Autore Topic: Storie di Lazio  (Letto 4052 volte)

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neweagle

Storie di Lazio
« : Lunedì 5 Settembre 2016, 12:12:22 »
Io non abito a Roma da parecchio, sono Laziale e, chi più e chi meno, lo sono anche i miei figli.

C'è il terzo però, Mattia, ha 10 anni, che ormai è più Laziale di me.

Sì insomma, uno di quelli che cerca prima di tutto le figurine della Lazio, che scambia 10 scudetti per avere Biglia.

Che legge gli almanacchi panini vecchi per vedere come era andata la Lazio nel 1991/92, poi si avvicina e mi chiede se era più forte Chinaglia o Piola.

Gioca con la Play e prende la Lazio, e nei tornei solitari di Subbuteo con 32 squadre la Lazio aspetta in finale la vincente, dice che non riesce a non farla vincere sempre, così deve farla vincere solo una volta.

Va agli allenamenti con la Maglia della Lazio, li finisce, si cambia, si mette un'altra Maglia della Lazio e va a giocare alla pista di pattinaggio.

Però come ho detto questa è una storia che non parte da Roma, e a Mattia piace anche il calcio, in TV, alla radio, e anche allo Stadio.

Sabato allora siamo andati insieme a vedere la Lega Pro, io vado sempre ma lui solo quando non ha il sabato impegnato con gli Scout.

Siamo andati a piedi, perché qui lo stadio è vicino, un paio di Km, e quando ci sono le partite in casa chiudono una marea di strade.

La partita è andata male, primo tempo 1 a 1, poi nel secondo tempo il gol su rigore di un ex l'ha chiusa.
Ma la squadra della città dove viviamo non ha giocato male, anzi, ha cambiato tanti giocatori e alla fine non è andata malissimo.

Era contento perché ha segnato Quadri che ha una presenza nella Lazio.

Nella strada del ritorno, si passa dalle luci dello Stadio, dalla gente che esce, dai clacson e il rumore dei motorini e si arriva piano alle strade silenziose, buie, tranquille. Ed è qui che anche questa diventa una storia di Lazio.

Tra noi due c'erano ancora le parole su chi ha giocato meglio, il rigore se c'era, sui tifosi dell'altra squadra, ci riveniamo, si ci riveniamo, ti sei divertito.

si papà, mi sono divertito, però una volta andiamo a vedere anche la Lazio

Ci andiamo, ci andiamo.

Online Mustaine

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #1 : Lunedì 5 Settembre 2016, 13:12:36 »
mi hai fatto tornare indietro di 30 anni, grazie
In the eye of the tornado, blow me away

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #2 : Lunedì 5 Settembre 2016, 13:37:48 »
Mustaine, 2 settembre 2016

volevo raccontare la mia piccola esperienza. Essendo nato nel 76 non ho vissuto la gloria di Giorgio Chinaglia, ma piuttosto subito i danni, da giovanissimo tifoso, che procurò nel periodo della presidenza. Mio padre ed i suoi amici "dicevano" di detestarlo per come aveva ridotto la Lazio, lui come Giordano, Wilson, Manfredonia ecc. Ma ogni volta che poi si riunivano stavano ore a raccontare delle imprese sul campo di questi grandi calciatori, Chinaglia in primis ovviamente. Poi, tanti anni dopo, ci fu lo scandalo in seguito alla storia degli ungheresi (? se ricordo bene) e sempre mio padre a lamentarsi di Chinaglia e di quanti altri casini stesse combinando alla Lazio. Mio padre era malato, sapeva il tempo che gli restava. Mi trasferii a casa sua per stargli vicino. Una mattina, mentre preparava il caffè, si gira col viso rigato: "è morto Chinaglia, non è possibile, inconsciamente ho sempre pensato che fosse invincibile". Dopo poche settimane se ne andò anche lui.

Non credo si possa spiegare l'irrazionalità del tifo, della passione.

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #3 : Lunedì 5 Settembre 2016, 13:44:11 »
da "Wembley in una stanza", di Fabrizio Ghilardi.

A Roma stavolta il clima rovente ha falciato la vita del mio campione preferito. Quello che quando stavamo in cortile a scuola mi faceva gridare "Re Cecconi" più veloce degli altri così quando cominciava la partita potevo essere lui in persona, Luciano Re Cecconi. Papà spegne il televisore. Quasi per rispetto al mio dolore. Poi va in cucina e accende la radio per sentire se viene data qualche notizia in più. Sono stordito. Ma il mio primo pensiero è salvaguardare la maestà del Re che non c'è più. Il Re è morto viva il Re!

