Autore Topic: Il PCI - l'immagine di sé  (Letto 17820 volte)

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ThomasDoll

Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #20 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 11:12:08 »
Sempre sulla serietà, nessuno dubiterebbe della serietà di Cosa Nostra, che però non vuole presentarsi come paladina di legalità e democrazia. Nel momento in cui invece il PCI si presenta come co-fondatore della Repubblica, deve smettere di parlare di rivoluzione. E altro che parlare, c'erano fior di depositi di armi pronte ad essere usate per ... difendere la democrazia? La democrazia che non volevano e che gli era stata imposta con le armi dagli Alleati? O altro? E c'era una organizzazione pronta alla lotta armata, e collegamenti internazionali pronti ad attivarsi nel caso.
Il PCI ha ciurlato nel manico per decenni, lucrando consensi in fasce sociali sensibili all'argomento rivoluzione. Quando poi una generazione di ribelli si è indirizzata verso la lotta armata, ha finto di non avere responsabilità in merito.

Ipocrisia.

Così come era ipocrisia la presunta assenza delle correnti. Le correnti c'erano, gli ingraiani sicuramente non avevano molto a che spartire con gli amendoliani, tutti avevano i loro legittimi momenti di incontro, ed al momento di votare si ricordavano bene con chi stavano. Però, e questo era gran motivo di orgoglio per i militanti, e di disprezzo nei confronti dei partiti che invece le ammettevano, nel PCI le correnti non esistevano.
I militanti del PCI hanno per decenni tranciato giudizi pesantissimi sugli altri partiti, democristiani mafiosi, socialisti ladri, radicali froci e puttane, repubblicani servi del padrone, e poi mosche cocchiere, avventuristi, fascisti (questo un po' per tutti, al momento giusto) , con il gioiellino "socialfascisti" rivolto ai riformisti. Sono talmente tanti che me ne ricordo una minima parte. Però poi quando toccava a loro ricevere qualche apprezzamento pepato, perché solo a noi?
Condanne verbali a palate, per coltivare un'immagine del PCI come centro nobile della democrazia italiana. Immagine a cui molti ex seguaci continuano a credere ancora oggi.

Per me il PCI è stato per quarant'anni la palla al piede della democrazia italiana.

Cartesio mio, parliamo del Paese di Gladio, degli anni della guerra fredda, del mito della rivoluzione d'ottobre alimentato da decine di rivolte armate avvenute in altri paesi, di una vicenda nazionale tutt'altro che pacificata, di un partito che un po' di conti con se stesso li ha fatti anche per tempo. Le BR e le mille organizzazioni extraparlamentari col PCI ce l'hanno avuta sempre a morte, mi sembra francamente troppo pesante la critica. C'è stata una certa quantità di palle al piede molto più pesanti per la democrazia italiana.

Offline cartesio

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #21 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 11:14:10 »
affermare frasi come questa:secondo me significa avere una visione un pò distorta della storia del nostro Paese.

È una convinzione che ho maturato nel corso degli anni, studiando la nostra storia.

Penso che se al posto del PCI avessimo avuto un vero partito riformista, diciamo un partito laburista, che avesse liquidato immediatamente le illusioni rivoluzionarie ed i propri legami con una delle più feroci dittature della storia, in Italia avremmo avuto da subito un'alternanza democratica che avrebbe reso molto migliore il nostro paese.

Le derive estremiste e suicide dei settori più 'inquieti' della società ci sarebbero state, a sinistra come a destra, ma sarebbero state limitate, senza un supporto culturale ed organizzativo. L'esperienza europea dimostra che le tendenze rivoluzionarie sono state alimentate, non mitigate, dalla presenza dei partiti comunisti, come in Grecia. E il terrorismo ce lo abbiamo avuto comunque.
e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

CP 4.0

Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #22 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 11:40:58 »
Carte', pero' non e' che l'Italia sta come sta solo perche' il PCI alla fine si e' dimostrato non essere il partito riformista che tutti avremmo voluto avere.

come dice TD di palle al piede l'Italia ne avute abbastanza che la meta l'avrebbero affondata, fosse stata una nave.

perche' alla fine ci si concentra qui sul PCI perche' e' IT dato il titolo, ma in un topic 'Destra Farlocca' o 'DC l'informe Blob' o 'PSI che caxxo vor di'' ne diremmo altrettante sulle palle al piede che sono state.

e hai voglia a rimboccatte le maniche, litiga con manager e colleghi, cerca' di convince' amici e parenti, se la mentalita' italiana e' quella che e', non c'e' sigla acronima che risolva il problema.

come per la Patria, sto paese e' quello che ne abbiamo fatto, pure se sono 20 anni che non ci sto piu' mi ci includo visto che non sono riuscito a cambiare nulla.

tanto PCI come MSI, come DC, Ulivo ,PPL, PTP, PD, PL ... 35 anni circa de 'nteregghe piu'.

