Ma il modo con cui si sta tentando di farlo non mi sembra fra i più efficaci.
Putin ha stroncato i ceceni in pochi anni, e lo ha fatto decimando le tribù che rifornivano di guerriglieri i vari eserciti islamici.
Certo, Putin è "un barbaro" ma la barbarie va combattuta con armi barbare: la coalizione potrà bombardare quel posto quanto vorrà, ma siccome non si sta bombardando la tana del ratto e non se ne stanno uccidendo le femmine ed i cuccioli, la stirpe infame continuerà.
La guerra andrebbe portata sulle tribù che sono all'origine familiare dei guerriglieri, il che significa che se si volesse davvero annientare l'ISIS, non si dovrebbe andare a far la guerra in Iraq, ma in Yemen, in Mali, in Oman eccetera.
Insomma: l' occidente per annientare quei maiali dovrebbe putinizzarsi, MA NON PUO'.
Non può perché per farlo scandalizzare già bastano ed avanzano le due righe che ho appena scritto.
Sul principio della barbarie come rimedio contro la barbarie, in una sorta di cura omeopatica, potrei anche essere d'accordo.
A maggior ragione se la tua idea di bonificare alla sorgente si estende alle moschee nei Paesi occidentali.
Dalle quali sono confluiti sia figli di immigrati musulmani sia "indigeni" frettolosamente convertiti all'Islam.
E che solo un residente su Marte può continuare a confondere col principio della libertà di culto.
Non mi convince fino in fondo, invece, il paragone con la situazione cecena.
Nel caso dell'Is/Isis/Isil, manca un elemento determinante anche ai fini della "terapia" di cui sopra: il radicamento nel territorio, e con esso un connotato minimamente spontaneo nelle motivazioni, negli obiettivi, nei canali di reclutamento.
Lasciamo perdere per un attimo la mutevole "forma dell'acqua", per dirla con Camilleri, sotto la quale i media di regime ce li hanno via via presentati.
Se si tenta di osservarne la struttura e il modus operandi, emergono con chiarezza alcuni connotati fondamentali:
1) a parte i miliziani provenienti da Paesi europei, il resto della truppa è stato arruolato in base a logiche del tutto analoghe: magari con la
mercede a fare maggiormente aggio sulle motivazioni personali e ideologiche.
E il fatto che provengano dai Paesi del Golfo Persico - un altro mondo rispetto agli Stati arabi mediterranei, almeno per chi non considera l'Islam come un monolite - li rende esterni al contesto quanto i "nostri".
Nulla a che vedere col fanatismo religioso o i legami, comunque interni, che portavano le tribù a rifornire le fila dei guerriglieri ceceni
2) Le loro gesta includono decapitazioni e altre brutalità assai telegeniche: ma non saccheggi o altre strategie di auto-finanziamento, in teoria fondamentali per chi combatte in maniera mobile e totalmente autonoma.
Considerando che il loro operato richiede mezzi non banali, rimane una sola conclusione: non solo la soldataglia, ma anche il know-how finanziario e organizzativo, proviene da fuori.
Per la precisione dall'Occidente, inteso sia come Usa sia come loro alleati: Arabia Saudita e Qatar in primis.
Come sempre, del resto, se appena si studiano le reali dinamiche dei gruppi paramilitari ispirati all'estremismo islamico, da Hamas e dai mujahidin afgani in poi
3) La scelta delle vittime: spie, agenti provocatori, collaborazionisti a vario titolo? No, neanche per sbaglio.
Sempre e in maniera immancabile persone inermi o addirittura impegnate a favore delle popolazioni locali.
Unico criterio il coefficiente di odiosità spontanea del delitto, da mantenere ai massimi livelli possibili.
Obiezione proposta da alcuni: si ispirano al califfato.
Da cui la mancanza di riferimenti geografici - eliminati, dopo la prima fase, anche dalla denominazione -, comune a quell'epoca di espansionismo arabo nella quale il confine appariva, casomai, come un limite sa superare.
Da cui l'eccezionale brutalità dei mezzi e logiche operative per noi poco comprensibili, in quanto anch'esse direttamente riconducibili a quei secoli lontani.
Chi cerca di rigirarla in questo modo dimentica, però, un immediato termine di paragone: le "corti islamiche" attraverso le quali Al-Shaabab aveva cercato di ripristinare una qualche forma di amministrazione sul territorio nel Somaliland, all'epoca sotto il suo controllo.
