Autore Topic: Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)  (Letto 57767 volte)

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Mazzola

Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #180 : Sabato 12 Marzo 2011, 12:23:03 »
C'entrava Conti, ahi voglia se c'entrava. Era il dopo Zoff-Albertosi sicuro, si eclissò in meno di sei mesi.
Chissà com'è ?

Attenzione a fare nomi...

ROMA, 23 NOVEMBRE 1999 - La Cassazione ha riconosciuto i danni morali -
liquidati in 22 milioni a carico del giornalista Emilio Albertario,
allora a La Notte - all'ex portiere della Roma Paolo Conti
ingiustamente additato sulla stampa come coinvolto nel totonero
durante la stagione calcistica '79-80: gli articoli provocarono le ire
dei tifosi romanisti che accolsero in campo con insulti il
portiere giallorosso.
L'episodio provocò un crollo tecnico dell'atleta in campionato. La
Suprema
Corte ha sottolineato il nesso - già rilevato dalla Corte di Appello
di Milano - «tra la pubblicazione degli articoli e i danni subiti
dallo stesso Conti per effetto delle contestazioni dei tifosi».

Infatti - spiega la sentenza 12828 - «doveva ritenersi grave per Conti
essere additato all'opinione pubblica quale giocatore toccato
dall'inchiesta sul calcio scommesse essendo, peraltro, notoria
l'attenzione con la quale gli stessi tifosi seguono la stampa per
tutto quel che concerne le vicende della loro squadra e la prova in
atti ha confermato che la notizia aveva raggiunto gli ambienti dei
tifosi della squadra e che la reazione era stata una manifestazione di
aggressività verbale nei confronti del giocatore da molti apostrofato
come corrotto, ladro, venduto».
...

RobCouto

Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #181 : Sabato 12 Marzo 2011, 12:50:46 »
Comunque diversi giocatori coinvolti nello scandalo (Negrisolo, Morini Cordova e Petrini) passarono per il trefontanedemmerdagiallorossa. Cos'è, erano tutti santi in quella porcilaia e poi diventarono tutti truffatori, o anche stavolta li hanno voluti coprire vergognosamante, come dissero lo stesso duo trinca e cruciani ?

Anche Pellegrini, anzi soprattutto lui.

Certo, se famo la conta dei laziali ed ex laziali coinvolti (Cordova, Magherini, Brignani, Agostinelli), mejo lascia' perde'... E per non farci mancare nulla quelli che non erano passati da noi li abbiamo pure comprati (Chiodi, Della Martira, Damiani).

bak

Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #182 : Sabato 12 Marzo 2011, 12:58:04 »
Attenzione a fare nomi...

Grazie  :). Farò ammenda

bak

Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #183 : Sabato 12 Marzo 2011, 13:03:40 »
Anche Pellegrini, anzi soprattutto lui.

Certo, se famo la conta dei laziali ed ex laziali coinvolti (Cordova, Magherini, Brignani, Agostinelli), mejo lascia' perde'... E per non farci mancare nulla quelli che non erano passati da noi li abbiamo pure comprati (Chiodi, Della Martira, Damiani).

ma noi abbiamo pagato abbondantemente. I cravattari1927 manco per il cazzo, as usual. E questo mi fà incazzare
Ma all'epoca ci pensava giulietto a mettere le cose a posto

EaglesLazio

Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #184 : Sabato 12 Marzo 2011, 14:18:41 »
Guerin Sportivo di aprile. Intervista a Enrico Albertosi di Nicola Calzaretta.

Manca il calcioscommesse.
Le racconto tutto, ma non calchi troppo la mano. Sono passati trent'anni. La mia storia inizia con una telefonata di Bruno Giordano ricevuta al Tatum. "Ti passo un mio amico" mi dice. Era Massimo Cruciani. "Con 80 milioni, la vittoria sulla Lazio è assicurata". Io gli dico che riferirò tutto al presidente Colombo. Il quale, però, rifiuta.
Quindi ?
Mi richiama Giordano. Gli dico di no. Silenzio per diversi giorni. Poi sabato 5 gennaio, alla vigilia della partita, Colombo, Rivera e Vitali dicono che possono arrivare a 20 milioni. Richiamo Giordano che mi dà l'ok. Tutta la squadra sapeva dell'accordo. Solo il tecnico Giacomini era all'oscuro.
6 gennaio 1980: Milan-Lazio.
Insomma, secondo Albertosi è praticamente tutta colpa solo della Lazio e di Giordano...... e a quanto ho letto su questo topic, lui lo dichiara ma sono in molti ad esserne convinti.

