La più grande rivoluzione
TONINO CAGNUCCI
L'aggiornamento odierno
----
Ci sono quarantasettemilatrecentodue
motivi per non mollare adesso.
Quarantasettemilatrecentodue
sono ventotto lettere e un numero
unico, come il pubblico della Roma, il
numero delle persone che sono andate
a pagare il biglietto il 25 agosto per
uscire dai playoff dell’Europa League.
Quaranta gradi all’ombra della Tevere
e il gelo nel cuore.
Adesso fa male, fa male tutto. E si
sentono solo i fischi della Curva Sud
alla fine. Anzi, di tutto lo stadio. Restano
pure adesso che è vuoto. Insieme
allo sguardo basso di Luis Enrique che
va su e già sotto al tunnel e non sa che
fare. Perché ci sono quarantasettemilatrecentodue
motivi per non mollare,
ma lui, Luis, deve trovarne uno veramente
valido per spiegare l’uscita di
Francesco Totti. Innanzitutto a se
stesso. La Roma è uscita dalla partita,
dall’Europa, da questa entrata iniziale
che sembrava e doveva essere trionfale
quando è uscito il suo Capitano.
Eppure la gente Roma, il popolo, quei
quarantasettemila e rotti lo avevano
cantato in tutti i modi che c’è “Solo un
Capitano”. E se esce non c’è più. Ad
ogni angolo un’ovazione, ogni calcio
angolo sembrava quello del ring con
una città che gli dava spugna, paradenti,
urla, cioè amore. E l’amore
adesso fa male. Fa male pensare a una
stagione monca negli obiettivi già prima
di iniziare, fa male pensare a quello
che sarebbe potuto e dovuto essere
e non è stato, anzi fa più male pensare
a quello che era e che poi è svanito.
Uno stadio finalmente pieno che ha
salutato il suo nuovo presidente con
un unico lungo applauso, che ha cantato
l’inno e quel “Roma Roma” senza
musica che DiBenedetto s’è alzato a
fare la foto col telefonino con la speranza
di fotografare pure quell’urlo.
Sempre amore.
C’erano quarantasettemiltrecentodue
persone che non hanno capito
un cambio. Perché soprattutto ieri era
una serata storica e proprio per questo
la Storia non la fai uscire. Sennò rischi
di uscire tu. Ma persino più di
questo c’è Roma. Ieri, solo per ieri sera
ci sono stati più paganti di tutta la
stagione passata. Ed è solo e soltanto
a loro che adesso si deve rendere conto.
Sono tutti i tifosi della Roma,. E loro
possono fischiare e gridare buffone,
pensare che tutto è già finito o che addirittura
tutto deve finire. Ma le rivoluzioni,
quelle vere, per riuscire fanno
sempre male. Come l’amore. Ci
vuole pazienza, e tanta. Come nell’amore.
L’unica differenza è crederci o
meno. L’unica differenza è che le rivoluzioni
si fanno insieme: il popolo, il
presidente, la squadra, l’allenatore e
un capitano. Quello, nessun altro.