Autore Topic: 1998-2001, e del calcio italiano  (Letto 3573 volte)

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Zapruder

1998-2001, e del calcio italiano
« : Venerdì 27 Giugno 2014, 14:42:26 »
Sto rivedendo i DVD di Gazzetta dedicati a quei campionati. Assieme ai figli, cui faccio fatica a far capire la dimensione della Lazio di quegli anni.

Che Serie A, ragazzi. La "Juventus dei 102 punti" sembra una banda di morti de fame, al confronto.

Rivedremo un calcio italiano di questo livello? Che ne pensate? O il nostro declino è irreversibile? La crisi economica, e va bene. Ma l'Italia degli anni '50, dei '60, degli '80, era più ricca di questa? Perché il calcio non è più quel motore, anche economico, che è stato in passato? C'entra anche la crisi generale del movimento, che vede un forte decremento della qualità a livello di semiprofessionisti (e qui ci terrei parecchio al parere di ErMatador)?

Grazie per le eventuali riflessioni.

Offline Reflexblue

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #1 : Venerdì 27 Giugno 2014, 15:48:48 »
Sto rivedendo i DVD di Gazzetta dedicati a quei campionati. Assieme ai figli, cui faccio fatica a far capire la dimensione della Lazio di quegli anni.


Per istruirli sull'era immediatamente successiva come ti comporti? Gli fai leggere i bilanci?  :P

Zapruder

Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #2 : Venerdì 27 Giugno 2014, 15:57:46 »
Per istruirli sull'era immediatamente successiva come ti comporti? Gli fai leggere i bilanci?  :P

No, basta loro guardare in bacheca. Del resto, in casa nostra il fatto di essere due su venti, per esempio in una classe di romanisti, è percepito come un privilegio rispetto alla massa cialtrona.

Però mi piacerebbe si parlasse di altro, non di Lotito.

Offline seminuovo

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #3 : Venerdì 27 Giugno 2014, 16:26:25 »
le banche non cacciano una lira. dessero 500 milioni di credito a una società per fare lo stadio e un paio di campagne acquisti e poi vedi se la situazione cambia. certo poi je li devi rida'...
diverso è il discorso del livello dei calciatori italiani. troppi stranieri che tra l'altro non giocano o giocano poco sia in prima squadra che nelle giovanili. in serie a mi pare che gli stranieri siano circa il 60% sul totale e l'80% di quelli che scendono in campo. farebbe fatica a trovare posto anche un nesta

Offline benvolio

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #4 : Venerdì 27 Giugno 2014, 16:30:27 »
Premetto che negli ultimi tempi seguo molto di meno il calcio e lo sport in genere.
Pero' quando recentemente ho sentito piu' volte Prandelli spiegare il suo progetto (?) tecnico (?) con frasi del genere "poiche' gli altri corrono di piu' di noi, noi faremo possesso palla", ho pensato che se uno corre poco (mediamente) e' perche' si allena poco e/o male e che se uno fa possesso palla dovrebbe essere molto bravo a farlo.
Alla fine quando guardiamo una qualsiasi partita non italiana, proviamo quasi sempre un senso di divertimento "alieno".
Il dubbio che ho e' sul nesso di causa effetto ad  un duplice livello: il  tatticismo ha indotto una semplificazione muscolare del gioco del calcio o la massificazione  muscolare ha indotto a puntaare tutto sul fatto fisico e quindi sulla tattica con tanti saluti al talento? E inoltre la standardizzazione del movimento di base clonato dalle grandi societa' ha depauperato il livello dilettantistico e semiprofessionale o l'impoverimento di questi si riflette nella creazione delle societa' satellite per cui non c'e' piu' iniziativa autonoma a livello di base e i praticanti diventano solo precari (mollando presto le scuole calcio)?
Piu' in generale nuoce al cacio italiano, come all'economia italiana, un falso professionismo e specialismo a tutti i costi e a tutti i livelli. Per imparare bene a giocare a pallone bisogna giocarci tanto. E prima si giocava tanto nei parchi e nelle strade; solo alcuni accedevano al Nagc e spesso non erano i piu' bravi. Questa era cultura calcistica  popolare e condivisa che spingeva da dietro il movimento organizzato e impostava gli stili della tecnica, i ritmi della corsa, il senso strategico d'assieme. Esisteva la materia su cui lavorare. Oggi esiste il format che incapsula ben presto i ragazzi e li trasforma in cloni in mutande. Ogni tanto esce uno svitato, ma tendenziallmente sono tutti  strutturati al calcio economico, efficiente, sparagnino, che fa schifo insomma.
Per invertire la rotta bisognnera' attendere che le scuole calcio diventino talmente potenti da forgiare una generazione di superdotati omologati. Col rischio sempre piu' forte, peraltro, di avere tanti Marchisio e  Parolo (bravi per carita') e nessun Pirlo, al massimo un Balotelli stanco.
Ma siccome il calcio non e' piu' uno sport ma uno spettacolo, il calcio italiano scontera' lo scoppio della bolla e non so se produrra' piu' un movimento degno di questo nome. E di quelli trascorsi.

