Autore Topic: L’illusione di trasformare il tifoso in investitore  (Letto 84663 volte)

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Offline chinaglia

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L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« : Lunedì 7 Febbraio 2011, 13:07:51 »
Inevitabilmente si parla e non poco di Lazio.

L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
Lorenzo Dilena

http://www.linkiesta.it/l-illusione-trasformare-tifoso-investitore
6 febbraio 2011 - 08:23

A quindici anni dalla legge che ha tramutato i club in società a fini di lucro, la Roma, una delle tre squadre di calcio quotate, potrebbe presto lasciare Piazza Affari. Senza dare alcuna soddisfazione ai piccoli azionisti. Eppure, in occasione dello sbarco del football in Borsa, l’entusiasmo era alle stelle e i sostenitori dell’operazione erano tanti: da 'giornalista ex politico italo-sloveno che copia canzoni altrui (e che porta iella)' a Scaroni, da Uckmar a Nerio Nesi.

«Acquisire azioni delle società di calcio può senza dubbio essere un affare», assicurava Sergio Cragnotti. L’allora patron della Cirio e della s.s. Lazio non era solo ad avere questo genere di certezze. Quando in Italia si cominciò a parlare di calcio quotato gli entusiasti erano tanti. Walter 'giornalista ex politico italo-sloveno che copia canzoni altrui (e che porta iella)', il manager della Pilkington Paolo Scaroni (oggi all’Eni), Adriano Galliani del Milan, il fiscalista Victor Uckmar. Persino Nerio Nesi, allora responsabile economico di Rifondazione comunista si mostrava favorevole al «cambio di mentalità», solo per citarne alcuni.

Per una singolare coincidenza il quindicesimo anniversario del decreto legge 435, che nel 1996 ammise lo scopo di lucro per società calcistiche, potrebbe coincidere con il primo ritiro dalla Borsa di un club che a suo tempo si era quotato. La cronaca delle prossime settimane ci dirà infatti se il 67% del capitale della Roma Calcio, attualmente in mano alla famiglia Sensi e alla banca Unicredit, passerà alla cordata di investitori americani guidati da Thomas Di Benedett. E se sarà così, salvo espedienti volti a eludere la legge, scatterà l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica obbligatoria.

Se è facile intuire che il cuore dei tifosi gioisca per una nuova proprietà pronta a mettere risorse fresche per il rilancio della squadra, già da ora appare chiaro che nemmeno l’Opa riuscirà a sanare le ferite del portafoglio degli investitori. Il prezzo offerto dagli americani, stando a indiscrezioni smentite dalla società, sarebbe inferiore di circa il 20% ai corsi attuali. Anche ipotizzando un’offerta pubblica in linea con le quotazioni correnti (circa 1,2 euro), rispetto al prezzo di collocamento di 5,5 euro per azione - con cui l’As Roma debuttò in Borsa nel maggio del 2002 – il crollo è superiore al 78 per cento. Gli unici a guadagnarci, a parte gli intermediari, sono stati gli speculatori pronti a fruttare giornate anomale, mentre nell’ultimo triennio il controvalore delle azioni scambiate è stato quasi sempre inferiore a un milione di euro.

Per i tifosi di Totti, l’incontro fra calcio e Borsa non ha dunque prodotto i risultati che quindici anni fa ci si aspettava. Del resto, le vicende della Lazio non sono tanto diverse da quelle dei giallorossi, né nelle performance né nelle ricapitalizzazioni che è stato necessario varare nel tempo per evitare il crac. Persino la blasonata Juventus è stata avara di soddisfazioni: dal collocamento a 3,7 euro per azione a fine 2001 è scivolata fino agli attuali 0,87 euro (-76%), sia pure vantando, unica nel mondo del calcio italiano quotato, la distribuzione di un dividendo a tutti gli azionisti.

