Autore Topic: Dialetti d'Italia.  (Letto 7350 volte)

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Offline DinoRaggio

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #20 : Lunedì 4 Maggio 2015, 18:21:54 »
Eh, ricordi della tesi di Dialettologia :)

Un tipico sostrato osco-umbro (vale a dire di quelle lingue italiche diffuse nell'Italia centro-meridionale prima che Roma la conquistasse) è la cosiddetta "assimilazione regressiva", nella quale la seconda vocale consonante prende il suono della prima; esempi: "quando -> quanno", "gamba -> gamma", a Roma "calda -> calla" ecc.
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Offline cartesio

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #21 : Lunedì 4 Maggio 2015, 18:22:25 »
Annoiato? Scherzi.

Quando nel link di cartesio, si afferma che "nui" deriva da "nosaltres(leggi=nusaltras)", allora anche noi romani, non dominati da aragonesi con i loro vassalli catalani, dovremmo affermare che noiantri derivi da "nosaltres" ?   ::) 

Non esattamente, hai preso un esempio che riguarda i verbi. L'enfasi è su turnamu/tornem (pron. turnem), ed altre coppie di verbi, per illustrare un fenomeno linguistico che l'autore chiama "neutralizzazione".
e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

Offline leomeddix

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #22 : Lunedì 4 Maggio 2015, 20:23:47 »
Quale diverso influsso sul linguaggio possano aver avuto le dominazioni 'aragonese' e 'spagnola' nel Sud Italia lo ignoro. E' materia che esula dalle mie competenze.

Le influenze spagnole (e aragonesi) nei dialetti meridionali sono numerose. Alcuni esempi:
L'uso del verbo spagnolo “estar”, derivante da “ser = essere”, impiegato insieme al gerundio, (“están comiendo” = “stanno mangiando”) è stato ereditato dai dialetti meridionali nell'uso del verbo “stare” in forme progressive: sto durmenno = 'sono intento a dormire', sta facenno ’a spesa = 'è intento a far la spesa'.
Lo stesso verbo “estar”, prima di un aggettivo o participio (“mi mujer está cansada = mia moglie è stanca”) corrisponde alla nostra tipica forma meridionale "stongo assettato" (= “sono seduto”), "stanno malati"(= “sono ammalati”) ecc.
Il verbo spagnolo “tener” è usato al posto di “àber”= “avere” quando regge il complemento oggetto (per es. “tengo sueño” = “ho sonno”, “tenemos mucho dinero” = “abbiamo molto denaro” ), da cui, nei dialetti meridionali, derivano "tengo suonno", "tengo fame" ecc.

Un tipico sostrato osco-umbro (vale a dire di quelle lingue italiche diffuse nell'Italia centro-meridionale prima che Roma la conquistasse) è la cosiddetta "assimilazione regressiva", nella quale la seconda vocale prende il suono della prima; esempi: "quando -> quanno", "gamba -> gamma", a Roma "calda -> calla" ecc.

Oltre a quello da te accennata, la lingua osca ci ha lasciato altre eredità linguistiche. Per esempio nel dialetto abruzzese (ma non solo) derivante dall'osco è il cambiamento di 's' in 'z' quando è preceduto da 'n' ('Fonze' per 'Alfonso', 'anzijose' per 'ansioso'), oppure la trasformazione della 'b' iniziale in 'v' (la varve [=la barba], la vocche [=la bocca]).
Sempre dall'osco, nel dialetto abruzzese si ha la variazione di 'vv' in 'bb' (abballe [=a valle, là sotto], abbijà [avviarsi, affrettarsi]). Inoltre il dialetto abruzzese è debitore dall'osco di numerosi termini (per es. 'taratuff', dall'osco 'tufer', da cui 'terrae tufer' [=tubero di terra] che poi in italiano è diventato 'tartufo', oppure 'spara' (dal'osco 'spaira' [=panno ravvolto in cerchio che le donne usano per portare pesi sul capo] che in latino è diventato 'sphaera') ecc.