Offline Jim Bowie

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #5 : Venerdì 27 Giugno 2014, 16:39:00 »
Bella domanda di difficile risposta.
Io provo a dire come la vedo io.
Il calcio italiano, ma non solo quello italiano e' un movimento che va di pari passo con la Societa', il nostro calcio e' perdente quanto piu' e' perdente la nostra Societa'.
L'Italia nel '50 fino agli anni '80 non era certamente piu' ricca di quella odierna, ma era piu' morale. La questione morale posta da Enrico Berlinguer aspetta ancora una risposta e sopratutto una soluzione.
Proprio in quegli anni che tu stai rivivendo con i DVD, il calcio e' passato da una dimensione professionale a quella professionistica, la TV e' entrata di prepotenza alterando tutti gli equilibri precostituiti. Le aziende italiane, meno di altre europee, non hanno saputo gestire i fondi dando cosi' via ad un periodo di sprechi che, ha si ottenuto risultati sportivi a livello di clubs, ma e' stato anche la genesi dei vari scandali( guarda caso di pari passo ai vari scandali italiani), di cui ora e chissa' per quanto tempo, ne paghiamo le consequenze. In USA gli sport nazionali sono in mano ad aziende che prima pensano agli utili e poi ai risultati sportivi, ed in questa ottica hanno un meccanismo di distribuzione delle risorse sportive (leggi atleti) ben collaudato, che tende a livellare il piu' possibile i livelli dei teams e di conseguenza gli introiti.
In Europa, clubs come il MU, MC ed il Chelsea, non andranno mai in utile, sebbene il fatturato e' estremamente alto, perche' hanno la tendenza a pagare i giocatori con degli ingaggi al di fuori di quei paramentri che sarebbero equi per mantenere l'equilibrio di bilancio.
Il Fair Play finanziario di cui tanto si parla, partorira' il solito topolino di effetto nullo.
Se le societa' non costituiranno un "cartello' a livello europeo e calmieranno gli ingaggi dei giocatori, non solo il calcio italiano, ma quello europeo andra' ad esaurirsi.
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Offline franz_kappa

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #6 : Venerdì 27 Giugno 2014, 16:47:30 »
Però mi piacerebbe si parlasse di altro, non di Lotito.
E proviamoci, dai.  ;)

Molto superficialmente, potrei iniziare a rispondere al tuo quesito rilevando che a fine anni Novanta si è evidemente chiuso un ciclo d'oro per il calcio italiano. Un ciclo che ci ha visto nel periodo 1988-1999 portare in 13 anni, nelle 39 finali delle Coppe Europee disputate, non meno (vado a memoria) di 25 finaliste su 78. In pratica una su tre.

Non casualmente dopo il trionfo di Lazio e Parma nell'ultima Coppa delle Coppe e nella Coppa Uefa 1999-98 l'Italia non ha più raggiunto, nel successivo quindicennio, una finale di Uefa e poi Europa League. In Champions solo le tre grandi sono approdate in finale nel 2002-2003 (milan e juventus), nel 2004-2005 (milan), nel 2006-2007 (milan) e nel 2009-2010 (inter).

Che l'Italia come sistema non sia più competitivo a livello di competizioni continentali per club è un fatto. Nulla di originale emerge dalla mia analisi.

E' questione di ciclicità? Non credo.
Penso, piuttosto, che l'incapacità di restare competitivi nel mondo del pallone sia la manifestazione in ambito sportivo della dolosa incapacità/indisponibilità a pianificare un futuro, prosperando o vivacchiando, a seconda dei casi, all'ombra delle rendite di posizione garantite da un sistema viscoso nel quale la mobilità è quasi assente e le gerarchie restano immutabili. E dove, aggiungo, il merito non è sempre il primo criterio che garantisce il successo.

Dall'inizio degli anni Novanta sul calcio italiano è piovuta una pioggia di miliardi (di lire, poi milioni di euro) che ha inondato il sistema-calcio, rendendo un business in precedenza apparentemente in cronica perdita (apparentemente perché chissà quali vantaggi garantiva il consolidamento della società calcistica posseduta nell'ambito di tutte le attività economiche dell'imprenditore di turno. Per tacere del nero in patria e del trasferimento illegale di fondi all'estero nell'ambito di operazioni di compravendita di calciatori) attività economica vera e propria, con concrete possibilità di conseguire utili a fronte di gestioni virtuose.

