Autore Topic: As-set 1927  (Letto 1290 volte)

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Offline fiDelio

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As-set 1927
« : Venerdì 3 Settembre 2010, 19:55:00 »
Non sono neanche più una squadra, so diventatati un cespite!!!!
Poracci.....
#Liberate I Laziali

"Ancora date retta a quegli stronzi dei giornalisti?"

"Se un giorno dovessi fare un trapianto di cervello, vorrei quello di un giornalista sportivo. Perché so che non è mai stato usato"

RobCouto

Re:As-set 1927
« Risposta #1 : Venerdì 3 Settembre 2010, 20:09:42 »
Una shit-company, piucchealtro.

Offline Matita

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Re:As-set 1927
« Risposta #2 : Venerdì 3 Settembre 2010, 20:32:17 »
Una shit-company, piucchealtro.

t'avanzo n'applauso..
Si er papa te donasse tutta Roma
E te dicesse lassa anna’ chi t’ama
 je diresti:  Si sacra corona
Val piu’ l’opinione mia che tutta Roma

Vulgus veritatis pessimus interpres.
Lotito deve fa' come dico io (quito cit.)

zorba

Re:As-set 1927
« Risposta #3 : Sabato 4 Settembre 2010, 08:17:55 »
(Il Fatto Quotidiano 04.09.2010)

PROFUMO DI GUAI

Cresce il malcontento delle fondazioni azioniste dopo il rafforzamento dei soci libici nel capitale

(di Alfredo Faieta)


Milano - “Le fondazioni bancarie del nord est guardano con grande interesse alle multiutility per i loro futuri investimenti”. Arriva secca l’affermazione dell’avvocato Marco Serena, membro irredentista del cda della fondazione trevigiana Cassamarca, azionista con circa l’uno per cento di Unicredit group. “Le società alle quali guardiamo garantiscono rendimenti doppi rispetto a quelli di Unicredit e forniscono servizi essenziali ai cittadini dei territori sui quali insistono. “La mia opinione – si sfoga col Fatto Quotidiano Serena, una tessera della Lega Nord in tasca e un posto in consiglio regionale veneto mancato per poco nell’ultima tornata elettorale – è che si debba uscire dall’azionariato di una banca che potrebbe non fare concretamente gli interessi dei territori dai quali origina. Tanto più in ragione dei soldi che abbiamo versato per gli aumenti di capitale nello scorso biennio, che hanno evitato il peggio al gruppo: denari che potrebbero ora invece prendere altre strade a causa di quel signore lì (Profumo, ndr)”.

Qualche malumore libico

E UNA DI QUESTE strade alternative potrebbe portare alla Libia, ora che i fondi sovrani del governo di Muhammar Gheddafi sono diventati il primo socio privato di Unicredit con il sette per cento del capitale. E la disinvoltura con la quale l’amministratore delegato del gruppo Alessandro Profumo si è legato ai soci libici non è passata certo inosservata: una manovra alla chetichella, concretizzata tra fine luglio e agosto, mese di storiche fregature fiscali servite a cittadini distratti dalle vacanze estive. Non è quindi strano che si insinui il dubbio che qualcosa di poco trasparente ci sia stato, anche se il timing dell’operazione che ha portato il sfondo sovrano Libian investment authority (Lia) al 2,07 per cento del capitale (che si somma al 4,99 per cento della Banca centrale libica) non è di per sé una prova. “Il prossimo sei settembre è previsto un consiglio di indirizzo e programmazione di Cassamarca dove col presidente Dino De Poli si farà il punto della situazione e spero che prevalga il buonsenso verso un’operazione che, lungi dall’andare nel verso di una vicinanza al territorio, risposta l’asse verso l’internazionale inteso come grandi operazioni” chiosa Serena, che non dimentica tutte le rassicurazioni dei mesi scorsi sul territorio. 

