Insomma, oggi mi arriva un regalo fuori tempo massimo.
Cioè, in tempo ma non in questo tempo. Roba che mittente e destinatario (me medesimo) ancora ridono.
E' il rischio che si corre quando aver riso insieme è stato qualcosa di più forte di una semplice condivisione.
Allora, la storia è semplice.
Nel 1984 acquisto un umile cappello da baseball, con visiera. Un acquisto da poco, da cazzeggio. Neanche lo metto troppo, perché non mi dona(va).
Lo tengo spesso con me, tipo portafortuna, tipo coperta di linus, per proteggere la fragilità adolescenziale dalle tempeste della vita.
Novembre 1987, concerto di Little Steven al Teatro Olimpico. Ballando e agitandomi sulle poltroncine, succede che il cappello finisca tra le mani e sulla testa di una mia vecchia amica. Finisce il concerto e mi dimentico del cappello. Tra l'altro credo che dovessi tornare più o meno velocemente in caserma.
La mia giovane (allora) e coetanea (ora) amica la vedo ancora per qualche anno, almeno 3 o 4; qualche cena, concerti, un paio di compleanni. Si era insomma nella parabola discendente di un'amicizia la cui intensità massima datava 1985, più o meno.
Persi di vista da allora, da più di vent'anni quindi.
E il cappello, figuratevi, dimenticato più di una cosa dimenticata.
Poi la vita (digitale) fa un dribbling tra varchi spazio-temporali, buchi neri e dimensioni parallele; fatto sta che ci incontriamo di nuovo, a colpi di byte e di tastiera. Nulla di trascendentale, succede a molti (signora mia, poi di questi tempi...). Come stai? Che fai? Veramente? Uh oh, buon per te, mi fa piacere, ecc. Per inciso, lei è una manager di punta di una di quelle multinazionali che stanno sulla black list del frigorifero a casa mia. Ma chi può dire chi ha (avuto) torto o ragione? E' la vita. E io, la vita, ho preferito usarla come tavola da surf piuttosto che come infinità di onde con cui lottare a corpo nudo.
Vabbe', torniamo in trama, anche perché mancano poche righe.
Avendo lei saputo dove lavoro, non le è stato difficile risalire all'indirizzo.
Oggi, verso ora di pranzo mi arriva questo pacchetto.
Con dentro un cappello da baseball e una frazione di secondo lunga quanto una pausa di 27 anni.
Ovviamente non indosserò mai più il cappello.
Difficilmente rivedrò questa mia amica.
I ricordi più belli sono quelli che rimangono tali, senza patetici tentativi di farli rivivere.
Però c'è un però. Malgrado tutto, malgrado lontananze, scelte e idee magari contrapposte, malgrado la mia black list sul frigorifero, ecco, quando ho aperto il pacchetto, per un attimo, collocabile in quella pausa lunghissima ma anche in un futuro che chissà se mai vedremo, ho avuto la certezza che il giorno dell'Armageddon io e lei combatteremo dalla stessa parte.