Autore Topic: Sovranisti contro Globalisti  (Letto 9449 volte)

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Offline Monsieur Opale

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #20 : Martedì 25 Aprile 2017, 12:21:38 »
E allora torniamo al punto: serve la Politica per governare questo
processo storico di lunga durata.

Che alla fine il mondo ne uscirà più equilibrato rischia di rimanere una ipotesi, alla luce di una prevedibile conflittualità che potrebbe vedere favoriti alcuni a scapito di altri.

Ma anche ammettendo che il cinese veda crescere (come in realtà accade, di li il consenso ad un regime che si dava per agonizzante un decennio fa...) il suo livello di ricchezza e lo stesso l'africano (per quest'ultimo siamo ancora alla mera speranza), come può reggere il progressivo impoverimento del mondo che fu privilegiato?

Chi tiene assieme i cocci? Chi orienta il consenso verso un:...fra cento anni andrà meglio per tutti?

Serve il ritorno della Politica. Politica transnazionale. Altrimenti il rischio è chiusura e conflitto.

Detta rapidamente

Offline zanzalf

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #21 : Martedì 25 Aprile 2017, 16:49:05 »
Zanzalf come cosa diavolo stai blaterando? Perdonami eh, ma altra definizione non mi viene.
Ai francesi di quanto FATTURI la Danone non frega un'emerita ceppa. E a ben donde. La "competitività globale" non è lo scopo di uno Stato ma di un'azienda. Se la Danone fattura 1000 milioni di giga miliardi di euro in Cina e produce in Cina cosa gliene viene in tasca a un francese? Anche e soprattutto perché le multinazionali cinesi produrranno in Cina, mica andranno a Parigi. La globalizzazione, inevitabile e necessaria (?) deve essere regolamentata. E per ora abbiamo assistito alla proletarizzazione di centinaia di milioni di indiani e cinesi. Ma alla desertificazione industriale europea. 'sta cosa va leggermente rivista

Ah beh certo, se ai lavoratori Danone non interessa quanto fattura l'azienda fanno la fine dei lavoratori Alitalia.
Le vendite sono il SANGUE dell'azienda. Se non c'è il sangue il corpo muore.
Un'azienda con alto fatturato ed alti utili sarà un'azienda che investirà, nel proprio personale, ad esempio. Francesi o cinesi, sempre esseriumani sono: se entrambi lavorano per la Danone hanno entrambi l'interesse che l'azienda vada al meglio.

Ovvio che la globalizzazione deve essere regolamentata, Dove avrei scritto il contrario? Ma non limitata per favorire le rendite di posizione. Va incentivata, la ricchezza si deve distribuire, circolare per il mondo. Dei ricchi indiani generano ricche aziende indiane, che portano alla collettività prodotti e servizi evoluti. Che comprano prodotti e servizi, magari ideati in occidente, altrettanto evoluti. Si deve evolvere, andare avanti, inventare cose nuove.

Dazi e protezioni commerciali sono il modo migliore per perpetuare ingiustizia e inefficienza.

Offline zanzalf

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #22 : Martedì 25 Aprile 2017, 16:52:16 »
Il crowdfunding superera', in termini di cifre investite, le multinazionali dell'investimento (VCs) nel 2020. Una vera rivoluzione che democratizzera' gli investimenti per tutti.

Non se vincono i sovranisti: se vincono i sovranisti ciascuno finanzierà il proprio orticello. Se metterai soldi all'estero lo stato ti tasserà il 50%. Se produci il medical device lo venderai solo nell'Italia centrale, altrove pagherai dazi salati.

borgorosso

Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #23 : Martedì 25 Aprile 2017, 17:02:49 »
Zanzalf, io credo che tu non riesca a vedere la questione da un'altra prospettiva. Un'altra, non necessariamente quella giusta.
Non devi certo convincermi dell'importanza delle azienda. Tantomeno della necessità di supportarle.
Ma è necessario che il supporto sia ripagato. Noi non possiamo vivere una globalizzazione in cui (estremizzo) la FIAT produce auto in Cina per il mercato italiano e quello cinese. A noi non conviene. Sarà anche meraviglioso, ma a noi banalmente non viene nulla in tasca. E gli affari si fanno in 2. E quando parlo di affari, intendo convenienza per 2 comunità, non per il management della Danone e gli operai cinesi. Un affare è tale se francesi e cinesi ne traggono entrambi vantaggio.


