai merdosi. 
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Offline Matita

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #98 : Venerdì 2 Settembre 2011, 16:04:41 »
o forse ci rode dove ammettere, anche implicitamente, che aveva ragione totti quando disse che zarate non era un campione?

il tempo è sempre galantuomo.

Si er papa te donasse tutta Roma
E te dicesse lassa anna’ chi t’ama
 je diresti:  Si sacra corona
Val piu’ l’opinione mia che tutta Roma

Vulgus veritatis pessimus interpres.
Lotito deve fa' come dico io (quito cit.)

Offline Er Matador

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Re:Zarate era un simbolo, Hernanes non lo è. Perché?
« Risposta #99 : Venerdì 2 Settembre 2011, 16:13:06 »
I miei professori di storia diplomatica dicevano che Macedoni e Bosniaci non esistono. Non sono etnie.
Sono costruzioni politiche posticce, non risalenti. Degnissime costruzioni, beninteso.

Poi, qui siete voi (intendo ErMatador, Bill Kelso e AlenBoksic) gli esperti di storia dei Balcani.
Magari è una corrente di pensiero minoritaria...

A tal proposito, però, un anneddoto che ci raccontava uno dei miei prof. di storia diplomatica.

Era in un bar e a un cameriere chiese l'etnia di appartenenza.
Il cameriere rispose: "Sono macedone"
E il prof. gli controbatté: "Vabbé, dai, sei albanese..."
E lui: "Sì, sono albanese. Ma sa, se dico "macedone" la gente mi guarda con meno schifo..."
La questione delle nazionalità nei Balcani è intricata, fra l'altro, dalla successione di criteri diversi nella sua definizione.
Sotto l'Impero Ottomano la popolazione veniva divisa in millet, comunità identificate su base non etnica ma religiosa.
L'ultima applicazione su vasta scala di questa classificazione risale al Trattato di Losanna del 1923 col famigerato scambio di popolazioni fra la Grecia e il tumore kemalista.
A salire su questo sciagurato treno della Storia non furono Greci e Turchi, come comunemente si crede, bensì musulmani dell'Ellade e cristiani ortodossi sopravvissuti ai genocidi in Anatolia: nel primo gruppo finirono anche Albanesi e Greci convertiti forzosamente all'Islam, che certo non si sentivano Turchi, nell'altro anche ortodossi assimilati alla lingua turca (i Karamanlides) o comunque non ellenofoni.
Il quadro, già non semplice, venne reso ulteriormente contraddittorio dall'idea di stato nazionale, che attraeva nell'800 chi intendeva liberarsi di una dominazione imperiale e la cui idea di popolo - anche al netto degli eccessi tristemente noti - aveva una base etnica anziché confessionale.
Terzo strato, il più incoerente sul piano del metodo, quello delle "nazionalità" nella Jugoslavia titina, identificate in base a criteri non omogenei e soggette a una sorta di autocertificazione durante i censimenti.
Tirava una brutta aria per i Turchi? Ecco che molti di loro diventavano "magicamente" Albanesi. Nel mirino del regime finivano questi ultimi? Nessun problema, altrettanti Schipetari si trasformavano in Turchi dando vita ad oscillazioni che, non si conoscessero questi giochi di prestigio, lascerebbero intuire una mobilità seminomade o chissà che altro.

Questo, attenzione, sul piano dell'identificazione collettiva. Perché poi si tratta di stabilire l'appartenenza di ciascuna famiglia, non essendo l'individuo il soggetto giuridico centrale in questo tipo di discorsi: e qui il ginepraio si infittisce.
Primo punto: abbandoniamo la nostra logica delle famiglie "miste", poiché nel diritto scritto e non scritto di quelle aree un individuo con padre serbo e madre croata o musulmana è serbo quanto chi ha entrambi i genitori serbi.
I matrimoni interetnici e interreligiosi hanno indubbiamente creato uno spazio comune fra i vari gruppi, pronto a polverizzarsi con una certa rapidità come abbiamo osservato negli ultimi decenni, ma senza intaccare l'appartenenza univoca di una famiglia.
La quale appartenenza scivola, però, spesso su una sorta di peccato originale. Come veniva stabilita nelle tenebre ottomane, quando etnie e Nazioni non godevano di riconoscimenti ufficiali?
Il criterio di massima era la lingua, col piccolo problema che - soprattutto nelle zone maggiormente a pelle di leopardo sul piano della varietà etnoreligiosa - gran parte della popolazione ne parlava correntemente più di una, per esigenze pratiche, e non ne scriveva nessuna.
Tale stato di cose si è riverberato nella questione dei cognomi, che sarebbe troppo semplice ridurre a questo paradigma

un po´ come il fascismo fece coi nomi istriani che terminano in -ic, togliendo la c ??

