Autore Topic: 24 aprile 1915  (Letto 6546 volte)

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Offline Er Matador

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24 aprile 1915
« : Sabato 25 Aprile 2015, 00:11:58 »
Nella giornata che si sta per concludere, ricorreva il centesimo anniversario degli eventi coi quali ha avuto convenzionalmente inizio il genocidio armeno.
Celebrazioni solenni a Erevan e un minimo di attenzione da parte dei media confermano i passi avanti compiuti nel rendere giustizia a una tragedia per troppo tempo negata e dimenticata.
Non si tratta solo di un'urgente questione morale, ma di un dovere della memoria gravido di implicazioni pratiche.
Perché il genocidio continua, con la sistematica cancellazione delle tracce lasciate in Anatolia da quello sfortunato popolo.
Perché la frase di Hitler su quegli eventi ("Chi parla ancora oggi dell’annientamento degli armeni?") dice tutto su certe "amnesie" e sulle loro conseguenze.

Offline Frusta

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #1 : Sabato 25 Aprile 2015, 13:16:48 »
La domanda che mi sorge spontanea ad ognuna di queste ricorrenze è: fino a quando?

Prendiamo un eccidio qualsiasi, quello di Micalesso per esempio, vi risulta che ci sia qualcuno che lo commemori? Eppure è stato uno dei massacri più feroci della storia. Dice vabbè, ma quello è troppo lontano nel tempo, più di 4 secoli prima di Cristo, figuriamoci!  Prendiamone un altro allora, uno più vicino nel tempo e soprattutto un eccidio che ci dovrebbe riguardare più direttamente: quello di Pontelandolfo, tanto per citarne uno: perché non se ne parla?
Eppure non è stato meno feroce di quello di Micalesso o di quelli di Marzabotto o di Sant' Anna di cui magari si parlerà oggi, 25 aprile, con l'aggravante però che a Pontelandolfo erano italiani, e non traci o tedeschi, quelli che commettevano il massacro.
Niente: per Pontelandolfo, o per Casalduini o per Bronte e così via commemorazioni zero.
Zero ricordi e zero commemorazioni per le deportazioni, per gli stupri, per le condanne a morte, per i lager, per le pulizie etniche e per il milione di morti, approssimando la cifra per difetto, che vengono regolarmente dimenticati, quando non sdegnosamente negati, ad ogni zumperepé starnazzato fra bandiere ed epicedi in occasione di ogni ricorrenza retoricamente obbligatoria.

E la risposta che mi do è sempre la stessa: ogni episodio viene ricordato o dimenticato a seconda che sia o non sia sfruttabile politicamente.

Senti qualcuno parlare dei "poveri" palestinesi adesso che li stanno massacrando i loro correligionari dell'isis? Eppure quando morivano sotto le bombe israeliane le loro immagini riempivano le prima pagine dei giornali. O chi muore a Yarmouk muore meno di chi muore a Gaza? O i civili morti sotto le cannonate degli assedianti di Gaeta sono meno morti di quelli ammazzati dai nazisti alle Ardeatine? O i deportati nel lager di Fenestrelle hanno meno diritto di memoria rispetto a quelli di Auschwitz?

Del genocidio degli armeni non se ne è parlato semplicemente  perché non portava acqua alla propaganda politica di nessun mulino; perlomeno qui da noi, dove ormai da più di un secolo e mezzo si è instaurata la tradizione di commemorare "a seconda". E di sdegnarci dei negazionismi altrui, avendo mascherato con un bel velo di bugie i negazionismi nostri.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline cartesio

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #2 : Domenica 26 Aprile 2015, 21:15:29 »
Eppure non è stato meno feroce di quello di Micalesso o di quelli di Marzabotto o di Sant' Anna di cui magari si parlerà oggi, 25 aprile, con l'aggravante però che a Pontelandolfo erano italiani, e non traci o tedeschi, quelli che commettevano il massacro.

Sì, un discorso laico su questi fatti è sempre difficile.
Non conoscveo Micalesso, sapevo di Pontelandolfo ma non ricordavo il nome.
Notate quanto la vicenda di Pontelandolfo assomigli a quella di via Rasella. Un primo atto "di guerra", ad opera di uomini armati non appartenenti ad un esercito regolare, in cui vengono uccisi una quarantina di militari di un esercito percepito come occupante dai locali.
Una rappresaglia feroce che uccide alcune centinaia di civili.

http://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_Pontelandolfo_e_Casalduni
e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

Offline MCM

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #3 : Domenica 26 Aprile 2015, 21:51:27 »
Un conto sono le stragi, a migliaia nel corso della storia, altri i genocidi.
Quello armeno fu un genocidio.