Offline Baruch

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #185 : Mercoledì 8 Gennaio 2014, 22:13:17 »
Le prime pagine di questo libro, "PINO WILSON. Vero capitano d'altri tempi". La biografia ufficiale di Vincenzo Di Michele
Qualcuno lo ha letto?



Se avessero scritto su un cartello “cercasi calciatore, notabile, capitano d’altri tempi, per rivisitare storicamente un passato poi non tanto lontano”, non avrei avuto alcun indugio sull’elemento da scritturare. Qualcosa ancora mancava negli annali del calcio; non tanto per il dato statistico, quanto per chi volesse sentire appagata la curiosità e la voglia di sapere la verità su quel passato. Ci sono storie che si raccontano e altre che inevitabilmente si dovranno raccontare. Sì, proprio così! Si dovranno raccontare; magari non subito, perché il tempo è sempre stato un perfetto galantuomo e un po’ di pazienza non guasta mai; soprattutto quando si tratta di rivisitare e riscrivere alcuni avvenimenti che interessarono il mondo calcistico della serie A, della Nazionale e di tutto ciò che ruotava intorno a tale sport. E quella di Giuseppe Wilson è una delle storie che si deve raccontare. Non subito, ma a distanza di anni. Non ad nutum ma, come è giusto che sia, con le dovute spiegazioni.
La stesura del mio libro Io prigioniero in Russia fu possibile perché un uomo alla soglia dei settant’anni decise di riportare le sue memorie in un diario. Sentiva che era giunto il momento di descrivere la sua avventura in Russia durante la seconda guerra mondiale, quando appunto lui era un giovane soldato. Sapeva che se avesse narrato quei patimenti subito dopo il suo ritorno, di certo sarebbe stato preciso fin nei minimi particolari, tuttavia il resoconto dei fatti sarebbe stato meno obiettivo, in quanto gli avvenimenti narrati a caldo, seppur avvincenti, lasciano ancora trasparire gli stati d’animo del momento, e sarebbero stati pieni di rancore. Quindi il reduce concludeva la sua premessa con l’affermazione: “Ogni azione vissuta ha un suo insegnamento e dobbiamo raccontarla, perché se il passato non tramandasse la sua storia, il nostro presente sarebbe ora costellato da infiniti futuri”.
Pertanto, il mio interesse per il passato è sincero. In particolar modo per quel passato che ha ancora qualcosa da chiarire. Stiamo parlando del mondo calcistico, e più precisamente del calcio degli anni ’70.
La storia calcistica di quel periodo annoverava fior di campioni. In effetti c’erano molti fuoriclasse. Sul fronte milanista troneggiava un certo Gianni Rivera, mentre nella squadra della vecchia signora primeggiava l’inossidabile Dino Zoff. Nell’Inter gli elementi di spicco di certo non mancavano, con Burgnich, Facchetti e Mazzola.
La domanda allora sorge pressoché spontanea: perché Pino Wilson?
Senza nulla togliere al merito dei giocatori citati, bisogna dire che il capitano della Lazio ha avuto una storia caratteristica e intrigante, ma anche controversa e sofferta, con aspetti che in alcuni casi sono ancora tutti da chiarire.
Che Pino Wilson fosse il vero emblema della Lazio di quei tempi, era ben noto agli addetti ai lavori. Illuminante in questo senso è stata l’affermazione perentoria del mitico Silvio Piola: “Certo che il segreto della Lazio è proprio in quell’omino con la fascia che gioca lì dietro!” Che si trattasse di un giocatore al di sopra della media lo dicono i numeri: quasi quattrocento presenze con la maglia della Lazio, e sempre con la fascia di capitano al braccio. Per non parlare poi della sua militanza nella Nazionale. E non dimentichiamo che la Lazio degli anni ’70 era una squadra vincente, in cui giocava un certo Giorgio Chinaglia, personaggio con il quale Wilson condivise intensi momenti della sua storia.
Che a Wilson fosse riconosciuta una forte personalità, sia in campo che fuori, trova conferma in quel soprannome, “Il padrino”, che gli avevano affibbiato. Che fosse stato reclutato per giocare in America con il Cosmos insieme a campioni del calibro di Pelé e Beckenbauer, è anche questo uno degli allori del suo palmares.
