Quattro gol, e non uno esente da colpe.
Sul primo Benatia esce dai blocchi come neppure in una partitella fra amici, con Gigi Buffone immobile su una traiettoria piuttosto lenta.
Sul secondo siamo al limite dell'autogol, con una conclusione sul suo palo buttata malamente in rete.
Sul terzo segnalo la respinta corta, da gustare nella ripresa da dietro la porta.
Sul quarto la sua uscita viene vanificata da una prodezza che Kalinić, già responsabile per aver tenuto in gioco Benatia sul 3-0, difficilmente realizzerebbe nella porta giusta.
Giova ricordare che il tipo, prima del quarto d'ora da incubo appena descritto, aveva respinto assai bene un paio di tiri: fra cui una rasoiata angolatissima di Dybala dal limite che, coperto da avversari e compagni, non aveva probabilmente visto partire.
Chiave di lettura? Quello era un intervento tutto di istinto e riflessi; mentre, quando c'erano di mezzo tecnica e tattica, ha messo in mostra un repertorio paragonabile all'italiano del suo procuratore.
Siamo di fronte a un caso che potrebbe vantare un precedente molto ben definito: Davide Santon.
Quando esordì brillantemente in serie A a 17 anni, come Nesta e Maldini, fu facile per molti - il sottoscritto in testa - leggere in tanta precocità la differenza fra un buon giocatore e un campione vero: è andata un po' diversamente, anche nel finale del recente Inter-Juventus.
Con Donnarumma è accaduto qualcosa di simile, ricordando i debutti da minorenni di Buffon e Peruzzi.
Con una differenza: stavolta non ho abboccato e certi limiti, come la copertura del primo palo, li ho notati da subito.