Offline leomeddix

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #23 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 11:58:06 »
Penso che se al posto del PCI avessimo avuto un vero partito riformista, diciamo un partito laburista, che avesse liquidato immediatamente le illusioni rivoluzionarie ed i propri legami con una delle più feroci dittature della storia, in Italia avremmo avuto da subito un'alternanza democratica che avrebbe reso molto migliore il nostro paese.

Il tuo mi sembra un ragionamento che non tiene conto dei processi storici reali che hanno attraversato il nostro Paese.
Nell'Italia del secondo dopoguerra il PCI rappresentò la principale forma storicamente determinata del riformismo, con le sue peculiarità e le sue contraddizioni. Se da noi la politica riformista è stata proposta non da un partito laburista, bensì una forza comunista, ciò non è dovuto al caso o a un destino crudele, ma al peso delle tradizioni e delle esperienze storiche.
In Inghilterra la formazione di una classe lavoratrice organizzata ha avuto un percorso ben diverso da quello dell'Italia, percorso che è iniziato prima che in tutti gli altri paesi occidentali, e che quindi ha avuto una suo particolare sviluppo.
Inoltre, l'Inghilterra del secondo dopoguerra non usciva da un ventennio di dittatura fascista, e la sua struttura politica e sociale non aveva da fare i conti con i ritardi e le fratture che hanno contraddistinto il nostro paese.
Lamentarsi del fatto che noi non abbiamo avuto un partito laburista è perciò un esercizio che attiene più alla fanta-politica che alla realtà.

L'esperienza europea dimostra che le tendenze rivoluzionarie sono state alimentate, non mitigate, dalla presenza dei partiti comunisti, come in Grecia.

Ma infatti, mi sembra che in questo topic si parlasse del PCI, e il PCI è stato cosa molto diversa dal Partito comunista greco.

È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Zapruder

Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #24 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 13:00:00 »
Penso che se al posto del PCI avessimo avuto un vero partito riformista, diciamo un partito laburista, che avesse liquidato immediatamente le illusioni rivoluzionarie ed i propri legami con una delle più feroci dittature della storia, in Italia avremmo avuto da subito un'alternanza democratica che avrebbe reso molto migliore il nostro paese.

Dimentichi il fatto che qualcuno ci ha provato. Da una parte, con lo strappo con l'URSS nel '73, l'eurocomunismo, la ricerca del dialogo con la DC e l'accettazione della responsabilità derivante dal governo. Dall'altra, con una ricerca sistematica dell'apertura a sinistra, fin dal '62, come unico metodo per il compimento autentico della democrazia in Italia. Il risultato? Uno dei "dialoganti" è finito nel portabagagli di una Renault 4. E non stava montando gli autoparlanti de lo sterio.

Capisco l'anticomunismo: ma una rilettura della storia italiana del genere avrebbe fatto ridere pure Montanelli.

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #25 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 14:01:02 »
Eppure il PCI qualcosa di buono l'ha fatto.

Lo dico da antifideista (non sono anticomunista tout-court, il mio anticomunismo che è stato qui definito vetero, viscerale e chi più ne ha più ne metta è semplicemente antifideismo, per chi non lo volesse ancora capire, o per per quelli a cui fregasse qualcosa della mia opinione) e da sessantacinquenne che non ha scordato niente degli ultimi 50 anni di cronaca che gli sono passati davanti.

La prima cosa che mi viene in mente è che il PCI seppe arrivare alle persone.

Ad esempio. il PCI (insieme al PSI pre-craxiano) fece passare lo statuto dei lavoratori, le modifiche al diritto familiare (la fine del delitto d'onore, la fine della dominanza maschile sulla scelta del luogo ove abitare, etc) SENZA avere i voti sul territorio necessari per andare al governo.
E lo fece agendo SULLE PERSONE, con le campagne culturali.
Non importava che non avessero i numeri in parlamento: quando vai alle persone, ti capitano persone che si chiamano Franca Viola, e ti demoliscono cinquecento anni di cultura del delitto di onore, DA SOLE.
A quel punto, volente o nolente, il parlamento italiano dovette abolire quella legge.