Giocava in una squadra capricciosa e stizzosa, come titolavano i rotocalchi dell’epoca, una squadra particolarmente sfortunata e perseguitata dalle disgrazie. Pur essendo lui il capitano, nonché l’elemento cardine della Lazio, l’attenzione dei media in prevalenza era rivolta su Chinaglia. Del resto, non poteva essere diversamente. Tra gol, provocazioni e gesti impulsivi, “Long John” era senza dubbio il personaggio di richiamo per le testate giornalistiche, nonostante Giuseppe Wilson fosse unanimemente riconosciuto come un grande giocatore. In effetti il capitano della Lazio ebbe un alto rendimento calcistico per tutto il decennio in cui giocò in squadra. Lo stesso non si può dire per le partite giocate con la maglia della Nazionale: difatti, pur avendo disputato alcune partite con l’Italia, giocando anche ai mondiali del 1974 in Germania, in azzurro non ebbe una carriera brillante, commisurata al suo valore. Era però un giocatore molto richiesto sul mercato, e corteggiato dagli altri club. Eppure non cambiò mai società, e non seguì Chinaglia al Cosmos, nonostante le allettanti proposte economiche provenienti dagli Stati Uniti. C’è poi da aggiungere che fu uno dei pochi giocatori dell’epoca a intraprendere gli studi universitari: conseguì una brillante laurea quando era ancora nel pieno dell’attività calcistica, sposato e con due figli.
C’è qualcosa però che stona con questo quadro. In effetti ciò che risulta piuttosto insolito, e nel contempo richiede una rivisitazione storica dei fatti, è proprio la comprensione delle ragioni per cui un personaggio simbolo come Pino Wilson – cresciuto in una famiglia benestante, dai principi borghesi – sia stato coinvolto nei primi anni ’80 nell’inchiesta del calcio scommesse. Una vicenda, questa, che merita maggior chiarezza, considerando il comportamento successivo del capitano della Lazio che, in una sorta di autopunizione, non solo stracciò il contratto che la società gli aveva sottoscritto per il ruolo di dirigente, ma si allontanò per molti anni dall’ambiente calcistico.
C’erano dunque tutti gli ingredienti per riscrivere questo frammento di storia del calcio. Bisognava però verificare la disponibilità di Pino Wilson nel rivedere quegli avvenimenti e soprattutto nel raccontarli.
L’impressione a prima vista era stata quella di un personaggio altezzoso, e con questo pregiudizio mi presentai al nostro primo incontro. Devo ammettere che l’opera di convincimento non fu facile. Nonostante Wilson manifestasse un certo interesse all’idea di un libro dedicato a lui, nella saggezza dei suoi tredici lustri comprese subito che non mi sarei soffermato soltanto sul racconto della sua vita calcistica, ma avrei ripreso tutte le vicende di quel periodo, dove soltanto lui avrebbe potuto chiarire certi aspetti, e magari aggiungere quei tasselli mancanti che avrebbero conferito il giusto valore agli eventi passati. Come già detto, il convincimento non fu breve; nonostante ripetuti incontri e approfondimenti circa la pianificazione dell’opera nel suo divenire, passò più di un anno.
Non so dire quale sia stato il motivo che lo ha spinto a decidersi. Se devo essere sincero: non saprei scegliere, tra le tante motivazioni, quale sia stata quella essenziale circa il suo convincimento. Forse il ragionar dei tanti potrebbe indirizzarsi verso la rivelazione di nuovi fatti e aneddoti pensando al calcio scommesse. Sul punto, lo stesso Wilson è voluto ritornare in argomento, proprio con l’intento di illustrare l’effettiva panoramica di quegli avvenimenti. Per mio conto, non è stata questa la ragione preponderante. Infatti, nel raccogliere di persona giorno per giorno il suo trascorso per la stesura dell’opera e nel vivere gomito a gomito le sue sensazioni, qualche sospetto ha avuto una certezza in più. Sto parlando dei familiari e degli amici cari, a lui sempre vicini. Persone, queste, che sono fortemente presenti nel suo cuore Così, con una certa sorpresa, ho scoperto che uno dei grandi del mondo del calcio è in realtà una persona riservata, per certi aspetti perfino timida. Una persona che prova gratitudine nei confronti dei propri genitori e di chi gli è vicino; un fervente cattolico; un buon padre di famiglia.
Considerando la pacatezza dei suoi modi, non mi sarei però aspettato una persona capace di raccontare in modo così brillante aneddoti divertenti, a volte con risvolti comici, di cui lo stesso Wilson era spesso protagonista. Così come non mi aspettavo il permanere della sua notorietà nonostante il trascorrere degli anni. Durante i nostri incontri – la preferenza era il bar Euclide, a Roma nord – c’era sempre qualcuno che si accostava al tavolo per salutarlo. Erano i tifosi della Lazio, gli ascoltatori di RadioSei, i tanti sportivi sui generis, e perfino qualche sostenitore giallorosso, che avvicinandosi per un veloce saluto, non di rado manifestava allo storico capitano biancoceleste il suo apprezzamento per il glorioso passato calcistico.