Anche lì si sprecavano drappi neri e metodi sbrigativi, ma con un dettaglio fondamentale: il nemico in prima battuta era rappresentato dal governo di Mogadiscio, determinato a riconquistare la regione, non da qualche potenza estera.
Tant'è che si ricordano ostaggi nell'assalto al Westgate mall di Nairobi, e solo dopo la caduta delle "corti islamiche": operazione, quest'ultima, appoggiata da vari Paesi occidentali, ma senza che loro cittadini ne fossero coinvolti in modo più o meno spettacolare.
Così si comporta chi tenta di imporre la sharia in un'area geografica, quindi con criteri diversissimi da quelli dell'Is e dei suoi tagliagole.
Delle due l'una: o questi ultimi non sono altro che psicopatici solipsisti, il cui unico scopo consiste nell'attrarre l'ostilità altrui.
O la ratio della loro strategia - e magari della loro esistenza - è un'altra: ad esempio essere inquadrati dalla CNN
4) Obiettivi dell'Is, quindi?
La democrazia, spiegò con la consueta sicumera la stampa occidentale quando i suddetti galantuomini perseguivano la destabilizzazione della Siria.
Sarebbe un gran giorno per l'umanità se una Norimberga per le sofferenze inflitte ai siriani vedesse alla sbarra anche questi sconci corifei, pienamente organici ai crimini in questione con la loro opera di
disinformacija: ma per ora meglio rimanere in tema.
La seconda fase, col trasferimento armi e bagagli in Iraq, nasce da un fatto che i media hanno oscurato per quanto possibile: la loro disfatta in Siria, di fronte a un regime più coriaceo del previsto (segno che da quelle parti esisteva, con tutti i suoi difetti, uno Stato).
Decisivo il "niet" di Putin, sia nel sostenere al-Asad sia nel lasciar intendere che a Damasco, per gli esportatori di democrazia, non era aria.
A questo punto, tutto cambia: i "nostri" diventano i "mostri", sbandierando le loro atrocità che, in precedenza, venivano sottolineate a telecamere spente e unicamente per attribuirle al regime alauita.
Massimo esempio il caso delle armi chimiche, indicate da Obama come "linea rossa" per l'intervento militare e "casualmente" comparse sul campo nel giro di pochi giorni.
Ovviamente non ad opera di Al-Asad, come sarebbe emerso - anche qui in maniera casuale, s'intende - dopo che l'intervento diplomatico da Mosca aveva imposto un provvisorio arresto alla catena di montaggio guerrafondaia: quando l'argomento armi chimiche non serviva più, in sostanza.
Solo a quel punto, si badi, iniziano i sequestri e le decapitazioni di occidentali: funzionali alla riconversione dell'Is da alleato sul campo a nemico dell'umanità.
Tutto cambia, si diceva, ma tutto resta com'è. Anche nell'unico obiettivo: manipolare fatti e parole per dare ossigeno all'industria bellica a stelle e strisce - non importa se coperta da Onu, NATO o qualche altra foglia di fico - con l'ennesima ingerenza umanitaria.
Lo stesso, ormai logoro format in onda sui nostri schermi dall'11 settembre
Tornando alla domanda di partenza, come "annientare questi maiali"?
Con l'unica strategia, al netto di perquisizioni anali e porno-scanner negli aeroporti, in grado di combattere il terrorismo: l'intelligence, innanzitutto economica.
La quale parte dal comprendere che non sono tribù e moschee ad accodarsi
motu proprio, ma soggetti terzi a mobilitarne i componenti: facendo leva in un caso sulle carenze economiche, nel secondo su quelle esistenziali.
E finisce col chiudere i canali finanziari e logistici, in questo caso identificabili con particolare nitidezza.
Vale per l'Is, vale per gli attacchi portati direttamente in territorio occidentale.
In quest'ultimo caso, sconfitto il nemico rimarrebbe il pazzo solitario: ma anche qui preparazione e abilità dissimulatoria, fondamentali per quantificarne l'effettiva pericolosità, risulterebbero depotenziate dal mancato appoggio di un'organizzazione più complessa.
Invece si sceglie di combattere un nemico non territoriale e non convenzionale utilizzando tecniche ed eserciti tradizionali, in una tragica, interessata e sanguinaria applicazione del "sommare mele con pere".