Ed il PCI fece questo non "con il territorio", ma CON LE PERSONE.
Per tutti gli anni 70 e ottanta, l' INTERA classe dirigente italiana si diceva di sinistra, partendo dagli intellettuali, dai grandi professionisti, dalle persone CHE CONTAVANO: la classe dirigente.
Ed il PCI arrivò alla classe dirigente non con "il territorio", ma con la "la scuola".
Attraverso gli intellettuali, gli artisti, i musicisti, i cantanti: tutti erano in qualche modo progressisti, di sinistra.

"Il territorio" è la più grande illusione dei politici italiani e (ultimamente) di molti europei.
Senza conquistare la classe dirigente, tutto quello che il territorio può dare è il comando, ma non il potere. E senza agire sulle persone, la classe dirigente non la si conquista.

Seguo qui alcuni orgers, che considero amici anche se ci litigo spesso, che rispondono piccati quando sfioro il loro essere di sinistra o la loro vecchia matrice comunista; e questo malgrado conoscano benissimo i guasti procurati da quel partito o dalla sua degenerazione, ma reagiscono perché sono stati parte di quella "gente" a cui il PCI era arrivato nel modo che ho detto.

P.s.
Certo, poi c'è tutto quello di cui ha parlato Cartesio, e che io condivido in toto, e c'è anche quello che, con meno eleganza ho (sempre) sostenuto io, ma quella è un'altra storia.
Il fatto che il PCI, a prescindere dai suoi (per me incondivisibili) scopi e dal (giusto) fallimento dei medesimi, agendo sulla gente ed indicando la via della cultura per raggiungere il potere senza arrivare al governo abbia demolito buona parte del retaggio del medioevo e dei suoi corollari, resta.
E questo è quanto.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #26 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 14:16:48 »
Carte', pero' non e' che l'Italia sta come sta solo perche' il PCI alla fine si e' dimostrato non essere il partito riformista che tutti avremmo voluto avere.

E infatti io non l'ho detto.
Ma il PCI è stato la palla al piede per eccellenza, quella che ha bloccato il sistema politico, impedendogli la normale alternanza tra forze politiche.   
Quella palla al piede che altri paesi - leggi la Germania, che era uscita dalla guerra peggio di noi - non c'è stata, e non ditemi che là non venivano da una dittatura. Se il PCI fosse diventato un partito laburista, sarebbe sceso sullo stesso terreno politico del PSI, ed abbandonando la sua cultura d'origine - e i finanziamenti sovietici - avrebbe messo in discussione la sua leadership a sinistra, con tutto quel che avrebbe comportato in termini di perdita di potere locale. Fecero bene i loro conti, e scelsero la strada più conveniente per loro. Ma non per l'Italia.
Fu una dimostrazione di alto professionismo politico.

Il tuo mi sembra un ragionamento che non tiene conto dei processi storici reali che hanno attraversato il nostro Paese.
Nell'Italia del secondo dopoguerra il PCI rappresentò la principale forma storicamente determinata del riformismo, con le sue peculiarità e le sue contraddizioni.

Non è vero.
Le riforme le ha fatte la DC, all'inizio, poi DC e PSI insieme.
Il PCI all'inizio era ancora rivoluzionario (a parole), il riformismo era degno di pubblico disprezzo.

Dimentichi il fatto che qualcuno ci ha provato. Da una parte, con lo strappo con l'URSS nel '73, l'eurocomunismo, la ricerca del dialogo con la DC e l'accettazione della responsabilità derivante dal governo. Dall'altra, con una ricerca sistematica dell'apertura a sinistra, fin dal '62, come unico metodo per il compimento autentico della democrazia in Italia. Il risultato? Uno dei "dialoganti" è finito nel portabagagli di una Renault 4. E non stava montando gli autoparlanti de lo sterio.

Capisco l'anticomunismo: ma una rilettura della storia italiana del genere avrebbe fatto ridere pure Montanelli.

Beh, è un peccato che Montanelli sia morto, si sarebbe fatto qualche risata.
Lo strappo del '73? Vediamo, dal 1945 al 1973 passano... 28 anni!
Che prontezza.
E chissà se era uno strappo vero e proprio, o solo un'operazione di immagine.
Pensa che il PCI cambia nome solo nel 1991, due anni dopo la caduta del muro di Berlino. Si tratta di un'accelerazione del dibattito politico interno, che ha portato a scoprire la necessità di un cambio di nome, o di una questione di immagine? Che senso aveva, già nel 1973, chiamarsi comunista? E perché cambiare nome solo nel 1991, quando il comunismo cadde? Non è stao, da parte loro, uno stabilire un legame con alcuni delle dittature più infami della storia europea?


Eppure il PCI qualcosa di buono l'ha fatto.

