Accadde allora, fu incredibiledi GIANNI BRERA
Questo articolo è stato pubblicato su "Repubblica" del 9 luglio 1992. E' la rievocazione che Gianni Brera fa dell'avventura del Mundial di dieci anni prima e delle scelte di Bearzot
"Pur sconfitto, l'argentino Menotti ribadiva che il nostro calcio er in ritardo di 50 anni. L'estrema facilità dei brasiliani offendeva in me l'operaio della pelota che ero stato da giovane, e come me tutti gli operai che ancora oggi soffrono per guadagnarsi la micca nella pedata. Non avevo speranza che l'Italia se la cavasse, perciò pensai a pellegrinaggi e processioni. E invece..."
ANDIAMO a Barcellona, allora. In Messico, nel ' 70, siamo arrivati al secondo turno segnando la miseria d' un gol (ciabattata casuale di Domenghini dal limite) contro la Svezia. Gigirriva, turbato da motivi d' amore e cotto di fatica, spreca con la Svezia qualcosa come 4 palle-gol, cadendo in gravissima crisi. Walkerhaegg inventa la staffetta, che i nesci disapprovano per il solo fatto di non capire il calcio: in realtà Mazzola sa difendere e corre al recupero come non saprebbe Rivera, che invece costruisce meglio di lui e ha modo di farlo quando, iniziato il secondo tempo, il ritmo del gioco si fa più ragionevole. L'incontro epico di quel mondiale ha luogo all'Azteca contro la Germania, battuta 4-3 nei supplementari. Qui in Spagna, le cifre sono leggermente migliori: giocando a pene di segugio (e poi spiego perché) segniamo un gol con Conti al Perù e un gol con Graziani al Camerun. L'indizio ottimistico offerto dalle cifre è minimo e nessuno ne tiene conto: però è reale. Se in Messico siamo arrivati alla finale, qui dovremmo addirittura far meglio.
AMMETTO che il ragionamento vige a posteriori, come quasi sempre nel calcio: ma a pensarci ve n' è un altro che il pessimismo vieta in assoluto, questo: che l'Italia è squadra femmina e può rendere solo se è l'avversario a farle contro un gioco intraprendente, comunque vigoroso. I polacchi hanno paura degli azzurri e lasciano loro, più o meno limpide, cinque palle-gol. Paolino Rossi è flebile e Graziani decisamente mediocre. Tardelli sorvola la mischia creatasi in occasione d' un angolo (testa di Collovati respinta fuori area) e manda il pallonetto a colpire la traversa. Il Perù viene descritto come l'emulo più attendibile del magno Brasile. Gioca bene ma troppo lentamente. Riusciamo a segnare con un destro (inaudito) del grandissimo Pelasgio Conti. Alla ripresa caliamo di brutto. Rossi viene sostituito da Causio, passato più di lui. Il ritmo scema di molto e i peruani assumono il governo della palla. Mischie paurose si creano davanti a Zoff, che alla fine viene uccellato da una deviazione di Collovati. Il Camerun è fatto di negroni forti e dotati di fondo atletico. Graziani azzecca un'incornata volitante sulla quale scivola N' Kono meritandosi gli sfottò di Milla. Costui milita nel campionato francese: un minuto dopo il pastrocchio di N' Kono, metterà M' Bida in condizione di fare 1-1 (l'arbitro non vede il fuorigioco del centravanti e Zoff non ritiene di dover uscire come potrebbe). Il pessimismo vieta di riflettere sull'indole femminea dell'Italia.
Enzo Bearzot ha l'aria - alle mie orecchie - di volersi fare coraggio quando dichiara, poco prima dell'involo da Vigo, che non gli fanno paura né l'Argentina né il Brasile. A me pare che sia un po' matto. Si capisce che la sua intervista mi esalta. Sul piano giornalistico è un vero e proprio scoop. Né dimentico di essere uno schietto e dunque ingenuo tifoso della nazionale: però di calcio deliro e vivo da sempre: a me non la conti, mezzo Carnera furlan de l'ostia. Sono sincero fino all'autolesionismo. Ho scoperto da tempo che sbaglia i pronostici solo chi li fa. E viceversa. A Barcellona fa un caldo perverso. Navarro ed io cerchiamo ristoranti all'altezza e barbelliamo come negri nella hall refrigerata del nostro albergo. Io scrivo che fra noi e l'Argentina corrono almento 2 gol (a nostro danno). Ma ricordo pure che giocando all'italiana abbiamo mortificato Menotti a Baires nel ' 78, e che Menotti è stato così pirla da disprezzarci perché "ci limitiamo a impedire il gioco degli avversari". Mi confiderà Bearzot che non voleva affatto battere l'Argentina, per lasciarla agli incassi e all'entusiasmo della capitale: sono stati gli azzurri a non voler fare posto alle riserve, per paura di perdere il posto (e i premi): così l'Argentina è andata a Cordova ed ha superato il Brasile unicamente per la differenza reti, avendo battuto 6-0 il Perù (tra i pali, un ex argentino naturalizzato peruano). NON tengo conto del macerante logorio al quale è stata sottoposta l'Argentina, già battuta dal Belgio in apertura e poi maramalda con i miei illusi cugini ungheresi. Non rifletto neppure sul fatto, a noi favorevole, che il campo dello stadio Sarrià, quello dell'Espanol, è di qualche metro più stretto del Nou Camp, sul quale gioca il Barcellona. Chi si difende, come noi dovremmo (a dispetto delle prediche bearzottiane) si trova meglio sui campi stretti...
