Sonetti corropolesi

[cartesio]

(da: R. REMOTTI, Me ne vado dalla roma)

Questo Remo Remotti è l'antiparticella di Romolo Romoletti?     

[leomeddix]

Questo Remo Remotti è l'antiparticella di Romolo Romoletti?     

Remo Remotti è stato un artista grande e polivalente. Non so per quale squadra tifasse, ma vista la sua intelligenza ed ironia dubito che fosse riommico.
(e comunque grazie per la precisazione sulla foto di Gozzano  ).

[Arch]

Oramai, Leo non ho più complimenti da farti.

[leomeddix]

Ti ringrazio, Fabio. Ma prendere come ispirazione un capolavoro assoluto della poesia italiana come La signorina Felicita (ovvero la felicità) di Gozzano, rende tutto più facile  .

[Frusta]

Per dir del dramma umano
di un portoghese vano,
serve la gagliarda mano
del grande Guido Gozzano

Alto il calamo brandisce il Poeta di Scorciosa

[leomeddix]

Alto il calamo brandisce il Poeta di Scorciosa

Noi non siamo loro, noi siamo altra cosa,
voliamo alto nel cielo
dove solo l'Aquila osa...

[giamma]

Remo Remotti è stato un artista grande e polivalente. Non so per quale squadra tifasse, ma vista la sua intelligenza ed ironia dubito che fosse riommico.
(e comunque grazie per la precisazione sulla foto di Gozzano  ).

Riommico fracico, non sapendomi Laziale, al mio matrimonio (stava in una trasmissione dove mia moglie era costumista) ci regalò un suo quadretto giallorosso, non in maniera palese ma pur sempre evocativo della merda.

[leomeddix]

Riommico fracico, non sapendomi Laziale, al mio matrimonio (stava in una trasmissione dove mia moglie era costumista) ci regalò un suo quadretto giallorosso, non in maniera palese ma pur sempre evocativo della merda.

Un'altro mito è crollato

[leomeddix]

AMARI RISVEGLI (reprise)

La vita... è ricordarsi di un risveglio
triste dopo un derby perso: aver sognato
di nuovo l’incubo che poi, da sveglio,
mi insegue tutto il giorno, brutale, anzi spietato.

Il barman sotto casa, ignaro del dolore,
porgendomi il caffè ripete il vecchio assioma:
"Degustalo ben caldo, se vuoi tutto il sapore,
ché se lo bevi freddo, dipoi perde l'aRoma".

E andare poi in ufficio risulta ancor più amaro:
trovare accanto me, con volti un po' ghignanti,
laziali assai crudeli, cattivi, perculanti.
E disperato penso: adesso io me sparo.

(SANDRO PENNA, Depressioni)

[Panzabianca]

AMARI RISVEGLI (reprise)

La vita... è ricordarsi di un risveglio
triste dopo un derby perso: aver sognato
di nuovo l’incubo che poi, da sveglio,
mi insegue tutto il giorno, brutale, anzi spietato.

Il barman sotto casa, ignaro del dolore,
porgendomi il caffè ripete il vecchio assioma:
"Degustalo ben caldo, se vuoi tutto il sapore,
ché se lo bevi freddo, dipoi perde l'aRoma".

E andare poi in ufficio risulta ancor più amaro:
trovare accanto me, con volti un po' ghignanti,
laziali assai crudeli, cattivi, perculanti.
E disperato penso: adesso io me sparo.

(SANDRO PENNA, Depressioni)

M I T I C O.

E Bentornato 

[leomeddix]

Bentornato 

Volersi bene significa ritrovarsi nei momenti importanti (cit.)
 

[Frusta]

S' è svejatoooooooo 

[leomeddix]

ERA DI MAGGIO (da: Il Diario di un romanista).

Era di maggio, il giorno era il trenta,
finale all’Olimpico, finale che è già vinta…
E invece, amore mio, perdiamo ai rigori,
con spappolamenti epatici e collassati cuori.

Sempre di maggio, però il ventisei,
piangevo a catinelle, piangeva pure lei.
Le dissi “Amor mio, è nà giornataccia….
Volevo si la coppa, ma mica quella in faccia!”

E poi dieci anni dopo, ancora a fine maggio,
di nuovo ai rigori subimmo un altro oltraggio.
Le dissi: “Amore mio, che senso ha più la vita?
Andiamo verso Ariccia, facciamola finita”.

“Dimostrami, o cara, che il tuo amore è roccia
buttandoti a pesce dal ponte dell’Ariccia.
Anch’io, come te, mi vorrei suicidare
ma stasera ho il calcetto, e non potrò mancare”.