P.s.
L'Italia ha una ricchezza etnica e linguistica straordinaria (e spesso misconosciuta). Per esempio, io provengo da una isola etnica slava nel cuore dell'Abruzzo, occupata alla fine del XV secolo da popolazioni dalmate in fuga dal dominio turco, che si riversarono sia in territorio abruzzese che molisano. Nel mio paese di nascita come testimonianza di questa immigrazione rimangono  molti cognomi, diversi tratti somatici e qualche nome di località, ma in Molise esistono tre paesi (Montemitro, Acquaviva e S.Felice) in cui i più anziani hanno ancora memoria della vecchia lingua croata e in cui la segnaletica stradale è bilingue (italiano-croato).
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Offline BobLovati

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #23 : Martedì 5 Maggio 2015, 00:16:29 »
Ricordavo, dall'epoca degli studi, un'esperienza abbastanza breve degli aragonesi propriamente detti nel Sud Italia.

Nel dubbio ho verificato meglio.
Gli aragonesi, prima di cedere il passo al re della corona spagnola unificata (il 1503 l'anno del 'trapasso' [vado a memoria, questo non l'ho ricontrollato], nell'ambito degli sconvolgimenti innescati nella libera Italia delle signorie dalla discesa di Carlo VIII in Italia di fine Quattrocento) nel nostro Meridione regnano solo nell'Italia insulare (Sicilia dopo la guerra dei vespri ma, se non m'inganno, a un certo punto vi fu uno 'scambio' di corone con la Sardegna: non garantisco neanche questo) sino al 1441.


Poi, dal 1441 all'inizio del sedicesimo secolo, vi fu la breve parentesi - poco più di mezzo secolo - di dominio aragonese nel Sud continentale d'Italia. Successivamente, il Meridione d'Italia, Sicilia inclusa, fu spagnolo per oltre due secoli, poi un breve interregno austriaco (1714-1733, mi pare), quindi i Borboni sino al 1861 con gli sconvolgimenti del periodo napoleonico e murattiano (Napoli napoleonica e il Borbone che riparò in Sicilia).

Quale diverso influsso sul linguaggio possano aver avuto le dominazioni 'aragonese' e 'spagnola' nel Sud Italia lo ignoro. E' materia che esula dalle mie competenze.

si, lo ignori; gli aragonesi, dopo la unione matrimoniale fra Isabel I di Castilla (conosciuta anche come la Católica) e Fernando II di Aragona, diventarono parte della corona spagnola unificata. Ecco perché non si parla più di Aragonesi, bensí di Spagnoli.

Le cose, si nun le sai .... salle   ;)   :D 

Le influenze spagnole (e aragonesi) nei dialetti meridionali sono numerose. Alcuni esempi:
L'uso del verbo spagnolo “estar”, derivante da “ser = essere”, impiegato insieme al gerundio, (“están comiendo” = “stanno mangiando”) è stato ereditato dai dialetti meridionali nell'uso del verbo “stare” in forme progressive: sto durmenno = 'sono intento a dormire', sta facenno ’a spesa = 'è intento a far la spesa'.
Lo stesso verbo “estar”, prima di un aggettivo o participio (“mi mujer está cansada = mia moglie è stanca”) corrisponde alla nostra tipica forma meridionale "stongo assettato" (= “sono seduto”), "stanno malati"(= “sono ammalati”) ecc.
Il verbo spagnolo “tener” è usato al posto diàber= “avere” quando regge il complemento oggetto (per es. “tengo sueño” = “ho sonno”, “tenemos mucho dinero” = “abbiamo molto denaro” ), da cui, nei dialetti meridionali, derivano "tengo suonno", "tengo fame" ecc.