Eppure l’approdo del football professionistico in Borsa aveva avuto profeti d’eccezione. Nel lontano 1993 il fiscalista Uckmar, presidente della Commissione di controlllo della Federcalcio (la Covisoc), criticava la legge che impediva alle società per azioni sportive di distribuire utili: «Dobbiamo essere realisti e non nasconder più lo sport dietro un paravento ipocrita di purezza dilettantistica. Le società calcistiche devono essere attività di profitto». Così «attirerebbero nuovi capitali». E prefigurava «una squadra di calcio italiana quotata in Borsa: non credo sia un’ipotesi da fantascienza».

Altro che fantascienza. Nel 1998 la Lazio, all’epoca controllata dalla Cirio del finanziere Cragnotti, varca i recinti di Piazza Affari. Lo scenario delineato da Uckmar diventa realtà: meglio, un incubo per tutti quei tifosi pronti a credere che la “fede calcistica” possa andare a braccetto con l’investimento finanziario. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la fattiva collaborazione della politica e dei tecnici di grido.
Oltre a Uckmar, il vicepresidente del Consiglio Walter 'giornalista ex politico italo-sloveno che copia canzoni altrui (e che porta iella)', che nel 1996 fu determinante nel varo del decreto legge che ammetteva il fine di lucro nelle società calcistiche. E poi l’amministratore delegato del Milan Galliani, che addirittura minacciava di andare a quotarsi all’estero se la Consob non avesse derogato alla regola dei bilanci in attivo da almeno un triennio. Il Milan, peraltro, non si è quotato né in Italia né all'estero. E ancora: Umberto Agnelli, presidente della Juventus, l’allora commissario straordinario della Federcalcio Raffaele Pagnozzi, Giuseppe Gazzoni Frascara del Bologna, che ambiva ad arrivare per primo a Piazza Affari, e persino Paolo Scaroni, all’epoca al vertice della multinazionale inglese Pilkington, che da neopresidente del Vicenza prometteva il traguardo della Borsa nel giro di pochi mesi. Solo pochi di quei progetti sono divenuti realtà, ma tutti sarebbero probabilmente rimasti sulla carta se la Consob non avesse deciso di allentare il rigore, consentendo l’ammissione a quotazione di società per azioni che, al di là dell’attività svolta, non avevano i conti in regola.

L’illusione di tutti fu che, sotto lo stimolo della Borsa, le squadre avrebbero potuto “monetizzare” la passione dei tifosi, trasformando questi ultimi in investitori, conferendo solidità ai propri propri bilanci. Un’illusione appunto. A cui pochissimi seppero resistere. Antonio Rosati, dirigente della Consob, manifestò diverse perplessità, a dir poco profetiche: «Non può entrare in Borsa una società il cui prezzo è sensibile a fattori come l’infortunio di un calciatore o un gol, il titolo avrebbe oscillazioni troppo forti. Diverso sarebbe il discorso di una holding con business articolato nella quale il calcio rappresenti solo un settore». Un riferimento forse indiretto al business delle squadre inglesi, capaci di gestire in modo profittevole stadi di proprietà e merchandising. Ma quello che doveva essere una pre-condizione per la quotazione nell’eccitazione dell'epoca diventò invece un obiettivo rimandato alla post-quotazione, nell’illusione (la seconda) che anche l’Italia avrebbe seguito il sentiero tracciato dai football club britannici.

«Guadagnare da tifosi, in Gran Bretagna è possibile da anni e c'è chi ha ottenuto performance del 200 per cento», titolava nell'aprile 1997 il Corriere. Nell’ansia di imitare la City, si decide si applicare alle società di calcio la deroga alla regola dei tre bilanci in utile: «Ritengo che questa regola sarà cambiata», annuncia alcuni mesi dopo Tommaso Padoa-Schioppa, presidente della commissione di vigilanza del mercato, con riferimento alla regola degli ultimi tre bilanci in utile. A dicembre arriva la sventurata decisione: «Le peculiari caratteristiche dell’attività delle società di calcio in linea di principio non costituiscono ostacolo alla quotazione dei relativi titoli». La Borsa Italiana prontamente si adegua e il primo a trarne vantaggio è proprio Cragnotti: la sua Lazio si quota il 5 maggio del 1998, trascinando oltre 40mila tifosi-azionisti, da cui incassa 60 milioni di euro, di cui la metà finisce alla controllante Cirio (fallita nel 2002).

