Autore Topic: L' Eco della morte è una risata.  (Letto 1175 volte)

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Offline Frusta

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L' Eco della morte è una risata.
« : Lunedì 22 Febbraio 2016, 18:08:13 »




Ieri mattina all'alba (anzi, deppiù), parlicchiando un po' con un amico che da qui si è sskancellato e speriamo prima o poi ritorni, ci si è rimessi per qualche secondo a parlare di Eco, ripartendo (la cosa era vecchia) dai suoi pregiudizi sui miei (presunti) pregiudizi riferiti al medesimo.
Il discorso era iniziato il giorno prima (sempre coi secondi contati) col fatto che non c'era bisogno di indagare su quanto potesse essere stronzo Maradona dal momento che quel che doveva più riguardarci di lui era quanto sapesse giocare a pallone, ed era stato ripreso (fra un mò ciò da fà un sacco de cose e l'altro) sul "quale" fosse, dai nostri rispettivi punti di vista, il suo effettivo valore.
L' amico, accennando all'interesse di Eco per le scienze esatte, probabilmente voleva insistere più che altro sul suo spessore di filosofo nel senso etimologico del termine, o su quello del semiotico, dato che mi invitava specificatamente a considerare la capacità di penetrazione della parola ne La misteriosa fiamma della regina Loana, proprio mentre io stavo avviandomi a parlare d'altro, e cioè della (mia) reale lezione ricevuta da Eco.
E probabilmente, mi permetto questa botta di presunzione, quel che (strigni strigni, depurato dagli epicedi di chi magari s'è fermato alla sola lettura dei suoi romanzi) di lui, nel tempo, soprattutto resterà.
Poi, visto che lui ciaveva fa fà ed io avevo voglia di un caffè, la cosa è rimasta sospesa lì
Poco prima l'amico aveva considerato un po' peloso l'elogio funebre in cui Sgarbi aveva definito Eco come il maggior intellettuale dai tempi di Croce. Ma lo aveva fatto con eccessiva leggerezza, secondo me, dato che Sgarbi, da esteta innamorato più del proprio senso estetico che dell'estetica in assoluto, parlando dell'estetica in assoluto non poteva permettersi secondi fini.
L' Eco studente, nessuno lo ha mai scritto ma io ne sono quasi sicuro, ai suoi tempi deve aver "mandato a memoria", come si diceva allora, il Breviario di Croce; e questo lo si desume da un sacco di cose, prima fra tutte il motivo che, a quasi mezzo secolo di vita, lo ha spinto a scrivere il suo primo romanzo, e cioè quello legato alla considerazione dell'arte come fonte di piacere, il rifiuto dogmatico del quale è causa, nell'austero monastero che sappiamo, di tutti i guai che sappiamo.
Insomma, Eco ci dice che ("ipse dixit", pure se la Sua Commedia non è arrivata fino a noi se non nella copia andata perduta nell'immaginario monastero di cui sopra, distrutta dall'assassino cieco di suo oltreché con la mente accecata dalle sue certezze) l'arte è nella gioia di godere dell'arte. Ecco perché, dicevo all'amico (che forse mi sta leggendo) che Eco a me ha insegnato che leggere (e rileggere e rileggere) Borges, nel mio caso, o pagine e pagine -non importa se sempre le stesse- de el otoño, procura sempre lo stesso piacere, anche se si tratta di cose che si conoscono già.
Come una musica: non dici "questa l'ho già sentita"; se ti piace, risentirla non ti darà mai meno piacere, manco se la sai a memoria.
E questo era quanto: l'assassino del nome della rosa vince nel romanzo perché distrugge la prova della liceità della risata, ma perde nella realtà perché la liceità della ricerca del piacere non la potrà mai ammazzare nessuno.
La cosa sarebbe finita lì, cioè nelle parole scambiate col nostro amico e nelle tante rimandate a qualche altra occasione, se non mi fosse capitata fra i contatti di feisbuc questa bustina di minerva di quasi vent'anni fa.
In cui un immaginario Platone fa dire da un immaginario Socrate ad un immaginario Critone che, in mancanza del placebo della fede, la risata poteva essere il riscatto alla dannazione della paura di morire.
Proprio come niente altro che il paradosso fisico del fulcro, nel Pendolo, poteva essere l'unico riscatto alla dannazione del panta rei.
Poi magari Eco è stato pure altro, chissà. Anche quell'accademico gonfio di sprezzante prosopopea che faceva di tutto per sembrare, ma a chi ama il calcio deve interessare come calciava Maradona, non quanto fosse stronzo.

Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Wild Bill Kelso

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Re:L' Eco della morte è una risata.
« Risposta #1 : Giovedì 25 Febbraio 2016, 22:04:37 »
Grazie.
Cosa? È finita? Hai detto finita? Non finisce proprio niente se non l'abbiamo deciso noi. È forse finita quando i tedeschi bombardarono Pearl Harbour? Col cazzo che è finita! E qui non finisce, perché quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.