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Offline zanzalf

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #24 : Martedì 25 Aprile 2017, 20:57:24 »
Noi non possiamo vivere una globalizzazione in cui (estremizzo) la FIAT produce auto in Cina per il mercato italiano e quello cinese. A noi non conviene. Sarà anche meraviglioso, ma a noi banalmente non viene nulla in tasca. E gli affari si fanno in 2. E quando parlo di affari, intendo convenienza per 2 comunità, non per il management della Danone e gli operai cinesi. Un affare è tale se francesi e cinesi ne traggono entrambi vantaggio.

Scusa borgorosso ma temo che sia tu che non preda in considerazione dove porta il tuo ragionamento. Con la tua logica la Cina dovrebbe opporsi alla vendita di beni, ad esempio auto, che non siano prodotti anche nel suo territorio. O per lo meno ne dovrebbe chiedere un ritorno: i dazi appunto.

Ma perché sono male i dazi, secondo me? Per due motivi:

- Da una prospettiva umana. Ovvero considerando l'umanità non divisa in italiani, francesi, cinesi,, ecc, ma solo esseri umani. Intanto tieni presente che, a dispetto delle favolette che dipingono un mondo iperglobalizzato e uultralibbberista, di dazi è pieno il mondo. Un contadino senegalese il trattore Iveco lo paga il doppio del contadino italiano. E questa è, pura e semplice, un ingiustizia ed un freno all'economia agricola senegalese. E' un "ostacoliamoli a casa loro". Ma stai anche tranquillo che i prodotti agricoli senegalesi sono imbottiti di dazi quando arrivano in Europa.

- Fregandosene della prospettiva umana invece l'Italia avrebbe solo da perdere in un mondo in cui tutti alzano i dazi. Noi abbiamo scarse materie prime e se mettessimo i dazi alle merci cinesi o obbligassimo le aziende che vendono in Italia a produrre in Italia, ci ritroveremmo identiche misure ritorsive poste dagli altri stati: vuoi vendere la Nutella in Giappone? Apri una fabbrica di Nutella in Giappone, e in Corea, e in Egitto, e in Guatemala. Oppure paga i dazi.
Sarebbe la catastrofe: pagheremmo energia e materie prime il doppio e i nostri prodotti faticherebbero a vivere su mercati ostili. Leggiamo la storia d'Italia: ha prosperato con i commerci, con la trasformazione. Chiuderci ci distruggerebbe e basta.

Offline MCM

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #25 : Martedì 25 Aprile 2017, 22:29:15 »
Il Globalismo di Zanzalf :D :D :D La servitù.

Trump: “A Gentiloni ho chiesto più soldi per la Nato. E lui pagherà”