A parte il supporto in curva e in denaro, comunque, i vertici delle società di calcio non vogliono null’altro dai tifosi-soci-investitori. L’indifferenza, se non addirittura un esibito fastidio, verso i piccoli azionisti è la regola nel calcio quotato Piazza Affari. A cui è speculare una generalizzata «scarsa attenzione e disaffezione verso gli aspetti gestionali da parte del socio-tifoso», sottolinea Alfredo Parisi, presidente del Comitato piccoli azionisti della Lazio e fra i promotori della Federsupporter, costituita un anno fa per aggregare «interessati alla vita associativa sportiva nella duplice veste di piccoli azionisti o di sostenitori di società sportive».

Nessun rappresentante dei piccoli azionisti-tifosi ha mai varcato le soglie di un consiglio di amministrazione. Nessun presidente di società di calcio delle tre quotate ha mai pensato di abbassare il quorum di presentazione delle liste al punto da renderlo accessibile a una moltitudine di piccoli soci. Che difficilmente si aggregano, divisi come sono fra varie tifoserie.

Gli annali della cronaca calcio-borsistica registrano tuttavia un’eccezione. È infatti grazie a una denuncia presentata nel 2006 dai piccoli azionisti della Lazio, guidati da Parisi e dall’avvocato Massimo Rossetti, che parte l’istruttoria della Consob su una transazione per interposta persona che avrebbe permesso al presidente Claudio Lotito di superare il 30% del capitale eludendo l’obbligo di lancio dell’Opa. Due anni dopo la Consob accerta l’esistenza di un patto parasociale esistente dal 2005 fra Lotito e l’imprenditore Roberto Mezzaroma, ma la conclusione viene poi ribaltata dal Tar. Comunque, un primo, parziale risultato dell’esposto (è in corso la fase d’appello) è la condanna di Lotito a una multa di 65 mila euro e a due anni di reclusione per aggiotaggio e ostacolo all’attività degli organi di vigilanza, sentenziata dal tribunale di Milano il 3 marzo 2009. Di fatto, l’unico strumento per incidere è quello giudiziario, che può essere messo in moto solo se c’è un addebito da effettuare agli organi di governo della società», riconosce l’avvocato Giovanni Bizzarri, che per conto di alcuni azionisti dell’As Roma ha intentato un’azione di revoca dello scudetto 2009-2010 all’Inter. «Ma se tutto resta legato a un ambito di contenzioso legale, le società di calcio quotate rinunciano a un valore aggiunto portato dall’azionista-tifoso».

Per ora le associazioni di piccoli azionisti delle società calcistiche restano a metà fra la tifoseria e un comitato civico. Solo da ultimo stanno cercando di assumere una connotazione più strutturata. Salvatore Cozzolino, fra gli animatori del sito ju29ro.com, si è fatto promotore di un comitato che punta a presentare una lista per il rinnovo delle cariche sociali della Juventus. E non è il solo. Il mondo juventino ha invece partorito un’iniziativa che si dichiara manifestamente collaborativa con i vertici della squadra: Paolo Aicardi, che è anche presidente della compagnia assicurativa Incontra Assicurazioni (gruppo Fondiaria-Sai), «vuole dare un contributo serio e propositivo all’azionista di maggioranza per il bene della società» attraverso un’associazione di piccoli azionisti che già nel nome si rifà alla denominazione ufficiale del club.  La speranza di Aicardi è un giorno, «grazie a una fiducia conquistata sul campo», gli Agnelli, gli storici azionisti di controllo, offrano un posto in consiglio ai piccoli soci, cooptando un esponente dell’associazione. Una speranza che magari un giorno si realizzerà. Come quella dello stadio di proprietà. Alla fine dell’estate, infatti, la Juve ne avrà uno tutto suo, costruito sulle ceneri del vecchio Delle Alpi. Per allora saranno passati dieci anni dalla quotazione della squadra bianconera. 