Oltre a quello da te accennata, la lingua osca ci ha lasciato altre eredità linguistiche. Per esempio nel dialetto abruzzese (ma non solo) derivante dall'osco è il cambiamento di 's' in 'z' quando è preceduto da 'n' ('Fonze' per 'Alfonso', 'anzijose' per 'ansioso'), oppure la trasformazione della 'b' iniziale in 'v' (la varve [=la barba], la vocche [=la bocca]).
Sempre dall'osco, nel dialetto abruzzese si ha la variazione di 'vv' in 'bb' (abballe [=a valle, là sotto], abbijà [avviarsi, affrettarsi]). Inoltre il dialetto abruzzese è debitore dall'osco di numerosi termini (per es. 'taratuff', dall'osco 'tufer', da cui 'terrae tufer' [=tubero di terra] che poi in italiano è diventato 'tartufo', oppure 'spara' (dal'osco 'spaira' [=panno ravvolto in cerchio che le donne usano per portare pesi sul capo] che in latino è diventato 'sphaera') ecc.

P.s.
L'Italia ha una ricchezza etnica e linguistica straordinaria (e spesso misconosciuta). Per esempio, io provengo da una isola etnica slava nel cuore dell'Abruzzo, occupata alla fine del XV secolo da popolazioni dalmate in fuga dal dominio turco, che si riversarono sia in territorio abruzzese che molisano. Nel mio paese di nascita come testimonianza di questa immigrazione rimangono  molti cognomi, diversi tratti somatici e qualche nome di località, ma in Molise esistono tre paesi (Montemitro, Acquaviva e S.Felice) in cui i più anziani hanno ancora memoria della vecchia lingua croata e in cui la segnaletica stradale è bilingue (italiano-croato).


haber si scrive con l´h iniziale e senza accento

a leomeddix ricordo anche le popolazioni fuggite dal dominio turco rifugiatesi in Puglia e Calabria di lingua albanese; in Calabria ci sono paesi come Spezzano Albanese, Santa Cataerina Albanese, S.Giorgio Albanese, S.Costantino Albanese, Piana degli Albanesi, dove si parla un albanese antico ma ancora in parte comprensibile.
Peraltro, al tempo degli sbarchi dall´Albania degli anni ´90. proprio mlitari originari di queste zone furono impegati per l´accoglienza come interpreti ai rifugiati.
Laziale, Ducatista e fiumarolo

Siamo noi fortunati ad essere della Lazio, non la Lazio ad avere noi

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Offline franz_kappa

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #24 : Martedì 5 Maggio 2015, 01:29:31 »
si, lo ignori; gli aragonesi, dopo la unione matrimoniale fra Isabel I di Castilla (conosciuta anche come la Católica) e Fernando II di Aragona, diventarono parte della corona spagnola unificata. Ecco perché non si parla più di Aragonesi, bensí di Spagnoli.

Le cose, si nun le sai .... salle   ;)   :D 
Oddio, a dire il vero avevo piena contezza dell'unificazione dei due regni (Castiglia e Aragona), che nel tardo Quattrocento diede vita alla monarchia spagnola, che dominò nel Sud Italia per oltre due secoli, successivamente alla battaglia del Garigliano del 1503, sino alla breve parentesi austriaca nel primo Settecento cui seguirono circa 130 anni di regno borbonico (con l'intermezzo napoleonico).
Mi aveva piuttosto sorpreso la tua affermazione circa una presunta dominazione aragonese nel Sud Italia, che sarebbe durata secoli. Invero, gli aragonesi - per come l'ho studiata io - nel Mezzogiorno ci sono stati (a eccezione della Sicilia) dal 1441 a fine Quattrocento, per come la ricordo.

L'affermazione circa la mia ignoranza (oggettiva in materia di linguistica) si riferiva alla mia totale assenza di contezza circa la lingua ufficiale, diciamo così, parlata nel sud Italia nella fase 'aragonese', che data XV secolo, e nella successiva fase spagnola, protrattasi per oltre due secoli (1503-1714). Non so se era aragonese ante 1503 e invece castigliano post 1503 o se vi è stata una certa continuità linguistica.
Buon viaggio, caro Piero.