Offline Frusta

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #26 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 09:58:14 »
Zanzalf, io credo che tu non riesca a vedere la questione da un'altra prospettiva. Un'altra, non necessariamente quella giusta.
Non devi certo convincermi dell'importanza delle azienda. Tantomeno della necessità di supportarle.
Ma è necessario che il supporto sia ripagato. Noi non possiamo vivere una globalizzazione in cui (estremizzo) la FIAT produce auto in Cina per il mercato italiano e quello cinese. A noi non conviene. Sarà anche meraviglioso, ma a noi banalmente non viene nulla in tasca. E gli affari si fanno in 2. E quando parlo di affari, intendo convenienza per 2 comunità, non per il management della Danone e gli operai cinesi. Un affare è tale se francesi e cinesi ne traggono entrambi vantaggio.
Posto che il discorso di borgorosso per zanza non sarà chiaro né mò ne mai, provo ad approfondirlo un poco con un déjà vu.
Già visto da chi ha avuto gli occhi per vederlo, ovviamente, ma magari, facendoci sopra un po' di luce diventa più visibile.
E' un fatto che da una trentina di anni in qua il debito pubblico dei paesi industrializzati si sia alzato enormemente, così come è un fatto che molti continuano attribuirlo alle spese dimenticando le mancate entrate.
Premesso che un aumento della produttività può realizzarsi SOLO a spese di migliori infrastrutture, proviamo a chiederci perché laddove (prendo gli USA come déjà vu) lo Stato ha investito pesantemente per migliorare le infrastrutture ma NON ha ottenuto aziende più ricche che lo compensassero degli investimenti.
Prendi la Apple, che produce all'estero ma che ha il mercato maggiore in patria: la polizia continua a difendere ogni deposito , ogni magazzino, ogni porto, ogni aereoporto, ogni furgone  che trasporta tecnologia Apple su ogni strada fatta e mantenuta dallo stato, sino a venire venduta in un negozio difeso da poliziotti pagati dallo stato, e pagata in moneta stampata dallo stato, che finisce in una banca protetta a sua volta da forze dello stato.
Ma Apple allo stato non-paga-un-cazzo di tasse.
Gli USA hanno creato l’economia dei servizi avanzati più potente del mondo, ma questo allo stato COSTA.
Costa far venire nuovi cervelli da fuori, costa garantire loro la sicurezza, la sanità minima, costa garantire le infrastrutture che poi trasportano le merci prodotte chissà dove verso chissà dove, costano i porti, costano le infrastrutture energetiche.
Stesso discorso per tutte le altre aziende che progettano in patria e producono fuori. Ma queste aziende NON-PAGANO-LE-TASSE. Questi costi non rientrano mai allo stato.
Se guardate il deserto dei tartari è diventato Detroit con la delocalizzazione capirete pure il perché del voto a Trump.
Il quale potrà mantenere quanto premesso in campagna elettorale, cioè imporre tasse anche a chi delocalizza, oppure:
A) Tagliare le spese sulle infrastrutture con la prospettiva di ritrovarsi ad annaspare nell'obsoletitudine e di ammazzare qualsiasi processo di rinnovamento
B) Continuare a fare debiti e a chiedere soldi per buttarli nell'attuale pozzo senza fondo.
Tertium non datur.
Non non possono esserci altre alternative (se non nel mondo giulivo di unicorni rosa di cui diiscettano Chemist e Zanza) finché le aziende continueranno a distribuirsi sulla combinazione di minore carico fiscale.
Perché con quali stracazzo di soldi se non quelli che spremerà ad una comunità sempre più povera, o facendo ancora più debiti, lo Stato potrà continuare non dico a mantenere se stesso, ma a non mandare in rovina uanto costruito fino ad ora?
Quello che sta succedendo negli USA succederà anche qui, e ovunque, sino a quando non si riuscirà ad armonizzare il carico fiscale in modo che le aziende che consumano più risorse in termini di servizi paghino più tasse.
Produrre fuori e vendere qui COSTA, lo volete capì Zanza e Chem o no?
In ultima analisi gli USA sono i primi a sperimentare questa pillola perché sono quelli che più hanno investito sull’economia globale, sono quelli che per primi hanno globalizzazo ogni cosa, e quindi sono i primi a ricevere il conto, ma tutti gli altri stati ci arriveranno, più o meno lentamente ma ci arriveranno, non vi preoccupate.

Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Frusta

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #27 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 10:07:01 »
Dimenticavo.
Il conto arriverà anche agli stati che praticano una tassazione più bassa, perché per quanto bassa la pressione fiscale sia, prima o poi bisogna recuperare soldi per i conti pubblici.
Se si dice “ma poi le tasse le pagano i dipendenti di tali aziende”, si sta spostando la pressione fiscale sul mondo del lavoro.
Se si dice “ma poi le tasse le paga l’indotto”, si sta spostando la pressione fiscale su aziende piu’ piccole.
Se si dice “ma poi aumentano i consumi e mi entrano piu’ soldi”, si sta spostando la pressione fiscale sui consumi.
In ogni caso, da qualche parte il cetriolo, per dirla alla francese, in qualche culo deve finì.

Cosi’ occorre capire capire che o il processo riceve un robustissimo stop, come ha promesso almeno in campagna elettorale, di fare Trump e come già qualcuno meno sprovveduto di noi medita di fare fare in UE tassando le aziende ovunque si distribuiscano, oppure di paesi industrializzati che possano sopravvivere, a lungo andare, non ce ne saranno cchiù.
E soprattutto, mi dispiace per gli apologeti del mondo fatato popolato da unicorni rosa, la crescita globalizzata, in assenza di ridistribuzione del reddito per via dell’assenza di tasse, sarà pure una crescita utilissima ai pochi squali che possiedono più ricchezza di tutto l'universo munno messo insieme, ma è una crescita INUTILE per l’umanità.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #28 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 11:01:31 »
La clase operaia ha votato anche Hitler e Mussolini. Questo ragionamento non significa niente.

Continuatejela a mettere in quel posto alla "classe operaia" e rispetto ai prossimi che finirà col votare la LePen vi sembrerà un'educanda.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

borgorosso

Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #29 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 11:56:17 »
E soprattutto, mi dispiace per gli apologeti del mondo fatato popolato da unicorni rosa, la crescita globalizzata, in assenza di ridistribuzione del reddito per via dell’assenza di tasse, sarà pure una crescita utilissima ai pochi squali che possiedono più ricchezza di tutto l'universo munno messo insieme, ma è una crescita INUTILE per l’umanità.

Mi pare così semplice da capire...
Io non penso che Trump sia la cura, penso che sia piuttosto il sintomo di un malessere. Un malessere giustificato che una gran parte del mondo politico non capisce.