«La quotazione delle società di calcio è stato e resta un errore», riconobbe nel 2009 Lamberto Cardia, presidente della Consob, durante incontro annuale con la comunità finanziaria. Un errore dei regolatori a cui – fatti i dovuti scongiuri per l’esito delle trattative romane – solo adesso il mercato ha iniziato a porre rimedio.

Link collegato: http://www.linkiesta.it/e-anche-europa-calcio-si-scopre-brutto-business di Gianfranco Teotino

CiPpi

Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #1 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 13:24:24 »
Lotito qualche anno fa affermo' che avrebbe de'listato la Lazio qualora gli fosse stato possibile.

ricevette lo stesso responso che ogni volta accompagna qualsiesi sua affermazione (anche l'idea Olimpia ebbe la sua quota tradizionale di critica da parte della tifoseria.)

ovviamente cio 'che il giornalismo ricorda e' l'eccezione della denuncia, mentre il fatto che la federsupporter dello stesso ideatore che avrebbe dovuto coinvolgere i tifosi nella guida della societa', o almeno nel poter dire la propria, sia ferma al palo non offre spunti di scrittura.

vedremo se l'ammericani delisteranno l'aesse come detto nell'articolo (la cosa non mi sorprenderebbe).

dovesse accadere credo di poter quotare un commento positivo a livello di esempio da seguire anche dalla tifoseria Laziale a l minimo sindacale.

RobCouto

Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #2 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 13:27:26 »
ricevette lo stesso responso che ogni volta accompagna qualsiesi sua affermazione (anche l'idea Olimpia ebbe la sua quota tradizionale di critica da parte della tifoseria.)

Lascia perdere il catetere (che trasuda anche abbondante da quell'articolo): la quotazione in Borsa della Lazio è garanzia di maggiore trasparenza e rigidità dei conti, il delisting sarebbe stato un salto nel buoi. Bene fidarsi di Lotito, meglio non fidarsi troppo di nessuno.

CiPpi

Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #3 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 13:33:54 »
non credo che i conti siano piu' trasparenti perche' si e' quotati in borsa (mi pare che l'esperienza vendita aesse o lo stipendio di Stendardo lo dimostrano in lungo ed in largo)

piuttosto aspetto i commenti a quando l'aesse decidera' di delistarsi, dando per scontato che quanto riportato nell'articolo sia indubbiamente vero.

RobCouto

Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #4 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 14:50:18 »
Dici? Prova a cercare in rete i bilanci di Fiorentina e Napoli...

Offline chinaglia

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #5 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 15:39:29 »
piuttosto aspetto i commenti a quando l'aesse decidera' di delistarsi, dando per scontato che quanto riportato nell'articolo sia indubbiamente vero.

Beh, in realtà agli americoni meno azione tocca comprare meglio è per loro (spendono meno). Tanto si ritroveranno con la maggioranza assoluta.

Online franz_kappa

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #6 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 15:41:02 »
La quotazione in Borsa, di per sé, è garanzia di maggiore trasparenza e, soprattutto, visibilità e pubblicità della conduzione economico-finanziaria della società. Si badi bene! Ho scritto garanzia di maggiore trasparenza, NON di assoluta trasparenza. Anche società certificate da fior di revisori possono contenere magagne colossali. Ma la Lazio, direi, è abbastanza semplice da analizzare attraverso i suoi documenti di bilancio.

Arrivare a sostenere che quando si ipotizzò il delisting della Lazio qualcuno sia arrivato a criticare Lotito per il semplice gusto di dare addosso al gestore è semplicemente ridicolo e apre un ennesimo, inutile, fronte di polemica.
Sia chiaro... Forse qualcuno può anche aver trovato l'occasione per dare addosso a Lotito, ma si tratta di manifestazioni che vanno contestualizzate all'interno di un clima troppo teso che viviamo da troppi anni.

Quanto allo stipendio di Stendardo, sul bilancio della Lazio dati simili non vengono comunicati, ma questo non significa che le numerosissime informazioni che si possono trarre dal bilancio della Lazio (come di ogni altro club quotato) non siano comunque ricchissime e utilissime.

