un pò di belle foto di quel giorno da un sito edl milan
http://www.magliarossonera.it/img197273/immuff/7273_26.html
dalla curva sud era chiaramente fuorigioco.
ci furono polemiche furibonde. lo bello ce l'aveva a morte con rivera e viceversa.
chiarugi era un gran tuffatore, come lo toccavi rotolava per chilometri. comunque ci fu nei nostri confronti una vendetta trasversale, con il nipote di chiarugi Macchi che ci castigò pochi anni dopo con il verona in coppa italia, se non erro una tripletta.
su lo bello ho trovato un interessante sito a lui dedicato, concettolobello blogspot, da cui ho estratto questa breve biografia piena di aneddoti, alcuni noti altri no almeno per me, tra cui una rievocazione di quel lazio milan. se volete spostatelo su calcio aprendo un topic a parte.
prendetevi qualche minuto per leggerlo, ne vale la pena.
Nasce a Siracusa (1924-1991) e a vent’anni inizia la carriera di arbitro. Si mette subito in evidenza, ma questa volta non certo in maniera sibillina. Durante il derby Caltagirone-Trapani, campionato interregionale di promozione 1948–’49, in un azione da calcio d’angolo per il Caltagirone, Lo Bello, evidentemente mal posizionato, segna di testa e naturalmente, a termine di regolamento, convalida il gol, - tra le ire dei giocatori del Trapani che quasi volevano linciarlo - emulando così Andrea Buratti che in Serie A in Brescia-Triestina del 1946 segnò un gol di tacco a favore del Brescia e, relativamente recente, anche Ceccarini di Livorno, il quale segnò una rete a favore dell’Inter opposta alla Lazio in un quarto di finale di Coppa Italia del 1999.
La carriera
Dagli anni ’50 esordisce nella massima serie e nel 1958 è internazionale dove colleziona 93 presenze. Tra queste, da ricordare la finale delle Olimpiadi 1960 Jugoslavia-Danimarca 3-1 con espulsione di Galic che lo apostrofò con una parolaccia in lingua iugoslava ma che Lo Bello riconobbe ugualmente; la semifinale all’Europeo URSS-Danimarca 3-0 e il mondiale inglese del 1966, quando a Liverpool nella semifinale Germania Ovest- URSS (2-1) espulse per fallo di reazione Igor Cislenko, considerato il monumento intoccabile del calcio sovietico. Questo episodio costò le ire delle nazionali appartenenti al Patto di Varsavia presenti al torneo e di conseguenza la finalissima di Wembley che sembrava ormai sua, fu invece affidata al casalingo arbitro svizzero Dienst, che convalidò il gol vittoria degli inglesi malgrado il pallone non fosse mai entrato.
A livello di club, ha diretto le finali di Coppa dei Campioni del 1968 tra Manchester United e Benfica (4-1 d.t.s.) e del 1970 tra Feyenoord e Celtic (2-1 d.t.s.). Inoltre, ha arbitrato la finale di Coppa Intercontinentale del 1966 tra Peñarol e Real Madrid (2-0), quella di Coppa delle Coppe del 1967 tra Bayern Monaco e Rangers (1-0 d.t.s) e di Coppa Uefa (ex delle Fiere) del 1966 tra Barcellona e Zaragoza (2-0) e l’altra, del 1974 tra Feyenoord e Tottenham (2-0), questa, arbitrata a 50 anni nella sua ultima partita internazionale e che di fatto chiuderà a breve anche la carriera nazionale.
