dolcissimo Ivan...
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a proposito di Ivan Graziani
da
lastampa.itIvan Graziani, il grande sottovalutato
Sarà che lo ascolto da sempre. Sarà che sono mesi che ce l'ho in fissa (?) nell'iPod. Sarà che l'ho pure citato nella dedica di un mio libro.
Sarà per questo e per altro ancora, ma proprio non riesco a capire come questo paese, di per sé prossimo alla dimenticanza, non menzioni quasi più Ivan Graziani. Il grande sottovalutato della musica italiana.
Rino Gaetano lo hanno scoperto dopo vent'anni. Chissà se un giorno l'Italia arriverà (tornerà) anche ad Ivan. A lui, a Pierangelo Bertoli, a Umberto Bindi, a Bruno Lauzi, a Piero Ciampi, a Stefano Rosso e a tanti - troppo - contemporanei (do you know Paolo Benvegnù?).
Si sa. è sempre molto transitato, e mai calmo, il mare dei sottovalutati italiani.
Ivan Graziani è morto da più di tredici anni. Ne aveva poco più di 51. Era il primo gennaio 1997, esattamente sei anni prima di Giorgio Gaber (parentesi: sarebbe il caso che la si smettesse col cantarlo ovunque e quasi sempre a casaccio, il Signor G. Lasciatelo in pace e finitela di ricordarlo soltanto canticchiando - male - La libertà o Destra e sinistra. Andate a scuola e poi, forse, ne riparliamo).
La celebrazione postuma è un altro sport odioso italico, per questo occorre stare attenti. Provo a farlo, ricordando - spero onestamente - che Graziani ha dato il meglio di sè nei Settanta, come strumentista eclettico in molti dischi (Chocolate Kings della Pfm, Bufalo Bill di De Gregori e soprattutto La batteria il contrabbasso eccetera di Lucio Battisti, suo grande estimatore) e poi con i suoi dischi solisti a cavallo tra Settanta e Ottanta.
Col tempo, aveva perso il tocco. Alcune canzoni erano terribili, alcuni dischi decisamente deboli. Va aggiunto che è il percorso (declinante) di quasi tutti i cantautori, solo che ad alcuni è concessa indulgenza e ad altri no. Franco Battiato - esempio a caso - non scrive una canzone indimenticabile dai tempi de La cura e da quando si è legato (artisticamente) a Manlio Sgalambro è quasi sempre inascoltabile, ma per lui i peana continuano a piovere: è il potere di chi canta a favore di vento (e stampa).
Con Maledette malelingue, portata a Sanremo nel '94, Graziani sembrava essere ripartito. E con il precedente Ivangarage si era reimpossessato del suo vecchio amore: il rock. Forse sarebbe stato davvero in grado di rilanciarsi. Forse.
Per quanto però sia innegabile un certo decadimento qualitativo nel tempo, più o meno dal 1984 (l'anno di Nove) , quello che c'era stato prima brilla ancora. Eccome.
Ivan Graziani è sempre stato un cantautore sui generis. Anche nell'apprendistato: diplomato in grafica, iscritto all'Accademia delle Belle Arti, appassionato di disegno. Musicista in storici gruppi abruzzese (quei Nino Dale and his modernists a cui dedicherà un brano). Mai abbastanza professorale - e didascalicamente impegnato - per figurare accanto ai Santoni dell'epoca. Troppo poco barboso, troppo poco palloso, troppo poco cattedratico per unire la critica di settore. Che l'ha sempre guardato con aruia di superiorità, reputando fin troppo semplici i suoi testi e non accorgendosi - colpevolmente - che la cifra di Graziani era proprio la sua facilità nel tratteggiare il bozzetto di provincia. Nel raccontare, con parole comuni, una storia. Spesso una figura femminile: Agnese, Dada, Minù, Angelina, Cleo, Paolina.
Meno ironico di Gaetano (per quanto alcuni flash risultino a tutt'oggi piacevolissimi: Ma io che c'entro). Ma anche più musicista di molti colleghi: sublime chitarrista, virtuoso assai più di quanto abbia dato modo di vedere (anche se bastano gli assoli di Paolina e Olanda, o l'immortale riff di Pigro, per avere il polso di quanto fosse il talento tecnico).
Quasi nulla italiano per arrangiamenti e rimandi. Inimitabile nella voce, così oltremodo tipica da far sì che le sue canzoni possa cantarle solo lui (e qui, forse, c'è l'unica "giustificazione" dei pochi recuperi dal suo repertorio). Lodevole è il Premio Pigro di Teramo, mai però celebre come i corrispettivi Club Tenco e Premio Ciampi, e più ancora applaudibile il percorso del figlio Filippo, che sta portando in giro il repertorio del padre. L'ho visto in tivù a Tempi Dispari sulla Rai, uno dei pochi programmi che si è ricordato di Ivan, e qualche settimana fa sul palco di Modena per ricordare Edmondo Berselli: in entrambi i casi ha avuto sfighe industriali (il microfono che non funziona, la corda della chitarra che salta), ma ciò non ha offuscato somiglianza e bravura. Nel gruppo c'è anche il fratello Tommaso, primogenito a cui il padre dedicò a inizio carriera un introvabile album strumentale: suona la batteria.
Ivan Graziani ha scritto pagine di musica bellissima. Fuoco sulla collina è uno dei brani più intensi e originali della storia italiana. Agnese, ingiustamente accusata di plagio (era semplicemente ispirata a un Rondò di Muzio Clementi, come la successiva A Groovy Kind Of Love di Phil Collins), è ballata bellissima.
La lista delle gemme è lunga, da Firenze (Canzone triste) a I lupi, dalla trascinante Monna Lisa all'autobiografica Il chitarrista, da Lugano addio a Taglia la testa al gallo, dalla irresistibile Sabbia sul deserto alla candida E sei così bella.
Il look assurdo, gli occhiali improbabili, la voce che non era in falsetto ma proprio così, capace di toccare trame e vette uniche. Testi che non si sono presi mai troppo sul serio, riff che in Italia ne abbiamo avuti pochi così, incursioni storico-allegoriche anch'esse sottovalutate (Il prete di Anghiari). E una sincerità mai smarrita, lungo l'arco di una carriera irregolare.
Guardato oggi, a 32 anni dal suo disco migliore (Pigro), la sua musica è ancora più fresca, più forte - più viva - di tanti tromboni cantautorali (il primo cognome che mi viene in mente comincia con la "v", ma stavolta non lo cito).
La dimenticanza di Ivan Graziani è una delle tante arretratezze culturali di questo paese. Per quel che vale, vada il mio abbraccio a sua moglie Anna Maria e ai suoi figli. Sperando che la sua città, Teramo, e il suo paese, l'Italia, non aspettino una fiction (bruttina) per ricordarlo.
Andrea Scanzi