Per concludere, affermo che la sola ipotesi che la Lazio possa venir delistata per finire al 100% sotto il controllo di Lotito senza la 'pubblicità' delle attività di gestione che viene imposta da Borsa e Consob mi fa letteralmente rabbrividire.

Semplicemente, perché equivarrebbe a mettere nelle mani di un imprenditore con la mentalità del 'padroncino' anni '60 un club che fattura, a livello consolidato, circa 80-90 milioni. Dio ce ne scampi.
Buon viaggio, caro Piero.

CiPpi

Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #7 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 16:40:49 »
Dici? Prova a cercare in rete i bilanci di Fiorentina e Napoli...

non credo si debba discutere sul fatto che non basta leggere i bilanci pubblicati in rete per capire la reale situazione finanziaria della societa'.

comunque l'appunto sulla delistazione non era certo su giusto o sbagliato, o l'ha detto Lotito o meno, quanto piuttosto come fra qualche tempo si vedranno grandi cambiamenti di opinione, come gia' esposto dall'articolo che ci informa come il paese che avrebbe inspirato il tutto, l'Inghilterra, ad oggi vede un pugno di societa' ancora listate.

cambiamenti di opinione che non mi meravigliero' di vedere anche tra la tifoseria Laziale oggi cosi ferma ed unita sulla necessita di essere in borsa.

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #8 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 16:46:40 »
comunque l'appunto sulla delistazione non era certo su giusto o sbagliato, o l'ha detto Lotito o meno, quanto piuttosto come fra qualche tempo si vedranno grandi cambiamenti di opinione, come gia' esposto dall'articolo che ci informa come il paese che avrebbe inspirato il tutto, l'Inghilterra, ad oggi vede un pugno di societa' ancora listate.

cambiamenti di opinione che non mi meravigliero' di vedere anche tra la tifoseria Laziale oggi cosi ferma ed unita sulla necessita di essere in borsa.
Te la canti e te la suoni da solo, mi pare.
Con Lotito maggior azionista della Lazio OGNI tifoso della Lazio deve sperare che noi si resti quotati. Oggi come ieri come domani come fra 15 anni...
Buon viaggio, caro Piero.

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #9 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 17:06:22 »
non credo si debba discutere sul fatto che non basta leggere i bilanci pubblicati in rete per capire la reale situazione finanziaria della societa'.

comunque l'appunto sulla delistazione non era certo su giusto o sbagliato, o l'ha detto Lotito o meno, quanto piuttosto come fra qualche tempo si vedranno grandi cambiamenti di opinione, come gia' esposto dall'articolo che ci informa come il paese che avrebbe inspirato il tutto, l'Inghilterra, ad oggi vede un pugno di societa' ancora listate.



il paese avanguardia del calcio business moderno pare abbia altre tendenze in atto

La rivoluzione del calcio inglese. Il Governo vuole i tifosi nei Cda
(Il Riformista del 30 marzo 2010)
Sul calcio inglese era stato presentato dal governo un progetto di risanamento, un piano innovativo che il precedente premier Gordon Brown aveva in animo di introdurre nel programma dell’esecutivo, se avesse vinto le elezioni. Vediamo punto per punto le proposte:
il 25% del capitale di OGNI squadra rimanga nelle mani dei tifosi, per rappresentare il legame tra ogni club e il suo territorio;
in caso di vendita della società i sostenitori possono sfruttare una finestra temporale prioritaria per organizzare una cordata e fare un’offerta (un diritto di prelazione).

Nel progetto di Brown si pensava anche di rinnovare i vertici del calcio inglese.
si fissava un termine entro il quale la Federcalcio britannica dovesse risolvere ogni conflitto di interessi;
l’attribuzione alla FA della competenza sul controllo dell’asseto societario e finanziario dei club.