Ma certo che l'ha fatto.  A leggere quell'"eppure" sembra quasi che abbia detto che tutto ciò che ha fatto il PCI sia cattivo.
Come quando Giglic dice che io affermo che i comunisti sono tutti brutti sporchi e cattivi.
Non è vero, ovviamente.
e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

Giglic

Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #27 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 14:56:08 »

Ma il PCI è stato la palla al piede per eccellenza, quella che ha bloccato il sistema politico, impedendogli la normale alternanza

 sembra quasi che abbia detto che tutto ciò che ha fatto il PCI sia cattivo.
Come quando Giglic dice che io affermo che i comunisti sono tutti brutti sporchi e cattivi.
Non è vero, ovviamente.

Tu stai parlando del PCI. Se vuoi trasferire la cosa sui comunisti vai pure. Se li trovi, beninteso  ;D
Come vedi, in uno stesso post confermi quello che hai detto, invece.
Insomma, invece di fare un'analisi storica (che Montanelli farebbe molto di più come Zap) sei passati alla condanna senza condizionale. Va benissimo, intendiamoci. Ma se devo intervenire da storico, cerco, in genere, di svestire i panni delle mie preferenze politiche. Poi se ci riesco è un altro discorso.

TI ripeto la domanda: secondo te PERCHE' in Italia c'è stato il PCI e non la sinistra che la destra avrebbe voluto avere? (il famoso partito laburista). Quali sono i motivi?

Zapruder

Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #28 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 17:14:27 »
Beh, è un peccato che Montanelli sia morto, si sarebbe fatto qualche risata.
Lo strappo del '73? Vediamo, dal 1945 al 1973 passano... 28 anni!
Che prontezza.
E chissà se era uno strappo vero e proprio, o solo un'operazione di immagine.
Pensa che il PCI cambia nome solo nel 1991, due anni dopo la caduta del muro di Berlino. Si tratta di un'accelerazione del dibattito politico interno, che ha portato a scoprire la necessità di un cambio di nome, o di una questione di immagine? Che senso aveva, già nel 1973, chiamarsi comunista? E perché cambiare nome solo nel 1991, quando il comunismo cadde? Non è stao, da parte loro, uno stabilire un legame con alcuni delle dittature più infami della storia europea?

Non puoi leggere la storia con gli occhi del 2014.

Vuoi che citi l'opinione di Gandhi, Giovanni XXIII, Churchill e altri sul Capo del Governo romagnolo, quando costui era al potere?

Lo stesso Churchill fu trombato alle elezioni del luglio 1945: e aveva appena vinto la guerra! Una delle cause della sua sconfitta fu proprio l'atteggiamento eccessivamente diffidente nei confronti dell'Unione Sovietica. Andò al potere il laburista Attlee, che qualche storico di parte tenta di far passare come un insipido inetto, ma in realtà fu autore di importanti riforme progressiste, in Inghilterra, e governò bene.

L'altro errore è quello di semplificare in tre righe velenose la storia del PCI, e quindi quella di tutta l'Italia del dopoguerra. Sarebbe come se io dicessi che la DC è stata soltanto il braccio - armato e non armato - dell'imperialismo americano; un covo di ex fascisti e papponi vari che ha mantenuto a ogni costo il potere, stragi comprese, comprandosi il consenso elettorale voto per voto. Il che è molto più vero e molto più grave di aver "ispirato qualche matto alla rivoluzione armata": ma è una semplificazione che in realtà non racconta nessuna storia.

Giglic

Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #29 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 17:26:42 »
Non puoi leggere la storia con gli occhi del 2014.

Vuoi che citi l'opinione di Gandhi, Giovanni XXIII, Churchill e altri sul Capo del Governo romagnolo, quando costui era al potere?

Lo stesso Churchill fu trombato alle elezioni del luglio 1945: e aveva appena vinto la guerra! Una delle cause della sua sconfitta fu proprio l'atteggiamento eccessivamente diffidente nei confronti dell'Unione Sovietica. Andò al potere il laburista Attlee, che qualche storico di parte tenta di far passare come un insipido inetto, ma in realtà fu autore di importanti riforme progressiste, in Inghilterra, e governò bene.

L'altro errore è quello di semplificare in tre righe velenose la storia del PCI, e quindi quella di tutta l'Italia del dopoguerra. Sarebbe come se io dicessi che la DC è stata soltanto il braccio - armato e non armato - dell'imperialismo americano; un covo di ex fascisti e papponi vari che ha mantenuto a ogni costo il potere, stragi comprese, comprandosi il consenso elettorale voto per voto. Il che è molto più vero e molto più grave di aver "ispirato qualche matto alla rivoluzione armata": ma è una semplificazione che in realtà non racconta nessuna storia.