L'incapacità, l'avidità, la mancanza di visione dei nostri dirigenti (per quanto il buon Sergio, da genio quale era, aveva annusato tutto per tempo. Finendo con lo scottarsi, certo. Ma dopo aver a lungo menato le danze, in Italia e in Europa...) ha fatto sì che queste immani risorse - che se ben canalizzate avrebbero potuto gettare le basi per rendere oggi il calcio italiano ricco, economicamente coerente e in gado di competere in Europa quasi ad armi pari - finissero in buona parte sprecate e in altra parte 'distratte' a favore di pochi market maker (la juventlan di MoggiGiraudoBettega-Galliani per quasi un quindicennio, sino a calciopoli, e poi inter e in misura minore xxxx) che hanno impedito un corretto svolgersi, in perfetta concorrenza, dei campionati.

Il calcio italiano avrebbe potuto, grazie ad avveduti dirigenti di entità individuali (i Club) e 'collettive' (Federazione e Lega), gettare le basi per uno sviluppo organico, gestendo l'immane quantità di risorse che da inizio anni Novanta piove sulle società grazie a tv e proventi da marketing/merchandising per potenziare i vivai, investire nella qualificazione dei professionisti del settore (arbitri, procuratori, dirigenti di club e di Lega o Federazione), favorire la patrimonializzazione attraverso la costruzione di stadi di proprietà o comunque dotazione di asset che rendessero i ricavi dei club meno aleatori e i loro patrimoni più ingenti.

Tutto questo si sarebbe dovuto fare, forse. A prezzo, chiaramente, di qualche Coppa Europea in meno e di qualche campione in meno.
Ma con una massa di praticanti che supera il milione e le crescenti possibilità di ampliare il proprio raggio d'azione grazie all'espansione della Ue (illimitata potenzialità di tesserare comunitari) l'Italia calcistica avrebbe potuto compensare già in passato il gap rappresentato da qualche decina di miliardi di lire (o milioni di euro) annualmente stornati dal calciomercato e destinati a potenziamento dei vivai e/o iniziative di patrimonializzazione.

Così non è stato fatto e credo che la decadenza oggettiva (in pochi anni da terzi a quinti nel ranking Uefa per Club e doppia eliminazione al girone dei Mondiali come non accadeva dal 1962-1964) sarà difficile da contrastare.
Buon viaggio, caro Piero.

Offline lollapalooza

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #7 : Venerdì 27 Giugno 2014, 16:48:02 »
La faccio (forse troppo) semplice: le squadre di calcio sono sempre state il riflesso del potere di grandi gruppi industriali italiani.

Crisi, globalizzazione e finanza creativa ne hanno fortemente minato la struttura: lunga la lista dei colossi indeboliti (Mediaset, Cecchi Gori Group, Saras), inglobati (Italpetroli) o addirittura spariti (Cirio, Parmalat).

Resistono Fiat, Unicredit, Tod's, e qualche altro.

Normale che ci sia stato un livellamento verso il basso.




Offline aquilafelyx

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #8 : Venerdì 27 Giugno 2014, 17:03:35 »
diverso è il discorso del livello dei calciatori italiani. troppi stranieri che tra l'altro non giocano o giocano poco sia in prima squadra che nelle giovanili. in serie a mi pare che gli stranieri siano circa il 60% sul totale e l'80% di quelli che scendono in campo. farebbe fatica a trovare posto anche un nesta

Stranieri nei campionati:
Premier League 68%
Bundesliga 45%
Ligue1 45%
Liga 34%
Serie A 55%
considerando che negli altri campionati giocano molti assimilati, figli di immigrati e/o provenienti dalle ex colonie la media italiana è in linea con gli altri.
M'illumino di Lulic

Bajo las águilas silenciosas, la inmensidad carece de significado.