Mi avvicino alle squadre del Subbuteo. I giocatori riposano al loro interno.

Apro la scatola della Lazio e prendo Luciano Re Cecconi. E' facile riconoscerlo. Ha i capelli biondi. Li ho dipinti io appena ho comprato la squadra.

"Ciao Re. Da oggi non dovrai più dannarti sul campo di Subbuteo. Rimarrai nella scatola e potrai riposare in pace con il tuo scudetto tricolore sul petto. Come la piccola vedetta lombarda. Tu che sei lombardo".

E' come se mi avesse capito. I miei occhi lucidi gli hanno dato un ultimo sguardo carezzevole. E un tenero bacio di bambino alla miniatura del Subbuteo, tramite quel mistero che unisce i giocatori con i loro emuli in plastica prodotti in Inghilterra, è giunto fino al vero Re Cecconi.

Quella miniatura da lì non si è più mossa. Luciano Re Cecconi, anche l'omino del Subbuteo, quel piccolo grande omino, da quel momento ha riposato nella pace del Signore.

Dalla cucina, mi giunge di nuovo la voce di Thelma Houston che canta Don't Leave Me This Way.

Eppure tu, Luciano, ci hai lasciati così.

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #4 : Lunedì 5 Settembre 2016, 14:12:16 »
Enrico, mio migliore amico, compagno di banco dalla prima elementare alla maturità, fratello di strada, di vita e ovviamente di Lazio.

"Possono cambiare le regole, i presidenti, i giocatori o gli allenatori....ma la forza del calcio resterà, per me, sempre l'inaspettato, spettacolare, sfinito abbraccio con il mio vicino di posto allo stadio... 💙💙 Nicola"

ps
Nicola è il mio nome
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neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #5 : Lunedì 5 Settembre 2016, 14:19:26 »
Re Cecconi, Marinho e gli «alter ego» dello sport
Carlo D'Amicis, 2 settembre 2015


Albert Camus sosteneva di aver imparato dal calcio tutto quello che sapeva della vita. Ma quello che sappiamo del calcio in quale vita l’abbiamo imparato? Mi faccio questa domanda ripensando alle scelte (irrazionali ma mai casuali) che da bambino mi hanno portato dritto dritto verso certi singolari giocatori e verso una squadra, la Lazio, che solo in seguito avrei scoperto così simile a me nella sua vocazione minoritaria, epica e intimamente autolesionista. Del resto l’individuazione dei propri miti (almeno quando non viene influenzata da padri troppo invadenti) è stata, per un’intera generazione di maschi, la prima scelta autonoma della vita.


Il pantheon calcistico della propria infanzia rivela, meglio del profilo psico-attitudinale di un pedagogista, archetipi e immaginari che saranno alla base della nostra personalità. La passione per il calcio è sempre stato un modo per immaginare il mondo, ma anche per immaginare la vita. Nei baffetti di Mazzola, nella cotonatura di Rivera e nella mascella squadrata di Riva, per citare tre must della mia infanzia, io vedevo altrettanti modi di esistere, di comportarsi, di pensare. E se alla fine, tra tutti, elessi a mito Luciano Re Cecconi, un mediano umile e nello stesso tempo fiero, malinconico e nello stesso tempo allegro, saggio e nello stesso tempo incosciente, una ragione c’è, e la ragione sta in quello che volevo essere, e che - in qualche modo - sono diventato. Chiunque abbia vagamente sentito parlare di Freud, però, sa benissimo che ogni personalità, nella sua formazione, attinge non solo a ciò che riconosce come suo, ma anche a ombre che lo atterriscono, e che nel terrore lo affascinano.


La teoria del doppio non risparmia nemmeno la mitografia calcistica, e così mi basta voltare la figurina di Luciano Re Cecconi per trovarne un’altra, somigliante e opposta quanto basta. Questo doppio si chiama Francisco das Chagas Marinho, più noto ai cultori del calcio anni Settanta come Francisco Marinho. Biondo e maratoneta come Re Cecconi, si direbbe a prima vista. Ma mentre il biondo del mediano della Lazio appare genuinamente lombardo, in quello del terzino sinistro della Seleçao che arrivò quarto ai mondiali di Monaco si avverte un riverbero inquietante, come se fosse uscito da Candido Godoi, la sperduta cittadina brasiliana dove il dottor Mengele si ritirò in incognito per applicare agli indigeni locali la sua ambizione di creare una razza ariana.