Offline franz_kappa

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #25 : Martedì 5 Maggio 2015, 01:42:13 »
Non so se era aragonese ante 1503 e invece castigliano post 1503 o se vi è stata una certa continuità linguistica.
Pardon, l'ora tarda mi ha fatto sbagliare.
Ho scritto aragonese, intendevo catalano.
Buon viaggio, caro Piero.

Offline Er Matador

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #26 : Martedì 5 Maggio 2015, 03:01:10 »
Sulle influenze del castigliano nei dialetti meridionali: basta citare la preposizione "a" prima del complemento oggetto, del tipo "metti a Cassano".
Credo sia particolarmente significativa perché, rispetto a pur numerosi prestiti lessicali, un influsso sulla grammatica certifica un'interazione più profonda fra i due idiomi.
Sui dialetti e il sostrato preromano: si tratta di un passaggio fondamentale nella formazione delle nostre realtà linguistiche, ma non facile da documentare per la frequente mancanza di testimonianze scritte.
Ad esempio, alcuni attribuiscono la pronuncia aspirata tipica delle parlate toscane - la cosiddetta "gorgia" - ad ascendenze etrusche: ma come dimostrare la pur suggestiva tesi?
La situazione migliora quando vengono a galla frammenti della cosiddetta umgangssprache, letteralmente "lingua sommersa": di fatto la lingua parlata, non documentata da fonti scritte, ma nella quale avviene spesso l'incubazione di tendenze ed evoluzioni che troveranno spazio solo in seguito nell'idioma ufficiale e letterario.
Un caso particolare è rappresentato da Pompei e dalle scritte sui muri - benedetti vandali, per una volta! - che l'eruzione del Vesuvio ha conservato fino ai nostri giorni.
Un anonimo, per dire, indica i baci che darebbe all'amata con la forma "vasia" per il corretto latino "basia".
Considerando che in Campania il bacio viene tuttora indicato come 'o vaso, e passando per il "bolzera" come resa di "vorrei" documentato da Dante nel De vulgari eloquentia, si può riconoscere nelle parlate di parte del Sud una coerente tendenza al betacismo - inteso più genericamente come interscambio fra "b" e "v" - con una tradizione perlomeno bimillenaria.
Un tratto forse non estraneo all'influenza del greco, se si pensa che nella storia di tale lingua la pronuncia della "beta" ha oscillato appunto fra i due suoni.
Purtroppo, non sempre siamo così fortunati quanto a ricchezza e puntualità delle fonti.

Offline leomeddix

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #27 : Martedì 5 Maggio 2015, 10:41:30 »
haber si scrive con l´h iniziale e senza accento

Credo che in antico castigliano la 'h' iniziale non ci fosse.


a leomeddix ricordo anche le popolazioni fuggite dal dominio turco rifugiatesi in Puglia e Calabria di lingua albanese; in Calabria ci sono paesi come Spezzano Albanese, Santa Cataerina Albanese, S.Giorgio Albanese, S.Costantino Albanese, Piana degli Albanesi, dove si parla un albanese antico ma ancora in parte comprensibile.
Peraltro, al tempo degli sbarchi dall´Albania degli anni ´90. proprio mlitari originari di queste zone furono impegati per l´accoglienza come interpreti ai rifugiati.

Effettivamente, a partire dal XV secolo, sono tanti gli albanesi arrivati in Italia, popolando gran parte del meridione (Puglia, Calabria, Sicilia, Campania, Basilicata, Abruzzo), e se non ricordo male sono ancora 80.000 gli italiani che parlano 'Arberisht' (che deriva da un dialetto albanese meridionale).
Piccola curiosità: di origine albanese sono esponenti politici come Francesco Crispi e Antonio Gramsci, finanzieri come Enrico Cuccia, e un artista come Robert De Niro (la cui famiglia è originaria di un paesino molisano).
E poi non possiamo dimenticarci della grande Anna Oxa  :risa:
 
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Offline BobLovati

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #28 : Martedì 5 Maggio 2015, 10:42:14 »
Pardon, l'ora tarda mi ha fatto sbagliare.
Ho scritto aragonese, intendevo catalano.