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Offline zanzalf

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #30 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 12:18:10 »
Continuate a fare teorie sulla base di sensazioni. Che sono sbagliate.

Tutti gli indicatori dicono che l'umanità negli ultimi 30 anni, grazie alla globalizzazione (ovvero nei paesi più globalizzati questi indicatori sono molto positivi e i pochi paesi che rimangono indietro sono quelli che si sono isolati), ha progredito immensamente in benessere, speranza di vita, istruzione, superamento delle malattie, fine delle carestie, inclusione sociale, diritti umani, ecc.
Questi sono i dati. Poi ci sono le balle che si nutrono di tre elementi: 1, le balle vendono click e i giornali ci sguazzano, laicamente, 2, ci sono mestatori che fanno di mestiere i menagrami, il loro modello sociale non esiste o non funziona, vogliono dimostrare che il mondo va una merda, 3, i gonzi: il mondo è pieno di gonzi. Non siatelo.

Poi NON NEGO che ci siano alcuni settori che hanno subito un peggioramento. Ad esempio: nel mio quartiere di Roma Sud le persone di 60 anni hanno avuto QUASI TUTTE una carriera nel settore pubblico. Oggi i loro figli no. Questa è gente incattivita con la politica che non continua a dare ai loro figli un privilegio clientelare di cui loro hanno goduto. Tutti grillini, ovviamente.

Più in generale, oltre al mio esempio particolare, in occidente ci sono settori che hanno vissuto il privilegio e che la globalizzazione ha messo allo scoperto: gli ultimi sono i lavoratori Alitalia. Io personalmente non ne voglio sapere di accollarmi per l'ennesima volta costoro. Falliscano, amen (sappiate che questa non è l'opinione del "ducetto di Rignano", lui non vuole assolutamente un crack della compagnia e temo farà qualcosa per salvarla; io, in questo caso, dissento e non mi adeguo, auspico una vendita degli slot al migliore offerente e la chiusura della compagnia)



Offline Monsieur Opale

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #31 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 12:42:05 »
Un simpatico nonnetto della sinistra...chi ha tempo lo legga

Cara sinistra, non basta il risveglio dal sonno neoliberista
di Aldo Tortorella, 22 aprile 2017
Per la stampa di parte conservatrice, la divisione del Partito democratico, la nascita di un nuovo partito e di nuove aggregazioni a sinistra, l’inizio di un movimento progressista volto alla ripresa del centro-sinistra, tutto è stato immediatamente catalogato come un ritorno al vecchiume: figurarsi, hanno detto, che gli uni si sono spinti sino a cantare Bandiera rossa e gli altri, addirittura, l’Internazionale. E non è stata da meno la stampa liberal, quella che (come la Repubblica) ha promosso la lunga trasmutazione della sinistra moderata in qualcosa di opposto a se stessa, compiendo il miracolo di Cana alla rovescia – il vino che si fa acqua, neppure troppo limpida, meravigliandosi, poi, che avesse perso il sapore, cioè l’anima.
 