Anche l’instancabile corsa, che in teoria omologa entrambi a giocatori di fascia, è un movimento identico di senso contrario: Re Cecconi, partendo dalla posizione di centrocampista laterale, correva continuamente all’indietro in soccorso della propria retroguardia; Francisco Marinho, in teoria un difensore, si sganciava con tale spregiudicatezza che, durante la semifinale mondiale persa nel 1974 con la Polonia, fu aggredito verbalmente (e quasi fisicamente) dal portiere Emerson Leao, esasperato dalla disinvoltura con cui Marinho abbandonava la marcatura di Lato. In quei mondiali, io aspettavo speranzoso (ma via via sempre più deluso) che il Ct Ferruccio Valcareggi si decidesse a irrorare un centrocampo esangue con la linfa di Re Cecconi, relegato in panchina nonostante lo scudetto conquistato un mese prima con la Lazio, e intanto assistevo perturbato (altra categoria freudiana che caratterizzò la mia scoperta dell’immaturità - scoperta che in effetti feci solo maturando) alle scorribande del diablo louro, il diavolo biondo, come i tifosi del Botafogo avevano soprannominato il loro beniamino: vale la pena segnalare che quelli della Lazio ricordano spesso Re Cecconi come l’angelo biondo?

Quando, pochi anni dopo, lessi il Giovane Holden, le facce che attribuii al bambino responsabile impegnato a vigilare che nessuno precipiti nel burrone e a quello incosciente che pensa solo a giocare rischiando di cadervi, avevano le inconfondibili sembianze di Luciano Re Cecconi e di Francisco Marinho. Dopo i mondiali, seguii Re Cecconi passo passo, perfezionando un processo di identificazione che mi voleva ragazzino coscienzioso, leale e altruista proprio come lui. Ma da lontano - una lontananza che solo in parte era dovuta al fatto che giocasse in Brasile - continuai a seguire affascinanto quel teppista di Francisco Marinho.
Venni così a sapere che cambiava una fidanzata al giorno, che agli allenamenti preferiva sedute dal visagista e set cinematografici, e che ogni lunedì, dopo la partita, affittava un aereo privato per andare a sperperare i suoi lauti guadagni nei casinò legalizzati dell’Uruguay. Se alle notizie si accompagnava una foto, spesso ritraeva Marinho, anziché con la casacca verdeoro della nazionale, in tipiche mise anni settanta - pantaloni a zampa d’elefante, maglioncini a V attillati e basette alla Ringo Starr - che ricordavano terribilmente i ragazzi di vita che incrociavo a Tiburtino III: come facevo con loro, anche quando incrociavo gli articoli su Francisco Marinho sgattaiolavo sull’altro marciapiede, ma poi li piazzavo al centro del mio immaginario e continuavo a guardarli di sottecchi.

Mi ero appena convinto che il diablo louro non sarebbe sopravvissuto al suo stile di vita, che Luciano Re Cecconi - il saggio angelo biondo - fu ucciso, pare per uno scherzo equivoco, da un gioielliere del rispettabile quartiere Fleming. Il giorno dei suoi funerali, intorno alle 22, la Rai trasmise un breve spot nel quale Francisco Marinho, probabilmente reduce da una notte brava a base di prostitute creole e chemin de fer, si umettava le guance con il Brut Fabergè. Fino a quel momento, della vita, avevo capito che arriva a destinazione chi va piano e sta a destra, mentre chi sorpassa a cento all’ora si schianta contro un muro. Mi toccò azzerare anche quelle vaghe convinzioni. Se il catcher in the rye
poteva scivolare e cadere nel dirupo al posto degli altri bambini, c’era qualcosa che andava registrato.

