Bene bene... Incassata la reprimenda dei nostri saggi e illuminati gestori
, proviamo a tornare in topic apportando qualche contenuto alla querelle che ha incendiato il confronto.
Si discuteva delle due ricapitalizzazioni deliberate e realizzate nell'intervallo tra l'uscita di scena di Cragnotti dall'amministrazione della Lazio (fine 2002) - con relativo
subentro di un management espressione di Capitalia - e l'ingresso di Lotito nella compagine azionaria della SS Lazio Spa (luglio 2004).
Scrivo a memoria quindi, necessariamente, non posso fornire i doverosi dettagli che un simile argomento richiede. Per sommi capi, tuttavia, si possono indicare alcuni fatti che andrebbero tenuti presenti nella discussione di questi temi.
Premessa: nell'estate 2002 la Lazio era in condizione di grave stress finanziario (la Società bruciava cassa ogni mese = perdeva soldi). Le condizioni dei conti erano tali da mettere addirittura in discussione l'iscrizione al campionato. La mediazione di Galliani (qualcuno ricorda un celebre incontro estivo tra il dirigente milanista e Cragnotti? Mi pare in Sardegna) facilitò l'iter di iscrizione. Il pegno di quell'aiuto disinteressato fu un discreto centrale di difesa, migrato da Roma a Milano sponda rossonera all'ultimo giorno di mercato. Con l'occasione, per non lasciar solo l'ex difensore laziale, ad accompagnarlo nel viaggio verso il Nord fu un attaccante argentino, accasatosi sempre nella città meneghina, sponda nerazzurra.
Tutto risolto? Mica tanto... Ma andiamo per gradi.
AUTUNNO 2002: scalata alle vette della A sull'orlo del precipizioLe condizioni della Lazio (ma, più che altro, del Gruppo che controllava la Lazio) erano prossime al tracollo e i fondi freschi giunti da Milano l'ultimo giorno del calciomercato estivo del 2002 funsero da palliativo o poco più. A distanza di appena un trimestre i nodi giunsero al pettine e il contestuale tracollo della Cirio investì anche la Lazio, che però fu nell'occasione scorporata dalla 'casa madre'. Se questo ci abbia giovato o meno è materia per gli storici e non per il modesto cronista che prova a ricostruire - facendo appello alla propria memoria, per sua natura fallace - le vicende della Lazio di quegli anni.
TRA 2002 E 2003: ADDIO CRAGNOTTI La Lazio, dunque, fu distinta dalla Cirio e affidata alle amorevoli cure di manager indicati dall'azionista di riferimento di fatto ovvero la banca (Capitalia) che sotto la guida di Cesare Geronzi aveva da anni 'accompagnato' le vicende biancocelesti. La triade, così fu definita, Longo-Pessi-Baraldi prese il timone di un natante assai malmesso che come vaso rotto non imbarcava acqua ma anzi perdeva liquido (= liquidità) praticamente ogni giorno dalle molte crepe che segnavano lo scafo laziale.
LA PRIMA RICAPITALIZZAZIONE (2003)Ecco dunque che a inizio 2003 la situazione a livello economico-finanziario era drammatica: indebitato, in ritardo con i pagamenti a dipendenti (per una Lazio prima in classifica a inizio dicembre ma senza stipendi si evocò l'
effetto Soldatino, richiamando il celeberrimo cavallo di un fortunato film di Steno che meno mangiava e più veloce correva) e fornitori, la SS Lazio Spa richiedeva un'immediata cospicua iniezione di capitali freschi. Pena la seria messa in pericolo della continuità aziendale.
E così fu: uno dei primi atti del nuovo management fu l'approvazione di un aumento di capitale che - se la memoria non mi tradisce - si concluse con successo nel primo semestre o addirittura nel primo quadrimestre 2003.
ESTATE 2003 TRA CALCIOMERCATO E CHAMPIONSTutto risolto? Decisamente no. La struttura costi/ricavi, follemente squilibrata (eredità ella gestione Cragnotti, sia ben chiaro), non consentiva di mantenere in equilibrio le finanze del Club.
Il management, tuttavia, non avviò i doverosi e probabilmente indifferibili interventi tesi a riequilibrare la struttura costi/ricavi. Con la prospettiva di una partecipazione alla Champions 2003-2004 (poi sancita dal vittorioso preliminare con il Benfica, doppia vittoria per 3-1 e 0-1 in Lusitania) il mercato fu tutto sommato 'conservativo': una seducente mega-operazione con l'udinese, da cui sarebbero giunti nella Capitale Pizarro, Jorgensen e Alberto, non andò in porto per il gran rifiuto di Liverani. Alla fine si operò a costo quasi zero, salutando il Cholo Simeone (nei secoli grati!!!) e accogliendo Demetrio Albertini che giunse a parametro zero assieme a Muzzi e a pochi altri innesti.
