Autore Topic: 29 maggio 1991  (Letto 2002 volte)

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Offline AlenBoksic

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29 maggio 1991
« : Domenica 29 Maggio 2016, 17:54:38 »
Non furono belli come sempre, al contrario, quella sera tutto sembrava portare verso la scrittura di un nuovo capitolo sulla maledizione del calcio jugoslavo. Come la Nazionale alle finali degli Europei del 1960 e 1968, come il Partizan nella finale di Coppa dei Campioni del 1966, come la stessa Stella Rossa nella finale di Coppa Uefa del 1979. Emotività, paura di non farcela, di non sentirsi all'altezza, ed ecco che le sfavillanti rappresentative balcaniche crollavano puntualmente e sul più bello sotto i cinici colpi del calcio occidentale. Paranoie, tante, sopratutto quella sera, di fronte a quell'armata costruita coi soldi dell'Adidas, a quella corazzata di fenomeni di fronte alla quale si poneva un gruppo di ragazzini raccolti qua e là all'interno dei confini della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Non furono belli come sempre, al contrario, ma la loro presenza in campo bastò a intimorire anche il calcio dei miliardi, per una sera terrorizzato dalle capacità balistiche di Mihajlovic, dalle geometrie di Prosinecki, dal genio di Savicevic, dalla velocità di Binic e dall'istinto di Pancev. L'Olympique Marsiglia, finalista designato fin da agosto, aveva paura. Non furono belli come sempre, al contrario, ma quella sera gli slavi del sud giocarono contro gli avversari e contro se stessi: contro la paura di perdere, contro le mille insicurezze, contro quella maledetta emotività che ogni volta li fermava sul più bello. Non furono belli come sempre,al contrario, ma vinsero quella che col sennò di poi si rivelerà una maledetta corsa contro il tempo, l'ultima occasione per poter scrivere la storia tutti insieme


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Offline DinoRaggio

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Re:29 maggio 1991
« Risposta #1 : Domenica 29 Maggio 2016, 18:25:15 »
La vittoria della Stella Rossa a bari fu quasi un crepuscolo su un'epoca della Coppa dei Campioni in cui anche una Steaua Bucarest, una Stella Rossa, una Sampdoria, un'Olympique Marsiglia potevano arrivare in finale e spesso vincere la Coppa.

La creazione della Champion$ £€agu€ ha avuto lo stesso impatto dell'entrata in scena nel calcio italiano delle pay-TV e della spartizione dei diritti televisivi: un'elitizzazione (termine orrendo, lo so) delle aspiranti ai vertici di una competizione. Basta vedere l'albo d'oro degli ultimi vent'anni della massima competizione europea per club: inglesi, tedesche, italiane e spagnole a tutto spiano, con la notevole eccezione del Porto di Mourinho.

Questa la foto dei giocatori che disputarono la finale
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Offline Er Matador

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Re:29 maggio 1991
« Risposta #2 : Lunedì 30 Maggio 2016, 05:33:43 »
Finale disputata allo stadio San Nicola di Bari, inaugurato l'anno prima per Italia '90, e trasmessa da TMC senza commento per lo sciopero dei giornalisti.
L'emittente trovò un escamotage per non abbandonare completamente lo spettatore: affidare il racconto della gara a due seconde voci, Bulgarelli e Castagner, il cui contratto di lavoro era diverso rispetto a quello della categoria in agitazione.
I due si dividevano i compiti, seguendo ciascuno una delle squadre, anche se questo non bastò ad evitare un orientamento pro OM: in quel periodo l'emittente monegasca trasmetteva gare del campionato francese, ed è probabile che le due situazioni non fossero scollegate.

Particolarmente tendenzioso il plot con cui si tentava di riassumere la gara: marsigliesi fedeli al proprio modo di intendere le partite, jugoslavi passati - quasi vigliaccamente, si lasciava intendere - a marcature a uomo e catenaccio quando la cosa si faceva seria.
Non fu così poiché, stante la supremazia territoriale dei francesi, le due ore di gioco trascorsero fra paura di perdere da un lato del teleschermo e sbadigli dall'altro.
Ai rigori fecero la differenza l'errore di Amoros e la prestazione del portiere transalpino Olmeta, appena migliore di quella offerta da Oblak l'altra sera.