Francisco Marinho, che a diciott’anni aveva umiliato Pelè con un sombrero, barattò l’oro del suo talento con una valigia piena di dollari e, a soli 27 anni, seguì o’rey al Cosmos di New York. Lì, tra i grattacieli, persi di vista lui e quello strano bisogno che hanno i bambini di specchiarsi nei grandi: arriva per tutti il momento di specchiare se stessi (e lì cominciano i dolori).Poi, il 2 giugno del 2014, esattamente quarant’anni dopo aver colorato con i suoi braccialetti e i suoi capelli biondi lo schermo in bianco e nero su cui l’avevo visto correre, tirare (e litigare con Leao) in Brasile-Polonia, aprii il giornale e appresi che Francisco Marinho era morto il giorno prima, povero, alcolizzato, cardiopatico e con 13 figli riconosciuti, a pochi chilometri dalle spiagge del Paraiba, dove passava il tempo suonando la chitarra e affittando auto 4X4 ai turisti di passaggio. Su internet c’era anche una foto di com’era diventato: assomigliava terribilmente a una mia ottuagenaria zia di Taranto, se solo si fosse tinta i capelli di giallo paglierino. Fu scontato, allora tirare fuori dalla tasca sempre la stessa figurina: da un lato ero per sempre giovane, allegro e sorridente fino alla morte, e dall’altra invecchiato, triste e malato per tutta la vita. Ma alla fine ero sempre io. O meglio, erano sempre loro: Luciano Re Cecconi e Francisco Marinho.

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #6 : Lunedì 5 Settembre 2016, 15:26:24 »
Mamma è andata via di domenica, in una di quelle giornate che Lei chiamava perfette, con la Roma che perde in casa e la Lazio che vince fuori.

E' andata nel bianco e nel celeste e a me viene in mente quando allo Stadio mi annoiavo, ero piccolo, e mi appoggiavo a Lei, e quando alla Lazio davano un rigore, si girava per non guardarlo.

E me la ricordo quando in casa sentivamo le partite, e stringeva il corno rosso, quello che mandava via la sfortuna.

E quando la chiamavo, un minuto dopo che finivano, hai visto la Lazio Mà? Si che l'ho vista. E se avevamo perso era la sfortuna e l'arbitro, perchè per Lei la Lazio non giocava mai male, e se provavo a dirglielo, che forse avevavo fatto ridere noi, si incazzava, Sempre a criticare diceva. Se avevamo vinto invece, hai visto che bello, ci voleva proprio.

Ho smesso presto di andarci insieme allo Stadio, quando ho cominciato ad andare in Nord e Lei in Tevere, negli ultimi anni non ci andava più, l'ultima volta insieme a un Lazio Cagliari che abbiamo perso in casa, era stata però una bella giornata, era venuta perchè c'erano anche i nipoti e diceva che si era divertita.

Mamma è della Lazio e adesso è nel bianco e nel celeste.

hai ragione te Mà, la Lazio non gioca mai male.

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #7 : Lunedì 5 Settembre 2016, 15:39:54 »




Lui è Giancarlo, caro fratello di Lazio, io sono quello con il giacchetto blu.

Avevamo da poco vinto il derby più importante di sempre.
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neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #8 : Lunedì 5 Settembre 2016, 16:29:39 »
Il 9 maggio del 1915 la Lazio deve giocarsi una partita importante, dopo 4 giornate ha 6 punti, come il Roman.

Mancano due partite, e quella di quel pomeriggio è decisiva. Chi vince va avanti, verso il sogno di poter diventare Campione d'Italia.

L'avversario è proprio il Roman, stessi punti, stessa voglia, stessa speranza, ma bisogna andare a giocare nel loro Stadio, al "Campo due Pini".

In certe strade, in certe piazze, non si parla d'altro, della Partita che manderà una squadra di Roma avanti, la tensione è alta, spinta dalla speranza di andare a giocarsela contro gli squadroni del nord.

Arriva il giorno e l'ora, ma dall'Alta Italia non arriva l'arbitro designato, non si sa cosa fare, si sospende, si rinvia, ma la gente ai bordi del campo è tanta, troppa, quella partita va giocata oggi. Il regolamento lo permette, e viene trovato un arbitro della Sezione di Roma, anzi, ne vengono trovati due, Bellucci e Volpi, perché quel giorno chi sta facendo il Calcio a Roma sta ai bordi di quel campo.

Il sorteggio lo vince Bellucci, ha la febbre, ma nulla gli impedirà di essere in quella partita.

Si comincia, il Roman è al completo, nella Lazio ci sono diverse assenze importanti, l'erba è alta, troppo, c'è chi dice che è stata fatta crescere di proposito, per ostacolare la Lazio che a Calcio sa giocare meglio.

Ma la Lazio vince in sorteggio, sceglie il campo, la parte migliore per attaccare, non si fregano gli dei del calcio, mai.
E la Lazio segna subito, il Roman pareggia, ma la Lazio segna altre due volte, e il primo tempo finisce 3 a 1 per lei.