Su Attlee ci sarebbe da aprire un capitolo a parte, cosi come sul babbo di "quello della F1" (dalla parte opposta). Il vero inetto non fu lui, che odiava - ricambiato - l'omonimo di Craxi, ma Chamberlain (di cui se non erro Attlee era ministro degli esteri, sto andando a memoria): gran brav'uomo, ma che pesava le persone sul metro della sua morale. Di certo, chi fu felice della defenestrazione del duca di Marlborough furono gli USA. Era un personaggio eccessivamente ingombrante.

 Sul beneplacito al puzzone da parte di fior di statisti, non è questo il topic per dilungarcisi. Lo stesso Churchill lo rispettava perché gestiva un popolo che "non era pronto per la democrazia".

E secondo me cominciamo ad avvicinarci al perché il PCI ebbe più presa sulle masse rispetto al PSI, anche se sembra assurdo.

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #30 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 17:28:35 »
Ma certo che l'ha fatto.  A leggere quell'"eppure" sembra quasi che abbia detto che tutto ciò che ha fatto il PCI sia cattivo.
L'eppure non era riferito a te ma al mio anticomunismo; ed il concetto che volevo esprimere non si fermava al primo rigo, spero che tu abbia letto anche il resto.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #31 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 18:09:30 »
TI ripeto la domanda: secondo te PERCHE' in Italia c'è stato il PCI e non la sinistra che la destra avrebbe voluto avere? (il famoso partito laburista). Quali sono i motivi?

se il PSI fosse stato da sempre e per sempre più forte del PCI, almeno nei termini in cui il rapporto tra socialisti e comunisti si è spiegato in altri paesi come Francia, Spagna e Germania, la storia d'Italia degli ultimi 50 anni sarebbe stata diversa e per certi versi migliore. Se non altro, avremmo avuto l'alternanza trent'anni prima.
Grande Giglic bella domanda.
un uomo di una certà mi offriva sempre olio canforato, spero che ritorni presto l'era del cinghiale biancoazzurro
STURM UND DRANG
Ganhar ou perder, mas sempre com democracia

Giglic

Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #32 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 18:31:10 »
se il PSI fosse stato da sempre e per sempre più forte del PCI, almeno nei termini in cui il rapporto tra socialisti e comunisti si è spiegato in altri paesi come Francia, Spagna e Germania, la storia d'Italia degli ultimi 50 anni sarebbe stata diversa e per certi versi migliore. Se non altro, avremmo avuto l'alternanza trent'anni prima.
Grande Giglic bella domanda.

Grazie fish, ma non è di certo un elogio al PSI, questo.  :)
Un partito che ha avuto, a partire da Costa (quello bravo  ;D ) e Turati, fino a Nenni e Pertini, persone realmente ammirevoli anche nei loro errori, ma che ha commesso, oltre che sesquipedali errori strategici (vedi fronte Popolare, o i tentativi di riunificazione che il "destino cinico e baro" - come diceva Saragat - punì) disastri totali sia con un massimalismo inconcludente (Lazzari, Lombardi stesso, e Bertinotti che ne è stata la degna conclusione) sia soprattutto con un "fascino del satrapo" (da Ferri a Mussolini a Craxi) che l'ha portato e generare sempre persone che hanno rinnegato poi la sinistra.
Montanelli racconta che quando si fece il primo centrosinistra, vide un anziano militante opporsi con tutte le sue forze a questa alleanza in un congresso. Quando gli chiese perché non volesse entrare nelle stanze del potere questo, prendendolo per il bavero della giacca, disse "il fatto è che in quelle stanze c'è anche il portafoglio, capisci?"
Cosa che il buon Craxi, stretto nella morsa di due partiti "eterofinanziati", diciamo così, capì benissimo...
Ma questa è solo una parte della storia. L'altra va raccontata guardando il PCI e la sua profonda diversità rispetto ai partiti comunisti di altre nazioni occidentali.

Offline leomeddix

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #33 : Mercoledì 10 Settembre 2014, 19:25:21 »
Le riforme le ha fatte la DC, all'inizio, poi DC e PSI insieme.
Il PCI all'inizio era ancora rivoluzionario (a parole), il riformismo era degno di pubblico disprezzo.