Offline MagoMerlino

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #186 : Mercoledì 8 Gennaio 2014, 23:57:48 »
Le prime pagine di questo libro, "PINO WILSON. Vero capitano d'altri tempi". La biografia ufficiale di Vincenzo Di Michele
Qualcuno lo ha letto?



Se avessero scritto su un cartello “cercasi calciatore, notabile, capitano d’altri tempi, per rivisitare storicamente un passato poi non tanto lontano”, non avrei avuto alcun indugio sull’elemento da scritturare. Qualcosa ancora mancava negli annali del calcio; non tanto per il dato statistico, quanto per chi volesse sentire appagata la curiosità e la voglia di sapere la verità su quel passato. Ci sono storie che si raccontano e altre che inevitabilmente si dovranno raccontare. Sì, proprio così! Si dovranno raccontare; magari non subito, perché il tempo è sempre stato un perfetto galantuomo e un po’ di pazienza non guasta mai; soprattutto quando si tratta di rivisitare e riscrivere alcuni avvenimenti che interessarono il mondo calcistico della serie A, della Nazionale e di tutto ciò che ruotava intorno a tale sport. E quella di Giuseppe Wilson è una delle storie che si deve raccontare. Non subito, ma a distanza di anni. Non ad nutum ma, come è giusto che sia, con le dovute spiegazioni.
La stesura del mio libro Io prigioniero in Russia fu possibile perché un uomo alla soglia dei settant’anni decise di riportare le sue memorie in un diario. Sentiva che era giunto il momento di descrivere la sua avventura in Russia durante la seconda guerra mondiale, quando appunto lui era un giovane soldato. Sapeva che se avesse narrato quei patimenti subito dopo il suo ritorno, di certo sarebbe stato preciso fin nei minimi particolari, tuttavia il resoconto dei fatti sarebbe stato meno obiettivo, in quanto gli avvenimenti narrati a caldo, seppur avvincenti, lasciano ancora trasparire gli stati d’animo del momento, e sarebbero stati pieni di rancore. Quindi il reduce concludeva la sua premessa con l’affermazione: “Ogni azione vissuta ha un suo insegnamento e dobbiamo raccontarla, perché se il passato non tramandasse la sua storia, il nostro presente sarebbe ora costellato da infiniti futuri”.
Pertanto, il mio interesse per il passato è sincero. In particolar modo per quel passato che ha ancora qualcosa da chiarire. Stiamo parlando del mondo calcistico, e più precisamente del calcio degli anni ’70.
La storia calcistica di quel periodo annoverava fior di campioni. In effetti c’erano molti fuoriclasse. Sul fronte milanista troneggiava un certo Gianni Rivera, mentre nella squadra della vecchia signora primeggiava l’inossidabile Dino Zoff. Nell’Inter gli elementi di spicco di certo non mancavano, con Burgnich, Facchetti e Mazzola.
La domanda allora sorge pressoché spontanea: perché Pino Wilson?
Senza nulla togliere al merito dei giocatori citati, bisogna dire che il capitano della Lazio ha avuto una storia caratteristica e intrigante, ma anche controversa e sofferta, con aspetti che in alcuni casi sono ancora tutti da chiarire.
Che Pino Wilson fosse il vero emblema della Lazio di quei tempi, era ben noto agli addetti ai lavori. Illuminante in questo senso è stata l’affermazione perentoria del mitico Silvio Piola: “Certo che il segreto della Lazio è proprio in quell’omino con la fascia che gioca lì dietro!” Che si trattasse di un giocatore al di sopra della media lo dicono i numeri: quasi quattrocento presenze con la maglia della Lazio, e sempre con la fascia di capitano al braccio. Per non parlare poi della sua militanza nella Nazionale. E non dimentichiamo che la Lazio degli anni ’70 era una squadra vincente, in cui giocava un certo Giorgio Chinaglia, personaggio con il quale Wilson condivise intensi momenti della sua storia.
Che a Wilson fosse riconosciuta una forte personalità, sia in campo che fuori, trova conferma in quel soprannome, “Il padrino”, che gli avevano affibbiato. Che fosse stato reclutato per giocare in America con il Cosmos insieme a campioni del calibro di Pelé e Beckenbauer, è anche questo uno degli allori del suo palmares.