Si inverte il campo, ora vi riprendiamo, provateci.

Ma quella Lazio è più forte, e anche con il campo avverso segna altre due volte.

Ma c'è un'altra partita che sta per cominciare, manca poco alla fine, la rabbia di chi sta perdendo è tanta, un calcio, uno sgambetto, una mano in faccia, e comincia, su quell'erba troppo alta per giocare a calcio, una rissa spaventosa, lunghissima, la gente entra in campo, l'arbitro Bellucci rimpiange di aver vinto quel sorteggio con Volpi, ha la febbre, arriva la Cavalleria in campo, tra schiaffi e bastonate, due Tenenti si allenano a riportare la pace, fra pochi giorni partiranno in guerra.

Ritorna la calma, si possono giocare gli ultimi minuti, la Lazio vince 5 a 1.

Ci sono tanti nomi per raccontare quel giorno, ma quello che suonerà di più nelle strade e nelle piazze è quello di Fernando Saraceni, per la gente di Roma Cecè, gioca nella Lazio da quando gli sono cominciati a spuntare i peli sul mento, quel giorno segna il gol del 2 a 1 e si prende il rigore del 5 a 1.

Ed è quello che si prende il calcio, che mette la mano in faccia, é quello che prima dell'arrivo della Cavalleria mena più di tutti, la guerra per la sua Lazio.

Verrà squalificato per 15 giorni. Poi è partito per la guerra vera. E finita la guerra torna a giocare nella Lazio, che quello Scudetto non andrà a giocarselo.

Ma che alla fine, tra l'erba troppo alta per giocare a calcio, ha vinto di poter continuare a sognare.

Forza Lazio, sempre.

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #9 : Lunedì 5 Settembre 2016, 16:33:14 »
1982/83

Due anni prima eravamo finiti n b per la storia delle scommesse, il primo anno ci avevamo provato ma andò male, il secondo invece stavamo per finire in C, poi quell’estate l’Italia vinse il mondiale, ci fu una specie di condono e ci ritrovammo con Giordano e Manfredonia di nuovo in squadra, e a quel punto bisognava risalire per forza.

In Coppa Italia uscimmo al primo turno, ma ricordo che vincemmo contro il Perugia in casa 3 a 2, poi perdemmo ad Avellino, per loro segnarono Skov e Vignola, per noi Chiarenza, perdemmo anche in casa con il Napoli.

L’allenatore era Roberto Clagluna, il Campionato non cominciò bene, pareggiammo le prime tre contro Campobasso, Como e Monza; Moscatelli e la difesa pagarono per tutti l’inizio incerto, e a San Benedetto esordirono Orsi, Saltarelli e Miele, Manfredonia venne spostato a centrocampo, andò bene e proprio lui segnò il gol della vittoria di testa, Orsi fece tantissime parate. Vincemmo pure quella dopo in casa, poi perdemmo a Bologna, ma intanto la squadra giocava sempre meglio.

Era questa : Orsi in porta, Perrone il libero, aveva i piedi buoni e sapeva impostare, i marcatori Saltarelli e Miele, sulla fascia destra Podavini a salire; a centrocampo Vella che correva, Manfredonia a coprire e proporre, De Nadai a sinistra che faceva il tornante, D’Amico il regista avanzato, il trequartista, era comunque un calcio diverso da adesso, e certe cose non corrispondono; davanti Ambu e Giordano.

Questa squadra vinse 7 vittorie consecutive, molte benissimo, altre con fortuna, poi ci fermammo a Reggio Emilia, 0 a 0, con Orsi che prese tutto, pareggiammo 2 a 2 con il Milan, a Catania 1 a 1, il gol più bello di Giordano e forse dell’intera storia della Lazio, per loro pareggiò Mastalli su rigore, fallo su Barozzi, dubbio, quando mancava poco alla fine, l’ultima d’andata pareggiammo ancora contro la Cavese in casa.

Il ritorno andò malissimo, vincevamo pochissime partite e perdevamo spesso, le altre ci recuperarono tutto il vantaggio del girone d’andata, il giorno che la roma vinse lo scudetto pareggiammo 3 a 3 contro la Reggiana, tripletta di Giordano, e Claguna venne esonerato,arrivò Morrone, cambiò alcuni giocatori, tra i quali Spina in difesa, la sua prima partita fu a Milano, pioveva sia dal cielo che sulla nostra porta, anche se Sciarpa all’inizio prese un palo.