Offline cartesio

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #4 : Domenica 26 Aprile 2015, 22:03:43 »
Sì, ma il discorso di Frusta riguardava la domanda: perché ora sì e prima no? Ed era LA domanda che nasceva dal post di Matador

una tragedia per troppo tempo negata e dimenticata.
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Offline MCM

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #5 : Domenica 26 Aprile 2015, 22:43:05 »
vai su google e cerca "Costanzo Preve genocidio armeno" e scopri perché.

ThomasDoll

Re:24 aprile 1915
« Risposta #6 : Lunedì 27 Aprile 2015, 00:45:20 »
La questione del genocidio armeno è un tantino diversa da tutte le altre.
Intanto perché si tratta di un genocidio negato dalla Turchia, ancorché inconfutabili siano le prove.
Poi perché soltanto 24 paesi al mondo, tra cui l'Italia, lo considerano tale.
Infine perché entrando nelle pieghe della vicenda, oltre a farsi un cuore grosso così, ci si rende conto di come i nazisti potrebbero averlo preso a base come laboratorio per quello che andavano progettando, analizzandone i dettagli tecnici: quello che serviva per smaltire i cadaveri, quello che era necessario per portare avanti con passo celere la macabra opera che avevano pianificato, considerando anche il ben più ingente numero di persone che intendevano sterminare.

ThomasDoll

Re:24 aprile 1915
« Risposta #7 : Lunedì 27 Aprile 2015, 00:57:53 »
Una cosa è certa: nel secolo scorso si uccideva tanto. In questo si uccide ancora, ma si spera non si ripetano le spaventose opere di sterminio di massa del '900. Oltre alla Shoah e al genocidio degli armeni, ricorderei anche i fiumi di sangue corsi nelle spaventose purghe staliniane, gli stermini della Cina di Mao e le mattanze pianificate a tavolino da Pol Pot. Tributi, questi, pagati alla sete di sangue e al totalitarismo, ma non all'odio etnico, religioso e/o razziale. Gli eccidi consumati nel quadro delle guerre che si sono combattute o nel quadro dell'oppressione localmente attiva completano il racconto, ma credo che siano riconducibili alle dinamiche perverse della guerra, che porta sempre violenze, stupri, sfregi, prevaricazioni e crimini in quantità. Il genocidio/sterminio programmato è roba raffinata, non certo lasciata al caso, e potrebbe essere, a parte i precedenti ai danni delle civiltà precolombiane, un tratto esclusivo/distintivo del secolo.

Offline cartesio

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #8 : Lunedì 27 Aprile 2015, 08:43:40 »
Purtroppo credo di no.
Credo che i mongoli sotto Gengis Khan abbiano ammazzato più persone di quante ne hanno uccise i nazisti.
e ffforza lazzzio

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Offline Frusta

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #9 : Lunedì 27 Aprile 2015, 09:01:34 »
Purtroppo credo di no...
Homo homini lupus, da sempre, poi la storia la scrivono i vincitori.
Sarei curioso di leggere un De Bello Gallico scritto da Vercingetorige o la cristianizzazione del sudamerica scritta da Montezuma.
P.s.
Curiosamente fra più grandi negazionisti del genocidio armeno troviamo lo stato di Irsaele.
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ThomasDoll

Re:24 aprile 1915
« Risposta #10 : Lunedì 27 Aprile 2015, 09:42:08 »
gadlerner.it


Il presidente tedesco riconosce la complicità della Germania nel genocidio armeno   
SCRITTO DA
Andrea Mollica


La Germania è intervenuta in modo rilevante nel dibattito internazionale sul genocidio armeno. Il presidente della Repubblica federale tedesca, Joachim Gauck, ha rimarcato come non solo gli armeni abbiano subito un genocidio, ma come la stessa Germania debba riconoscere le sue responsabilità e le sue colpe in una strage costata la vita a un milione e mezzo di persone secondo molti storici. Durante una messa evangelica svoltasi nel duomo di Berlino il presidente tedesco ha spiegato come il destino degli armeni rappresenti un esempio delle distruzioni di massa, delle pulizie etniche. Una presa di posizione che ricalca il testo su cui la maggioranza del governo Merkel, formata da Cdu e Spd ha trovato un faticoso accordo. Il Parlamento federale tedesco riconoscerà il genocidio armeno, una decisione che sicuramente renderà molto problematiche le relazioni con la Turchia. Il presidente Gauk ha inoltre evidenziato come anche la Germania debba ancora fare i conti con le sue responsabilità in questo dramma storico. Il capo dello Stato tedesco ha parlato di responsabilità, e in alcune circostanze anche colpe, del suo Paese nello sterminio di centinaia di migliaia di armeni. La Germania di Guglielmo II era alleata dell’Impero Ottomano, e le sue truppe aiutarono l’esercito composto in prevalenza da turchi a cacciare la minoranza etnica e religiosa degli armeni. La svolta tedesca è sicuramente coraggiosa. Oltre che un problema di relazioni esterne, scontrarsi con la Turchia significa creare anche un rilevante problema di natura interna. La comunità straniera di gran lunga più numerosa in Germania è infatti quella turca, visto che ci sono circa tre milioni di tedeschi che hanno almeno un genitore proveniente da questo Paese