La DC fu 'costretta' a fare le riforme, anzitutto perché il sistema industriale che stava nascendo imponeva la creazione di strutture più razionali ed efficienti, ma anche sotto la pressione dei movimenti e delle lotte che videro il PCI e le forze sindacali in prima fila. Non a caso le prime aperture verso un governo di centro-sinistra ci furono dopo il fallimento della svolta autoritaria di Tambroni e i fatti di Genova.  Lo stesso Statuto dei lavoratori fu 'imposto' dai socialisti sull'onda delle grandi lotte operaie di fine anni '60, e divenne legge anche grazie alla crisi che attanagliava la DC, un partito conservatore per natura (nel senso che mirava alla conservazione dei rapporti sociali esistenti) ma che era 'costretto' ad attuare riforme sia per salvare il suo potere sia per non mettere in crisi i meccanismi capitalistici. (Ovviamente i primi a capire che non si poteva governare un paese moderno solo con le bastonate furono gli americani: appena insediato, Kennedy mandò in Italia un suo consigliere, il quale cercò di far comprendere a quei zucconi dei democristiani che per isolare i comunisti l'unico modo era quello di fare qualche riforma con un governo di centro-sinistra. E questo episodio la dice lunga sulla cultura riformista dentro la DC...).

Per quanto riguarda il riformismo del PCI, mi sembrava di averti già detto che il gruppo dirigente si era già posto negli anni '30 il problema di una collaborazione con altre forze politiche e sociali quando il fascismo fosse caduto. E infatti Togliatti, una volta finita la guerra, basò la sua politica sull'idea-guida delle 'riforme di struttura'.
Del resto, quando il PCI ebbe la possibilità di governare città, provincie e regioni, non fece 'rivoluzioni', ma attuò una vera politica riformistica, che allora divenne un modello ammirato anche a livello internazionale e che oggi è motivo di nostalgia per tanti anziani bolognesi coi quali chiacchiero al bar sotto casa.
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #34 : Giovedì 11 Settembre 2014, 11:07:15 »
...
Ma il PCI è stato la palla al piede per eccellenza, quella che ha bloccato il sistema politico, impedendogli la normale alternanza tra forze politiche.   
...

sebbene, come gia' detto, il PCI, inteso non solo come partito organizzazione ma come chiunque lo votava o lo vedeva come il partito riformatore, di opposizione, ecc.ecc., ha commesso seri errori in momenti importanti della storia italiana, da me vissuta in prima persona, non posso che condividere quanto gia' detto dagli altri su quel la.

non sono stati loro a girarsi dall'altra parte quando un ex-primo ministro era sotto sequestro, ne sono stati loro ad abboccare alle caxate di MrB appena sceso in campo. e tante altre cose.

...
TI ripeto la domanda: secondo te PERCHE' in Italia c'è stato il PCI e non la sinistra che la destra avrebbe voluto avere? (il famoso partito laburista). Quali sono i motivi?

Non riesco a trovare dove tu l’abbia domandato la rpima volta :), ma visto l’uso della parola laburista, e la disgressione sulle elezioni del ’45, mi domando se non possa interessare alla questione ‘il punto di vista inglese’.

Qui il partito comunista e’ vivo e vegeto, sebbene l’attuale Communist Party of Britain, e’ stato fondato solo nel 88 ma da secessionisti dell’allora partito comunista, il Communist Party of Great Britain (10 anni dopo i Monty Phyton ;) ), il quale fu fondato l’anno prima del PCI e si dissolse anche lui, ma definitivamente, nel 91.

Mai stati partiti di massa per il semplice motivo che l’inglese da un lato non ama gli estremismi politici, infatti mentre in Italia alla fine degli anni ’70 abbiamo gli anni bui del terrorismo politicizzato qui non si va oltre il movimento punk nel destabilizzare il sistema borghese, dopo di che si va per due strade completamente diverse.

Dall’altro lato, il bisogno degli italiani del 20esimo secolo di uscire da una condizione di subordinati, non dimentichiamo che in pratica da sempre, incluso sotto l’impero romano, l’Italia e’ stato un paese occupato da stranieri , a parte poche ma non rilevanti eccezioni locali.

Mentre l’Inghilterra ha una sua constituzione gia’ dal 1215, e da allora ha attraversato diversi periodi di guerre civili, ed il terrorismo in Italia e’ riuscito nel periodo peggiore a non essere da meno, e diverse rivolte sociale che hanno prodotto un paese ‘pronto per la democrazia’ senza che il comunismo dovesse riformare nulla.

E molte delle riforme del lavoro che oggi portano il Regno Unito ad essere molto piu’ avanti dell’Italia cominciano nel tardo ‘300 con la rivolta dei contadini, a cui comunque parteciparono anche altre categorie, e che inziarono il processo che porto’ a quello che oggi e’ chiamata flessibilita’, e la totale mancanza di ‘ricerca del posto fisso’ come dovuto per statuto, tipo ‘sei politico’, tipico di chi preferisce 'magna bene e nun jie piace da lavora''.