Deplorazione e condanna della divisione del Pd descritta come pura e semplice lotta di potere tra persone, racconti più o meno ironici sulla nuova aggregazione detta dei “democratici e progressisti”, pochi e distratti cenni alla nascita della esperienza di Sinistra italiana vista come mera riproposizione di vecchi racconti. Anzi, come ha scritto un noto e valente polemista (Michele Serra, su Repubblica), se al tempo della fine del Pci la lotta fu di grande e drammatico rilievo poiché si trattava di superare l’ideologia per entrare nel regno della politica, questa volta nel Pd si tratterebbe di cosa tanto meschina da significare la fine della politica stessa. Soprattutto, si deplora la divisione perché avrebbe come risultato di consegnare il governo alle destre.
Mi pare di notare, in queste reazioni, piuttosto la delusione, l’amarezza o l’ira di chi aveva messo in gioco la sua stessa attendibilità per accreditare, magari controvoglia, un dirigente poco credibile come l’ex presidente del Consiglio, anziché lo sforzo per capire quello che sta succedendo a sinistra e le premesse delle vicende attuali. È certo veritiero affermare che la divisione del Pd non ha niente a che fare con il dibattito che segnò la fine del Pci, anche se quella lontana discussione non è riassumibile nei termini di uno scontro tra ideologia e politica. Per ideologia si può intendere una forma di falsa coscienza oppure una visione del mondo. Il Pci fu un partito eminentemente politico percorso – e per lunghi periodi anche convinto – da forme di falsa coscienza (una immagine dello Stato e della società forgiata dallo stalinismo come socialismo in marcia) da cui ci si liberò a fatica.
Ma vi era un confronto più o meno dichiarato tra diverse visioni del mondo – quella che mirava a una trasformazione socialista nella democrazia e quella più ancorata a una liberal-democrazia con sentimenti sociali, per dirla in modo assai sommario. Un confronto tra visioni diverse – da cui derivavano e derivano politiche distinte – che rimase aperto almeno nella prima mutazione, quella del Pds, per sfumare nella seconda e scomparire nella terza, quella del Pd: dove la volontà dichiarata è stata quella di considerare spregevole ogni mediazione e di affermare una sorta di pensiero unico, disprezzando tutti gli altri punti di vista.
Nella vulgata dei mezzi d’informazione che hanno tirato la volata all’ex sindaco di Firenze, costui sarebbe stato sempre considerato un usurpatore dalla parte di sinistra del partito ch’egli doveva dirigere. È vero esattamente il contrario. Come forse qualche lettore (molto scrupoloso) ricorderà, su questa rivista richiamammo l’attenzione sul manifesto ideologico firmato dal nuovo segretario del Pd – e poi nuovo presidente del Consiglio dopo la procurata serenità al compagno di fede religiosa e sodale di partito, Enrico Letta. In quel testo si spiegava che la nuova coppia oppositiva su cui regolare il cammino del partito non poteva indugiare su eguaglianza contro diseguaglianza, come in antico, ma aveva da essere «innovazione-conservazione» oppure «movimento-immobilità», oppure (sic!) «avanti-indietro». «Innovazione», «movimento», «avanti» piuttosto dell’eguaglianza considerata da Bobbio, in un saggio famoso, giustificazione e cardine di ogni pensiero di sinistra. E quella posizione ideologica (ovvio il riferimento a Blair) veniva posta, appunto, in appendice alla ristampa dello scritto di Bobbio, così da assumere il significato di una presa di distanza anche dal riformismo socialista. È su questa strada che si è venuta attuando la proclamata rottamazione non solo delle persone sgradite ma delle idee che potevano appartenere alla tradizione del movimento operaio socialista e comunista, senza neppure badare a quanto potesse essere ancora utile nel rapporto con i lavoratori e con il paese.
Ecco perché mi è parsa falsa l’immagine, abbondantemente usata, della divisione del Pd come ennesimo episodio della coazione a ripetere le scissioni nella sinistra. Innanzitutto, più che di una scissione si dovrebbe parlare di una espulsione. C’è da chiedersi come poteva restare chi aveva idee contrarie a quelle del gruppo dirigente se si è creata in quel partito una situazione di potere tale per cui viene imposto un paradosso che a chiunque dovrebbe apparire insostenibile.
Il paradosso per cui si dettano regole congressuali inagibili per la minoranza al fine di mantenere al comando un dirigente – e il gruppo di amiche e amici che lo contorna – che vanta un successo elettorale di quattro anni fa e poi solo sconfitte (le elezioni regionali, le elezioni amministrative) una delle quali clamorosa (il referendum costituzionale), e che, infine, viene sconfessato dalla Corte costituzionale sulla legge elettorale imposta contro il parere della minoranza interna.
Qualcuno, in quel partito, si è levato a dire, alla minoranza, «abbiamo bisogno delle vostre idee», ma la verità è che il gruppo di comando quelle idee le detesta e le teme. E il primo esponente di quel gruppo, cioè il segretario, sa dire «ho perso», ma è incapace di ragionare con i suoi contraddittori sui motivi delle sconfitte subite. Sa solo dividere, fino ad avere spaccato il suo partito e il popolo addirittura sulla Costituzione. La vera garanzia di una nuova sconfitta sarebbe stata quella di continuare sulla vecchia strada. La divisione, manifestando quali siano le conseguenze di una stolta arroganza, potrà, forse, indurre qualche ripensamento politico sostanziale. E, comunque, dovrebbe questo essere l’auspicio di coloro che si sono fatti promotori e sostenitori del Pd.