ciao Fra´; portavo l´argomento unificazione castiglian-aragonese proprio per dirti che, a seguito del periodo da te indicato, posteriormente, anche a causa dell´arrivo di nuove truppe ora anche castigliane, si è avuta la presenza in sequenza delle 2 varianti  ;)

quanto a parte di ciò che dice er matador, i problemi fra b e v sono ancor più pesantemente presenti oggi in Spagna. La Real Academia de la Lengua ha stabilito, tempo fa, la pratica inesistenza di pronuncia fra le 2 consonanti; il risultato è la comparsa di assurdità tali come la pronuncia, ancora più pesante in Sudamerica, di Balencia e Varcelona; su un cancello vicino casa mia, c´era scritto " proivido aparcar", dove manca un´h dopo la o e la b al posto della v.
Da notare come in greco non esistesse la v e tutte le parole che oggi la contengono, fossero scritte con la beta. 

Vicino al paese natio di mio padre, in Calabria, c´è un paese (Gizzería) dove fino a poco tempo fa (magari forse ancora oggi) il saluto era "calimera e/o calispera"; peraltro, negli anni ´60 ho potuto verificare de visu (non volevo credere a quanto diceva mio padre  :-X) come nello spesso paesino le donne facessero tutti i possibili lavori, ed i loro mariti spesso stavano in piazza a fannulleggiare.
Infine ricordo come anche nel dialetto parlato dai miei nonni esistesse un suono che, mi raccontava un ex-professore di italiano di quei posti, poteva rappresentare in parte la pronuncia del famoso e scomparso digamma greco; fico, in calabrese figo si pronuncia con la h iniziale simile a quella anglofona.
In qualche dialetto del nord della Spagna, la h di "hacer" diventa (mnelle Asturie, ma anche in Portogallo) "fazer".

La mia, ripeto, è solo passione per le lingue, ed in nessun caso appoggiata da vidimazioni scolastio-wiSkipediane; per cui perdonate le possibili castronate   ;)     
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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #29 : Martedì 5 Maggio 2015, 10:45:52 »
Credo che in antico castigliano la 'h' iniziale non ci fosse.
......................................................................................
E poi non possiamo dimenticarci della grande Anna Oxa  :risa:

la ha iniziale poteva non esserci, ma visto la derivazione latina, me sa tanto che .....
In spagnolo, fino alla metà/fine del secolo scorso, esistevano perfettamente anche le consonanti doppie, ora praticamente abolite; per dire l´evoluzione  ;)

Quanto alla Oxa, sembra abbia provato anche a far credere fosse familiare di enver hoxha   :D
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Offline DinoRaggio

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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #30 : Martedì 5 Maggio 2015, 11:04:28 »
fico, in calabrese figo si pronuncia con la h iniziale simile a quella anglofona.
Sipperò (cit.) attenzione, non esiste un dialetto calabrese, esistono miriadi di varianti (come si può vedere nella cartina del post iniziale) nei quali dialetti di zone adiacenti hanno svariate differenze fonetiche, quando non lessicali. La "f -> h" è tipica del catanzarese. Nei dialetti della Calabria settentrionale, la "f" è mantenuta, a meno che non sia seguita dalla "l", in tal caso la combinazione viene pronunciata come la semiconsonante "j": "flumen -> jum'", "florem -> jur'".

Riguardo a "calimera", il sostrato greco è ben presente nei dialetti della Calabria centromeridionale, anche se c'è una polemica fra gli studiosi se questo sostrato risalga ai tempi della Magna Grecia oppure a quelli posteriori dell'epoca bizantina. Proprio questo evidente sostrato greco ha portato alla divisione linguistica fra Calabria Latina e Calabria Greca, con la prima più intensamente latinizzata anche per la presenza di importanti colonie latine come Copia, l'antica Thurii edificata sui resti di Sybaris. 