Ecco, per esempio, che qui non si sente il bisogno di un articolo 18, tanto per riprendere un altro topic, perche’ il sistema ormai costituito e’ capace di farne a meno, pur mantenendo tutti i diritti dei lavoratori che qui, al contrario dell’Italia, sono lungi dall’essere intaccati nonostante la presenza di un partito di sinistra molto piu’ centrista financo del PD.

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #35 : Giovedì 11 Settembre 2014, 17:42:44 »
La DC fu 'costretta' a fare le riforme

.....

Del resto, quando il PCI ebbe la possibilità di governare città, provincie e regioni, non fece 'rivoluzioni', ma attuò una vera politica riformistica

Perdonami, ma questa idea della DC che fa le riforme perché costretta, mentre il PCI le fa spontaneamente dove governa, senza essere costretto, fa sorridere. Entrambi hanno fatto riforme, a livello nazionale e locale l'una, a livello locale, l'altro. Che poi l'altro non abbia fatto la rivoluzione a livello locale è un altro motivo di ilarità.

Vale la pena ricordare qualcuna dei provvedimenti democristiani pre-centrosinistra: la riforma agraria, l'istituzione della Cassa del Mezzogiorno, la creazione dell'ENI, la nazionalizzazione dell'energia elettrica, la scuola media unificata, la costruzione dell'autostrada del sole, il piano regolatore telefonico nazionale (unificazione delle reti locali), le rete televisiva.
Oggi diamo per scontate tante cose che nel dopoguerra non lo erano affatto. Soprattutto, l'Italia era molto più frammentata di oggi, ed è stata lentamente resa più omogenea da una quantità di provvedimenti di cui abbiamo ormai dimenticato l'origine.

e ffforza lazzzio

Ai nostri giorni si può scegliere la propria religione, Hadouch, ma non la propria tribù. D. Pennac, La Prosivendola.

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #36 : Giovedì 11 Settembre 2014, 18:03:18 »
se il PSI fosse stato da sempre e per sempre più forte del PCI, almeno nei termini in cui il rapporto tra socialisti e comunisti si è spiegato in altri paesi come Francia, Spagna e Germania, la storia d'Italia degli ultimi 50 anni sarebbe stata diversa e per certi versi migliore. Se non altro, avremmo avuto l'alternanza trent'anni prima.

Sono d'accordo.
Ricordo che nelle elezioni per la Costituente le percentuali furono queste
DC       35,21%,
PSIUP     20,68%
PCI        18,93%

I socialisti erano partiti bene, ma, loro sì, fecero errori pesanti (non lo dico io, lo dissero loro stessi), e già nel 1948 le percentuali erano diventate:

DC   48,51%
Fronte popolare   30,98%
Unità Socialista    7,07%

È ancora più importante notare che nel 1946 la sinistra prese più di 9 milioni di voti, mentre la DC ne prese appena più di 8 milioni; nel 1948 la sinistra prese 10 milioni di voti, mentre la DC ne prese circa 12.700.000.
Io sono convinto che se i socialisti non avessero aderito al Fronte popolare, la DC avrebbe preso meno voti e loro di più, e forse - forse - la sinistra sarebbe stata sullo stesso livello della DC. Non dico che sarebbe stata ancora avanti, come due anni prima, ma forse allo stesso livello.

Gli italiani non volevano appoggiare un partito ancora rivoluzionario come il PCI.

Che è stato per decenni la palla al piede della democrazia italiana.
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Offline WombyZoof

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #37 : Giovedì 11 Settembre 2014, 19:32:32 »
Perdonami, ma questa idea della DC che fa le riforme perché costretta, mentre il PCI le fa spontaneamente dove governa, senza essere costretto, fa sorridere. Entrambi hanno fatto riforme, a livello nazionale e locale l'una, a livello locale, l'altro. Che poi l'altro non abbia fatto la rivoluzione a livello locale è un altro motivo di ilarità.

Vale la pena ricordare qualcuna dei provvedimenti democristiani pre-centrosinistra: la riforma agraria, l'istituzione della Cassa del Mezzogiorno, la creazione dell'ENI, la nazionalizzazione dell'energia elettrica, la scuola media unificata, la costruzione dell'autostrada del sole, il piano regolatore telefonico nazionale (unificazione delle reti locali), le rete televisiva.
Oggi diamo per scontate tante cose che nel dopoguerra non lo erano affatto. Soprattutto, l'Italia era molto più frammentata di oggi, ed è stata lentamente resa più omogenea da una quantità di provvedimenti di cui abbiamo ormai dimenticato l'origine.

aggiungerei anche il piano casa di fanfani
«Per un centimetro Beppe, per un centimetro»