Offline Frusta

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #11 : Lunedì 27 Aprile 2015, 12:27:03 »

Va bene indignarci per le barbarie altrui, ma cominceremo ad essere una nazione seria quando solleveremo il velo steso dall' ipocrisia risorgimentale sulle atrocità, le stragi, i genocidi e gli stupri commessi ai danni degli italiani nati dal Garigliano in giù.
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Offline Arch

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #12 : Lunedì 27 Aprile 2015, 13:04:45 »
E quindi, siccome  i genocidi sono accaduti da sempre e ad opera di tutti, si dovrebbe ricordarli tutti. Impossibile. Si ricordino almeno quelli che più hanno avuto a che fare con la nostra esistenza e dei quali portiamo ancora i segni. La teoria hobbesiana dell'homo homini lupus è stata smontata da Locke in quattro righe e quindi non fa testo per giustificare le motivazioni di stragi e stermini. Non è l'uomo che di per sé è malvagio, ma è la brama di avere il suo granaio sempre pieno che lo porta ad odiare chi ha altri granai e a desiderare di appropriarsene. L'uomo paleolitico, nomade e cacciatore, non uccideva il suo simile; l'uomo neolitico, conoscitore dell'agricoltura e quindi accumulatore di capitale nel suo granaio, inventò la guerra.
Per quanto riguarda la necessità di "sollevare il velo di ipocrisia", magari fosse.

Offline Frusta

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #13 : Lunedì 27 Aprile 2015, 13:49:21 »
...La teoria hobbesiana dell'homo homini lupus...
Beh, a dirla come è andata il primo ad enunciarla non fu Hobbes ma Plauto, e, riguardo al paleolitico, altro che homo homini lupus, dato si hanno prove certe di cannibalismo. Ma se approfondissimo finiremmo OT

Per il resto, e cioè :
...Per quanto riguarda la necessità di "sollevare il velo di ipocrisia", magari fosse.
Siamo vittime di una propaganda di cui dovremmo vergognarci: l'unità d'Italia fatta di eroi in camicia rossa e di tricolori sventolati da intrepidi patriori liberatori di popoli oppressi e via strombazzando è una miserabile menzogna.
Fu guerra di conquista, fu aggressione, atrocità e annientamento di popolazioni intere. Un milione di morti, o forse più, ammazzati due volte: la prima dai fucili dei "liberatori", la seconda dal negazionismo e dalle bugie ripetute fino a farle diventare verità stampate sui libri di storia. Scritti dai vincitori, come sempre.
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Offline Breizh

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #14 : Lunedì 27 Aprile 2015, 13:54:13 »
riguardo al paleolitico...
Basta chiedere a zio Bob o a Ballotta: loro c'erano.

ThomasDoll

Re:24 aprile 1915
« Risposta #15 : Lunedì 27 Aprile 2015, 14:52:23 »
...poi una volta parliamo dei sussidiari scolastici scritti dai fascisti, ho quello di mia madre da qualche parte...

tornando a bomba, mi piacerebbe sapere come mai di una simile insensata carneficina non si è interessato nessuno per un secolo. Passi l'opportunismo politico, ma qua la faccenda è ben più grave. Solo 24 paesi dicono: a turchi, avete fatto secche un milione di persone e passa, nella maniera più atroce, solo perché erano armene. Non ci facciamo una bella figura. Per fortuna l'Italia, almeno quello, è tra i 24 illuminati.

