Uno dei più subdoli opportunisti della storia del calcio.
Nel 1982, prima dell'inizio dei Mondiali di Spagna, fu acquistato dalla Juventus: più che del mero passaggio di un calciatore da un club a un altro, si trattò di una parte di una complessa operazione politica e finanziaria: con la benedizione del Vaticano e nel quadro dell'apertura in Polonia di fabbriche della FIAT, sinergia che ci avrebbe regalato tra l'altro i famigerati pneumatici Stomil, per i quali l'appellativo di caciotte suonava persino gratificante. Il tutto, sotto l'occhio vigile di Artemio Franchi, i cui interessi nell'Est europeo (al tempo ancora vigente la cortina di ferro) e in Sudamerica gli consentivano di esercitare un certo potere di pressione anche sui maggiorenti pallonari di quei Paesi: dal 1968 al 1982, con "strascichi" anche per molti anni dopo la morte del dirigente di Siena, la nostra Nazionale ne beneficiò ampiamente, grazie anche all'intelligenza sopraffina di Franchi e alla sua cura di ogni dettaglio.
Nel 1982, per esempio, l'Italia fu sorteggiata nel girone eliminatorio proprio con la Polonia, ritenuta da molti come possibile protagonista del torneo (come in effetti fu): i comprimari nel gruppo erano Perù e Camerun che quindi non dovevano costituire un grosso problema (si qualificavano le prime due): la Polonia assieme all'Italia era un "aiutino" (siamo in epoca di palline dei sorteggi calde e fredde) per la squadra di Boniek, co-beneficiante sia della presenza nel gruppo di due comprimarie "facili" che della collocazione del girone a Vigo, sulla costa atlantica, con 20° C fissi, mentre altre nazionali arrostivano nel sud: ma, ovviamente, il favore non era gratis: così, per venire finalmente a Boniek, il nostro, attesissimo protagonista in Italia-Polonia, prima partita del gruppo, non strusciò una palla (peraltro egregiamente marcato da Tardelli): e ammise candidamente, dopo la partita, di essersi sentito "condizionato" dall'aver giocato contro l'Italia: vero è che persino il Pontefice polacco si interessò della partita esprimendo neutralità, ma da un calciatore di quel livello ci si aspetterebbe la capacità, nei novanta minuti, di astrarsi da tutto quanto non riguardi il campo.
Italia e Polonia, in quello che a detta dei giornalisti era il gruppo "più scarso" del torneo, andarono avanti, fino a ottenere il massimo risultato possibile: il primo e il terzo posto (da un gruppo non potevano uscire due finaliste): nel gironcino della seconda fase, Boniek giocò una partita da urlo, sterminando da solo il Belgio con una tripletta: quindi la qualificazione alle semifinali passava per la partita contro l'URSS: alla Polonia bastava il pari e lo 0-0, in quella che fu una partita durissima con significati che andavano ben oltre il calcio, resse fino alla fine: la Polonia, quindi, doveva incontrare nuovamente l'Italia, stavolta in semifinale: come sarebbe stato, questa volta, l'approccio di Boniek alla partita? Il problema lui lo risolse a monte, rimediando un'ammonizione e la conseguente squalifica a tre minuti dalla fine della partita coi sovietici. L'Italia uscita vincente dal gironcino con Argentina e Brasile avrebbe battuto chiunque, ma una Polonia così depotenziata fu un ostacolo veramente risibile.
A memoria, non credo di ricordare altri casi di calciatori che si siano scansati in questa maniera, salvo che nei casi conclamati di illeciti o di accordi comunque volti a ottenere un vantaggio (vedasi il famoso Austria-Germania, sempre in quel Mondiale): sempre lasciando il dubbio di quanto voluto o meno fosse il disimpegno: in ogni caso, le vicende di quel torneo per me furono un impriting sulla figura di Boniek, che spesso ha confermato negli anni successivi quella brutta impressione di persona inaffidabile e scorretta. Quindi non avrei difficoltà nel credere che lui utilizzi un suo ruolo istituzionale in modo, diciamo, improprio. Fatta salva, ovviamente, la presunzione di "innocenza", fino a prova contraria.