noi puntiamo sulla rapidità e le accelerazioni negli ultimi 20 metri, nello stretto e non. dopo aver creato superiorità nell'uno contro uno. se non riusciamo a creare questa superiorità, andiamo in difficoltà. stasera, ogni volta che abbiamo creato superiorità, ci hanno fermato fallosamente. se il torino avesse avuto tutta la linea difensiva ammonita, come da regolamento (superiorità=azione promettente=giallo. codificato), non avrebbe potuto più fermare fallosamente la superiorità creata sistematicamente da FA e Zac.
Perfetto.
Questa analisi consente di recuperare il precedente più credibile per lo scempio di ieri pomeriggio: il derby
giocato arbitrato da Trefoloni e passato alla cronaca per il tacco di seconda mano di (Amantino) Mancini.
Una Lazio piena di assenze, e in campo con un rabberciato 4-5-1, puntava tutto sulla fisicità di Corradi per tenere qualche pallone in avanti e da lì imbastire sporadiche controffensive.
Fischiandogli contro in maniera metodica e senza dare nell’occhio, il fischietto senese sterilizzò completamente la manovra dei biancocelesti.
Il resto lo fece assegnando con altrettanta sistematicità punizioni dal limite agli inferiori finché, a furia di insistere, da una di esse scaturì il gol del vantaggio.
Il tutto senza un solo episodio da moviola, il che consentì di opacizzare anche lato media di regime quanto accaduto sotto il profilo arbitrale.
Una direzione scientificamente votata a orientare la partita, rispetto alla quale il tremebondo Ghersini – modesto, oltre che sicario – ha lasciato qualche crepa: primo fra tutti il rigore su Hysaj, sul quale ha sorvolato senza neppure invocare un ausilio tecnologico.
A essere precisi, occorre una distinzione: il fallo sul terzino albanese lascia un margine di dubbio, sia pure minimo, sull’entità del contatto; mentre per le mancate (seconde) ammonizioni a Singo, al suo sostituto Gravillon e a tanti avversari diretti di Zaccagni non risultano possibili motivazioni tecniche.
Solo la malafede, in proprio o su commissione, spiega omissioni inammissibili già a velocità normale.
Posto che non si è potuto giocare a calcio, fra l’atteggiamento delinquenziale degli pseudo-granata e un fischietto mandato a fare da palo, si può ricavare qualche considerazione a carattere tecnico?
A parte l’errore di Provedel, puntualissimo sul pallone ma con mani troppo molli, hanno colpito negativamente due limiti: il troppo rapido cedimento nervoso, sia pure di fronte a provocazioni insostenibili; l’insistenza nel voler entrare in porta col pallone – o comunque cercando la soluzione sottomisura – nonostante, arbitro a parte, mancassero fisicamente gli spazi per segnare in quella maniera.
Cosa avrebbe dovuto fare la squadra in una situazione non proprio inedita?
1) Inserire due torri in avanti per cercarle coi lancioni (e qui l’assenza di un centravanti di riserva, in grado di alzare il muro, si è sentita)
2) Tentare il tiro dalla media distanza
3) Cercare la punizione dalla mattonella di Sergej Milinković-Savić
Prova ne sia che, quando ha proposto troppo tardivamente qualcosa di diverso, la Lazio ha almeno smosso le acque sia pure lasciando il fratello Vanja con zero interventi all'attivo.
Merito anche dei nuovi entrati, a partire da un Marcos Antônio che, oltre a vincere qualche contrasto, ha redistribuito palloni con buona qualità liberando Luis Alberto per un ruolo da attaccante aggiunto.
Interessanti anche alcuni cross dalla trequarti di Luca Pellegrini, mentre Lazzari ha proposto spunti brillanti ma propedeutici alle consuete conclusioni da futsal.
Servono tanti piccoli accorgimenti, anche sulle rimesse laterali: battute spesso dal citato Pellegrini, che serviva un compagno sul piede opposto alla fascia costringendolo a perdere l’attimo e a calciare di seconda intenzione.
Laddove, le avesse effettuate qualcun altro direttamente sul suo sinistro, ne sarebbe scaturito un cross immediato, magari con quella frazione di secondo utile per anticipare la difesa avversaria.