Autore Topic: Resistenza  (Letto 1042 volte)

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ThomasDoll

Resistenza
« : Domenica 26 Aprile 2015, 02:18:55 »
E' lungo, lo so.
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Citazione
resistènza s. f. [dal lat. tardo resistentia, der. di resistere «resistere»; il sign. 3 è un calco del fr. résistance]. – (…)
3. Movimento di r., e assol. resistenza, il movimento di opposizione e di lotta armata che si determinò durante la seconda guerra mondiale nei paesi occupati dai nazisti e dai fascisti, o comunque soggetti a regimi e governi filonazisti o filofascisti, contro gli occupanti e contro tutte le forze, politiche e militari, che collaboravano con essi: la r. europea, e la r. francese, olandese, danese, norvegese, polacca, sovietica, greca, iugoslava; la r. italiana (spesso anche assol., e per lo più con iniziale maiusc.: le forze, i valori della R.; i caduti della R.; il periodo della Resistenza). Riferito ad altri movimenti di opposizione e di lotta contro situazioni di oppressione politica e religiosa, contro regimi autoritarî, contro occupanti e invasori: la r. dei Boeri contro gli Inglesi; la r. ugonotta in Francia; la r. vietnamita, afgana, ecc.
(Treccani)

Definita qui con la massima precisione, la Resistenza in Italia non poteva che essere di tutti quelli che erano contro gli occupanti e contro tutte le forze, politiche e militari, che collaboravano con essi.

Oggi, complice il fatto del settantesimo anniversario, ci si è prodotti in una lodevole celebrazione della Liberazione e del significato della lotta che riscattò il Paese dalla macchia del fascismo e dalla colpa di aver partecipato alla guerra dalla parte del male assoluto, offrendo alle forze alleate un aiuto decisivo e gettando le basi per la nascita della democrazia in Italia.

Tutti sanno che la Resistenza unì forze assai eterogenee, non per motivi ideologici ma per resistere, lottando contro la cieca rabbia dell’oppressore nazista, oltre che contro le forze fasciste che con lui collaboravano. Alla guerra seguì la ricostruzione, su basi nuove, in una Repubblica dalla spiccata vocazione antifascista. Le forze che avevano collaborato alla Liberazione del Paese si divisero, occupando ciascuna il proprio posto in Parlamento. La storia recente, poi, ha seguito i suoi percorsi e costruito le sue contraddizioni, diretta conseguenza del nuovo equilibrio mondiale all’indomani della guerra e di tutti gli sviluppi successivi.

Quello che abbiamo perso, settant’anni dopo, è il coraggio che i nostri nonni ebbero, trovando la forza di opporsi a un regime che molti di loro avevano anche abbracciato, con entusiasmo e con speranza, oppure avversato, dall’inizio o col tempo, con sprezzo del pericolo. Una scelta che la brutalità della guerra rese quasi obbligata: con l’Italia o con i nazifascisti. Per noi scegliere, invece, è quasi gratis. Ma costa, comunque, in termini di responsabilità e coerenza.

Ci annoiano le dispute ideologiche, ci sembra retorico l’antifascismo, superato il racconto degli stenti della guerra, inattuale il concetto di patria, ignobile la politica. Viviamo in una disillusione perenne, incapaci di passione ideale, immersi in un universo sensuale e gaudente, dove quello che conta sono i soldi e il benessere. E’ il terzo millennio, ok. Ma ci sono valori che non sono legati al tempo, che si aggiornano e restano attuali. Uno dei fondamenti della Resistenza fu la solidarietà. Torniamo al vocabolario Treccani:
Citazione
a. L’essere solidario o solidale con altri, il condividerne le idee, i propositi e le responsabilità: (…) In senso più ampio, su un piano etico e sociale, rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega i singoli componenti di una collettività nel sentimento appunto di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità: la s. umana; s. di classe, degli appartenenti a una stessa classe sociale; s. nazionale, esistente fra gli appartenenti a una stessa nazione, o anche fra i diversi partiti, pur se di contrastanti ideologie, di una stessa nazione; (…)

In Italia la solidarietà non c’è più, si è nascosta dietro particolarismi e divisioni. Ci si odia senza nemmeno ricordarsi perché, ci si divide in fazioni su tutto. La politica ci offre un pessimo quadro, da questo punto di vista, ma la politica è lo specchio del paese. Sulla solidarietà prevale la corruzione. Il male oscuro del Paese è questo: l’incapacità di prendere partito per un valore positivo, di darsi un pensiero lineare, una dirittura morale, una coerenza con dei principi. Ci sembra di sapere cosa non siamo, ma non sappiamo cosa siamo. Perdiamo, soprattutto, il ritegno a mostrarci brutti e laidi come molti politici fanno, eletti da cittadini che in certi disvalori si riconoscono, spontaneamente o sotto la spinta del condizionamento mediatico.