Nel presentare Italia-Argentina ammetto che non abbiamo ancora vinto un incontro e che forse non ne vinceremo uno che è uno, però i Grandi Numeri sono dalla nostra, almeno quelli: e sconsiglio Bearzot dal marcare Maradona con il deterrente Gentile: più adatto, a mio parere, è l'agile Collovati. Bearzot schiera Zoff; Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea; Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. Arbitro è Rainea, un ingegnere rumeno molto amico di Artemio Franchi, nostro centravanti segreto. Si dispongono le squadre e Gentile cerca subito Maradona, e Silver Maggi, protofotografo, mi riferisce che el Pibe de oro minaccia subito di uscire di senno, perché Gentile è un africanide in tutto fuorché nella nobile bellezza del viso, è africanide nella corsa a glutei sporgenti e in quanto, senza parere, appoggia ai fianchi già opimi dell'indio semidivino: il quale alla lunga dà fuori da matto, ma non può dire all'arbitro quel che gli fa sentire Gentile. Il calcio degli italiani è difensivo e quello argentino arrogante e presuntuoso. Va in gol Tardelli al 57' e dopo 10' Cabrini. Gentile viene ammonito, non espulso (ci mancherebbe che Rainea snobbasse a questo punto il presidente dell'Uefa!). Gli argentini ringhiano calcio e pedate furibonde. Quando Altobelli entra a sostituire Paolino Rossi gli viene incontro Passarella e gli molla sui denti una sventola omicida: il colpo è così fulmineo che lo vedo io solo, mediocre pugile dell'università di Pavia: ne chiederò il motivo a Passarella, quando verrà in Italia: mi dirà el capitan: "Gli altri picchiavano Maradona". Passarella è stato anche l'autore del gol argentino all'83' . L'arbitro non aveva ancora fischiato perché tirasse la punizione ma ci ha avuto pudore a farla ripetere. Così è finita 2-1. Menotti ha ribadito che il calcio italiano era in ritardo di 50 anni. Vicino a me sedeva un collega argentino che ogni tanto gridava sdegnato: "Etta Italia es una mierda". Sentivo che si aspettava la rissa. Ho resistito. Sconfitta, l'Argentina ha dovuto giocare subito con il Brasile ed ha perso 1- 3. Il magno Brasile ha saputo tenerla in inferiority complex. Maradona si è fatto espellere per una crisi isterica.
L'Italia si è riposata quanto bastava per affrontare il Brasile in piena umiltà. Sull'Italia i brasiliani erano puntualmente informati da Falcao, che un po' ci temeva, e da Altafini, che non ci pigliava sul serio. I brasiliani hanno seguito i consigli di Altafini, notoriamente dotato di un'esperienza pari all'ingegno critico. Nel presentare l'incontro ho ricordato che Bearzot mi aveva detto di sapere come affrontare e magari battere gli argentini, mentre non arrischiava la più discreta delle ipotesi pensando ai pirotecnici brasiliani: anzi, ha precisato di essi che erano i favoriti per la finale con gli inglesi. Forte di questo pronostico insigne, io stesso ho dichiarato che "l'estrema facilità dei brasiliani offendeva in me l'operaio della pelota che ero stato da giovane e come me tutti gli operai che ancora oggi soffrono per guadagnarsi la micca nella pedata". Consigliavo dunque a Bearzot un pellegrinaggio al Tibidabo, per chiedere la protezione de la sancta madre de Dios. Quanto a me, non avevo speranza alcuna che l'Italia se la cavasse: se però fosse accaduto il contrario, pari pari promettevo di andare in processione vestito da flagellante (battù) il giorno della sagra, il 24 agosto al mio paese. Ai brasiliani sarebbe bastato un pari con l'Italia per passare alle semifinali. Contro di loro Bearzot ha schierato Zoff; Gentile e Cabrini; Oriali, Collovati e Scirea; Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni e Graziani. Contro Serginho si è battuto Collovati e contro Zico, già famosissimo, Gentile. Arbitro dell'incontro era Klein, devoto ad Havelange, presidente della Fifa, esattamente come Rainea era devoto a Franchi. Paolino Rossi ha subito ciccato l'a-volo su un cross-gol di Cabrini all'avvio ed ha incornato in gol al 5' . I brasiliani si sono sgrullati di dosso il fastidio come usano i muli quando li assalgono i tafani: dopo soli 7' erano in gol con Socrates (tiruzzo astuto fra Zoff e palo).
INSISTEVANO i brasiliani, desiderosi di infliggerci una solenne lezione, e Rossi toglieva palla a Cerezo, un po' distratto, al 25' e miracolosamente infilava il sette alla destra di Waldir Perez. Tiro imparabile dal limite. Stupore e dispetto dei brasiliani. Collovati esce per Bergomi, autentico jolly difensivo, e Tardelli lascia il posto a Marini a metà del secondo tempo. I brasiliani attaccano al loro ritmo e gli italiani tengono con il cuore in gola. Segna Falcao al 68' e sarebbe fatta ma i brasiliani, incredibilmente, seguitano ad attaccare; Rossi fa prodigiosa tripletta al 75' e sarebbe goleada se l'arbitro, devoto ad Havelange, vedesse un clamoroso rigore di Junior su Rossi e non annullasse per fuori-gioco inesistente (!) un comodo gol di Antognoni. Il finale è altamente drammatico. Gli italiani fanno muro davanti a Zoff, autore di parate assai critiche. Io vesto in anticipo il saio del battuto (o flagellante) e m' infischio bellamente di aver pronosticato male. Il dispetto di avere sbagliato previsione è nulla contro la soddisfazione e l'orgoglio di questa vittoria meravigliosa. Ormai la conquista del terzo titolo mondiale è alla nostra portata.
(l'articolo è di Gianni Brera su 'la Repubblica' del 9/7/1992)