Autore Topic: Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio  (Letto 1378 volte)

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Offline AlenBoksic

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Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« : Giovedì 16 Dicembre 2010, 09:36:36 »
di Alberto Crespi

Ai tempi del Patto di Varsavia c’era unsolocamponel quale i paesi satelliti potevano umiliare l’Unione Sovietica senza timore di essere invasi: lo sport. La Cecoslovacchia ci riusciva spesso nell’hockey su ghiaccio, la Polonia si prese lo sfizio di eliminare l’Urss nei Mondiali di calcio del 1982, la Romania sfidò il gigante sovietico boicottando... il suo boicottaggio, e partecipando – unico paese socialista – alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984. Ma la madre di tutte le partite, in questo senso, rimane lo scontro fra le nazionali di calcio di Urss e Jugoslavia alle Olimpiadi di Helsinki, nel 1952. Erano le prime Olimpiadi alle quali l’Urss partecipava. L’ordine di Stalin era vincere quante più medaglie possibili, per dimostrare la «superiorità » del modello socialista rispetto alle plutocrazie occidentali. Dal ’49, la Jugoslavia di Tito non era più un paese «fratello», ma un nemico acerrimo. Forse mai, in tutta la storia dello sport, l’ingerenza della politica è stata forte come quel 20 luglio 1952 nello stadio di Tampere, quandola Jugoslavia affrontò l’Unione Sovietica guidata dal tecnico Boris Arkadev. Chein quei giorni, con Berija e Stalin appollaiati sulle spalle e l’intero Politbjuro del Pcus che gli chiedeva – pardon, gli ordinava – la vittoria, era l’uomo più preoccupato dell’Urss, quindi del mondo. Fra poco vi ricorderemo come finì, quella partita. Prima, però, vogliamo dirvi che il titanico derby fra Tito e Stalin è uno dei due grandi psicodrammiraccontati inun libro bellissimoappena pubblicato dalla casa editrice Melangolo: I piedi dei Soviet. Il futbòl dalla Rivoluzione d’Ottobre alla morte di Stalin, di Mario Alessandro Curletto, 244 pagine in cambio di 11 euro davvero ben spesi. L’altro psicodramma è quello della mitica «partita della morte», della quale parliamo nei due box qui accanto: una storia inventata dalla propaganda sovietica. Quando l’Ucraina fu liberata dal giogo nazista, cominciò a circolare l’epopea di una partita giocata da eroici patrioti ucraini contro una squadra delle SS. L’ordine dei tedeschi era di perdere: gli ucraini, una volta in campo, decisero di giocarsela, di vincere – e furono tutti fucilati. Beh, l’autore del libro dimostra con documenti e testimonianze d’epoca che tale partita non ebbe mai luogo. Sia il mito della «partita della morte », sia le folli ingerenze politiche sul match olimpico del ’52 dimostrano la tesi di Curletto: fin dai primissimi giorni del potere bolscevico, il calcio fu strumento di propaganda, super- controllato dalla politica. All’inizio, i bolscevichi non vedevano di buon occhio quel gioco portato in Russia – come in tutto il mondo – dai marinai e dai commercianti inglesi. Manel 1917, anno della Rivoluzione, era già troppo popolare per essere estirpato: il primo campionato cittadino di Pietroburgo si era disputato nel 1901 e da lì il pallone era rotolato per tutte le Russie. Nel 1912 era nata la Vserossijskij Futbolnyj Sojuz, l’Unione Calcistica Panrussa. Nel 1921, alla fine della guerra civile, il congresso delle organizzazioni sportive operaie tenutosi a Mosca sancì che il calcio doveva «sovietizzarsi », pena la rivolta, o la depressione cosmica, di tutti i tifosi. Il dibattito politico fu aspro e surreale. Chi deplorava il calcio in quanto sport «borghese», chi lo sosteneva per le sue qualità «collettive». Sentite cosa scriveva nel ’24 la rivista Krasnyj Sport (“sport rosso”): «Si tratta di un gioco collettivo, di squadra, che educa lo spirito di gruppo, la fermezza, la rapidità di decisione, la determinazione, la destrezza...», e fin qui sembra di sentire Arrigo Sacchi, ma l’autore (V. Lebedinskij) prosegue: «...tutte queste qualità sono indispensabili per ogni combattente dell’Armata Rossa e per ogni cittadino, che deve essere pronto in ogni istante a scattare armi in pugno a difesa delle proprie conquiste». Non c’è da stupirsi che il calcio venisse subito «militarizzato»: i club più importanti dipendevano o dalla polizia segreta (Nkvd, poi Kgb: tutte le Dinamo, delle varie città) o dall’esercito (il Cska, sigla che sta per Centralnyj Sportivnyj Klub Armii, club sportivo centrale dell’esercito). Fece eccezione il glorioso Spartak di Mosca, unico club mai «politicizzato» del calcio sovietico, e per questo regolarmente derubato di scudetti e coppe dalle varieDinamotantoamate dal super-tifoso Lavrentij Berija. Ma la storia raccontata da Curletto ha anche momenti epici, come la rabbiosa sopravvivenza del calcio a Leningrado (durante l’assedio da parte dei nazisti) e persino a Stalingrado, nei giorni peggiori della guerra; o come l’emozionante Coppa dell’Urss assegnata a Mosca il 27 agosto 1944, a conflitto ancora in corso, come orgoglioso «segno di vita» di un paese che cominciava a intravedere la vittoria (tra gli spettatori di quella finale, vinta dallo Zenit di Leningrado, c’era un giovanissimo Lev Jashin, futuro portiere più forte del mondo: il suo ricordo, riportato nel libro, è emozione pura). PAURA & ORGOGLIO E Stalin? Non era un tifoso. Non capiva nulla di pallone. Ma in quell’estate del 1952voleva fortissimamente che l’Urss battesse la Jugoslavia. Oberati dallo stress e dai diktat provenienti da Mosca, i giocatori sovietici scesero in campo e al 14’ del secondo tempo perdevano 5-1! Si vedevano già in Siberia. Sarà stata la paura, l’orgoglio, la supponenza degli slavi: fatto sta che, trascinati dall’attaccante Bobrov (3 gol), i russi pareggiarono. 5-5! Non si disputavano i supplementari. Urss e Jugoslavia tornarono in campo due giorni dopo. Al 6’ del primo tempo Bobrov portò l’Urss sull’1-0. Il miracolo sembrava a portata di mano. Ma la superiore classe degli slavi rese inevitabile il 3-1 finale. Al ritorno in Urss, allenatore e giocatori furono giubilati, squalificati, additati al pubblico ludibrio. Li salvò da punizioni peggiori la morte di Stalin, avvenuta il 5 marzo 1953. Da lì inizia l’epoca moderna del calcio sovietico: gli anni di Jashin, della vittoria negli Europei del ’60, di Oleg Blokhin, di Rinat Dasaev. Un’altra storia, alla quale speriamo Curletto dedichi presto un altro libro.