La divisione, infatti, non deriva solo da ragioni di metodo nella composizione di quel partito, ma da questioni di contenuto ideale e programmatico. Dal punto di vista del metodo, come molti giustamente hanno scritto, l’assemblaggio tra diversi (i Ds e la Margherita) fu condotta da gruppi dirigenti senza alcuna partecipazione reale del popolo che avrebbe dovuto esserne protagonista. Tuttavia, la divisione viene anche e soprattutto dal fallimento, riconosciuto da alcuni ma non dalla maggioranza attuale, della presunzione su cui l’operazione di assemblaggio era fondata. La presunzione che la condotta opportuna per una forza di sinistra “realistica” fosse quella di smetterla con un’analisi della società che si attardasse ancora a esaminare il contrasto tra le classi, considerate, ormai, come concetti (le classi e il contrasto) obsoleti, dati i nuovi mezzi e metodi della produzione e dello scambio. Di qui l’accettazione acritica della ideologia liberistica presentata come cosa nuova e moderna, mentre si trattava e si tratta di un ritorno ottocentesco innanzitutto dal punto di vista della visione dei rapporti umani. Il modello capitalistico come stato di natura. Il capitale al comando assoluto, il lavoro come variabile dipendente, i sindacati dei lavoratori o coadiuvanti o da nullificare. Con la differenza, ovvia, che il capitale al comando è quello finanziario, e che le trasformazioni determinate dalla scienza e dalla tecnica inducono anche nel capitale nuove forme di dominio. Lo sfruttamento tradizionale del lavoro operaio, dislocandosi massicciamente nei paesi in sviluppo, è tornato a livelli paurosi e ha avuto conseguenze dure sulla classe operaia dei paesi a capitalismo maturo. Nei quali nuove forme di sfruttamento (ad esempio, sul precariato, sul lavoro cognitivo) sono nate accanto alle antiche; e nuove forme di emarginazione si sono venute moltiplicando (fino a dover constatare la rinascita di casi di schiavismo).
A coloro che analizzavano la realtà economica denunciandone i mali vecchi e nuovi è stato destinato l’ostracismo. E così abbiamo vissuto quasi trent’anni all’interno di quello che è stato definito “pensiero unico” neo liberistico tornato al comando all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, mentre maturava il crollo sovietico. Anche Keynes fu considerato un relitto inutile, se non dannoso. Ma quando nel 2008, in nome del liberismo duro e puro di una volta (oltre che per altri oscuri interessi), il Governo Bush rifiutò di intervenire per evitare la bancarotta di Lehman brothers, stava per crollare l’intero edificio.
Iniziò allora a diventare chiaro che era del tutto ingannevole la capacità del mercato di allocare al meglio le risorse accumulate. Si dovette ricorrere a giganteschi interventi di finanza pubblica, ma non mutò la concezione dello Stato come mero garante in ultima istanza (degli errori o degli imbrogli di quelli che si tengono i soldi) anziché attivo protagonista e non mutò una conduzione economica fondata su un aumento delle diseguaglianza tanto lacerante e crescente da essere non solo moralmente inaccettabile, ma economicamente dannosa (Joseph Stigliz e altri).
Negli Stati Uniti, la sordità rispetto alle conseguenze sociali di un tale sistema economico è stata attribuita alla politica definita “liberismo progressista” (l’espressione si deve alla filosofa e femminista Nancy Fraser): cioè l’accettazione del corso politico ed economico liberista in cambio di diritti civili, certo essenziali (ad esempio, il matrimonio dei gay) ma che avrebbero dovuto essere conquistati e difesi insieme con una politica economica alternativa. E, se si vuole adottare questa definizione, “liberismo progressista” non fu solo la politica del Partito democratico statunitense con la conseguenza del successo di Trump (come qui, più avanti, spiegano gli articoli di Buttigieg e Cartosio), ma anche, in sostanza, la politica delle formazioni di centro-sinistra europee con le conseguenze che si conoscono, sia per le sconfitte a sinistra sia per la crescita di movimenti di destra. È stata ed è una colossale sciocchezza pensare che fosse superato il contrasto tra gli interessi di chi ha da vendere sul mercato solo la propria capacità lavorativa e chi possiede direttamente o indirettamente i soldi, i capitali, per comprarla. Questo contrasto è un dato della realtà. Se non si sa indirizzarlo sulla via di una civiltà umanamente migliore ci sarà sempre il demagogo che la devia sulle strade più rovinose.