Giocava in una squadra capricciosa e stizzosa, come titolavano i rotocalchi dell’epoca, una squadra particolarmente sfortunata e perseguitata dalle disgrazie. Pur essendo lui il capitano, nonché l’elemento cardine della Lazio, l’attenzione dei media in prevalenza era rivolta su Chinaglia. Del resto, non poteva essere diversamente. Tra gol, provocazioni e gesti impulsivi, “Long John” era senza dubbio il personaggio di richiamo per le testate giornalistiche, nonostante Giuseppe Wilson fosse unanimemente riconosciuto come un grande giocatore. In effetti il capitano della Lazio ebbe un alto rendimento calcistico per tutto il decennio in cui giocò in squadra. Lo stesso non si può dire per le partite giocate con la maglia della Nazionale: difatti, pur avendo disputato alcune partite con l’Italia, giocando anche ai mondiali del 1974 in Germania, in azzurro non ebbe una carriera brillante, commisurata al suo valore. Era però un giocatore molto richiesto sul mercato, e corteggiato dagli altri club. Eppure non cambiò mai società, e non seguì Chinaglia al Cosmos, nonostante le allettanti proposte economiche provenienti dagli Stati Uniti. C’è poi da aggiungere che fu uno dei pochi giocatori dell’epoca a intraprendere gli studi universitari: conseguì una brillante laurea quando era ancora nel pieno dell’attività calcistica, sposato e con due figli.
C’è qualcosa però che stona con questo quadro. In effetti ciò che risulta piuttosto insolito, e nel contempo richiede una rivisitazione storica dei fatti, è proprio la comprensione delle ragioni per cui un personaggio simbolo come Pino Wilson – cresciuto in una famiglia benestante, dai principi borghesi – sia stato coinvolto nei primi anni ’80 nell’inchiesta del calcio scommesse. Una vicenda, questa, che merita maggior chiarezza, considerando il comportamento successivo del capitano della Lazio che, in una sorta di autopunizione, non solo stracciò il contratto che la società gli aveva sottoscritto per il ruolo di dirigente, ma si allontanò per molti anni dall’ambiente calcistico.
C’erano dunque tutti gli ingredienti per riscrivere questo frammento di storia del calcio. Bisognava però verificare la disponibilità di Pino Wilson nel rivedere quegli avvenimenti e soprattutto nel raccontarli.
L’impressione a prima vista era stata quella di un personaggio altezzoso, e con questo pregiudizio mi presentai al nostro primo incontro. Devo ammettere che l’opera di convincimento non fu facile. Nonostante Wilson manifestasse un certo interesse all’idea di un libro dedicato a lui, nella saggezza dei suoi tredici lustri comprese subito che non mi sarei soffermato soltanto sul racconto della sua vita calcistica, ma avrei ripreso tutte le vicende di quel periodo, dove soltanto lui avrebbe potuto chiarire certi aspetti, e magari aggiungere quei tasselli mancanti che avrebbero conferito il giusto valore agli eventi passati. Come già detto, il convincimento non fu breve; nonostante ripetuti incontri e approfondimenti circa la pianificazione dell’opera nel suo divenire, passò più di un anno.
Non so dire quale sia stato il motivo che lo ha spinto a decidersi. Se devo essere sincero: non saprei scegliere, tra le tante motivazioni, quale sia stata quella essenziale circa il suo convincimento. Forse il ragionar dei tanti potrebbe indirizzarsi verso la rivelazione di nuovi fatti e aneddoti pensando al calcio scommesse. Sul punto, lo stesso Wilson è voluto ritornare in argomento, proprio con l’intento di illustrare l’effettiva panoramica di quegli avvenimenti. Per mio conto, non è stata questa la ragione preponderante. Infatti, nel raccogliere di persona giorno per giorno il suo trascorso per la stesura dell’opera e nel vivere gomito a gomito le sue sensazioni, qualche sospetto ha avuto una certezza in più. Sto parlando dei familiari e degli amici cari, a lui sempre vicini. Persone, queste, che sono fortemente presenti nel suo cuore Così, con una certa sorpresa, ho scoperto che uno dei grandi del mondo del calcio è in realtà una persona riservata, per certi aspetti perfino timida. Una persona che prova gratitudine nei confronti dei propri genitori e di chi gli è vicino; un fervente cattolico; un buon padre di famiglia.
Considerando la pacatezza dei suoi modi, non mi sarei però aspettato una persona capace di raccontare in modo così brillante aneddoti divertenti, a volte con risvolti comici, di cui lo stesso Wilson era spesso protagonista. Così come non mi aspettavo il permanere della sua notorietà nonostante il trascorrere degli anni. Durante i nostri incontri – la preferenza era il bar Euclide, a Roma nord – c’era sempre qualcuno che si accostava al tavolo per salutarlo. Erano i tifosi della Lazio, gli ascoltatori di RadioSei, i tanti sportivi sui generis, e perfino qualche sostenitore giallorosso, che avvicinandosi per un veloce saluto, non di rado manifestava allo storico capitano biancoceleste il suo apprezzamento per il glorioso passato calcistico.