Offline leomeddix

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #38 : Martedì 16 Settembre 2014, 09:20:57 »
Perdonami, ma questa idea della DC che fa le riforme perché costretta, mentre il PCI le fa spontaneamente dove governa, senza essere costretto, fa sorridere. Entrambi hanno fatto riforme, a livello nazionale e locale l'una, a livello locale, l'altro. Che poi l'altro non abbia fatto la rivoluzione a livello locale è un altro motivo di ilarità.


vabbè dai, magari cerchiamo di non banalizzare le opinioni diverse dalle proprie, che forse se ne avvantaggia l'intera discussione.
Fra l'altro, la mia era una risposta alla tua affermazione (quella si motivo di vera ilarità) secondo cui il PCI è stato una palla al piede per la democrazia, e per affermare questo hai distorto la realtà, negando il carattere riformista del PCI e 'buttandola in caciara' confondendo la storia dei comunisti italiani con quella dei comunisti greci.
Niente di grave, per carità. Però forse a 25 anni dal crollo del muro di Berlino si può parlare della nostra storia senza ricorrere a schemi che andavano bene negli anni '50 ma che oggi sono un tantinello anacronistici  :occhiolino:.
È GIÀ SETTEMBRE ? NON CI POSSO CREDERE! LA MIA VITA STA PASSANDO TROPPO VELOCE. LA MIA UNICA SPERANZA È CHE SI VADA AI TEMPI SUPPLEMENTARI. (CHARLES M. SCHULZ)

Offline cartesio

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Re:Il PCI - l'immagine di sé
« Risposta #39 : Mercoledì 17 Settembre 2014, 02:32:12 »
Più leggo gli interventi di questa discussione, più mi convinco di aver scelto la parola giusta, immagine.

Ad esempio. il PCI (insieme al PSI pre-craxiano) fece passare lo statuto dei lavoratori, le modifiche al diritto familiare (la fine del delitto d'onore, la fine della dominanza maschile sulla scelta del luogo ove abitare, etc) SENZA avere i voti sul territorio necessari per andare al governo.

Senza intenzione, Frusta ripropone un'immagine errata della situazione.
Non fu il PCI a far passare lo Statuto, che invece fu opera principalmente del PSI, il quale fu anche all'origine di altre riforme del periodo.
Riporto la ricostruzione di Wikipedia, chiedendovi di indicare, se ritenete che sia scorretta, dove lo sia.


Dopo la legge 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle norme in materia di infortuni e malattie professionali), la legge 21 luglio 1965, n. 903 (che introduceva le pensioni di anzianità e istituiva la pensione sociale) e la legge 15 luglio 1966, n. 604 (che regolava la materia dei licenziamenti), tutte promosse dal PSI, vi era ancora da registrare normativamente la posizione guadagnata dai sindacati e la nuova figura di lavoratore che pareva emergere dalle loro elaborazioni; l'interessamento sarebbe stato anche strategicamente utile per "scippare" una tematica fondamentale al Partito Comunista, l'altro grande partito della sinistra con cui il PSI era sovente in disaccordo e talvolta in aperto scontro. Parallelamente, perciò, ad azioni sul fronte della previdenza sociale e su fronti di altra prevedibile rilevanza nazionale, come ad esempio la campagna per il divorzio, i socialisti esercitarono fortissime pressioni perché le azioni normative in materia agraria (1964), peraltro anch'esse oggetto di animate (ed animose) polemiche, venissero corroborate da analoghe azioni sul lavoro in generale.

Di particolare rilievo in questo senso, per quanto oggettivamente poco ricordata, fu l'opera di Giacomo Brodolini, sindacalista socialista che fu ministro del lavoro e della previdenza sociale e che legò il suo nome sia alla riforma del 1969 proprio della previdenza sociale (la cosiddetta "riforma delle pensioni", passate dal sistema "a capitalizzazione" a quello "a ripartizione"), sia all'abolizione delle cosiddette "gabbie salariali", sia all'impulso più determinante per la codificazione della materia del lavoro: Brodolini richiese infatti l'istituzione di una commissione nazionale per la redazione di una bozza di statuto (da lui nominato "Statuto dei diritti dei lavoratori)", alla cui presidenza chiamò Gino Giugni, anch'egli socialista, allora solo un docente universitario seppure già noto, ed un comitato tecnico di notevole spessore.

Il maggior promotore dello Statuto, Brodolini, non lo vide venire alla luce poiché morì poco dopo l'istituzione della Commissione, ed il maggiore merito di indirizzo nei lavori di questa viene generalmente attribuito al Giugni, che avrebbe in seguito dichiarato di essersi sempre fondamentalmente ispirato alle indicazioni di Brodolini.

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