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Offline fish_mark

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #9 : Venerdì 27 Giugno 2014, 17:12:48 »
Nel paese dove lo sporto nazionale è il calcio un paese piccino esprime un calcio piccino, non c’è motivo da meravigliarsi.
L’Italia che trionfa a Madrid è figlia della covata degli anni 70 quando le squadre erano prive di stranieri e le squadre italiane faticavano nelle coppe. Dal triplice fischio di Coelho però arrivano nuovi soggetti, nuovi capitali e allora assistiamo al miracolo del Verona, ma anche ai nuovi outisider come il Napoli il Ferlaino, la Samp di mantovani e la rinascita del Milan con Berlusconi. Soprattutto nella seconda metà degli anni 80 fino a tutti i 90 il calcio italiano diventa potenza mondiale, con i migliori stranieri al mondo nel nostro campionato tanto che non ce n’era per nessuno! Né per Premier, né per Liga.
C’è anche da ricordare che l’economia italiana dell’epoca era molto più in salute di quella odierna, con i nostri capitani d’industria che andavano a fare shopping all’estero, i nostri gruppi industriali più forti che erano capaci di sostenere al più alto livello la competizione internazionale e tanto per rimanere nel calcio le nostre squadre che andavano in sudamerica a comprarsi i migliori giocatori senza problemi.
Poi arrivano i 90 e la pioggia di soldi di pay tv che però i nostri presidenti, come al solito lungimiranti, spendono la sera stesa per comprare questo o quel giocatore continuando a mantenere a livello alto la competitività delle nostre squadre.
Se in altri paesi però a un certo punto della storia hanno affrontato la questione seriamente, anche con un intervento serio della Politica, da queste parti il calcio è sempre in mano alle solite persone, latitano idee nuove, il movimento calcistico si è inaridito (non produciamo più talenti assoluti), e i nostri presidenti sono interessati esclusivamente a mungere la vacca dei diritti TV, perché altro non sanno e non voglio fare.
Gli stadi sono mezzi vuoti e le partite fanno parte integrante dei palinsesti televisivi. Servono soldi ma soprattutto idee. Forse Albertini potrebbe essere la nostra speranza.
un uomo di una certà mi offriva sempre olio canforato, spero che ritorni presto l'era del cinghiale biancoazzurro
STURM UND DRANG
Ganhar ou perder, mas sempre com democracia

Giglic

Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #10 : Venerdì 27 Giugno 2014, 17:52:20 »
Nessun ciclo è eterno.
Quello del calcio Italiano è iniziato, molto lentamente, nel 1978 (dopo che i '60 avevano cristo i club - ma non la nazionale! - prevalere) e ha raggiunto il suo culmine degli anni '90. Dal 2001 è iniziato un lento declino che si è trasformato in buio completo dopo l'ultimo "botto": la CL dell'inter nel 2010.
Poiché stiamo parlando di questi periodi, misurabili in decenni, quello che bisogna capire è se con quest'anno si è toccato il fondo, e quindi si sta preparando un'altra rinascita, o se c'è ancora parecchia strada da fare.
Le disponibilità economiche sono non solo causa, ma anche effetto dei risultati. Senza contare che siamo passati di Artemio Franchi ad Abete. Come forza politica stiamo messi sicuramente peggio...

ThomasDoll

Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #11 : Venerdì 27 Giugno 2014, 20:23:40 »
Esistevano condizioni di concorrenza particolare, non dimentichiamolo: l'autoesclusione degli inglesi dalle coppe e la profonda crisi del calcio tedesco avevano creato i presupposti per una serie A come meta obbligata dei più forti giocatori del mondo. il periodo 98/2001 è il culmine della fase aurea della serie A, e termina col tracollo di alcune delle società che avevano creato le famose "sette sorelle". L'arrivo dei miliardoni in UK e la rinascita tedesca ci hanno relegato al ruolo subalterno di adesso, che sembra difficile da rimontare, più o meno definitivamente, salvo alcuni grossi club che possono arrivare a competere.

geddy

Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #12 : Venerdì 27 Giugno 2014, 20:40:27 »
D'altronde sono i grossi club che competono anche negli altri paesi.
Credo però sia fondamentale che parecchi dei nostri comincino ad andare a giocare fuori, anche in acampionati cosidetti minori. Le migliori di questi giocano comunque in europa tutti gli anni e specialmente in europa league si possono giocare molte partite internazionali, fare esperienza.

ThomasDoll

Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #13 : Sabato 28 Giugno 2014, 16:21:51 »
Nel calcio la tradizione conta, saremo sempre una grande scuola, malgrado i dirigenti. Non torneranno gli anni a cavallo tra 80 e 90, in cui nelle coppe internazionali le italiane dettavano legge, e non solo InterMilan Juve, ma anche Parma, Samp, Napoli, Lazio, e Torino, Genoa, Fiorentina, merde, finanche l'Atalanta ha giocato una semifinale europea. Questo non succederà più, a meno che non cambi radicalmente lo scenario.

Offline Fabio70rm

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #14 : Sabato 28 Giugno 2014, 16:23:51 »
Direi che molto ha influito, nel declino del nostro calcio, anche la gestione dei vivai dei settori giovanili e la politica fiscale.

