Tre settimane fa l'esercito turco ha lanciato un'offensiva nel distretto di Afrin, nella Siria settentrionale. Da quando, nel 2012, le milizie di Bashar al-Assad ne hanno perso il controllo, la città di Afrin è la capitale dell'autoproclamata regione autonoma di Rojava, governata dai curdi. Gli stessi che hanno contribuito in maniera determinante alla sconfitta di Daesh in molte zone della Siria e dell'Iraq. Non so se la macabra ironia sia stata più o meno consapevole nella scelta del nome, ma l'operazione condotta dai turchi è nota come "Ramoscello d'ulivo".
Le Unità di protezione popolare (Ypg) e di difesa delle donne (Ypj) del Partito dell'Unione Democratica (Pyd), il principale partito curdo siriano, stanno lottando strenuamente per resistere agli attacchi dell'esercito curdo, facendo appello a una nuova resistenza curda come a Kobane, ben consapevoli che per Erdogan l'occupazione militare del cantone di Afrin è il primo passo verso la cancellazione dell'autogoverno del popolo curdo nel Rojava, che rappresenta il sogno della realizzazione di un Kurdistan indipendente. L'incubo peggiore del sultano di Ankara.
È in questo contesto che s'inseriscono le notizie degli ultimi giorni che riferiscono di più di 5 mila sfollati, di più di 100 morti tra i civili e di 31 soldati turchi caduti durante le operazioni. Ed è in questo contesto che va letta l'esultanza di Cengiz Ünder, ventenne attaccante turco della Roma, che dopo la doppietta messa a segno contro il Benevento nel posticipo di domenica sera, ha scatenato domande e polemiche scegliendo di celebrare il suo personale trionfo portandosi la mano destra alla tempia, mimando un saluto militare.
Un endorsement alla politica di Erdogan? Un omaggio agli ultimi due soldati morti durante l'attacco su Afrin? Forse entrambe le motivazioni stanno alla base di un gesto che, comunque, per molti dovrebbe rimanere fuori da un campo di calcio. Come se il calcio non fosse il crogiolo in cui si fonde qualsiasi espressione dell'animo umano. Compresa la politica, che ci piaccia o meno. Mi chiedo se ci sarebbe levato lo stesso coro se l'esultanza fosse stata di un calciatore curdo per i soldati del Pkk: problema troppo complesso, troppe le variabili in campo. Meglio, appunto, parlare del campo e di un talento che sta sbocciando nel calcio italiano.
SILENZIO GENERALE