Inoltre, riguardo alla pesante situazione debitoria del calcio britannico si citano i casi del Portsmouth con 70 milioni di euro di debiti, del Manchhester United pronto a emettere bond e del Liverpool che pensa di vendere lo stadio di Anfield Road.
un uomo di una certà mi offriva sempre olio canforato, spero che ritorni presto l'era del cinghiale biancoazzurro
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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #10 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 17:48:48 »
Lascia perdere il catetere (che trasuda anche abbondante da quell'articolo): la quotazione in Borsa della Lazio è garanzia di maggiore trasparenza e rigidità dei conti, il delisting sarebbe stato un salto nel buoi. Bene fidarsi di Lotito, meglio non fidarsi troppo di nessuno.

Grazie per averlo detto (scritto).

geddy

Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #11 : Lunedì 7 Febbraio 2011, 20:36:43 »
il paese avanguardia del calcio business moderno pare abbia altre tendenze in atto

La rivoluzione del calcio inglese. Il Governo vuole i tifosi nei Cda
(Il Riformista del 30 marzo 2010)
Sul calcio inglese era stato presentato dal governo un progetto di risanamento, un piano innovativo che il precedente premier Gordon Brown aveva in animo di introdurre nel programma dell’esecutivo, se avesse vinto le elezioni. Vediamo punto per punto le proposte:
il 25% del capitale di OGNI squadra rimanga nelle mani dei tifosi, per rappresentare il legame tra ogni club e il suo territorio;
in caso di vendita della società i sostenitori possono sfruttare una finestra temporale prioritaria per organizzare una cordata e fare un’offerta (un diritto di prelazione).

Nel progetto di Brown si pensava anche di rinnovare i vertici del calcio inglese.
si fissava un termine entro il quale la Federcalcio britannica dovesse risolvere ogni conflitto di interessi;
l’attribuzione alla FA della competenza sul controllo dell’asseto societario e finanziario dei club.

Inoltre, riguardo alla pesante situazione debitoria del calcio britannico si citano i casi del Portsmouth con 70 milioni di euro di debiti, del Manchhester United pronto a emettere bond e del Liverpool che pensa di vendere lo stadio di Anfield Road.
Ci andrei piano col definire gli inglesi come quelli all'avanguardia sul calcio bussiness. La tenuta del loro modello è ancora da dimostrare. I buchi di Portsmouth, Liverpool e MU stanno li a dimostrarlo. A meno che non vogliamo dare del virtuosa alla gestione del City e del Chelsea.
Comunque la possibilità che i tifosi diventino "proprietari" delle squadre la trovo abbastanza utopistica. I tifosi possono finanziare il club attraverso la biglietteria, utilissima per fronteggiare le spese correnti, i diritti televisivi  e il merchandising. POi devono esultare ai goal e insultare Bresciano e Reja quando è il caso. L'importante è che in un modo o nell'altro si presentino alla partita successiva. 

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #12 : Martedì 8 Febbraio 2011, 16:16:35 »
Ci andrei piano col definire gli inglesi come quelli all'avanguardia sul calcio bussiness. La tenuta del loro modello è ancora da dimostrare. I buchi di Portsmouth, Liverpool e MU stanno li a dimostrarlo. A meno che non vogliamo dare del virtuosa alla gestione del City e del Chelsea.
L'esempio del ManU non è calzante.
Credo non vada MAI dimenticata la ragione per cui il Manchester United è clamorosamente indebitato. Chi lo ha rilevato dai precedenti proprietari ha messo in piedi un'architettura finanziaria che ha consentito l'acquisto 'a leva'. Sostanzialmente indebitandosi per acquisire il pacchetto azionario e poi spostando il debito contratto dall'acquirente alla società rilevata.
Buon viaggio, caro Piero.

geddy

Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #13 : Martedì 8 Febbraio 2011, 16:50:53 »
Non lo sapevo. Mi chiedevo infatti come acesse potuto il MU arrivare a tali livelli di indebitamento.
Copmunque credo che la via giusta per quanto riguarda il calcio bussiness l'abbiano imboccata i tedeschi. Stadi pieni, belli e confortevoli e campionato equilibrato con parecchie squadre competitive.