Inflessibile e tranquillo
Uomo di notevole temperamento e di forte influenza sui calciatori, non si è mai piegato alle logiche della sudditanza e tanto meno a quelle dei poteri forti. Famoso il rifiuto ad un regalo del presidente del Real Madrid, il quale alla vigilia dell’Intercontinentale tentò di donargli un orologio d’oro; o anche, quando denunciò e fece radiare il presidente del Bari Totò Vilardo che gli aveva offerto 5 milioni in contanti per accomodare un pareggio tra Cosenza e Bari. Non amava chi gli mancava di rispetto e neppure i contestatori di professione; se li segnava al dito. Famosi gli alterchi in campo con Rivera, Rocco, Riva e Sivori; quest'ultimo espulso con 6 turni di squalifica in un Napoli-Juve del 1968, che lo spinsero al ritiro dall'attività agonistica a 34 anni. Il vero segreto per dirigere partite anche importanti risiedeva nella sua innata tranquillità. Il fattore esterno era per lui totalmente indifferente e nel corso della carriera ha affrontato anche situazioni al limite ma sempre con assoluta pacatezza, come nel caso della direzione di un famoso Napoli-Juventus, partita giocata allo stadio del Vomero con 5000 spettatori ammassati a bordo campo in reiterati tentativi di invasione, con gente che entrava e usciva dal rettangolo di gioco; ma la partita fu portata a termine con assoluta tranquillità, l’idea di sospenderla, come era giusto che fosse, a Lo Bello non gli balenò nel cervello neppure per un secondo.
La forma
Il suo stile si riconosceva dall’entrata in campo; il solo arbitro di quei tempi ad accompagnare le due squadre ‘camminando’ verso il centrocampo, in controtendenza alla caratteristica corsetta che partiva dall’ingresso nel terreno di gioco. E la classe con la quale convalidava le reti; senza sbracciarsi per indicare il centro e neppure correndogli incontro, ma semplicemente con un fischio, per poi avviarsi di passo verso il centrocampo. E come non ricordare i tremendi faccia a faccia ravvicinati, accompagnati dai famosi 'spintoni', verso i giocatori da redarguire; impronta facciale spesso da duro, ma che in se manifestava l'innato senso di giustizia.
Aneddoti
Tra i tantissimi episodi che circondano questa figura leggendaria, me ne vengono in mente quattro; non particolarmente importanti e probabilmente neppure noti, ma che sicuramente mi sono rimasti impressi nella memoria per il loro sviluppo che definire simpatico è poco.
1) 1964 - Spareggio all’Olimpico di Roma tra Bologna e Inter (2-0) per l’assegnazione dello scudetto. Al 43’ del secondo tempo, a risultato ormai acquisito a favore dei felsinei, Lo Bello improvvisamente e con palla lontanissima dal punto esatto di battuta, fischia un calcio a due in area a favore dell’Inter per fallo di ostruzione di Pasinato su Corso. I giocatori del Bologna, sbigottiti, gli si avvicinano per chiedergli quando il fallo fosse stato commesso; Lo Bello, con aria sorniona risponde: “L’altro ieri”.
2) 1968 - Derby in notturna di Coppa Italia Lazio-Roma. Ad un quarto d’ora dal termine, sul risultato di 1-0 a favore della Roma, gol di Ferrari, Lo Bello concede un chiaro rigore a favore della Lazio ma Ginulfi devia in angolo il tiro di Marchesi. Sull’azione susseguente, improvvisamente Olimpico al buio per un blackout generale al sistema di illuminazione. Dopo circa mezz’ora la situazione è immutata, lo stadio è illuminato soltanto dalle fiaccolate dei tifosi che attendono notizie dall’altoparlante. Lo Bello si fa dare un fiammifero da un fotografo a bordo campo, lo accende e rivolgendosi ai giocatori della Lazio, che ben sapevano che in caso di sospensione la partita sarebbe stata automaticamente persa 2-0 a tavolino, esclama: “Allora signori, continuiamo a giocare così o ce ne andiamo a casa?”
3) 1972 - Partita di seria A tra Roma e Napoli. La partita finisce con la vittoria della Roma per 1 a 0, gol di Scaratti, ma nel secondo tempo alcuni tifosi del Napoli tentano l’invasione di campo. Lo Bello rincorre e ne afferra uno; a calci nel sedere lo consegna alla sicurezza.