ma anche a questo

e tutti i cognomi che finiscono in -ski sono cognomi serbi in -ić modificati durante il Regno di Jugoslavia

e non solo per alcune obiezioni contestuali: ad esempio il fatto che l'operato fascista in materia, per quanto discutibile, è una goccia nel mare di striscianti slavizzazioni condotte prima e dopo da chi aveva in mano l'anagrafe dell'epoca, vale a dire i preti coi registri battesimali (e il clero croato ve lo raccomando).
Oppure perché la nazionalità macedone venne istituita da Tito (unitamente a una chiesa nazionale macedone autocefala, e questo da parte di un regime formalmente ateo: ah, le contraddizioni balcaniche ;D ) con l'intenzione, non si sa quanto fondata, di attrarre gli slavo-macedoni che in Grecia e in Bulgaria ufficialmente non esistevano: probabile che la suffissazione in -ski di tanti cognomi risalga piuttosto a questo periodo, fermo restando che gli appartenenti alla risicata ma tignosa comunità dei Serbi di Macedonia hanno conservato il proprio.
Quello dei cognomi è un valzer continuo e in molti casi spontaneo, al di là delle tragiche manipolazioni dall'alto.
Per dire, ricordate Vujadin Stanojković, discreto terzino della Jugoslavia negli anni '80? Il giocatore è appunto un Serbo della Macedonia, nativo di Kumanovo, che attorno al 1991 optò per la nazionalità calcistica della repubblica in cui è nato.
Questione, con ogni probabilità, di spazi che sul più prestigioso palcoscenico della Serbia non avrebbe trovato. Fatto sta che nelle formazioni della Nazionale macedone apparve subito come Stanojkovski, cognome di cui oggi non si trova traccia nella Rete: pigrizia nell'aggiornare i dati anagrafici, "macedonizzazione" onomastica a solo uso interno di Skopje e dintorni? Non si sa.
Un caso ancor più emblematico è quello di una fra le tante figure mitizzate dalla lotta contro l'occupante ottomano: Angel Gace o Anghelis Gatzis? Slavo-macedoni e Greci se lo contendono da secoli coi rispettivi adattamenti fonetici.
Rivendicazioni nazionalistiche, uso mitologico della Storia, tutto quel che si vuole. E la scienza cosa dice? Nulla, perché non ha elementi decisivi a favore dell'una o dell'altra ipotesi. In sostanza, non sapremo mai come venisse comunemente chiamato questo signore e da quale popolazione provenisse.

Ed eccoci, finalmente, a Bosniaci e Macedoni. Sui primi darei ragione al tuo professore: storicamente si tratta di Serbi e Croati (in proporzioni di due terzi e un terzo, almeno in origine) distaccati dalle comunità religiose cui apparteneva la maggioranza dei loro confratelli "etnici".
Prima aderirono al Bogomilismo, una dottrina "eretica" - virgolette d'obbligo - nata in Bulgaria che riprendeva alcuni elementi teologici del Manicheismo e, penetrata verso Occidente, fu alla base della dottrina catara.
In seguito vennero assimilati, in maniera non proprio spontanea, all'Islam - prevalentemente di scuola sufista - portato dagli invasori.
L'istituzione della nazionalità musulmana, inventata appositamente per loro, risale però al non proprio medievale 1971.
Prima di allora i bosgnaki esistevano nell'immaginario collettivo, soprattutto per i legami elettivi più o meno velleitari che le loro élites continuavano a coltivare nei confronti dei Turchi, ma non come un compatto corpo separato.
Per dire, fra gli stessi slavo-Macedoni c'è una minoranza musulmana: nessuno si è mai sognato di considerarli un'etnia a parte scorporandoli da quella principale.
Senza volergli attribuire tutte le colpe di quanto è accaduto - e nel quale etnie e religioni sono state quasi esclusivamente un pretesto -, l'idea di Tito di separarli anche giuridicamente rispetto alle altre popolazioni della Bosnia non può essere considerata una felice intuizione.
Bosniaci come etnia, allora? Se ci si riferisce a tutti gli abitanti della Bosnia-Erzegovina, ovviamente, la cosa non ha alcun senso.
Ma non ne ha neppure storicamente, come si è visto, per i soli bosgnaki di religione maomettana. Almeno sinora, perché l'istituzionalizzazione delle tre comunità serba, croata e musulmana nel delirio della "cantonizzazione" della Bosnia fornisce la base per logiche diverse.
La stessa lingua, un tempo sostanzialmente comune su base in larga parte serba, viene progressivamente lacerata dal tentativo di fabbricare idiomi nazionali: in Bosnia, fra i musulmani, si recuperano in maniera artificiosa e grottesca turchismi e arabismi raccattati un po' ovunque; in Croazia si inventa direttamente, producendo una lingua che gli stessi intellettuali del posto considerano inutilizzabile.
Senza dimenticare che certe delimitazioni cambiano nel tempo: sessant'anni fa nessuno si sarebbe sognato di parlare di Palestinesi come Nazione, ma casomai di Arabi (ex) residenti in Palestina. Oggi...