A questo punto c’è la partita con il Catania, che era anche lei a giocarsi la serie A, il vantaggio ormai non c’era più, quindi o si vinceva oppure erano al massimo gli spareggi.

Vincemmo, e quindi all’ultima bastava un pareggio, e a "Cava è finta due a due" (frase di Ezio Luzzi che gridando annunciava il nostro ritorno in A).

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #10 : Lunedì 5 Settembre 2016, 16:35:06 »
5 luglio 1987

Contro il Taranto non ero andato, mio padre disse di no, l'ho vista in televisione, al palo di Brunetti io e i miei fratelli abbiamo cominciato a prenderci a calci, deve aver cambiato idea in quel momento.

Prendemmo il treno quella mattina, e arrivammo presto, c'era un chiosco con una veranda e lui si mise a leggere Tex, mentre aspettavamo che aprissero i cancelli, mi feci dare 5.000 lire e comprai una bandiera grande, a mio fratello più piccolo venne la voglia ma con gli stessi soldi la trovò piccola.

Vedemmo la partita da quella che si può definire la tevere, della partita ricordo pochissimo, Boito solo davanti a Terraneo, e la palla che finisce tra le sue mani, e l'azione dopo il cross di Piscedda, il colpo di testa di Poli e il gol.

Poi è uscito fuori quello striscione, dei 9 che non erano bastati, e ancora mi domando con che coraggio venne scritto prima della partita.

Tra lo stadio e la stazione della metro ci furono dei casini, la gente ci tirava di tutto.

Poi sul treno speciale, ci facevano fermare ogni 500 metri, fuori Napoli arrivò un sasso che prese sulla fronte mio fratello più grande, e io andai a cercare l'acqua.

Il viaggio durò tantissimo, scendemmo a Piramide di notte, prendemmo un tram che ci portò a Piazza Quadrata.

Nove non erano bastati.

darienzo

Re:Storie di Lazio
« Risposta #11 : Lunedì 5 Settembre 2016, 17:10:48 »
1982/83



Vincemmo, e quindi all’ultima bastava un pareggio, e a "Cava è finta due a due" (frase di Ezio Luzzi che gridando annunciava il nostro ritorno in A).

Lapsus pertinente visto quello che si raccontò anni dopo, su quell'ultima partita

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #12 : Lunedì 5 Settembre 2016, 17:13:36 »
Lapsus pertinente visto quello che si raccontò anni dopo, su quell'ultima partita
Che lapsus?
Che si raccontó?

Offline Arch

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #13 : Lunedì 5 Settembre 2016, 17:33:16 »
"finta" invece che "finita". ;)

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #14 : Lunedì 5 Settembre 2016, 18:01:09 »
"finta" invece che "finita". ;)
Vero, non mi ero accorto.
Si, o forse più che finta scontata. Come tante partite di quel tipo a fine campionato.

C'era mia nonna che prima era milanista, diceva per Rivera, poi quando ha smesso è diventata della Lazio, perché c'era D'Amico che glielo ricordava.

Credo Rivera, poi quando ha smesso è diventata della Lazio, perché c'era D'Amico che glielo ricordava.

Credo fosse una scusa, non penso che a casa mia si potesse tollerare qualcuno che non tifava Lazio, anche se poi mio nonno, il marito, più che Laziale era antiromanista.

Vabbè comunque era pazza per D'Amico e una volta, era l'inizio degli anni 90, mia sorella che lo aveva conosciuto, non so come, lo invitó a pranzo da nonna.

Io arrivai dopo scuola e me lo trovai a tavola, era una cosa stranissima, mi ricordo che sapevo più cose io delle sue partite che lui, simpaticissimo però.

Andammo a finire su quella partita, sul rigore per la Cavese, quello del 2 a 2, di Tivelli.

Si mise a ridere piano, mó te dico io come è annata.

Tivelli mi ha detto dove lo tirava, e io sono andato dentro l'area e gridavo a Orsi, facendo finta di incitarlo, lo tira dellà, lo tira dellà, buttate de qua, buttate de qua.

Storia di Lazio anche questa su.

Offline contevlad

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #15 : Lunedì 5 Settembre 2016, 18:33:40 »

Storie di Lazio: la mia.