Da tutto questo, e dall’esempio fornito da Corbyn e Sanders (quali che siano i loro limiti), è nato quello che mi sembra possa essere chiamato il lento risveglio di alcune parti della sinistra moderata dal lungo sonno dogmatico indotto dalle sirene del liberismo – progressista o retrivo che fosse. L’affermazione di Hamon nel Partito socialista francese è un episodio di questo risveglio. E ne fa parte, qui da noi, la conquistata consapevolezza di molti del danno ai lavoratori e al paese determinato da una politica detta di sinistra che perde rovinosamente nelle periferie e piace nei quartieri alti. Una sinistra senza popolo, hanno scritto taluni che ora deprecano la divisione. Dunque, bisognerebbe salutare come un fatto tendenzialmente positivo, per quanto embrionale, la nascita di un gruppo (i Dp) che, provenendo in parte da quella vicenda, dichiara di voler mettere al primo posto il lavoro, e cioè di volersi preoccupare innanzitutto della condizione dei giovani che un lavoro non lo trovano, di quelli che sono costretti al precariato a vita, di quelli che vengono sfruttati ignobilmente, di chi avendo un lavoro dignitoso teme continuamente di perderlo, e così via elencando i problemi delle persone cui dovrebbe innanzitutto porre attenzione chi si dice di sinistra e voglia evitare il successo delle destre.
Così come occorrerebbe vedere quanto ci sia di nuovo in questo partito denominato Sinistra italiana, che mi pare nasca nel rispetto delle tradizioni di ispirazione socialistica, ma senza illusioni nostalgiche, con uno sforzo per resistere alle pulsioni settarie, con il proposito di studiare bene le mutazioni economiche, sociali, culturali da cui può sorgere nuovamente una tendenza alla trasformazione di una società assurda, generata da una civiltà declinante. C’è distinzione ma, mi sembra, non contrapposizione a chi pensa di ricomporre forma di unità a sinistra e capacità di alleanze programmatiche per il governo del paese. Un bisogno che, se non vedo male, è vivo anche in formazioni e tendenze già esistenti (ad esempio, l’Altra Europa – Prc). La chiusura in se stessi è solo un segno di estrema debolezza, oltre che di incomprensione della realtà. Non bisognerebbe ripetere vecchi errori di fronte alla destra che avanza.
Il disagio sociale, la disoccupazione endemica, l’impoverimento dei ceti medi, le campagne d’opinione contro la democrazia rappresentativa, l’odio seminato contro i diversi e gli immigrati, le teorizzazioni antipartitiche fanno ritornare, come negli anni Venti del secolo scorso, l’invocazione all’uomo forte, al rapporto diretto tra capo e masse (che Trump apertamente proclama) e cioè alle posizioni che generarono i fascismi, come molti negli Stati Uniti e in Europa vanno notando. Anche in Italia, la predicazione apertamente razzista e sciovinista ha acquistato spazio, i fascisti espliciti vengono facendosi più numerosi e aggressivi. Tuttavia la maggioranza della protesta si è venuta finora incanalando, per il passato della nazione e per la forza che ebbero la sinistra storica e le forze democratiche, in un movimento, quello dei Cinque stelle, che ha raccolto l’indignazione popolare per il malaffare e l’ingiustizia sociale indirizzandola, per ora, in canali istituzionali democratici, ma che oscilla tra posizioni opposte. E che, dichiarandosi l’unica forza incontaminata e pura, delegando il potere di decisione finale al padrone del simbolo-marchio aziendale, mostrandosi spesso incompetente e avventuroso, manifesta tendenze inquietanti già viste e sofferte.
C’è da far fronte al tempo stesso alla grave situazione economica del paese e ai rischi di involuzioni antidemocratiche. Non bastano, dunque, i risvegli dalla lunga sudditanza al credo liberista di quelle parti e settori della sinistra che vi si erano assuefatti divenendo irrilevanti o che, per contrastare quel credo, erano caduti in eguale impotenza, praticando il settarismo anziché lo sforzo unitario, la esecrazione in luogo della proposta, la vicinanza teorica ma non pratica al bisogno o alla disperazione. Ora, all’alba dei risvegli dovrebbe seguire il giorno della saggezza da parte di tutti.
In coloro che, avendo fin qui sostenuto la tendenza moderata, si dicono ora preoccupati per la divisione del Pd un po’ di saggezza dovrebbe portarli a riflettere sul fallimento di una politica inconcludente e antipopolare. E dunque spingerli a cercare di far prevalere in quel partito, che si va facendo erede della tradizione centrista, un tendenza che non spinga, com’è ora, alla contrapposizione a sinistra, ma si contrapponga alla destra. Alla sinistra che si viene a fatica ricostruendo in varie formazioni la saggezza dovrebbe suggerire di non far prevalere le distinzioni tattiche inevitabili per le diverse storie donde ciascuno proviene e di lavorare, invece, alla ricomposizione di un sentimento comune, a partire dalla questione morale, tra i gruppi di sinistra che in Parlamento e nel paese avvertono l’esigenza di una svolta economica, sociale, nella cultura diffusa. Forse, ad esempio, si potrebbe pensare a comuni campagne di opinione e iniziative comuni di solidarietà attiva nelle periferie divenute estranee e talora ostili alle sinistre tutte, considerate parolaie e traditrici. Ma se manca la capacità di costruire posizioni concordi e credibili sul risanamento del sistema politico e dei partiti, sulle misure possibili per la ripresa dell’occupazione, sulla politica fiscale, sulla immigrazione, sui rapporti internazionali, e cioè sui cardini di una alternativa nel governare e nel modo di intendere la politica, le posizioni di destra prevarranno. Le fondamenta di una sinistra adatta ai tempi nuovi si costruiscono abbattendo gli steccati nella riflessione, nei programmi, nella pratica politica.