Offline Frusta

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #16 : Lunedì 27 Aprile 2015, 16:19:01 »
... Per fortuna l'Italia, almeno quello, è tra i 24 illuminati.
Mica tanto. A parte le bufale scritte sui libri di testo dalla propaganda di un intero secolo fasciocattocomunista, pure nel democraticissimo governo di oggidì tutta sto splendore illuminato mica ce la vedo.
Basta guardare le dichiarazioni di Sandro Gozi per rendersene conto.
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Offline Er Matador

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Re:24 aprile 1915
« Risposta #17 : Lunedì 27 Aprile 2015, 18:23:03 »
...poi una volta parliamo dei sussidiari scolastici scritti dai fascisti, ho quello di mia madre da qualche parte...

tornando a bomba, mi piacerebbe sapere come mai di una simile insensata carneficina non si è interessato nessuno per un secolo. Passi l'opportunismo politico, ma qua la faccenda è ben più grave. Solo 24 paesi dicono: a turchi, avete fatto secche un milione di persone e passa, nella maniera più atroce, solo perché erano armene. Non ci facciamo una bella figura. Per fortuna l'Italia, almeno quello, è tra i 24 illuminati.
È un discorso di convenienza, acuito dalla spartizione del territorio armeno in accordo fra due ex imperi: quello ottomano e quello zarista, naturalmente nelle rispettive forme di Stato emerse dalla Grande Guerra.
Sul versante del primo, il flirt fra Occidente e Turchi è di vecchia data.
Per la Chiesa, un invasore in grado di schiacciare la testa a Bisanzio era pur sempre preferibile a un "nemico interno" come un Cristianesimo meno appiattito sui vertici ecclesiastici: a conferma di come le Crociate a volte si possano condurre guancia a guancia col nemico.
Ai poteri politici ed economici faceva comodo un Impero in grado di surgelare nella più abbrutente stabilità il comprensorio balcanico e mediterraneo, inviso sia per la sua complessità storica sia - soprattutto il secondo - per il ruolo di potenziale competitor.
Da cui l'interesse a mantenere in piedi una sorta di Stato Pontificio d'Oriente, almeno finché francesi e inglesi non hanno intravisto la prospettiva di banchettare sulle sue macerie.
Dopo l'ultimo conflitto mondiale, con l'alleato turco fondamentale bastione della NATO e l'unicità dell'Olocausto come dogma di riferimento, sulla questione armena sono calate lastre di cemento.
Neppure l'URSS aveva interesse a sollevarla dall'oblio, anche per non fomentare l'irredentismo dei "suoi" Armeni che, sia pure sotto un regime assai duro, erano perlomeno rimasti al loro posto.
Terminata la Guerra Fredda, e apertisi potenziali spiragli rispetto al'assetto blindato coi due blocchi, sono subentrati altri due inconvenienti.
Uno è l'ondata russofoba degli anni '90, che ha reso lo spazio anatolico fondamentale per i corridoi economici ed energetici con cui tagliare fuori Mosca: e tutto serviva a questa prospettiva più di una destabilizzazione, sia pure potenziale, a ridosso del Caucaso.
Ipotesi talmente temuta da rendere a lungo e seriamente considerata un'invasione dell'appena indipendente Repubblica d'Armenia.
E non nelle fantasie di qualche estremista, ma per bocca del premier e poi Presidente turco Turgut Özal: un uomo politico protagonista della crescita economica del Paese e abbastanza moderato persino nei confronti dei curdi (si dice per il fatto che la madre fosse, appunto, di origine curda).
Nulla di tutto ciò, né degli sghignazzanti propositi di "dare una lezione agli Armeni" i quali "non ne avevano prese abbastanza" qualche decennio prima, ha ovviamente trovato spazio sui media "liberi". 
L'altro è l'accorta politica multipolare dello Stato kemalista.
Un vero e proprio prisma in grado di apparire laico democratico e alleato militare con l'Occidente, punto di riferimento per le Repubbliche turcofone ex sovietiche (tutte quelle dall'Azerbaigian in là, escluso il Tagikistan di lingua persiana), musulmano laico e poi moderato coi Paesi arabi mediterranei, musulmano e basta con quelli di più intransigente tradizione maomettana, buon socio in affari con chiunque altro.
Risultato, una capacità di attrarre denaro e investimenti che l'ha reso un partner appetibile su più fronti: quanti erano e sono disposti a compromettere buoni rapporti e lucrosi business per un riconoscimento - oltretutto poco più che formale - a una vicenda remota e a uno semisconosciuto popolo di pochi milioni di persone, di cui sin lì importava a ben pochi?
Più brutalmente ancora: cos'avevano gli Armeni da dare in cambio, sia pure indirettamente? E allora chissenefrega, con una compattezza troppo monolitica per essere scalfita da quel piccolo popolo.
Se la situazione si è perlomeno smossa da quell'infamante oblio lo si deve a due fattori: l'attivismo sempre più pressante delle comunità armene nei Paesi della loro Diaspora e il filone più biecamente strumentale nella memoria della Shoah.
Capito che il giochino funzionava, e caduto il monopolio bloccato dall'Equilibrio del Terrore, quanti potevano rivendicare legittimamente il riconoscimento dei propri drammi l'hanno fatto con sempre maggiore forza.
Se non fosse chiaro: per quanto la sua parabola si intersechi con valori morali sacrosanti, la Memoria - anche quella con la maiuscola - nei suoi aspetti più concreti rimane anche un affare.
Sia quando rimane negli armadi della vergogna, sia quando ne esce.