 Era di maggio, il mese più crudele,
e dove avvenne il tuffo adesso c’è una stele
“O donna che qui passi, ricorda questo assioma:
ha un destino orribile chi tifa per la roma.
Rifuggi poi dai maschi, strumenti son del Male,
se tu cerchi marito, che almeno sia laziale!!!”

[leomeddix]

LA SPIGOLATRICE DI TRIGORIA (II)

Erano in undici, credevan d’esser forti, e sono morti.

Ricordo quella sera, quell’atmosfera tesa,
e i torvi romanisti convinti dell’impresa:
sognavano la gloria, brandivano la spada,
nessuno presagiva l’ennesima enculada.
La squadra che è vergogna di questa Capitale,
la squadra che da sempre ne rappresenta il Male
voleva sbaragliare i truci Sivigliani
usando tutti i mezzi, foss’anche un gol di mani.

E dunque ci fu guerra, con spada e con elmetto,
in quella che per loro fu nuova Caporetto.
Ad uno ad uno io li osservai nel viso:
mostravano arroganza nascosta da sorriso.
Entrarono sul campo con quelle maglie oscene
(il simbolo di lupa sappiam donde proviene…)
e li sentii lanciare pronostico assai netto:
“Quest’anno c’è la coppa, poi viene lo scudetto!”

Con ghigno supponente e atteggiamento boro
Mourinho camminava superbo innanzi a loro.
Allor mi feci ardito, e con cipiglio fiero
gli chiesi: “ ‘Ndove vai, o grande Condottiero?”
Guardommi e mi rispose: “Vò a conquistar la gloria,
stravinco la finale ed entro nella storia”.
Io lo ascoltavo incredulo, invaso da stupore,
e solo potei dirgli: “Vi aiuti Nostro Signore!”.

Ma Iddio che è un gran burlone, nel ciel biancoceleste,
quel dì si comportò da vero guastafeste:
ai calci di rigore li colpì con forti strali,
vanificando il sogno di vincer le finali.
Quel giorno furon tanti a fare harakiri,
sommersi dalle lacrime, travolti dai deliri.
Francesco Totti, invece, reagì da gran signore:
coi souvenir di Illary spaccò il televisore.

I romanisti tutti sembravano storditi,
partirono suonando, tornarono suonati.
Si videro tifosi in paralisi motoria
parlar con gli uccellini nei boschi di Trigoria.
Fu un giorno di dolore, di pianti ed alti lai,
mi prese compassione e meglio li guardai,
e vidi un pover’uomo frignare in mezzo a loro:
era il sor Mourinho, urlava “Io oggi muoro!”

Erano in undici, credevan d’esser forti,
e invece col Siviglia sono di nuovo morti.
Della loro boria ormai non v’è più traccia,
volevano la Coppa, l’han presa, si, ma in faccia.

[Frusta]

LA SPIGOLATRICE DI TRIGORIA (II)

Erano in undici, credevan d’esser forti, e sono morti.

Ricordo quella sera, quell’atmosfera tesa,
e i torvi romanisti convinti dell’impresa:
sognavano la gloria, brandivano la spada,
nessuno presagiva l’ennesima enculada.
La squadra che è vergogna di questa Capitale,
la squadra che da sempre ne rappresenta il Male
voleva sbaragliare i truci Sivigliani
usando tutti i mezzi, foss’anche un gol di mani.

E dunque ci fu guerra, con spada e con elmetto,
in quella che per loro fu nuova Caporetto.
Ad uno ad uno io li osservai nel viso:
mostravano arroganza nascosta da sorriso.
Entrarono sul campo con quelle maglie oscene
(il simbolo di lupa sappiam donde proviene…)
e li sentii lanciare pronostico assai netto:
“Quest’anno c’è la coppa, poi viene lo scudetto!”

Con ghigno supponente e atteggiamento boro
Mourinho camminava superbo innanzi a loro.
Allor mi feci ardito, e con cipiglio fiero
gli chiesi: “ ‘Ndove vai, o grande Condottiero?”
Guardommi e mi rispose: “Vò a conquistar la gloria,
stravinco la finale ed entro nella storia”.
Io lo ascoltavo incredulo, invaso da stupore,
e solo potei dirgli: “Vi aiuti Nostro Signore!”.