Far parte della classe 1969 non è stato affatto facile per noi laziali.
In più, Nasco in una famiglia molto numerosa, una decina di zii/e , altrettanti/e acquisiti/e, una valanga di cugini/e !!!
TUTTI Rigorosamente e convintamente della magggica. Mio padre, per mia grande fortuna, era fra tutti quello poco interessato, professandosi simpatizzante e decisamente poco competente ( una sua massima era quella che lui tifava per la Roma ma quando la Lazio non ci giocava contro, tifava per la Lazio perché era una squadra della capitale. - per me questo è quanto di più distante da come io ho interpretato successivamente la maniera di essere tifoso-).
Immaginate le cerimonie: battesimi, comunioni, pasque e pasquette oltre naturalmente ai primi maggio in cui la famiglia
si riuniva numerosa e il verbo unico si diffondeva. Mi ricordo il  matrimonio  di un mio cugino in una domenica di maggio a metà anni 70 con la macchina della sposa avvolta in un drappo giallorosso.
L'educazione sportiva impartitami subì quindi questi leggeri condizionamenti che non mi lasciavano propriamente lucido in una di quelle scelte che poi ti porterai dietro tutta la vita.
A 6 anni ricevetti un completino originale dal magggica marca Pouchain ( all' epoca non esistevano i super brand di oggi, al massimo c'era la Ennerre, la sopracitata Pouchain e  iniziava timidamente ad affacciarsi l' Adidas). Il completino era prodotto con un tessuto acrilico che dopo averlo indossato 10 minuti in movimento o 30 minutile se immobili, iniziava a emanare un puzzo sgradevolissimo e difficile fa far digerire al proprio e all'altrui olfatto. Inoltre il tessuto mi provocava un prurito che si trasformava in un rosore feroce che mi portava allo scorticamento della mia giovane pelle delicata.
Questo completino regalatomi, la poca propensione di mio padre al tifo e soprattutto una nuova conoscenza che ebbi il piacere di fare in quegli anni (e di cui vi parlerò da qui a breve), impedirono al magggico  bobolo daà roma di avere un altro tifoso.
 Erano la seconda meta degli anni 70, il sequestro Moro ci aveva portato i carabinieri dentro le case cercando lo Statista DC rapito, Rino Gaetano pubblicava "Nuntereaggepiù" e con la Lazio giocava un moretto con la frangettina e la faccia da fjo dendrocchia, tal Bruno Giordano...

...continua...
"Noi atei crediamo di dover agire secondo coscienza per un principio morale, non perché ci aspettiamo una ricompensa in Paradiso." M.Hack

Offline BobLovati

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #16 : Mercoledì 7 Settembre 2016, 12:34:41 »
caro neweagle, volevo usare il mio 20.000º post per confessare che leggere il forum "non è più un piacere"; poi ho visto questo topic, ed ho pensato che ci sono ancora Laziali, innamorati di Lazio come me.

Che ne fanno una questione di ricordi, gioie, amore; ricordi a volte che ti fanno spuntare la lacrima, per gente che non c´è più. Parenti, amici, giocatori di questa o quella sezione della Polisportiva

Non parlo della mia maniera di amare questa Società Polisportiva, visto che l´ho già fatto troppe volte e non voglio annoiare nessuno, ma mi piace senza dubbio la tua, e quella di tuo figlio.

Grazie per le belle parole che spendi per la Lazio

F O R Z A   L A Z I O   :band2: :band2: :band2: :band2: :band2:
Laziale, Ducatista e fiumarolo

Siamo noi fortunati ad essere della Lazio, non la Lazio ad avere noi

“LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

neweagle

Re:Storie di Lazio
« Risposta #17 : Mercoledì 7 Settembre 2016, 14:27:45 »
caro neweagle, volevo usare il mio 20.000º post per confessare che leggere il forum "non è più un piacere"; poi ho visto questo topic, ed ho pensato che ci sono ancora Laziali, innamorati di Lazio come me.

Che ne fanno una questione di ricordi, gioie, amore; ricordi a volte che ti fanno spuntare la lacrima, per gente che non c´è più. Parenti, amici, giocatori di questa o quella sezione della Polisportiva

Non parlo della mia maniera di amare questa Società Polisportiva, visto che l´ho già fatto troppe volte e non voglio annoiare nessuno, ma mi piace senza dubbio la tua, e quella di tuo figlio.

Grazie per le belle parole che spendi per la Lazio

F O R Z A   L A Z I O   :band2: :band2: :band2: :band2: :band2:
Penso che tutti i Laziali abbiano Storie Laziali da raccontare.
Oppure abbiano letto Storie di Lazio che gli sono piaciute.
E sarebbe bello vederle venir fuori. Magari qui. Una dopo l'altra.
Non annoiano di certo, anzi, e forse ne abbiamo bisogno.

