Vedere giocare la Lazio riempie il cuore degli appassionati di calcio, non solo dei laziali. Mai come quest'anno ricevo complimenti da tifosi di altre squadre (eccetto dai romanisti, ma si sa, quella è una razza di tifosi a parte). Molte partite giocate in questa stagione saranno tra i versi più belli ed emozionanti di una poesia lunga 115 anni. L'essenza dello sport, perché il calcio tale è: spirito, idee, interpretazioni, piedi fatati che disegnano traiettorie, velocità, rispetto per gli avversari, il sogno, il coraggio. Torno bambino con questa Lazio: mi entusiasma, non mi vergogno a dire che a tratti mi commuove, come ieri sera. Lazio bella, pazza, a volte disperata ma mai disperante, in una cornice di senso di appartenenza che poche volte ricordo nella mia lunga storia di tifoso. Un episodio per tutti: avremmo voluto cantarne quattro a Malagò: Pioli lo ha fatto ieri, durante la premiazione. Lo stesso mister che prima della partita, nella fase di riscaldamento, chiama a sé i giocatori e dice:"siamo forti, ce la giochiamo". Lui che fa cantare l'inno e che trasmette la lazialità al gruppo, in un processo osmotico con i tifosi e con la storia. Mai sbruffone, sempre pacato, nella sconfitta e nella vittoria. Un grande tecnico, una grande persona, che sembra materializzato dalla nostra sensibilità laziale. La Lazio meritava il secondo posto e lo meritava per distacco. Ma si sa: siamo in Italia, dove anche il calcio è indirizzato dai poteri forti. Vedere la roma al secondo posto ed il napoli a soli tre punti da noi ne è la prova più evidente. Ma ciò che abbiamo visto quest'anno resterà a lungo nei nostri occhi e visto che Pioli ha capito la nostra essenza, sa benissimo che chi sceglie la Lazio non lo fa per vincere a tutti i costi o per colmare un vuoto esistenziale. E allora: avanti Mister, e comunque vada: GRAZIE!