4) In un Catanzaro-Cagliari del 1972, Il difensore sardo Niccolai, autore di famosissimi autogol spesso anche spettacolari, a pochi secondi dalla fine, scambiando un fischio proveniente dagli spalti con quello dell’arbitro che sanciva il termine della partita, calciò il pallone con veemenza verso la propria porta; Brugnera, che al contrario aveva ben udito, si lanciò incontro al pallone e sostituendo il portiere lo mandò in angolo con le mani. Solo allora si udì il ‘vero’ fischio di Lo Bello, che non poté far altro che decretare il rigore per il Catanzaro, dirigendosi verso il dischetto a braccia aperte, come a dire, ‘qui mi sa che siete diventati tutti matti’.
Le presunte 'sviste' che poi non erano, ma che hanno fatto epoca
Iniziamo da quel terribile Fiorentina-Inter del 1967, quando il pubblico tuonava ”duce, duce” all’indirizzo di Lo Bello. Sull’1-0 per la Fiorentina, l’arbitro di Siracusa assegna due rigori quasi consecutivi all’Inter, dei quali uno sbagliato. Il primo penalty è assegnato per una trattenuta di Petris su Jair; il secondo per analogo fallo dello stesso Petris, il quale in tono sferzante domanda a Lo Bello: “E’ rigore pure questo?”; la risposta è altrettanto sferzante: “Come hai fatto ad indovinare? Non solo è rigore, ma tu hai giocato abbastanza e adesso te ne puoi andare”. Espulsione diretta, rigore fallito e la partita termina 1-1, con Lo Bello assediato negli spogliatoi nell’unico caso della sua lunga carriera.
Nello stesso anno, sotto il diluvio, in Spal-Napoli (1-4) concede tre rigori al Napoli scatenando le ire del pubblico. Dopo il secondo rigore, mentre dagli spalti pioveva di tutto e non solo acqua, un difensore della Spal, scivolando, tocca il pallone con il braccio; i tifosi urlano strafottenti: “Rigore! Dagli anche questo!”. Lo Bello, dopo un attimo di esitazione, guarda le tribune e li accontenta subito; è il terzo. Anche il ministro delle finanze Luigi Preti, tifosissimo della squadra ferrarese, è infuriato come non mai e dopo un’interpellanza parlamentare manda da Lo Bello alcuni ispettori fiscali, che naturalmente non trovano nulla di anomalo.
Sempre nel 1967 (sembra un anno segnato), in un Roma-Inter finita in parità, durante una fase di gioco, Picchi colpisce con un pugno al viso il centravanti della Roma Schultz. Il fatto sfugge all’occhio di Lo Bello ma non a quello del guardalinee che richiama l’attenzione dell’arbitro e gli racconta l’accaduto. Lo Bello si avvicina a Picchi e sorridendo gli dice: “Caro Armandino, mi sa proprio che ci dobbiamo salutare qui perché te ne devi andare”; il capitano dell’Inter replica: ”Va bene, ma Schultz mi ha provocato e sarebbe giusto che uscisse anche lui”, risposta di Lo Bello: “Mi hai convinto”. Risultato: fuori tutti e due. Il giornalista Rino Tommasi scriverà sull’accaduto: “Lo Bello è anche questo”.
Altra partita contestata un po’ da tutte e due le squadre è il famoso Juventus-Cagliari (2-2) che sancì lo scudetto a favore della formazione isolana per la stagione 1969-70.