All'estero gli stipendi dei giocatori sono tassati molto di meno, e possono quindi permettersi ingaggi maggiori dei nostri, inoltre non esitano a buttare nella mischia un 18enne se dimostra che vale.

Da noi quando mai?

Per tacere delle differenti preparazioni atletiche....
Polisportiva SS LAZIO, l'unica squadra a Roma che vince invece di chiacchierare!!

Offline WombyZoof

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #15 : Sabato 28 Giugno 2014, 16:34:51 »
1) c'erano più soldi e i grandi venivano da noi, ora vanno via appena si affermano

2) i ragazzi ora giocano meno a calcio. due - tre volte a settimana alle scuole calcio. una volta erano ore ed ore tutti i giorni su campi e campetti. quelli che emergono o potrebbero emergere sono chiusi da a) stranieri a basso costo  2)  esigenza di risultati immediati pena cacciata dell'allenatore e poco coraggio in genere.
«Per un centimetro Beppe, per un centimetro»

Offline Baruch

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #16 : Sabato 28 Giugno 2014, 17:33:39 »
Il Psg appena sanzionato ha speso 60 milioni di euro per David Luiz, un difensore. Il Man Utd ne ha spesi quasi 80 per prendere due giocatori che credo la maggior parte dei tifosi nemmeno conosca: Herrera dell’Athletic Bilbao e Shaw del Southampton. All’estero tanti portafogli inediti (Parigi, Monaco, Mosca) si sono gonfiati e si sono comprati i nostri appezzamenti nella geografia economica del calcio. Questo rischia di essere il vero decennio della demarcazione, perché negli anni Zero (diciamo 2001-2010) gli effetti della tendenza erano ancora embrionali, e il calcio italiano ha portato a casa tre Champions e un Mondiale, esattamente come la Spagna e meglio dell’Inghilterra (due Champions), della Germania (una Champions) e del Portogallo (una Champions). Alla questione culturale non credo per nulla, è semplicemente svanita la possibilità di avere Ronaldo in serie A o di trattenere Roberto Baggio

Offline MCM

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #17 : Sabato 28 Giugno 2014, 19:01:09 »
Un conto è il declino di una nazionale, altro quello di un campionato nazionale.
Il Brasile sarà sempre lì anche perché in Brasile di stranieri ne giocheranno al massimo un 5-10%

La Liga non è un caso che abbia una delle medie più basse in quanto a stranieri.

All' epoca c 'era un esborso tale di soldi da parte delle banche da permettere acquisti a gogo da parte di molte squadre (le 7 sorelle)
Senza poi dimenticare una tipica dinamica psicologica che porta a guardare con rimpianto, spesso mitizzando, periodi passati della propria vita.

Non so se rivivremo mai un periodo calcistico di quel tipo. Ma sicuramente tutto dipenderà dalla condizione economica generale del nostro paese.

Offline kalle

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #18 : Lunedì 30 Giugno 2014, 10:32:25 »
Sto rivedendo i DVD di Gazzetta dedicati a quei campionati. Assieme ai figli, cui faccio fatica a far capire la dimensione della Lazio di quegli anni.

Che Serie A, ragazzi. La "Juventus dei 102 punti" sembra una banda di morti de fame, al confronto.

Rivedremo un calcio italiano di questo livello? Che ne pensate? O il nostro declino è irreversibile? La crisi economica, e va bene. Ma l'Italia degli anni '50, dei '60, degli '80, era più ricca di questa? Perché il calcio non è più quel motore, anche economico, che è stato in passato? C'entra anche la crisi generale del movimento, che vede un forte decremento della qualità a livello di semiprofessionisti (e qui ci terrei parecchio al parere di ErMatador)?

Grazie per le eventuali riflessioni.


E' nella ciclicità delle cose.. Ora il calcio è al livello degli anni '70.

10/15 anni e magari si tornerà a quei livelli..

Offline aquilafelyx

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Re:1998-2001, e del calcio italiano
« Risposta #19 : Lunedì 30 Giugno 2014, 10:48:03 »

E' nella ciclicità delle cose.. Ora il calcio è al livello degli anni '70.

10/15 anni e magari si tornerà a quei livelli..

Se non mettono mano agli stadi sarà impossibile, stando così la situazione il divario di fatturato con le prime 8 europee è incolmabile ed è gioco forza che i migliori giocatori vadano in altri campionati, se prevalesse l'autarchia come linea guida per risollevare le sorti della nazionale il declino sarebbe ancora più rapido, oltre a non vedere campioni arrivare ci sarebbe la fuga di quei pochi che riusciremmo a produrre. 
M'illumino di Lulic

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