ANNATA 2003-2004: IL CANTO DEL CIGNO E' UNA COPPA ITALIA A TORINOLa stagione 2003-04 ci regalò una splendida Coppa Italia conquistata a Torino in casa della juventus,
canto del cigno dell'epopea cragnottiana, ma nel complesso fu meno esaltante della precedente: in Champions a dispetto di una buona partenza (4 punti, vittoria a Istanbul e pareggio rocambolesco in casa con i cechi dello Sparta - o Slavia, non ricordo - Praga) naufragammo nel doppio confronto con il Chelsea, incassando un umiliante 0-4 all'Olimpico dopo aver perso 2-1 a Londra, con 'ribaltone' dei
blues dello svantaggio iniziale firmato da Simone Inzaghi. Ma all'ultima gara del girone eravamo ancora in lizza, dopo aver battuto i turchi in casa nel quinto incontro. Dalla trasferta in Boemia bisognava tornare con 3 punti, che avrebbero valso la qualificazione, o almeno con 1, che ci avrebbe garantito il ripescaggio in Coppa Uefa. Perdemmo, non senza imprecare per un clamoroso legno su tiro da fuori area (di Mendieta o Albertini, non ricordo) e salutammo così mestamente l'Europa.
In campionato fummo a lungo in lotta per il quarto posto, che ci avrebbe regalato la possibilità di disputare l'ennesimo preliminare per accedere al tabellone principale della Champions 2004-05, con relativi premi milionari. Cedemmo nel finale di stagione - a favore dell'inter. Ovvero della squadra che nella stagione seguente sarebbe stata allenata dall'allora tecnico laziale Roberto Mancini - con un deludente pareggio in casa con la reggina e una cocente sconfitta (2-1) a Brescia, amaro preludio all'inutile vittoria con il Modena all'ultima giornata di campionato.
QUESTIONI SOCIETARIE: DA BARALDI A MASONINel frattempo la squadra di comando era in parte cambiata: fuori Baraldi (con scorno dell'Hotel de Russie, la
modesta sistemazione romana scelta dal manager emiliano) e dentro Masoni, uomo di fiducia di Capitalia come il predecessore Baraldi. Non so rammentare quando avvenne il cambio: autunno 2003? La memoria qui non mi sorregge.
E' il Cda guidato da Masoni che delibera un nuovo aumento di capitale, che pur sottoscritto da Capitalia non raggiunge l'importo minimo da consentire la sopravvivenza della Società, praticamente in stato pre-fallimentare. Sono mesi foschi: il professor Fiori della Luiss stima il valore della Lazio in vista di una possibile procedura fallimentare (ne scrisse il Sole-24 Ore, ricordo l'articolo), si mobilitano i piccoli azionisti (nasce 'Lazionista', su impulso della famiglia Casoni e con il contributo di altri laziali) ma senza gran successo, si rincorrono le voci sino alla manifestazione di due contendenti per la Lazio ossia Lotito e Tulli.
Alla fine prevale Lotito, che diviene il maggior azionista della Lazio con una quota del Club tra il 20 e il 25%, destinata a salire sino ad oltre il 29% (entro la fatidica soglia del 30%, che lo avrebbe obbligato a un'Opa totalitaria sul 100% delle azioni della Spa) nel giro di 12-16 mesi. Secondo azionista di riferimento è Capitalia con circa il 14,6%, che verrà acquistato da Mezzaroma nel giugno 2005.
IN CONCLUSIONE:
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la prima ricapitalizzazione deliberata sotto la gestione di Capitalia e conclusa nel I semestre 2003 fu rapidamente bruciata dai costi di gestione del Club, la cui struttura costi/ricavi era allora perniciosamente squilibrata. Costi di gestione figli di un pesante squilibrio gestionale che il management indicato da Capitalia (Baraldi prima e Masoni poi) ereditò dalla gestione Cragnotti e che non volle o non poté 'attaccare'. Per dire: la Società continuò a non versare l'Irpef dovuta sugli emolumenti dei calciatori. Motivo? Non c'erano soldi, semplicemente. E infatti con il cosiddetto 'Piano Baraldi' (grande operazione di marketing di dubbia efficacia gestionale) era una maniera per differire il versamento delle spettanze dovute e così chiudere la partita debitoria verso i calciatori.
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la seconda ricapitalizzazione deliberata nella primavera 2004 sotto la gestione di Capitalia favorì l'ingresso di Lotito e iniettò nelle sangui casse del Club l'indispensabile liquidità per gestire la quotidianità nei nove mesi seguenti e poter così evitare di portare i libri in tribunale prima del raggiungimento di un accordo con l'Agenzia delle Entrate per la gestione dell'enorme indebitamento Irpef (oltre 150 milioni tra debito nominale, sanzioni e interessi di mora) accumulato tra 2002 e 2005 del marzo 2005, vero e proprio spartiacque nella storia della Lazio
Questa la mia ricostruzione, inevitabilmente incompleta (sono andato completamente a memoria, senza ricontrollare nulla), il più possibile neutra anche se non totalmente impersonale, visto che si tratta della mia soggettiva rappresentazione degli eventi accaduti tra 2002 e 2005. Ognuno tragga le sue conclusioni.