Ma Iddio che è un gran burlone, nel ciel biancoceleste,
quel dì si comportò da vero guastafeste:
ai calci di rigore li colpì con forti strali,
vanificando il sogno di vincer le finali.
Quel giorno furon tanti a fare harakiri,
sommersi dalle lacrime, travolti dai deliri.
Francesco Totti, invece, reagì da gran signore:
coi souvenir di Illary spaccò il televisore.

I romanisti tutti sembravano storditi,
partirono suonando, tornarono suonati.
Si videro tifosi in paralisi motoria
parlar con gli uccellini nei boschi di Trigoria.
Fu un giorno di dolore, di pianti ed alti lai,
mi prese compassione e meglio li guardai,
e vidi un pover’uomo frignare in mezzo a loro:
era il sor Mourinho, urlava “Io oggi muoro!”

Erano in undici, credevan d’esser forti,
e invece col Siviglia sono di nuovo morti.
Della loro boria ormai non v’è più traccia,
volevano la Coppa, l’han presa, si, ma in faccia.

E tornatoooooooooo 

[Panzabianca]

A testa alta
Starai a rugà coll’aria mesta, tu, proprio tu cor blasone magro
Ricordi che fu Nesta, ma ‘nce capisti un cazzo, vedesti Negro?
Poi certo…
N’è mica Rui Patrizio o al limite quer boia de Mancini
a ricordatte che er folklore, giocoforza, ma pure na finale
incarnano, possibile, er giorno der giudizio, quello dei meschini
sconfitta con Onore, pé carità di Dio, esclusa parte anale

[/size]

[leomeddix]

A testa alta
N’è mica Rui Patrizio o al limite quer boia de Mancini
a ricordatte che er folklore, giocoforza, ma pure na finale
incarnano, possibile, er giorno der giudizio

 

-A Mancini, te posso toccà?

[Panzabianca]

questa la ripropongo perché me sembra attuale

Oggi te porto i fiori

Tu non la discutevi, tu l'amavi
Ma poi è successo, te ne sei accorto?
Cosi commemoriamo, noi semo bravi
un altro dì di maggio e sei arimorto!

[/size]

[leomeddix]

questa la ripropongo perché me sembra attuale

Hai fatto bene. Per loro maggio è quello che aprile è per Eliot: il mese più crudele, il mese dei morti.

[leomeddix]

Scusatemi, l'avevo già postato tempo fa, ma voglio inserirlo (in versione aggiornata) nell'album di Sonetti corropolesi sia come ricordo, ma anche perchè il giapponesino sicuramente li purgherà al derby


PRIMA O POI IL CAMPIONE ARRIVA

C'era un bancario austero e molto serio
che non rideva mai fuori dall'orario.
Ma un giorno, all’improvviso, arriva allo sportello
un giovanotto biondo, assai prestante e bello
con assegno da un milione della Banca Popolare,
e dice sorridendo: "me lo puoi cambiare?"
Lui cambiò l'assegno e la sua vita intera:
quella sera stessa rubò la cassa e via,
via col giovanotto nella splendida Bahia.
La gente malignava, ma lui non ci badava
e ballando col suo amore una samba assai lasciva
 disse: “Lo sapevo, prima o poi l'amore arriva”.

C'era un democristiano ladro e indifferente
ed anche anaffettivo, che non amava niente,
neanche i colleghi della sua corrente,
neanche i bambini o qualche suo parente.
Solo un tantinello (ma poco) si eccitava
quando Bruno Vespa in TV lo intervistava.
Ma durante una seduta chiassosa ed affollata
vide in parlamento una bella deputata:
le disse "amore mio, orsù, dimmi di sì"
e lei "non posso mica, io sono del Pci".
Lui perse la testa, e come un vero ossesso
urlava dal suo scranno "amor non c’è problema,
apriamoci al dialogo, facciamo il compromesso".
 Fanfani disse: “Basta!” ma nessuno lo sentiva
mentre dal transatlantico un mormorio saliva.
Ma Andreotti disse, con voce distensiva:
al cuor non si comanda, prima o poi l'amore arriva.

C’era un tifoso molto insofferente
sempre a criticare, non gli stava bene niente.
“Secondi in campionato? Vabbene, sipperò
pretendo lo scudetto, di meno non ci sto”.
Voleva questo e quello, campioni già affermati
e gente di cartello pe’ vince i campionati.
E allora il Presidente con stile un po’ da diva
gli disse: “sii paziente, prima o poi il campione arriva!”
Passaron tanti giorni, passaron settimane
di annunci rimandati e di promesse vane,
e quando finalmente Kamada qui arrivò
il tifoso, impertinente, rispose: “Sipperò…”