Sarà che siamo coetanei, ma mi ritrovo in gran parte nella ricostruzione di ML per le notazioni sia ambientali sia tecniche.
In particolare, di quel Mondiale mi è rimasto impresso questo
C'era un'aria irripetibile in Italia quell'estate. Eravamo un paese che stava bene, c'era la voglia di sognare insieme.
Per me non fu il debutto in materia di tifo, del quale avevo già un concetto a mio modo, ma ricordo esattamente in quei termini l'atmosfera di quel periodo.
Con un dettaglio aggiuntivo: la partecipazione del pubblico femminile, mai così convinta e capillare anche nelle partite che non riguardavano da vicino gli Azzurri.
Si fosse cavalcato quel potenziale di passione e interesse, oggi avremmo forse mogli che intimano ai mariti di non disturbare perché c'è la partita.
Ricordo i dati dell'Auditel, con 27 milioni di spettatori a segnare un record imbattibile fino a chissà quando.
Ricordo le facce dei ragazzi in giro per i paesi: accasciati sui motorini, senza parole, svuotati più che delusi.
Fu un trauma collettivo: nulla lasciava presagire qualcosa di diverso dalla vittoria, a cui il Paese nella sua interezza era preparato come non mai.
A causa di uno schiacciamento temporale che caratterizza certi momenti di emotività condivisa, era come se il Mundial spagnolo fosse finito il giorno prima, chiudendo il malinconico tramonto messicano e il sottovalutato Europeo di due anni prima in una parentesi di nessuna importanza.
Che si continuasse, nella maniera più naturale, con la tappa successiva dei festeggiamenti come se l'Italia non potesse fare altro che coronare una festa già partita in proprio.
Il tutto sulle note del duo Bennato-Nannini, musicalmente un tantino superiori ai più recenti inni ufficiali con la loro
Notti magiche: altra tessera, come colonna sonora, nel mosaico di un trionfo immancabile.
Averla sentita cantare a squarciagola dopo la notte di Berlino, in maniera del tutto spontanea, le ha reso giustizia con qualche anno di ritardo.
E confermato il link mentale fra le due situazioni
Fino al 2006 ho vissuto ogni Mondiale e ogni Europeo come se avessi un conto in sospeso col destino [...] Il rigore di Grosso ha chiuso un cerchio, ha tappato un buco
Quella semifinale, nella mia vita di tifoso azzurro, non fu l'inizio ma l'inizio della fine.
Fin lì, la Nazionale aveva rappresentato qualcosa a metà fra una chiesa e un'ambasciata.
Un luogo sacro e neutrale al tempo stesso, in cui sospendere le pur sentitissime - e per il resto fondamentali - rivalità interne per riscoprire qualcosa di fondamentale in comune.
Un luogo in cui "Cabrini e Conti si davano la mano", per parafrasare il cantastronzate molisano.
Un luogo in cui Bruno Conti era semplicemente l'ala che aveva fatto volare l'Italia al Sarrià e al Bernabeu: che militasse in una squadra di club, in quei momenti, era semplicemente rimosso.
Forse questa mentalità si è trasformata in una "prigione di lunga durata" (F. Braudel): ma tutt'oggi non riesco a immedesimarmi in quanti, assistendo alle prestazioni di totty in azzurro, si vedono davanti un giocatore della xxxx.
E, pur rispettando il loro sentire, continuo a pensare che la perdita di quello spazio sacro e neutrale sia al tempo stesso sintomo e causa di degrado della cultura sportiva media.
Ebbene, prima che il sacchismo spazzasse via dalla Nazionale qualsiasi patrimonio di civiltà condivisa, quella semifinale aprì una prima ma profondissima crepa nella mia percezione dell'azzurro.
Era chiaro che in campo non andava la squadra degli Italiani, sia pure con tutti i particolarismi del caso fra i quasi 60 milioni di commissari tecnici, ma un privé di raccomandati che del Belpaese rappresentavano tutt'al più il marciume clientelare.
