Dico la mia giusto in tempo per l'inizio di questa farsa.
Premesso che condivido gran parte delle perplessità espresse sull'assegnazione al Qatar:
1) bisogna comunque distinguere due tipi di situazioni.
Che un Paese si governi in base a principi e costumi per noi inaccettabili rimane nell'ambito delle questioni interne: anche perché l'alternativa sono le esportazioni di democrazia.
Se la legislazione locale viene ritenuta incompatibile con una manifestazione come il Mondiale, basta organizzarlo altrove.
I 6900 omicidi sul lavoro - di questo si tratta - durante la realizzazione degli impianti, quindi in un contesto internazionale, costituiscono invece un crimine.
Conosciamo, purtroppo, i doppi e tripli standard in materia
2) Un'altra eredità malata del blatterismo è l'assegnazione a un Paese senza tradizione calcistica, che non ha mai neppure sfiorato la partecipazione alla fase finale del torneo.
Il precedente in Sudafrica nel 2010 - per non parlare della Corea del Sud nel 2002 - evidenzia un altro effetto collaterale: la necessità di salti mortali per trascinare la squadra di casa almeno fino alla fase a eliminazione diretta.
Nella gara contro l'Uruguay, l'espulsione del portiere Khune lasciò in dieci i Bafana Bafana compromettendo le residue possibilità di qualificazione: e fu la prima circostanza in cui la squadra del Paese organizzatore non superò il primo turno.
La situazione di gioco che aveva determinato il cartellino rosso era scevra da dubbi: ma Blatter sostenne che l'arbitro "avrebbe dovuto interpretare".
E il fischietto svizzero Busacca, fra i migliori dell'epoca nonché titolare di una candidatura quasi annunciata per la finalissima, sparì dai radar della manifestazione.
Il Qatar appare ancora più modesto, e l'aver vinto la Coppa d'Asia - in maniera un tantino telefonata, fra l'altro - non aggiunge molto.
L'Iraq (2007) non si qualificò neppure per i Mondiali, Giappone (2011) e Australia (2015) non andarono più in là dell'accesso alla fase finale.
Anche in questo, prepariamoci al peggio
3) A proposito di diritti umani, impossibile non citare Argentina 1978.
Lì non c'erano genericamente "un'altra cultura" o precedenti storici, bensì un crimine contro l'umanità in pieno svolgimento.
Dove la Coppa del Mondo servì sia come copertura per un inasprimento della "guerra sporca" sia come operazione propagandistica per il regime di Videla.
Uno fra i pochissimi a spendere mezza parola sull'argomento dei desaparecidos fu - gli va dato atto - Gianni Minà, che si ritrovò espulso dal Paese.
Il resto del mondo, in rappresentanza di Stati culturalmente e politicamente molto diversi fra loro, tirò dritto.
Dopo una situazione del genere, parlare di diritti umani in rapporto ai Mondiali ha perso qualsiasi credibilità