Nel frattempo, mentre il sito Dagospia rilancia il presunto desiderio di Profumo di spostare la sede centrale all’estero (Monaco, Londra?) – ipotesi che per ora non trova conferme – i vertici delle grandi fondazioni azioniste, e degli importanti soci esteri come Allianz (due per cento del capitale) stanno cercando di ricostruire esattamente il percorso seguito dai libici. Ed è partito il tam tam dei contatti con il presidente della banca Dieter Rampl, che pare non fosse al corrente del blitz del fondo Lia, proprio come la Banca d’Italia che ha chiesto per il futuro una maggiore trasparenza. Di percorsi e metodi ne hanno parlato tra di loro i vertici delle fondazioni ed è previsto per la settimana prossima un comitato strategico della banca dove si farà il punto di fronte a Profumo che ieri era a Torino per un incontro aziendale con 400 manager.

La Consob e lo statuto

ANCHE LA CONSOB, l’autorità di vigilanza sulla Borsa, ha aperto un dossier Unicredit per capire se sono state rispettate tutte le norme sulle comunicazioni al mercato per il superamento della soglia del due per cento del capitale. E se i due soggetti libici presenti ora nel capitale di Unicredi non siano in realtà uno solo (entrambi rispondono di fatto al governo di Tripoli) che agisce di concerto. Se così fosse, scatterebbe la tagliola dello statuto che non permette a nessun socio unico di votare per più del cinque per cento dei titoli in possesso, sterilizzando di fatto il due per cento di Lia. A quel punto, contando anche i voti del fondo Aabar di Abu Dhabi, gli arabi avrebbero “solo” il 10 per cento consentendo alle fondazioni di mantenere salda la barra della governance. Perché è questo il vero cruccio degli azionisti di Unicredit in questi giorni: capire chi comanda davvero. E quanto potere resta agli altri. C’è da dire che, per il momento, gli acquisti libici sono fermi: ma qualora fosse accertata la mancanza di correlazione tra i due soggetti, Lia potrebbe proseguire con gli acquisti fino al 5 per cento. E per le fondazioni i problemi – e il malcontento – aumenterebbero parecchio.

La politica fuori dalla porta

MA ALESSANDRO Profumo, grazie ai libici, ha svelato una debolezza dell’attuale proprietà: non è così compatta come si crede, sia in seno alla banca, sia nelle stesse fondazioni. Il grido “ora dateci le banche” del leader leghista Umberto Bossi all’indomani del successo alle elezioni regionali, comincia a sembrare un progetto sbiadito. Innanzitutto perché a conti fatti nelle grandi fondazioni la Lega Nord non potrà influenzare pienamente l’attività strategica (Paolo Biasi sarà quasi sicuramente rieletto a ottobre presidente di Cariverona – 4,98 per cento del capitale - , nonostante i 7-8 consiglieri Leghisti in procinto di entrare il 17 settembre) e poi perché Muhammar Gheddafi è partner privilegiato del governo dove la stessa Lega ha un peso decisivo. Con buona pace del sindaco di Verona Flavio Tosi e del governatore del Veneto Luca Zaia, sempre più isolati nelle loro pretese di influenzare la banca a favore dell’elettorato padano. Non solo. Se a nord est si alza la bufera, a nord ovest non si muove foglia. Fabrizio Palenzona, vice presidente con ottimi rapporti a Tripoli ha evitato qualsiasi commento, e così ha fatto la stessa Fondazione Crt, che ha tenuto un profilo molto basso pur non avendo favorito l’ingresso dei libici. Per non parlare della Sicilia: “Sono personalmente preoccupato di tutte queste vociare della politica, che penalizzano solo l’istituto” dice al Fatto il presidente della Fondazione Banco di Sicilia (0,6 per cento del capitale che si somma ad una quota identica della Regione Sicilia) Giovanni Puglisi. “Si è scatenata una tempesta in un bicchier d’acqua. Non temo i soci libici né arabi, investitori che ritengo corretti salvo prova contraria. Ho a cuore solo la redditività della banca che significa dividendi per l’ente che presiedo. Unicredit è un soggetto internazionale che non si può ricondurre a beghe locali”.

bak

Re:As-set 1927
« Risposta #4 : Sabato 4 Settembre 2010, 09:33:06 »
(Il Fatto Quotidiano 04.09.2010)

PROFUMO DI GUAI

Cresce il malcontento delle fondazioni azioniste dopo il rafforzamento dei soci libici nel capitale


E chi c'era in Italia quando hanno preso bellicapelli Borriello   >:D?