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« Risposta #14 : Martedì 8 Febbraio 2011, 16:56:55 »
Non lo sapevo. Mi chiedevo infatti come acesse potuto il MU arrivare a tali livelli di indebitamento.
Hai capito che 'pirati', questi nuovi proprietari del ManU? Hanno attuato, mutatis mutandis, la stessa strategia messa in atto da Colaninno quando scalò la Telecom negli anni in cui, massimino (rigidamente in minuscolo) regnante, Palazzo Chigi era divenuta secondo alcuni una 'merchant bank'.

Sul modello tedesco d'accordo con te, anche se ne so troppo poco.
Buon viaggio, caro Piero.

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #15 : Martedì 8 Febbraio 2011, 17:13:55 »
Hai capito che 'pirati', questi nuovi proprietari del ManU? Hanno attuato, mutatis mutandis, la stessa strategia messa in atto da Colaninno quando scalò la Telecom negli anni in cui, massimino (rigidamente in minuscolo) regnante, Palazzo Chigi era divenuta secondo alcuni una 'merchant bank'.

E' un modello seguito anche da queste parti (all'interno del GRA) anche grazie all'ausilio di strumentazioni legislative.
Io pago con i soldi dell'azienda che acquisto.
Tutto regolare, tutto previsto dalla legge (rectius D.L. 138/2002).

Sul modello tedesco d'accordo con te, anche se ne so troppo poco.

Piccola notazione. In Germania le entrate da diritti TV ammontano al 40% dei ricavi delle squadre. Ecco perchè gli stadi sono pieni.
Le società italiane ricavano il 60% dei loro introiti, percentuale che non ha riscontro negli altri campionati.
Non so quanti lo abbiano sottolineato, ma la affermazione molto in voga in certa stmapa per cui "vogliono allontanare la ggente dagli stadi", sembra avere una certa fondatezza.
Se burocratizzi l'entrata degli stadi all'inverosimile, in impianti peraltro molto scomodi e obsoleti, a quel punto - con un costo davvero minimo rispetto a quello della biglietteria - spingi l'utenza a ricorrere alla ... poltrona di casa.
Eppure c'è chi si sbraccia per far sì che le società di calcio non siano dipendenti dai diritti TV. Come? Costruendo stadi?
Intanto, rendiamo più semplice l'accesso agli stadi, che sono diventati un luogo triste, lugubre, gelido. Vedere un Lazio-Catania del 1983, spareggio serie B, con l'Olimpico gonfio di colori e di passione, fa venire un tonfo al cuore, fa venire rabbia!
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« Risposta #16 : Martedì 8 Febbraio 2011, 17:21:53 »
Ti prego, non mi far leggere certe cose... Poi perdo il mio naturale aplomb e sbrocco...  ;D

E' letteralmente DISONESTO intravedere un parallelo, anche labile e forzato, tra un'operazione di Lbo (leveraged buyout: mi indebito per comprare una società e poi scarico il debito contratto da me sulla società acquisita, che così rimborserà, con gli interessi, il prestito fatto a me per comprare la suddetta società) e quello che ha fatto Lotito, ovvero consolidare (mediante una transazione ottenuta grazie a una serie di interessi convergenti) il debito fiscale della Lazio.

Con l'Lbo si crea dal nulla debito aggiuntivo e si grava una società di un fardello debitorio che la stessa società non ha in alcun modo contribuito a creare.
Nel caso di quello che Lotito ha fatto (ovvero transare con l'AdE) la Lazio ripaga i debiti della Lazio. Non tutti assieme (non ce l'avrebbe fatta. Oppure sì, ma è un'altra storia. Direi che alla Lazio sarebbe costato di più, semplicemente. Ma non addentriamoci...), ma poco per volta.

So che hai scritto quello che hai scritto per amore di polemica. Ma non regge. Siamo seri. ;)
Buon viaggio, caro Piero.

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #17 : Martedì 8 Febbraio 2011, 17:40:48 »
E' letteralmente DISONESTO intravedere un parallelo, anche labile e forzato, tra un'operazione di Lbo (leveraged buyout: mi indebito per comprare una società e poi scarico il debito contratto da me sulla società acquisita, che così rimborserà, con gli interessi, il prestito fatto a me per comprare la suddetta società) e quello che ha fatto Lotito, ovvero consolidare (mediante una transazione ottenuta grazie a una serie di interessi convergenti) il debito fiscale della Lazio.