E poi non possiamo dimenticarci della grande Anna Oxa  :risa:
 
E pure il nostro Antonio Candreva dovrebbe avere remote origini arbereshe. :)
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Re:Dialetti d'Italia.
« Risposta #31 : Martedì 5 Maggio 2015, 11:05:09 »
la ha iniziale poteva non esserci, ma visto la derivazione latina, me sa tanto che .....

Credo che in quell'epoca la soppressione della 'h' non fosse rara. Ho trovato questa traduzione di termini dall'antico castigliano allo spagnolo moderno:

Antico castigliano:    ove, avié;
Moderno spagnolo:  hube, había


(Ero tra quelli convinti che Anna Oxa fosse parente del grande Enver Hoxha. Mi hai fatto crollare un mito  :birra:)
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« Risposta #32 : Martedì 5 Maggio 2015, 11:12:04 »
E pure il nostro Antonio Candreva dovrebbe avere remote origini arbereshe. :)

 :aho:

Ecco perchè a volte non riesce a capirsi col resto della squadra  :sciarpaD:
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« Risposta #33 : Martedì 5 Maggio 2015, 11:31:10 »
Ed è pure nobile  :o

http://www.falkunara.com/storia/index.htm
Citazione
Le famiglie Candreva e Musacchio erano consanguinee del principe Skanderbeg

Qui altri personaggi noti di origine arbereshe, con in home page il Nostro messo faccia a faccia da un giornale albanese col suo nobile progenitore.
http://www.telegrafi.com/magazina/cka-e-lidh-antonio-candrevan-e-lazios-me-skenderbeun-6-25829.html
Citazione
Ndër arbëreshët më të njohur janë edhe gjenerali i përgjithshëm i Perandorisë së Shenjtë Romake, Giorgio Basta; shkrimtari, Carmine Abate; kryeministri italian i shekullit XIX, Francesco Crispi; themeluesi i Mediobankës, Enrico Cuccia; futbollisti i ekipit të Lazios dhe reprezentuesi italian, Antonio Candreva; shkrimtari dhe politikani majtist, Antonio Gramsci; aktori dhe këngëtari Regis Philbin; shkrimtari amerikan, Tom Perrotta; shkrimtari argjentinas, Ernesto Sabato; tenori Tito Schipa dhe shumë e shumë të tjerë. /Telegrafi/
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« Risposta #34 : Martedì 5 Maggio 2015, 12:20:49 »
Sipperò (cit.) attenzione, non esiste un dialetto calabrese, esistono miriadi di varianti (come si può vedere nella cartina del post iniziale) nei quali dialetti di zone adiacenti hanno svariate differenze fonetiche, quando non lessicali. La "f -> h" è tipica del catanzarese. Nei dialetti della Calabria settentrionale, la "f" è mantenuta, a meno che non sia seguita dalla "l", in tal caso la combinazione viene pronunciata come la semiconsonante "j": "flumen -> jum'", "florem -> jur'".
..........................................

si Dino, senza dubbio; mi è rimasta " la specifica" nella tastiera   ;) 
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« Risposta #35 : Martedì 5 Maggio 2015, 12:31:45 »
Ed è pure nobile  :o


24 maggio 2015: Antonio 'Skanderbeg' Candreva, con l'aquila sullo scudo, guida l'assalto contro le truppe di infedeli turco-romanisti.
-"Scansateve tutti, voglio battere il corner!"


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« Risposta #36 : Martedì 5 Maggio 2015, 18:26:33 »
si Dino, senza dubbio; mi è rimasta " la specifica" nella tastiera   ;)
Sì, era giusto per completare  ;)

A proposito di altri "spagnolismi" nei dialetti meridionali, segnalo anche "vasura" = porcheria, ed il verbo riflessivo "s'addunèr" (com'è pronunciato qui) = accorgersi. (cfr. catalano http://ca.wiktionary.org/wiki/adonar-se )
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« Risposta #37 : Martedì 5 Maggio 2015, 19:15:55 »
Quindi anche candreva è stato preso poiché "albanese amico di tare"?
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