Corriere della Sera ed. Roma
Lazio, Lotito parla di Champions Direzione Champions. «C’è rammarico per non essere riusciti a conquistare la quinta vittoria consecutiva – le parole del presidente Lotito -, ma il punto guadagnato sul campo del Verona è comunque un passo importante nella strada verso il terzo posto. Abbiamo intrapreso la retta via, ora è importante mantenere il ritmo e affrontare ogni incontro come se fosse una finale: fondamentali saranno supporto e affetto dei nostri tifosi». Che quindi, adesso, sono autorizzati a sognare in grande: è la prima volta che la Lazio indica la Champions come obiettivo, senza diluire il concetto parlando di un’Europa imprecisata. Del resto, con la conquista del terzo posto e 13 punti nelle ultime cinque giornate (Napoli 11; Roma, Juve e Genoa 10), non è più possibile giocare a nascondino. La Lazio c’è, ora tocca capire se ha le carte in regola per restare lì fino a maggio. Il tema è il più dibattuto tra i laziali, al netto della prudenza predicata da Pioli in ogni sua uscita sui media. È ovvio che adesso le parole del presidente obblighino il tecnico a cambiare strategia di comunicazione, perché l’obiettivo è fissato, le pressioni sono destinate ad aumentare e il basso profilo che ha finora caratterizzato la stagione non ha più senso. Ma le parole devono essere necessariamente accompagnate dai fatti. E, analizzando le 9 giornate del campionato laziale, si arriva alle solite conclusioni, qualsiasi sia l’obiettivo: innanzi tutto adesso la Lazio è una squadra, con un’identità precisa, frutto del cambio mentale importato da Pioli e del lavoro di Biglia, il costruttore «pratico» del progetto. Oltre a Candreva, insomma, quest’anno c’è molta qualità in più: almeno 9 giocatori su 11 sono a fuoco con i proclami. Il punto è proprio questo. La Lazio ha ancora due problemi da risolvere: c’è una questione «centrale» da affrontare sul mercato (Ciani e Cana non sono all’altezza dei piani Champions, poca qualità) e c’è un posto vacante sull’esterno sinistro d’attacco (chi fra Mauri, Keita e Felipe Anderson?) che deve trovare padrone per rendere la squadra meno asimmetrica e prevedibile. E la soluzione sta già nell’anima del progetto: per il salto di qualità serve…la qualità.
Andrea Arzilli
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