Non pretendiamo, come quelli che salirono sulla montagna, un Paese democratico, dove la libertà si costruisca attraverso l’impegno civile di tutti i cittadini e porti loro in dote i diritti che discendono dalla Costituzione. Non pretendiamo decoro, dignità, onestà, rettitudine, non siamo nemmeno disposti a offrire, forse, il nostro contributo a certi valori. Viviamo in una contraddizione perenne, che vede tutti i protagonisti della politica pronti a ogni compromesso per mantenere il potere. Sappiamo che esiste una fitta rete di interessi, di legami inconfessabili, di assurde deroghe a ogni valore etico e democratico.

L’assassinio, il complotto, il terrore elevati a valore, l’infedeltà al giuramento da parte dei servitori dello stato sistematica. Anche a sinistra. Il torto delle forze progressiste è doppio, perché ci si ritiene depositari di valori che si tradiscono sistematicamente e perché si abdica al sentimento di amor patrio, lasciando che se ne appropri una parte del paese che non solo non ha fatto i conti col passato, cancellato dalla mappa del Paese dalla lotta di liberazione, ma ne rivendica l’attualità politica, mentre irride l’anacronistico sentimento antifascista.

Un Paese dove giornalmente  si assiste all’apologia del fascismo, raccontata in chiave macchiettistica, ma che picchia botte vere e crea un ambiente avvelenato, stringendo legami con  chi soffia sul fuoco della xenofobia e distrugge il sentimento di unità e solidarietà nazionale. Un’apologia che si ritiene di non dover contrastare, nei fatti, e che porta da decenni nell’urna elettorale liste di chiaro richiamo nazifascista senza che nessuno muova un dito per impedirlo.

Solo Cossiga ci provò… e forse ha ragione chi parla di anacronismi antifascisti, visto che il desiderio che il paese sembra esprimere, oggi, è lontano dalla concordia e dallo sviluppo che la Repubblica Italiana dovrebbe perseguire.

Io spero che ci si riappropri di certi sentimenti e ci si ricompatti intorno a un pensiero che restituisca dignità al nostro Paese. Che ci si sottragga al conformismo della disonestà e della corruzione, che si torni a pensare in termini di bene comune, abbandonando la difesa degli interessi personali e corporativi in danno della collettività.

Che la Politica venga riformata dal popolo, alla cui sovranità rimane sottoposta, ritrovando rispettabilità perché questo è il desiderio che il popolo esprime. Non possiamo pensare a un Paese migliore se non miglioriamo noi. Possiamo farlo se guardiamo all’impegno di milioni di persone che, facendosi coraggio, prendendo le armi, aiutandosi, affiancandosi, solidarizzando con la lotta di liberazione seppero diventare protagoniste della storia di questo Paese.

Per farlo bisogna recuperare un sentimento nazionale, che non è antico né reazionario. Ricordando l’incipit del celebre discorso berlusconiano: l’Italia è il Paese che amo. Il nostro più grande errore, come cittadini, è stato lasciare che parole come queste siano state svuotate di significato, per diventare uno slogan pubblicitario funzionale alla mera presa del potere nel Paese. Amiamolo, questo paese, e facciamolo diventare migliore, perché dipende solo da noi.

