www.gazzetta.itdi Stefano Cieri
Sei titolari sono italiani. E gli altri sono stranieri da tanto tempo nel nostro Paese. Così per il tecnico è più facile applicare le sue ideeÈ un’anima nuova che sta spingendo in alto la Lazio in questo avvio di stagione. È la (ritrovata) anima italiana. Erano anni che ci si era abituati (alla Lazio, ma anche altrove) a vedere formazioni in cui i giocatori italiani erano al massimo due o tre. Nelle prime otto giornate di questo campionato, invece, la formazione di Sarri è scesa in campo quasi sempre con sei titolari italiani, più di mezza squadra. È accaduto in cinque partite. E nelle altre tre i titolari italiani erano comunque cinque, quindi sempre tanti rispetto a quella che è la media generale delle ultime stagioni in Serie A.
La svolta autarchica --- Una vera e propria svolta che non è affatto casuale, ma è stata voluta e programmata per tempo. L’ha suggerita Maurizio Sarri e la società ha cercato di accontentarlo il più possibile. Effettuando una inversione a U rispetto alle sue ormai radicate abitudini (quelle di prediligere il mercato estero per acquistare nuovi giocatori). Sarri ha chiesto una Lazio più italiana non certo per un impeto di sciovinismo. No, le motivazioni vanno cercate altrove e attengono alla sfera calcistica. Per la sua idea di calcio, per il tipo di gioco che vuole far praticare alla sua squadra (e un po’ alla volta ci sta riuscendo) il dialogo è fondamentale. A volte sono decisive anche alcune piccole sfumature. Comunicare il più velocemente possibile, in allenamento come durante le partite, può fare la differenza. E farlo in italiano, ovviamente, agevola molto l’operazione. Ecco spiegata la svolta autarchica che si è consumata a Formello.
Arrivano i nostri --- C'è poi un altro elemento che ha favorito la re-italianizzazione della Lazio. La volontà (anche in questo caso suggerita dal tecnico e sposata dal club) di creare un nocciolo duro che parlasse la stessa lingua all’interno dello spogliatoio. E così su otto nuovi acquisti arrivati in estate ben quattro sono italiani (e un quinto, Vecino, gioca in Serie A da dieci anni). I sei titolari "nostrani" più o meno fissi sono il portiere Provedel, i difensori Lazzari e Romagnoli, il centrocampista Cataldi, gli attaccanti Immobile e Zaccagni. La spina dorsale della squadra (Provedel-Romagnoli-Cataldi-Immobile) è interamente italiana. E non è tutto perché a loro, in tempi relativamente brevi, potrebbero aggiungersi anche il difensore Casale (attualmente infortunato, ma dovrebbe essere pronto tra una settimana) e l’attaccante Cancellieri. Quest’ultimo, finora utilizzato da Sarri in nove delle dieci gare disputate tra coppa e campionato, ma mai da titolare, potrebbe fare l’esordio dall’inizio domani a Graz in Europa League. Già, l’Europa League. Sarà un caso, ma l’unica serata brutta vissuta dalla Lazio in questa stagione si è consumata proprio in coppa (il 5-1 subito in casa del Midtjylland) quando i titolari italiani erano solo quattro (nell’altra gara, vinta 4-2 col Feyenoord, ce n’erano invece cinque).
Stranieri italiani --- La contro-rivoluzione italiana è poi completata dalla presenza in gruppo di molti stranieri che sono quasi italiani. Innanzitutto perché sono da tanto tempo nel nostro Paese. Il caso più eclatante è quello di Radu, arrivato alla Lazio nel 2008, quindi in Italia da quattordici anni. Ma anche tanti altri elementi sono ormai di casa dalle nostre parti. Milinkovic, per esempio, è alla sua ottava stagione in Serie A. Come Patric. Luis Alberto è invece alla settima, Marusic alla sesta. Per Felipe Anderson questa è la settima annata alla Lazio (non consecutiva, però: dopo essere stato in biancoceleste dal 2013 al 2018, è tornato un anno fa). Vecino, come si diceva, è in Italia da dieci anni. Questi sei giocatori sono gli altri titolari della Lazio (con Luis Alberto e Vecino che si alternano come interno sinistro). In pratica la formazione-tipo di Sarri è composta per sei undicesimi da giocatori italiani e per cinque undicesimi da stranieri che stanno in Italia da almeno sei anni. E per certi versi sono più italiani di tanti italiani. La scommessa da vincere, per il tecnico, è quella di "italianizzare" il più velocemente possibile gli altri. Ovviamente non è il caso di Pedro (al suo terzo anno italiano, ma lui è uno di quei campioni per cui certi discorsi non valgono in ogni caso) e di Hysaj (anche lui in Italia da dieci anni), ma degli altri sì. Da Maximiano a Marcos Antonio e Gila (gli ultimi arrivati in ordine cronologico) a Basic, Romero e Kamenovic. Le fortune stagionali della Lazio dipendono anche da quanto tempo ci metterà Sarri a coinvolgere pure loro. A "italianizzarli".