Letto, interessante.
Odio perdere più di quanto ami vincere

#liberalaLazio

Siamo realisti, esigiamo l'impossibile.

"se te senti la forza necessaria spalanca l'ale e viettene per l'aria: se nun t'abbasta l'anima de fallo io seguito a fa l'Aquila e tu er gallo"

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #187 : Martedì 10 Maggio 2016, 11:58:35 »
Per non dimenticare.

sweeper77

Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #188 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:04:21 »
mo tiro su un topic per la condanna di agiotaggio del presidente
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Offline Drenai

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #189 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:15:53 »
sì però sweeper, detto che non mi pare il caso di rinfocolare polemiche e quindi non mi piace questa operazione di ripescaggio, non si possono mettere sullo stesso piano un reato che danneggia la lazio e uno che la blinda.
gli unici a potersi lamentare delle manovre di lotito sono quei piccoli azionisti che avrebbero voluto vendere le quote all'OPA, (io non ho le competenze per stabilire se e quanto ci hanno rimesso). ma il tifoso della lazio squadra ci ha solo guadagnato stabilità.
nell'altro caso ci ha guadagnato la serie b e un decennio di stenti.

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #190 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:17:48 »
mo tiro su un topic per la condanna di agiotaggio del presidente
PER NON DIMENTICARE
mamma mia che pena che me fate
Ripeto, per me fa più pena l'atteggiamento dei Laziali che offendono altri laziali perché questi ultimi gioiscono per una nostra vittoria.

sweeper77

Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #191 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:21:22 »
La blinda quindi io domani vado a rapinare una banca visto che sto in crisi finanziaria così posso permettermi di mantenere mia moglie e mia figlia.
Ma che esempi fai drenai?
La mia risposta era indirizzata a gentleman che sta utilizzando qualsiasi mezzo per gettare merda su una manifestazione dove NESSUNO è costretto ad andare se non ha voglia.
Ci si è presi in giro prima sostenendo che chi va è romanista o colluso con chi vuole soldi da lotito , poi perculando persino maestrelli e fascetti, poi additando che con i ricavati se imbertavano soldi e basta ora col tiro al piccione verso Wilson.
Per me queste cose sono SCHIFOSE, e ti ricordo che manco io andrò ma sinceramente vedere un accanimento simile mi lascia davvero senza parole da chi si professa laziale.
Tiramo merda allora pure su chinaglia lotito Rossi su forza


