Sembra che Christian Brocchi sia subentrato a Sinisa.
Tanto tuonò che piovve, e nell'ultimo filotto di risultati negativi la sensazione che qualcosa - o qualcos'altro? - si fosse rotto era palpabile.
Bilancio della sua esperienza in rossonero? Ampiamente positivo, perlomeno in rapporto a un organico da cui anche Carpi e Frosinone faticherebbero a prelevare più di 4-5 giocatori nella migliore delle ipotesi.
Ha dato alla squadra un gioco, sia pure poco brillante, ma produrre spettacolo con quel centrocampo supera le possibilità di qualsiasi tecnico.
Ha riconquistato una finale di CI, sia pure con la semifinale in abbuono grazie all'impresa dell'Alessandria.
Lascia in eredità un patrimonio tecnico e finanziario come Donnarumma, da lui lanciato come titolare a sedici anni.
E questo nonostante i troppi paletti posti da una gestione societaria ormai ridotta, causa il senile e finanziario ottenebramento del piccolo capo, a una pariniana parata degli imbecilli.
Dalle tangenti alla xxxx spacciate per rinforzi alla necessità di tenere in vita artificialmente un personaggio da Isola dei Famosi come Balotelli, fino al nonsense della vicenda Luiz Adriano: prima ceduto per una cifra neppure esaltante, poi misteriosamente indisponibile per settimane anche dopo il deitrofront e la conseguente conferma.
Peccato si parlasse dell'elemento di gran lunga meglio inserito nel calcio italiano per tigna, concretezza, capacità di fungere da riferimento offensivo.
Assai più di Bacca, gol a parte ancor più avulso e abulico di Icardi: problema forse acuito da un equivoco sulle sue caratteristiche, che non sono quelle dell'elemento in grado di fare reparto da solo.
In concreto gli si possono rimproverare scelte di formazione e nei cambi non sempre ben abbinate alle esigenze della singola partita, non certo un fallimento complessivo nella gestione dell'organico.
Del resto, il problema suo, dei predecessori e verosimilmente dei successori è la stagnazione societaria.
Un uomo anziano e malato che pretende il Milan dei tre olandesi senza prima averli comprati, sabotando il lavoro dell'allenatore coi modi e la competenza di un ubriacone da bar già "ammirati" in passato nelle esternazioni ai danni di Zoff e Ancelotti: sì, perché solo il suddetto ubriacone può non rendersi conto che con un organico da provinciale - inferiore a quello di provinciali vere come il Sassuolo, per capirci - un sano calcio di provincia è già grasso che cola.
Un ex re del mercato reso nudo dalla scarsa disponibilità economica: finché si trattava di strapagare a fondo perduto era tutto facile, quando servivano fiuto e capacità di fare le nozze coi fichi secchi sono cominciati gli Essien.
Un'erede affiancata al suddetto, e in proporzione più invadente dell'illustre genitore, a creare solo confusione.
Il Milan sembra Cuba dopo il 1989: prigioniero di una sempre più plateale "Opzione Zero".
E di un leader che, al di là dei suoi meriti pregressi, non appartiene più al presente e tiene sotto sequestro il futuro.
Con la differenza che qui il fratello è Paolo Berlusconi, non l'assai più spendibile - almeno sul breve periodo - Raúl Castro.
Se davvero il Presidente Onorario tiene al Milan, compia un ultimo atto d'amore e responsabilità: sfrutti lo straordinario brand internazionale del club e la propria rete di conoscenze per trovare un compratore vero, non i figuranti di cui si è parlato finora, quindi rimanga in via definitiva sul poster con le Coppe dei Campioni vinte.
Tornando a Siniša, l'incidente di percorso non dovrebbe compromettere più di tanto il suo domani: rimane innanzitutto un uomo con la schiena dritta, ideale per le situazioni in cui occorre per prima cosa farsi rispettare da uno spogliatoio di lavativi e surrogare il ruolo disciplinare di dirigenze inesistenti sotto questo profilo.
A giudizio di chi scrive, le lacune della Lazio in tal senso e il fatto che abbiano inciso assai più del dato tecnico ne fanno il candidato ideale per la successione di Pioli/S. Inzaghi.
Ma c'è un'altra panchina illustre non meno bisognosa di tali doti: quella della Nazionale, che rischia di non partecipare al Mondiale 2018 con ripercussioni apocalittiche sull'intero movimento.
Considerando la cittadinanza italiana del Nostro, il buon lavoro già svolto come Ct nel Paese d'origine e i nomi da brivido in circolazione per il dopo-Conte, non sembra una candidatura inverosimile.
Rimarrebbe lo sgradevole precedente di Sacchi, rifilato agli Azzurri nel dopo-Milan e poi ripreso a tradimento nella notte, come se Coverciano altro non fosse che una succursale di Milanello.
Ma il parallelo storico più urgente, in questo momento, è quello del 1958 con l'unica qualificazione mancata sul campo nella Storia del nostro calcio.