Forza Lazio sempre.

Offline Holly

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #18 : Giovedì 8 Settembre 2016, 22:56:31 »
Che ne fanno una questione di ricordi, gioie, amore; ricordi a volte che ti fanno spuntare la lacrima, per gente che non c´è più. Parenti, amici, giocatori...

esatto zio Bob, l'orologio della mia vita è puntato sulla Lazio, a lei associo circostanze salienti della mia esistenza, ma anche momenti più sciocchi, più banali

"La storia mia è breve" cantava Mimì nella Bohème: mio papà laziale scomparso nell'anno più buio della nostra storia, ha fatto in tempo a instillarmi nelle vene tutta la passione - e oltre - per questi colori, anni passati allo stadio con mia mamma unite nel suo ricordo, cosa posso fare io se non dare l'esempio a mia figlia quasi fosse una trasmissione genetica di tifo? in occasione di Lazio - Pescara avverrà il debutto Olimpico della mia bambina, i suoi occhi, blu come quelli del nonno, fisseranno per la terza generazione il verde del campo e quelle maglie meravigliose...

chi dice che è stata bruciata una generazione di tifosi laziali dice una mezza verità sapendo di mentire a metà, conosco una buona percentuale di genitori della mia età che educa con profitto la loro prole, tra una quindicina di anni saranno loro a ripopolare lo stadio o altri luoghi del tifo o dove la propria fede si manifesta, altro che estinzione del laziale

grazie neweagle, grazie pure a coloro che partecipano a questo topic d'amore, continuate a raccontare  :)

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Re:Storie di Lazio
« Risposta #19 : Venerdì 9 Settembre 2016, 10:35:10 »
Gran bel topic, coraggioso ed emozionante.

Sempre a disposizione del promettentissimo Mattia per consulenze sulla B tedesca, la terza serie belga e la quarta divisione islandese.
Per quel che concerne le Storie di Lazio, puoi pensarci tranquillamente tu, datosi che ne conosci a iosa.

D' altro canto, chi l' ha mai avuta una mezzala di talento Biancoceleste a tavola: al massimo aperitivo con Bergodi e seratina con Fiori, tzè.
E tanti altri che son passati sugli scogli qui sotto a scambiare qualche chiacchiera, sia Laziali che non.
Ma D' Amico come commensale non si batte.

Posso però fingere di atteggiarmi, facendo riferimento alla gara di Cava dei Tirreni, e vantarmi di aver giocato spesso a calcetto con Bilardi, trequartista/seconda punta di quella Cavese.
O ricordare che Puzone, nominato in qualche topic addietro, me lo son trovato davanti in categorie minori, oltre ad averlo incontrato in un altro paio di occasioni in zona franca, quando ancora era discretamente lucido, si fa per dire.
Un altro ancora, tale Caffarelli, l' ho incrociato mentre allenava selezioni giovanili del Napoli.
In quanto a Guida,  venne in un posto a me caro a svernare nel fine carriera, per quanto si vedesse che avesse calcato campi importanti, in precedenza.
Gli altri li ricordo tutti, quasi a memoria, con menzione d' onore per il mitico Cupini che, praticamente al termine di quella gara, si trasferì proprio alla Lazio, con voci sarcastiche a corredo.
Storie di Lazio, anche di quelle contro.

Sui Nostri, che dire...
Una squadra, quella dell' 82barra83, che vantava un buon mix tra giocatori di categoria superiore e mestieranti della serie cadetta, con qualche immancabile pippa ad adornare il presepe.
Il primo pensiero, d' istinto, va a Saltarelli e Chiodi, che non ci sono più.
Gli altri, bene o male, son tutti ancora qui, scolpiti nei meandri di una complicatissima coscienza calcistica.

Volente o nolente, le Storie di Lazio restano impresse.
Non soltanto nella memoria, che già non sarebbe poco, ma anche in qualche introvabile ed affascinante anfratto dell' anima, da dove ogni tot, quasi geometricamente, hanno la pretesa di emergere  ed imporsi su tutte le altre discussioni, calcistiche e non, che in quel momento sarebbero all' ordine del giorno.

Non sottostare ad un tale piacere, mistico quanto irrefrenabile, sarebbe delittuoso.

Continua a raccontare, pure di quando nei treni ne hai prese più di Bombolo e Paolini messi insieme.

FL.

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