www.gazzetta.itI campioni d’Italia rimontano all’Olimpico e s'impongono 2-1: decide l’ex genoano, dopo i gol di Radu e Chiellini in avvio di gara. Doppio palo di DjordjevicMassimiliano Allegri, presentato il 16 luglio 2014, aveva detto “la Champions è un sogno”. E la sua Juve sta facendo qualcosa di strabiliante: ora non solo la coppa più ambita, tutta la stagione bianconera è una favola sempre più reale. La Juventus, dopo 20 anni, centra il suo terzo “Double” scudetto/Coppa Italia battendo 2-1 la Lazio all’Olimpico. E’ la famosa Decima, quella che Andrea Agnelli chiese espressamente ad Allegri. Che dopo aver sorpassato Conte nella storia del club, ora prova ad avvicinare Marcello Lippi, ultimo tecnico a centrare la doppietta e la Champions (nel 1995/96). Roba da vetrina nobilissima nel museo bianconero.
LA FINALE — E’ stata bella solo a tratti. Ma molto equilibrata ed intensa. Giocata almeno alla pari da una Lazio che è stata una rivale complicatissima, che perde con qualche giustificato rimpianto. Del resto nelle stagioni benedette serve anche una mano degli dei del calcio. Che si manifestano nella parabola biliardesca con cui Filip Djordjevic colpisce un clamoroso doppio palo a supplementari appena iniziati. Dato alla Dea Fortuna ciò che le spetta, la Juve continua a vincere perché è una squadra fuori dal comune. Con una fiducia nei propri mezzi che forse va anche oltre l’effettivo valore. E anche nelle serate in cui non le riesce molto di ciò che sa fare, resta compatta. Vedere Tevez dopo 112’ farsi tutto il campo per un recupero difensivo spiega parecchie cose. Come gli abbracci post-fischio finale in mezzo al campo, che sembrano quelli tra amici veri.
LAZIO A TUTTA — Pioli sceglie di affrontare la Juve decidendo di svuotare da subito una parte del serbatoio: squadra alta e pressione forsennata. La difesa a tre sta molto vicina ai centrocampisti, con Candreva e Anderson che hanno ampia libertà di movimento. Allegri va col 3-5-2 annunciato, a cui manca come l’aria la capacità dello squalificato Morata di aprire il campo e creare superiorità. Con Llorente lì in mezzo, la manovra è molto più prevedibile.
PALLE FERME — La partita si accende subito col botta e risposta Radu-Chiellini. Il romeno svetta sulla punizione di Cataldi e scavalca Storari, portiere di Coppa. C’è la complicità di Pirlo, che salta a vuoto. Come non è irreprensibile la difesa laziale 7’dopo: sponda di testa di Evra sulla punizione dello stesso Pirlo, Chiellini si inventa la girata dell’immediato 1-1. Primo gol stagionale in bianconero per il Chiello, tirato fuori al momento giusto.
IMPRECISE — Il resto del primo tempo trascorre con tanta intensità a cui si accompagnano molti errori. Parolo sfiora il palo da fuori, Berisha fa la fortuna di chi ha un cardiofrequenzimetro tascabile e lo vuole collaudare rinviando di piede su Tevez senza pagare dazio.
PIÙ LAZIO — La finale riparte senza grandi scossoni. La pressione della Lazio cala prevedibilmente di intensità, ma alla Juventus manca il cambio di ritmo nella manovra, che troppo spesso sbatte centralmente sulla difesa a tre da Pioli, in cui svetta un De Vrij formato top club europeo. Pogba viaggia a sprazzi, Pirlo si limita all’ordinario e Marchisio è squalificato. E’ la Lazio a manovrare meglio, accesa dalle fiammate di Anderson e Candreva. Storari, sostanzialmente disoccupato, trema solo nel finale, quando il nuovo entrato Djordjevic gli conclude addosso. Allegri toglie Pogba e il nuovamente insufficiente Llorente per Pereyra e Matri, subito in partita in maniera importante. Altra caratteristica di questa Juve. L’ex Genoa segna subito in fuorigioco millimetrico per l’ultimo brivido dei 93’ regolamentari. Extra time, per la prima volta dal 2009 (quella volta vinse proprio la Lazio, ai rigori).
BUS DE MAX — “Occ, pazienza e bus de cul”. Saggezza romagnola firmata Arrigo Sacchi, secondo cui con queste tre virtù si va lontani nel calcio e nella vita. E la storia dei supplementari gli dà ragione. Prima il doppio, clamoroso palo di Djordjevic col sinistro da urlo, poi la rete di Matri, che ribadisce in rete dopo una conclusione respinta di Pereyra. I due cambi, più che mai azzeccati, di Max Allegri. Berisha ci mette del suo con un intervento imperfetto, come Andrea Pirlo, che appena cala il ritmo sale in cattedra col lancio da cui nasce tutto. Pioli ci prova con Keita per De Vrij, ma la Lazio non ne ha più. “Ce ne andiamo a Berlino” canta una Sud dell’Olimpico insolitamente bianconera. Eh sì. E con due trofei già in tasca.
Jacopo Gerna