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Re:Resistenza
« Risposta #1 : Domenica 26 Aprile 2015, 21:50:46 »
esistènza s. f. [dal lat. tardo resistentia, der. di resistere «resistere»; il sign. 3 è un calco del fr. résistance]. – (…)
3. Movimento di r., e assol. resistenza, il movimento di opposizione e di lotta armata che si determinò durante la seconda guerra mondiale nei paesi occupati dai nazisti e dai fascisti, o comunque soggetti a regimi e governi filonazisti o filofascisti, contro gli occupanti e contro tutte le forze, politiche e militari, che collaboravano con essi: la r. europea, e la r. francese, olandese, danese, norvegese, polacca, sovietica, greca, iugoslava; la r. italiana (spesso anche assol., e per lo più con iniziale maiusc.: le forze, i valori della R.; i caduti della R.; il periodo della Resistenza). Riferito ad altri movimenti di opposizione e di lotta contro situazioni di oppressione politica e religiosa, contro regimi autoritarî, contro occupanti e invasori: la r. dei Boeri contro gli Inglesi; la r. ugonotta in Francia; la r. vietnamita, afgana, ecc.
(Treccani)

È vero, è una gran bella definizione, soprattutto perché, pur evidenziando l'origine della parola (di origine italiana? Come si autodefinivano a suo tempo gli oppositori del fascismo?) legata alla lotta al nazifascismo, non fa differenze tra chi si oppone ai nazifascisti o ai comunisti o agli inglesi o ai papi, ecc.

La Treccani è un'opera di altissimo livello, gestita da ente di grandissimo prestigio internazionale.
Da http://www.treccani.it/enciclopedia/istituto-della-enciclopedia-italiana/ :


Istituto della Enciclopedia Italiana Fondato nel 1925 da Giovanni Treccani con il nome di Istituto Treccani, per la pubblicazione, su suggerimento di G. Gentile, dell’Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, fu trasformato da Mussolini in ente di finalità nazionale (r.d.l. 669/24 giugno 1933), assumendo la denominazione attuale. Il fondo di dotazione fu costituito in parti eguali da Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Monte dei Paschi di Siena, Istituto nazionale delle assicurazioni, Istituto poligrafico dello Stato. La direzione dell’Istituto fu tenuta dal 1925 al 1943 da Gentile, al quale si devono l’organizzazione scientifica dell’opera e la definizione del modello, intermedio fra l’e. monografica tipo Britannica e il dizionario enciclopedico tipo Larousse: 60.000 voci con la novità tecnica di un ricco apparato illustrativo. L’opera fu pubblicata, nei suoi 35 volumi di testo, dal 1929 al 1937; seguirono un’appendice nel 1938 e nel 1939 gli indici. Gentile riuscì a mantenere una linea editoriale autonoma, sottraendosi alle pressioni del ministero della Cultura popolare; nonostante i frequenti attacchi della stampa di regime, si avvalse di redattori e collaboratori antifascisti e docenti universitari che nel 1931 avevano rifiutato il giuramento: G. De Sanctis, G. Calogero, B. Migliorini, R. Mondolfo, U. La Malfa, N. Rosselli e molti altri. La caduta del fascismo il 25 luglio 1943 determinò una battuta d’arresto nell’attività dell’Istituto; il blocco completo avvenne dopo l’occupazione tedesca di Roma e la costituzione della Repubblica sociale (22 settembre). Tra i primi atti del governo di Salò vi fu il decreto di commissariamento: l’Istituto fu chiuso, con licenziamento generale, deciso il trasferimento a Bergamo, svuotata la sede storica di Palazzo Mattei di Paganica di gran parte degli archivi, dei clichés e manoscritti. A Roma l’attività riprese, in modo irregolare, nel 1944. Rientrati i materiali da Bergamo, si realizzò il progetto del Dizionario enciclopedico italiano, sintesi di vocabolario ed enciclopedia pubblicata in 12 volumi tra il 1955 e il 1961. Gli si affiancò, fra il 1958 e il 1966, la prima opera tematica Treccani, l’Enciclopedia dell’arte antica classica e orientale. Una svolta nella produzione editoriale rappresentò poi l’Enciclopedia del Novecento (1975-90), articolata in 522 saggi, che vide la collaborazione di 21 premi Nobel. Da allora il catalogo dell’Istituto ha continuato ad arricchirsi, comprendendo, oltre ai volumi di aggiornamento, altre e. sia generali sia tematiche, vocabolari, atlanti, volumi singoli o raccolti in collane.
L’Istituto, riconosciuto quale ente di diritto privato d’interesse nazionale e istituzione culturale (l. 123/2 aprile 1980), è indipendente, anche per la parte finanziaria, dallo Stato e da altri enti; solo la nomina del suo presidente, per l’importanza nazionale che riveste, è devoluta al capo dello Stato.
e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.