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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #192 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:24:35 »
sì però sweeper, detto che non mi pare il caso di rinfocolare polemiche e quindi non mi piace questa operazione di ripescaggio, non si possono mettere sullo stesso piano un reato che danneggia la lazio e uno che la blinda.
gli unici a potersi lamentare delle manovre di lotito sono quei piccoli azionisti che avrebbero voluto vendere le quote all'OPA, (io non ho le competenze per stabilire se e quanto ci hanno rimesso). ma il tifoso della lazio squadra ci ha solo guadagnato stabilità.
nell'altro caso ci ha guadagnato la serie b e un decennio di stenti.
Eh però Lotito c'ha torto a lazzzialllità....quelli si sono venduti partite, e ci hanno0 fatto andare ein B e messo la vergogna sulla nostra società...tutt'apposto....

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #193 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:27:56 »
La blinda quindi io domani vado a rapinare una banca visto che sto in crisi finanziaria così posso permettermi di mantenere mia moglie e mia figlia.
Ma che esempi fai drenai?
La mia risposta era indirizzata a gentleman che sta utilizzando qualsiasi mezzo per gettare merda su una manifestazione dove NESSUNO è costretto ad andare se non ha voglia.
Ci si è presi in giro prima sostenendo che chi va è romanista o colluso con chi vuole soldi da lotito , poi perculando persino maestrelli e fascetti, poi additando che con i ricavati se imbertavano soldi e basta ora col tiro al piccione verso Wilson.
Per me queste cose sono SCHIFOSE, e ti ricordo che manco io andrò ma sinceramente vedere un accanimento simile mi lascia davvero senza parole da chi si professa laziale.
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Non getto merda, ho già scritto che in sé è una bellissima manifestazione, peccato che viene organizzata, stranamente, quando c'è una stagione negativa, viene organizzata e pubblicizzata, anche qui stranamente, da chi critica spesso ferocemente la società e chi da anni fa opera di disfattismo costante, e viene pubblicizzata da chi si vanta di essere il dodicesimo uomo in campo salvo lasciare la squadra giocare in un deserto quando si gioca in casa, lasciando solo e danneggiando ciò che dovrebbe venire prima di tutto, la S.S. Lazio.

Offline Jim Bowie

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #194 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:30:02 »
Che il riommico Lotito ci abbia tolto la lazialita, la dimostrazione è che ha un figlio riommico, è lampante.



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Offline Drenai

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #195 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:31:26 »
Che il riommico Lotito ci abbia tolto la lazialita, la dimostrazione è che ha un figlio riommico, è lampante.

vabè, pure cragnotti ce l'aveva.
evidentemente questa lazialità è piu labile di quanto crediamo.
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Offline franz_kappa

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #196 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:32:38 »
Tiramo merda allora pure su chinaglia lotito Rossi su forza
Fatto abbondantemente, in passato, per quanto riguarda Giorgio Chinaglia.
Ad esempio, nel postare la 'formazione tipo' del 1973-74, il nome dell'UNICO veniva sostituito con quello di Franzoni.
Nihil sub sole novum, insomma.
Buon viaggio, caro Piero.

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #197 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:33:03 »

Ripeto che fa pena chi metto sullo stesso piano dirigenti, giocatori, tifosi con gente arrestata per droga, associazione x delinquere, dandogli pure dignità e voce x parlare a nome della tifoseria.
Se questi sono l'essenza del cosiddetto Popolo Laziale diciamocelo, allora vuol dire che non ho capito un cavolo in questi anni, ed allora vi, a quelli come te o che la pensano come te, lascio campo libero e sono io a togliere il disturbo.
Tenetevela e tifatela voi, anzi createvi un club, con la benedizione di Irriducibili, Forza Nuova, così vi scegliete i dirigenti, giocatori, il merchandising ed i cori "goliardici".

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #198 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:35:03 »
Che il riommico Lotito ci abbia tolto la lazialita, la dimostrazione è che ha un figlio riommico, è lampante.



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Se si toglie il bagaglio di ricordi e di emozioni, anche io, osservando tutto il mondo Lazio non troverei un solo motivo per esserne tifoso.

Offline SAV

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Re:Le belle bandiere (Wilson e il Totonero)
« Risposta #199 : Martedì 10 Maggio 2016, 12:39:16 »
vabè, pure cragnotti ce l'aveva.
evidentemente questa lazialità è piu labile di quanto crediamo.

Ora Andrea è lazialissimo.