www.calciomercato.comdi Luca Capriotti
L’abbiamo capito: quando
Allegri affronta Sarri, ci sono alcune costanti. Potremmo chiamarlo il teorema di Adani: in questo caso il karma non interviene mai. Allegri vincerà di corto muso (nella migliore delle ipotesi) e l’impianto di gioco di
Sarri mostrerà tutte le sue pecche.
LE STESSE COSE - Negli ultimi 20 metri la
Juventus non farà fare manco un tiro, e la Lazio ad un certo punto non sembrerà proprio in grado di produrre questo fondamentale.
Tutto il Sarrismo si riduce ad una noiosa sterilità offensiva, un arido palleggiare lontano dalla porta. E questo match di Coppa Italia non è stato eccezionale. Sempre la stessa solfa, le stesse facce a fine partita. Non conta, questo lo capite bene, che la Juventus prenda 50 punti, se sia etico o meno che questa squadra competa ancora, se la Procura, se ce l’hanno tutti con i bianconeri e Thanos voglia o meno distruggerli. Rimane il fatto che, alla fine, lo spartito è sempre lo stesso: l
a Lazio non riesce a pungere la Juve, con Immobile, senza Immobile. Probabilmente servirebbe una punta centrale grossa, in grado di schiacciare a rete, di fare massa in area, di impegnare i difensori e i marcatori della Juve. Con tutti questi moschettieri leggerini, contro questo tipo di difesa si fa poco,
soprattutto se si gioca con questo tipo di atteggiamento. ATTEGGIAMENTO - Qui il problema è che la Lazio fa girare meglio la Juve nel primo tempo. Molto meglio. L’atteggiamento è arrendevole, non aggressivo. Anche qui, è la solita
Lazio che non riesce a ricaricare le energie fisiche e mentale ogni 3 giorni. Gioca un primo tempo scarico, e la Juve sa che forse questo trofeo sarà l’unico con cui potrà salvare la stagione. E lo gioca in questo modo. La Lazio no, dopo l’eliminazione in Europa League, esce pure da una coppa che, al netto di due finali (anche la prossima non sarebbe stata una passeggiata) poteva poi regalare una finale molto più serena.
L’atteggiamento della Lazio è scarico nel primo tempo, e nel secondo, pur salendo di tono, non riesce davvero a riprendere in mano un minimo di vitalità negli ultimi 20 metri. Manco lo spunto, le giocate sono piatte, poco convinte, e in generale non sembra ci sia così tanta voglia o possibilità di fare male.
Tiri pericolosi? Non se ne vedono. Idee? Poche. Gira il pallone, non girano altre cose. Niente idee, niente garra, niente cattiveria. Solo applicazione seria (almeno questa, nel secondo tempo) e un po’ di attenzione in più. Bastava quello per mettere sotto una Juve a cui stanno passando sopra TIR interi, sentenze, penalizzazioni, e che in generale non ha fatto bene. Ecco, comunque una Juve depressa riesce a vincere senza grossi sforzi. L
a Lazio ha questo potere: se non gioca al massimo, può resuscitare chiunque. Un buon punto, questo, ma anche queste sono le solite cose.
MAXIMIANO - Sul portiere credo che dobbiamo andare alla base: perché è stato preso? Se veramente qualcuno in dirigenza ci credeva, per caso ha sentito pure l’allenatore? Perché resta l’impressione, grossa, che Sarri abbia puntato sin da subito su Provedel. Altrimenti alla terza partita avremmo rivisto in campo Maximiano. E invece. Possiamo stare a discutere sull’uscita disperata e fuori tempo, ma qui il tema è chiaro:
perché la Lazio ha deciso di prendere una cifra folle per i suoi standard per un portiere che l’allenatore ha cestinato subito? Sono bastati 6 minuti di Serie A per farlo fuori. Probabilmente era già fuori, solo che non lo sapeva. Provedel, è evidente, sta facendo quello per cui è arrivato a Roma: il primo. Maximiano no. E no, non si spendono
10 milioni per un secondo portiere. UNA GUERRA DI MERCATO - Qualcuno dovrebbe spiegarci l’ennesimo abbaglio tecnico da questa landa iberica, qualcuno dovrebbe spiegarci come mai non ci sono i soldi, l’indice di liquidità, e poi si decide di investire 10 milioni su una riserva.
Per uscire con la Juve non c’è stato bisogno di Maximiano: un atteggiamento rinunciatario e una partita sottotono sarebbero bastati comunque. Non tirare mai in porta sarebbe bastato comunque. Ma Maximiano ci ricorda il motivo per cui ultimamente viene messo in discussione Igli Tare, e in generale la visione sugli acquisti: prendere due titolari tra i pali e lasciare il più costoso a fare panchina in questo periodo di vacche magrissime è proprio un errore manageriale importante. Scegliere il portiere senza l’ok dell’allenatore è un errore relazionale importante.
Se c’è stata una guerra tra guida tecnica e dirigenza, Maximiano ne è solo l’ennesimo esempio lampante. Un giorno qualcuno ci spiegherà questi 10 milioni, o questa serata di rinuncia, un giovedì delle ceneri ante-litteram, ma tanto lo sappiamo già: sono sempre le stesse storie.