Il neo acquisto: «Ho sofferto molto, giro tutto lo stipendio a mamma».
Scelto il numero 39: «Come il mio idolo Anelka»
GIANLUCA ODDENINO
TORINO
Occhi languidi, sorriso triste e poche parole per incorniciare il suo primo giorno in granata. Eppure Luis Pedro Cavanda non è il ragazzone timido e all'apparenza un po' spaesato che si è presentato ieri pomeriggio, alla Sisport, nella sala stampa-container del Toro. Il difensore africano, in prestito secco dalla Lazio, ha la personalità di chi a soli 21 anni ne ha già viste di cotte e di crude. Una formazione rapida ed anche dolorosa: non solo sul campo da calcio, dove ha già dimostrato di saperci fare, ma nella vita e soprattutto nell'infanzia.
Per sognare e non dimenticare da dove arriva, ha scelto un modello speciale. «Nicolas Anelka è un idolo - risponde - perché anche lui veniva da situazioni difficili. Ho vissuto brutti episodi e per questo ho deciso di prendere il suo numero, il 39». Cavanda è nato a Luanda (Angola), ma la morte prematura di papà Pedro (angolano) l'ha portato con mamma Efrasie (congolese) e la sorella Gaby nel vicino Congo. Poi il volo verso il Belgio e l'inizio di una nuova vita a Verdier. A sette anni il calcio da passatempo scaccia-infelicità diventa professione: inizia nel Cornesse e a 15 anni lo Standard Liegi lo ingaggia. Le cose, però, non vanno bene e così l'esperienza dura poco più di un anno.
Cavanda vuole andare via e provare a sfondare in Italia, ma il club non gli concede il cartellino. «Prima trovati una squadra», impone il club. E così fa: grazie allo zio italiano Domenico Ricci, marito della sorella di sua madre, arriva a Roma per un provino alla Lazio. Il ds Sabatini lo promuove, lo manda negli Allievi e paga un indennizzo ai belgi di 15mila euro. Un vero affare: Cavanda si presenta come difensore centrale, ma grazie alle cure del tecnico Avincola diventa un ottimo terzino.
È il 2006 e la sua favola può iniziare. «Due anni negli Allievi - dice - e poi due in Primavera. In Belgio giocavo come ala, poi la Lazio mi ha trasformato in difensore. Posso giocare sia a destra che a sinistra, ma sono un destro naturale e preferisco giocare su quella fascia». Lerda ha subito preso nota e ieri pomeriggio, al primo allenamento, l'ha schierato nella difesa titolare al posto di D'Ambrosio: un segnale importante perché Cavanda arriva al Toro per avere continuità e crescere ancora. «Qui possono darmi una mano per migliorarmi - conferma - e sono felice: avevo chiesto di andare via in prestito, ma la Lazio aveva rifiutato l'ipotesi. Poi tutto si è sbloccato all'improvviso».
Cavanda, infatti, era convocato per la sfida al Milan di ieri sera, proprio la partita che un girone fa lo lanciò grazie alla marcatura perfetta su Ronaldinho. Reja è rimasto sorpreso dall'operazione di mercato, anche se Lotito punta sul nazionale belga e non ha concesso alcun diritto sul cartellino. «Non ha mollato - ammette Petrachi -, ma spero di aprire una comproprietà a giugno: crediamo nel ragazzo e ci aspettiamo molto da lui». Cavanda, che spedisce ogni euro a casa e viveva nella foresteria di Formello, ha già conosciuto lo stadio torinese in Juve-Lazio, dove ha controllato Krasic prima della beffa finale. «Ho già rotto il ghiaccio - sorride - ma quelle sono le esperienza giuste per imparare. Se gli errori non li faccio adesso, quando li potrò fare?».