http://www.unita.it/culture/quando-l-urss-era-nel-pallone-br-e-stalin-faceva-politica-col-calcio-1.260654

P.S.: Curletto ha scritto anche un libro molto godibile sulla storia dello Spartak.
Voglio 11 Scaloni

CiPpi

Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #1 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 10:22:23 »
un po' come oggi in Korea del Nord.

tempo fa la BBC passo' una serie a proposito dei legami tra politica e pallone.

non ne ho una precisa memoria del programma, ma se non sbaglio il quadro che ne tracciarono fu quello dello sport come campo di battaglia parallelo, con forte ispirazione nazionalista, indipendentemente dal tipo di politica del paese dalla ripresa delle olimpiadi nel 1896.

basti pensare che furono date alla Germania di Hitler cosi come alla Cina di Tiananmen, ai boicottaggi, come menzionato nell'articolo, degli anni Ottanta e al forte impegno personale di Tony per Londra 2012.

Offline fish_mark

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Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #2 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 10:31:45 »
Di una partita giocata nella piazza Rossa presente Iosif Vissarionovič Džugašvili in persona ne parla Simon Kuper (*) in "Calcio e potere" del 2008. Il segretario generale del Partico comunista dell'URSS guardò la partita con divertita curiosità, ma la cosa non sembrò interessargli molto.

In questo libro si racconta anche dei tentativi ripetuti e vani del regime nazista di creare una squadra di calcio degna di essere competitiva. Si narra di una "amichevole" con la Svezia giocata a Berlino nel 1942, e organizzata da Goebbels in persona, mentre era in corso un bombardamento aereo alleato. La partita finì 2-0 per gli svedesi.

(*) Simon Kuper, assieme a Stefan Szymanki,  è anche autore di "Calcionomica", rassegna storica dei vari modelli di calcio vincente: dal Borussia Moenchengladbach, al Nottingham Forest, all'Olimpique Lione, senza dimenticare la Lazio di Cragnotti.
Dello stesso autore non va dimenticato "Ajax. La squadra del ghetto" (2005)
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RobCouto

Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #3 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 11:33:51 »
L’altro psicodramma è quello della mitica «partita della morte», della quale parliamo nei due box qui accanto: una storia inventata dalla propaganda sovietica. Quando l’Ucraina fu liberata dal giogo nazista, cominciò a circolare l’epopea di una partita giocata da eroici patrioti ucraini contro una squadra delle SS. L’ordine dei tedeschi era di perdere: gli ucraini, una volta in campo, decisero di giocarsela, di vincere – e furono tutti fucilati. Beh, l’autore del libro dimostra con documenti e testimonianze d’epoca che tale partita non ebbe mai luogo. Sia il mito della «partita della morte »,

Ci sono tante e tali testimonianze su quella partita che deve allora essersi trattato di un'allucinazione di massa che manco a Fatima.