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #32 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 13:35:23 »
Zanza, se permetti alle aziende che vanno a produrre altrove di non pagare le tasse al tuo paese, tuo figlio diventa disoccupato e tu verrai spremuto come un limone.
 E non me lo sto inventando adesso, è già successo negli USA che stanno rivedendo questa politica suicida, e sta succedendo qui. L'impiego pubblico non c'entra un cazzo, dato che rientra nei servizi, e quindi nelle spese; stiamo parlando di aziende, capisci? DI AZIENDE che producono ricchezza per se stesse e rappresentano un costo per TE.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline MCM

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #33 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 17:52:30 »
Sensazioni dice Zanzalf...no...fatti.

Macron fischiato dagli operai della Whirpool di Amiens al grido di Marine presidente.

Offline zanzalf

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #34 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 18:13:22 »
Zanza, se permetti alle aziende che vanno a produrre altrove di non pagare le tasse al tuo paese, tuo figlio diventa disoccupato e tu verrai spremuto come un limone.
 E non me lo sto inventando adesso, è già successo negli USA che stanno rivedendo questa politica suicida, e sta succedendo qui. L'impiego pubblico non c'entra un cazzo, dato che rientra nei servizi, e quindi nelle spese; stiamo parlando di aziende, capisci? DI AZIENDE che producono ricchezza per se stesse e rappresentano un costo per TE.

L'eventualità che mio figlio diventi manager di quelle aziende, che fanno un sacco di soldi e generano un sacco di opportunità per chi ci lavora, per chi gli fa consulenza, per chi gli offre servizi avanzati, non ti sfiora? solo al tornio deve stare mio figlio? Nel tuo modello il lavoro è solo lavoro al tornio. Io invece credo che il lavoro deve essere lavoro nuovo, di nuovo ingegno.

Certo, nel mio modello è molto più difficile stare al passo; nel mio modello una società non si può permettere di assumere 900 camerati amici di Alemanno in ATAC a non fare un cazzo. Non sono più gli anni ottanta: amico funzionario politico ti rimedia il posto semi assistenziale.

No, nel mio modello devi poter dare qualcosa in più alla società e vivere, possibilmente bene, perché quello che dai ha un valore. No essere mantenuto dal governo che raccoglie con le tasse i soldi per mantenerti: il tuo modello, semplicemente, non sta in piedi perché non c'è nessuno che crea valore. Se daremo ai cinquestelle l'opportunità di questo bell'esperimento sociale in un decennio, ci vorrà un decennnio, saremo terra bruciata.

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #35 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 18:43:18 »
Nel tuo modello gli unicorni rosa svolazzano festosi fra le nuvole al suono di tintinnanti arpe d'argento.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline zanzalf

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #36 : Mercoledì 26 Aprile 2017, 22:33:30 »
Nel tuo modello gli unicorni rosa svolazzano festosi fra le nuvole al suono di tintinnanti arpe d'argento.

Se uno il futuro ci prova a costruirlo, forse ce la fa. Altrimenti se la prospettiva è solo mangiare pane e merda...

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #37 : Giovedì 27 Aprile 2017, 08:57:27 »
... pane e merda...
Continuate a fare i burattini della finanza e il pane da quel menu ce lo potete pure leva'.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline zanzalf

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #38 : Giovedì 27 Aprile 2017, 10:09:36 »
Continuate a fare i burattini della finanza e il pane da quel menu ce lo potete pure leva'.

che bel frignare! la lagna come strategia di sopravvivenza. dibba, con il suo eloquio piagnucoloso, è il vostro migliore rappresentante

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Re:Sovranisti contro Globalisti
« Risposta #39 : Giovedì 27 Aprile 2017, 11:09:01 »
che bel frignare! la lagna come strategia di sopravvivenza. dibba, con il suo eloquio piagnucoloso, è il vostro migliore rappresentante
Massì, meglio farsi rappresentare dal signor "Letta stai tranquillo che il presidente del consiglio sei tu" o "L'Alitalia finalmente è salva" o "Investite tranquilli e fiduciosi sul Monte dei Paschi" o "Ad ogni famiglia di terremotati garantisco una dignitosa abitazione entro Natale"... e così via. La litania delle bugie senza vergogna del tuo capo continuala tu mentre vai a votarne la riconferma alla segreteria.
 ;) E me raccomando, non te scordà i du' euri.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.