Con l'Lbo si crea dal nulla debito aggiuntivo e si grava una società di un fardello debitorio che la stessa società non ha in alcun modo contribuito a creare.
Nel caso di quello che Lotito ha fatto (ovvero transare con l'AdE) la Lazio ripaga i debiti della Lazio. Non tutti assieme (non ce l'avrebbe fatta. Oppure sì, ma è un'altra storia. Direi che alla Lazio sarebbe costato di più, semplicemente. Ma non addentriamoci...), ma poco per volta.
 

No, caro Franz, nessun amore di polemica, credimi.
Soltanto la voglia di trovare solo in questo una similitudine tra due operazione, dal punto di vista tecnico-finanziario assolutamente distanti, ma che nella natura dei fatti sono assimilabili.
In tutti e due i casi non si realizza nessun inganno, nessun trucco, ma semplicemente due operazioni assolutamente e perfettamente lecite come ce ne sono centinaia nel mondo. E tu lo sai.
Saprai anche che il "grande" finanziere Marchionne ha acquistato un paio di anni fa la Chrysler (con i libri pronti per il tribunale) con un acconto di zero euri e un finanziamento del Governo USA e una compartecipazione del fondo pensione dei lavoratori (che ricordo sono l'azionista di maggioranza della cas aamericana). Questo per citare un caso molto famoso.

Non sono del ramo per cui mi fermo qui e non insisto sul piano strettamente tecnico.
In ogni caso, se per il ManU l’acquisto della società è avvenuto con un debito creato esternamente e il cui servizio è stato fatto gravare sulla società acquisita, nel caso della Lazio il debito era già presente e in capo alla società acquisita.
La similitudine - che io vedo - sta nel fatto che il servizio del debito è pagato regolarmente dalla Lazio con il suo flusso di cassa. Altrimenti un qualsiasi soggetto interessato alla Lazio, gravata da 250 mln di euro di debiti, doveva tirare fuori – a debito o di tasca sua - la cifra corrispondente all'esposizione della società e sai bene che nessuno – ma proprio nessuno – sulla faccia della terra poteva o voleva esporsi in tal modo.
Da questo punto di vista non si può che ringraziare il signor Lotito Claudio che almeno ebbe il coraggio di tirare fuori quei soldini (20 mln di euro, si fa per dire) necessari per mantenere in vita una società ormai agonizzante.

Insomma, la leva la fanno tutti, chi più chi meno, chi in un modo chi in un altro.
Tutto qui. Davvero nessun amore di polemica.


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Offline Skorpius

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #18 : Martedì 8 Febbraio 2011, 17:51:36 »
Solo tu puoi pensare (dire) che siano assimilabili
La gente dice che sono cattivo, ma in verità ho il cuore di un bambino: lo tengo in un barattolo, sul comodino.

Offline fish_mark

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Re:L’illusione di trasformare il tifoso in investitore
« Risposta #19 : Martedì 8 Febbraio 2011, 17:55:33 »
Solo tu puoi pensare (dire) che siano assimilabili

Sapevo di non convincerti. Riproverò, con sempre più forza e convinzione.

Intervengo anche per precisare il senso della mia affermazione.
La similitudine la vedo soprattutto nell'utilizzo di capitali non propri che è l'effetto della leva, evidente e massimo nel caso del ManU, ma non difficile da scorgere nel caso della Lazio (dove Lotito mette comunque soldi suoi propri, anche se in minima parte rispetto all'esposizione debitoria della società da acquisire).
Vorrei poi sgombrare il campo dal rischio di cadere in un luogo comune per cui nel primo caso di acquisto LBO si realizza un'operazione ardita e ai limiti della moralità economica (modelli da new economy che poi portano al credit crunch), mentre nel secondo l'operazione viene compiuta con un gesto eroico (ricordiamoci che ci furono interventi comunitari per sanzionare certe pratiche in tema di ammortamenti allegri e ben spalmati).

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