Due nomi da ricordare, fra i tanti campioni di quella squadra.
Miodrag Belodedić figurava come unico straniero nella formazione titolare: in realtà di trattava di un serbo originario di un villaggio a maggioranza slavofona (Sokol), appena al di là del confine, e noto per gran parte della sua carriera con la forma rumenizzata del cognome (Belobedici) prima di una rocambolesca fuga da Bucarest a Belgrado.
Cambiò squadra e Stato ma, con grande contrarietà del Ct Ivica Osim, non la Nazionale: per il Regolamento valevano le sue presenze con quella del Paese in cui era nato.
E nella quale fu riammesso pochi anni dopo, portando alla Grande Romania di Hagi e Dumitrescu un buon contributo come libero non velocissimo, ma dall'eleganza disarmante.
In quella serata barese conquistò un primato che nessuno potrà togliergli: dopo il trionfo con la Steaua di cinque anni prima, divenne il primo giocatore ad aver vinto la Coppa dei Campioni con due maglie diverse.

L'altro personaggio da copertina, anche se in campo solo negli ultimi minuti e neppure impiegato come rigorista (ma forse doveva tirare il quinto, reso superfluo dall'andamento del punteggio), è Dragan Stojković.
Grande ex della serata e passato l'estate precedente dalla Stella Rossa all'Olympique: un esempio di scarso tempismo, simbolo di una carriera complessivamente non all'altezza di una classe semplicemente magica.

Dopo il trionfo, i big strinsero un patto per non lasciarsi sfuggire l'occasione della vita in Coppa Intercontinentale: ne derivò un 3-0 (Jugović, Pančev, Jugović) contro i modesti cileni del Colo Colo, nel periodo forse di massimo divario fra il calcio di club europeo e quello sudamericano.
Anche in quel caso contro un volto noto: Mirko Jozić, Ct della Jugoslavia Campione del Mondo Under 20 nel 1987 e poi rimasto in Cile, dove si era svolta la manifestazione.
Da lì in poi iniziò il "rompete le righe" di una squadra che il conflitto aveva già relegato, per le gare interne in campo internazionale, sul neutro di Sofia: dove avvenne il definitivo passaggio di consegne, con l'1-3 interno che mandò in finale una degnissima Sampdoria.
Non si trattò del risultato di uno scontro diretto, bensì della gara decisiva per il primo posto del girone all'italiana che aveva sostituito quarti e semifinali, infliggendo la prima picconata alla formula tradizionale.
Segno di come, e lo ha sottolineato assai bene chi è intervenuto prima di me, la Stella Rossa e la Jugoslavia non fossero gli unici protagonisti al passo d'addio.

Tornando alla vittoria in Coppa Campioni, il modo migliore per rendere omaggio a quello squadrone consiste nel ricordare non la finale, ma la semifinale di ritorno col Bayern al Marakanà di Belgrado.
Confronto apparentemente deciso dall'1-2 dell'andata, e trasformatosi in uno scontro epico: da una parte l'impressionate supremazia degli slavi su un avversario non di poco conto; dall'altra lo smisurato, immenso, commovente orgoglio dei bavaresi nel ribellarsi al risultato dei primi novanta minuti e a gerarchie tecniche schiaccianti.
Finì con quattro reti di discutibile fattura - la prima su una punizione del giovane Siniša Mihajlović - quasi disperse in un'alluvione di gioco, agonismo e palle gol.
L'ultima, a un soffio dai supplementari, venne da una svirgolata di Augenthaler: o meglio dalla dormita del portiere Aumann, su una parabola ampiamente parabile perché lentissima.
Ma la vera istantanea del match rimane quella immediatamente successiva, dall'alto, coi giocatori tedeschi riversi sul terreno.
Come svuotati da una beffa troppo crudele, dopo aver dato letteralmente tutto ed essere andati al di là delle proprie forze, a sovvertire un destino già scritto.
Come se - alla stregua dei Catilinari nel racconto di Sallustio - ciascuno di loro proteggesse col corpo, una volta persa la finale, quel campo che aveva conquistato combattendo.
Rientrando nel presente da quel sogno a occhi aperti, ci si rende conto che in quei primi anni Novanta si stava materializzando un'altra e ancor più illustre uscita di scena: quella del calcio, almeno nella sua capacità di regalare emozioni del genere.

Offline AlenBoksic

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Re:29 maggio 1991
« Risposta #3 : Lunedì 30 Maggio 2016, 09:00:23 »
Due nomi da ricordare, fra i tanti campioni di quella squadra.
Miodrag Belodedić

Ieri grande rievocazione al Sava Centar a Belgrado, tra i presenti c'era proprio lui,
assieme a  Savićević.


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