Dopo che il primo tempo si è concluso sul risultato di parità (autogol di Niccolai e pareggio di Riva), la ripresa assume un tono decisamente acceso. Lo Bello assegna un rigore alla Juve per fallo di mano di Martiradonna che pochi hanno visto (ma il fallo c’era, come ammetterà in seguito lo stesso difensore sardo). Va al tiro Haller ma Albertosi spedisce in angolo; tutti i cagliaritani abbracciano il portiere senza accorgersi che Lo Bello sta indicando nuovamente il dischetto: si ripete perché Albertosi si è mosso prima. Proteste a non finire e pianto a dirotto del portierone, che tra le lacrime si piazza nuovamente al centro della porta, ma questa volta sul dischetto va Anastasi che non fallisce, 2-1. Riva è furibondo, insegue Lo Bello dicendogliene di tutti i colori, ma l’arbitro siracusano capisce lo stato emotivo del giocatore, ciò che realmente sta provando: uno scudetto tra le mani che rischia di sfuggire; e non lo espelle, anzi gli dice: “Pensa a correre e giocare, non sbraitare inutilmente”.
Nell’ultimo quarto d’ora il Cagliari assedia la difesa della Juventus. A 8 minuti dalla fine, Riva, in area, è ostacolato ma non toccato dai difensori torinesi; si ode il fischio di Lo Bello: rigore per il Cagliari. Violente proteste degli juventini, ma l’arbitro, con ampi cenni, fa capire che la massima punizione è decretata per un fallo su Martiradonna (sempre lui), in area ma lontano dall’azione. Un fallo visto da nessuno all’infuori di Lo Bello, come poi dimostrerà la ripresa televisiva. Dagli undici metri Riva non perdona, batte Anzolin e consegna alla storia del Cagliari il suo primo e finora unico scudetto. Una partita dai toni aspri e polemici nei confronti di Lo Bello, anche stavolta tacciato di protagonismo, ma che poi dimostrerà dai filmati che tutte le decisioni prese erano corrette. L’articolo di Gianni Brera sulla Gazzetta dello Sport del lunedì è lapidario: ‘Lo Bello non ha sbagliato nulla’, voto 8.
E dulcis in fundo, quel Lazio-Milan (2-1) del 1973 che divenne poi un ‘caso nazionale’. Partita da alto vertice di classifica che permise alla Lazio di agganciare lo stesso Milan al primo posto in classifica a quattro giornate dalla fine. In un Olimpico stracolmo di 90.000 spettatori con record d’incasso per una partita di seria A con oltre 250 milioni di lire, Lazio e Milan si fronteggiano subito a muso duro. Dopo appena 30 secondi dall’inizio, Manservisi stende Rivera con un fallaccio sotto gli occhi di Lo Bello, che da sempre non nutre grande stima (reciproca) verso il capitato del Milan. L’arbitro si avvicina al numero 11 laziale e con sorriso ironico lo avverte: “Se proprio hai voglia di picchiare non farlo mai più davanti a me e cerca di non fartene accorgere altrimenti ti sbatto fuori all’istante”. La partita procede nervosamente; la Lazio va sul 2-0 con autogol di Schnellinger e rete di Chinaglia, ma Rivera, ad inizio ripresa, dimezza lo svantaggio. Assedio del Milan che però non produce pericoli per la porta di Pulici, fin quando al ’90 si verifica il ‘fattaccio’. Zignoli crossa dal fondo, Bigon prolunga di testa per l’arrivo di Chiarugi, che sempre di testa insacca. Sembra il pareggio, ma il guardialinee alza la bandiera: fuorigioco di Chiarugi (inesistente). Lo Bello è obbligato ad annullare e sul campo si scatena il putiferio; Rivera è ammonito, ma prenderà 4 turni di squalifica per frasi irriguardose verso l’arbitro al termine della partita. Il direttore tecnico Nereo Rocco, batte le mani all’arbitro in segno di scherno; Lo Bello, camminando lentamente, si avvicina alla panchina del Milan, contraccambia l’applauso e lo espelle. In tribuna, il presidente Buticchi è una furia. E’ la prima partita del calcio moderno ad aver sollevato uno strascico di polemiche durate per diverse settimane.