Per quanto riguarda il nostro Paese, ricordo nel sussidiario delle medie un breve paragrafo con una foto in bianco e nero nel quale si accennava alla questione armena e a quella curda: non mi sembra vi fosse esplicito riferimento al genocidio - che forse all'epoca non era riconosciuto come tale -, ma almeno di sfuggita se ne parlava.
I rapporti fra la nostra Penisola e quello sfortunato popolo, del resto, sono stati consolidati nei secoli dalla vocazione levantina di Venezia (ancora ai primi dell'Ottocento la prima città al mondo per la stampa di libri in lingua greca, ad esempio).
Lì si trovava, fra l'altro, un punto di riferimento come il collegio armeno Moorat Raphael presso il quale studiò Yerwant Arslanian, nonno della scrittrice nota per la Masseria delle allodole.
Al momento di fuggire da un destino atroce, l'Italia divenne uno fra gli approdi più abbordabili e si dimostrò assai generosa nell'accoglienza.
Ricambiata, peraltro, dal comportamento di chi ne aveva usufruito: gli Armeni si confermarono brava gente, di grande mitezza umana e solidi lavoratori, così ben inseriti nella nostra società che la quasi totalità dei nostri connazionali ne ha ignorato per decenni l'esistenza.
Non che facessero molto perché la loro origine fosse conosciuta: tentavano al contrario di mimetizzarsi, nel timore di essere raggiunti dal pericolo anche nella nuova Patria.
In tal senso va intesa l'adozione di cognomi foneticamente turchi - la famiglia della già citata scrittrice divenne Arslan, quella di Paolo Kessisoglu abbandonò l'originario Keshishian - per nascondere quel suffisso patronimico -ian che li avrebbe resi troppo riconoscibili.
Fino a che punto arrivasse la rimozione della loro presenza è dimostrato dalla vicenda di Laura Efrikian, nota al grande pubblico sia per la carriera artistica in proprio sia perché madre di Marco e Marianna, nati dal matrimonio con Gianni Morandi.
Non solo si sbagliarono per anni la grafia (Ephrikian) e la pronuncia (con l'accento sull'ultima) del suo cognome, ma nessuno ipotizzò la sua vera origine: in molti, posso testimoniarlo di persona, la credevano brasiliana!
Un legame così profondo con quella gente spiega perché l'Italia, pur con le opacità ricordate da Frusta, abbia conciliato gli intensi rapporti economici con la Turchia e il riconoscimento del genocidio: il tutto, lo ribadisco, dopo aver accolto chi fuggiva da quell'orrore.
E dopo che il nostro console a Trebisonda Giacomo Gorrini - con sede nel capoluogo pontico, ma responsabile anche per altre aree ad alta concentrazione di Armeni come Van e Bitlis - era stato fra i primi a riferire con precisione del dramma di cui aveva colto personalmente ferocia e proporzioni.
Almeno da questa vicenda, possiamo parlare a testa alta.

Offline Frusta

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« Risposta #18 : Lunedì 27 Aprile 2015, 19:28:26 »
...
O.T.
Ricordo (vagamente, a quella età si è spensierati e disattenti) che alle medie il professore di Italiano ci lesse qualche brano di un libro che stava scrivendo intitolato "In Armenia non si muore".
Ho presente solo la veemenza con cui lo leggeva ma, del contenuto, niente di niente.
Non credo che lo abbia mai pubblicato, e adesso mi sto chiedendo che fine avrà fatto quel manoscritto...
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Re:24 aprile 1915
« Risposta #19 : Martedì 28 Aprile 2015, 01:04:43 »
...

Ti ringrazio per questo escursus Flavio. Mi hai fatto venire in mente i miei vecchi genitori, quando mi raccontavano da adolescente, di un loro collega di gioventu'. Zarian, un architetto armeno, mite, buono e competente, che gli raccontava dei drammi del suo popolo e del fatto che la sua famiglia avesse trovato riparo appunto, in Italia. Chissa' se si ricordano qualcosa, aneddoti o episodi, la prossima volta che li vedro' cerchero' di chiederglielo.