In realtà, i tedeschi non minacciarono nessuno, non arrestarono nessuno e perfino l'arbitraggio, a quanto ne so, fu rigido ma imparziale. Alcuni dei partecipanti alla partita furono arrestati in periodi successivi a quella partita e alcuni di loro anche deportati, ma ciò avvenne nell'ambito dell'attività antipartigiana dei nazisti, il calcio non c'entrava nulla. Ma quella partita fu giocata eccome e la storia le ha attribuito un grande significato simbolico.

RobCouto

Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #4 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 11:38:42 »
In questo libro si racconta anche dei tentativi ripetuti e vani del regime nazista di creare una squadra di calcio degna di essere competitiva. Si narra di una "amichevole" con la Svezia giocata a Berlino nel 1942, e organizzata da Goebbels in persona, mentre era in corso un bombardamento aereo alleato. La partita finì 2-0 per gli svedesi.

Già, e il baffetto osservò che il popolo tedesco non si deprimeva per i bombardamenti quanto lo fece per quella sconfitta.

L'unico "pianificatore" ad aver successo col calcio fu il romagnolo ex direttore de l'Avanti. Il motivo è semplice: nel regime ognuno faceva il caxxo che gli pareva, e così il calcio, animato dalle sane rivalità di campanile, prosperò come non mai.

Offline AlenBoksic

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Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #5 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 11:44:11 »
Il calcio in particolare (e lo sport in generale) era assai funzionale alla volontà di nazionalizzare le masse che ispirava il regime.
Il tutto senza dimenticare la mitologia dell'uomo nuovo in cui larga parte aveva la cura della vigoria fisica.
Voglio 11 Scaloni

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Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #6 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 11:53:01 »
Da quanto ho avuto moo di leggere nel libro da me citato di Kuper, il che trova conferma nella battuta di RobCouto, i tentativi da parte dieregimi vi furono, ma furono portati avanti con successo e determinazione soltanto qui da noi, con il romagnolo ex direttore de l'Avanti, mentre né i sovietici né gli stessi nazisti ebbero a cuore l'opera.
Peraltro, i tedeschi dell'anteguerra, calcisticamente, dovevano essere delle emerite seghe, mentre grande considerazione avevano gli austriaci, assieme agli ungheresi (il calcio danubiano). A quanto pare, soltanto con la vittoria in Svizzera del 1954 i tedeschi (dell'Ovest) assurgono a rango di potenza calcistica, anche se - come molti di voi sanno - su quell'impresa c'è il pesante sospetto del doping.
In tema di scandali, la nostra vittoria del 1934 non fu esente da retroscena, mentre più limpida apparve quella del 1938, salutata anche da molti antifascisti italiani in esilio in Francia.
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Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #7 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 11:58:54 »
Da quanto ho avuto moo di leggere nel libro da me citato di Kuper, il che trova conferma nella battuta di RobCouto, i tentativi da parte dieregimi vi furono, ma furono portati avanti con successo e determinazione soltanto qui da noi, con il romagnolo ex direttore de l'Avanti, mentre né i sovietici né gli stessi nazisti ebbero a cuore l'opera.

In Germania ebbero meno tempo a disposizion e, cmq, come in URSS e nell DDR si concentrano più sugli sport olimpici.
Voglio 11 Scaloni

Offline Rebecca

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Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #8 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 12:13:18 »
Che bel topic!
La Lazio mia, in cima ar monno c'è la Lazio mia...

Offline Rebecca

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Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #9 : Giovedì 16 Dicembre 2010, 12:37:32 »
Ma il film Fuga per la Vittoria è ispirato a quella partita giocata in Ucraina?
La Lazio mia, in cima ar monno c'è la Lazio mia...

TD

Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #10 : Venerdì 17 Dicembre 2010, 20:32:36 »
ho il libretto della storia dello Spartak, ehehe

Offline MCM

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Re:Quando l'Urss era nel pallone e Stalin faceva politica col calcio
« Risposta #11 : Sabato 18 Dicembre 2010, 08:14:56 »
Interessante.
Esempi di calcio vincente sotto cosìdetti "regimi totalitari" sono anche Jugoslavia e Romania, nonchè l' Italia Mussoliniana.
L' enfasi sulle discipline sportive era giustificato dall' impatto che queste avevano sulle cosìdette "masse". Impatto che, d' altronde, hanno tutt'ora, se ci pensiamo bene.