Quanto ai Macedoni, la situazione è ancora più confusa. A cominciare dal fatto che i Macedoni storici sono i Greci della Macedonia, eccentrici rispetto al resto dell'Ellade per qualche varietà linguistica ma pur sempre Greci.
Per quelli che attualmente designano sé stessi con questa denominazione sarebbe più corretto parlare di slavo-Macedoni: abitanti della Macedonia geografica, ci mancherebbe, ma arrivati da quelle parti attorno al V secolo d.C. e, pur fra mille contaminazioni culturali, Slavi.
Nessuna deminutio della loro rispettabilissima identità, sia chiaro, ma il Sole di Vergina sul vessillo nazionale, le favole su un Alessandro Magno proto-slavo e le cartine con Salonicco sotto la loro sovranità – tutte speculazioni a partire da un'omonimia con gli antichi Macedoni greci – ce le potevano risparmiare.
Con gli Albanesi, che pure rappresentano il 25% della popolazione nel loro Paese, non hanno granché a che fare; le maggiori somiglianze linguistiche portano casomai verso il bulgaro e il russo.
Popolo, dunque? Tutto ruota intorno all'interpretazione di questa frase

Docenti discretamente considerati nel loro campo di applicazione asserivano questo. Ossia che i Macedoni non siano stati, storicamente, un popolo.

La parte in neretto è formalmente corretta, dato che per l'istituzione di una nazionalità macedone bisogna arrivare al 1945 o poco dopo.
Ma uno slavo-macedone neppure troppo nazionalista potrebbe ribattere che il suo popolo ha da secoli una specificità etnolinguistica, la cui esistenza autonoma non è però mai stata riconosciuta dai popoli vicini.
Non avrebbe torto, in tutta franchezza. L'Impero Ottomano non si è mai occupato, come si diceva, di sottigliezze etniche.
Alla sua dissoluzione, Albanesi, Greci, Serbi e Bulgari si sono trovati d'accordo su pochissime cose.
Una di queste era fare orecchie da mercante sulla presenza di un quinto convitato, che pure reclamava il proprio spazio, preferendo piuttosto spartirsi le terre in cui viveva.
C'è voluta la spericolata e strumentale alchimia geopolitica di Tito per portare alla luce per la prima volta nella Storia una sorta di "popolo sommerso", il cui unico elemento identitario riconoscibile era consistito per secoli nel folclore e in una tradizione di leggende e racconti fra le più stimolanti per gli studiosi del genere.
Pur con tutti i distinguo e le delimitazioni del caso, rispetto ad eccessive rivendicazioni territoriali e appropriazioni indebite di Storia altrui, credo che si possa riconoscere loro lo status di Nazione.

Quanto al tuo professore e al cameriere, credo che quest'ultimo fosse semplicemente un albanese della Macedonia, autore di un calcolo ben ponderato sul biglietto da visita con cui presentarsi.
"Albanese" ha alle orecchie di molti i significati che sappiamo. Mentre la macedonia, per tanti Italiani, si trova nel frigorifero...