I dubbi, in realtà, erano precedenti all'inizio del torneo.
A partire dal portiere più sopravvalutato di ogni epoca, che al Tacconi di quell'anno - proveniente da un biennio di lavoro con Zoff alla Juventus, non dimentichiamolo - poteva pulire i guantoni.
Una pestifera anteprima del tottismo mediatico fu il martellamento sul suo record di imbattibilità, peraltro fasullo rispetto al dato del campo.
Il conteggio dei minuti senza subire gol si era, infatti, interrotto già all'ultima gara della fase a gironi con la rete del cecoslovacco Griga, che però venne annullata per un'irregolarità - un fuorigioco, mi sembra - inesistente.
Seguivano, in marcatura, i suoi due compagni di squadra.
A Zio Bergomi, per i ricordi spagnoli, si poteva perdonare il posto da titolare rubacchiato all'emergente e già fortissimo Ferrara.
Ma che un fabbro bergamasco ghettizzasse fuori dai primi undici uno fra i più grandi difensori di sempre - che ovviamente giostrava con la più assoluta disinvoltura fra uomo e zona, con buona pace di certe battaglie ideologiche - sembrava davvero troppo.
Almeno finché non si arrivava al vero scandalo, quello in cabina di regia.
Lo stesso Maldini non era al riparo da critiche, se si pensa alla sua particolare interpretazione del ruolo: perché affidare le mansioni di fluidificante a uno che brillava soprattutto nella fase difensiva e non disponeva di un sinistro naturale, avendo a disposizione un De Agostini quantomai brillante?
Il peggio, però, venne nel reparto offensivo.
La ricerca del partner per Vialli, leitmotiv della gestione Vicini, aveva incoronato Andrea Carnevale: e quella scelta era entrata nel meccanismo delle famigerate gerarchie.
In pochi ricordano che a mettere fuori gioco l'attaccante di Monte San Biagio fu il "vaffa" in mondovisione al tecnico, dopo il cambio nella seconda gara contro gli Usa.
Senza quel provvidenziale sfogo, anche Totò e le sue notti magiche sarebbero rimasti in panchina.
Per la gara con l'Argentina si superò ogni limite, con Vialli imposto come titolare nonostante uno stato di forma non compatibile col ruolo di protagonista obbligato.
Insieme alla strana coppia Schillaci-Baggio, si spezzò un'alchimia irripetibile: e a poco valse reinserire in corso d'opera il futuro Codino, ma come "10" classico al posto del bluff di Frattocchie.
Pressioni di sponsor e dirigenti, rivolte di spogliatoio: si disse di tutto sulle pressioni di cui Vicini fu oggetto al riguardo.
Addirittura, si sparse la voce che un gruppo di giocatori avesse minacciato di non scendere in campo se Vialli non avesse fatto parte dell'undici iniziale.
E questo, se confermato, getta le ombre più lunghe proprio sul Ct.
Aveva tutti i mezzi per rinunciare ai rivoltosi, schierando una squadra comunque superiore a quella rabberciata degli Olarticoechea e dei Serrizuela.
Non ci provò neppure, a conferma di una personalità troppo modesta.
Il tanfo di camarilla e raccomandazioni diventa ammorbante se si ripensa agli episodi decisivi: la papera in coabitazione tra Zenga e Ferri sul pareggio; la penosa esibizione del ragno - altro che Uomo Ragno - nerazzurro, coricatosi con mezz'ora di anticipo su quasi tutti i tiri dal dischetto argentini.
Fummo sconfitti, assai più che dagli avversari, da gente che con un minimo di meritocrazia non avrebbe neppure giocato.
Una sconfitta nel contesto emotivo descritto, e per cause tanto evitabili, spezzò per sempre qualcosa nella mia percezione della Nazionale.
La controprova fornita dall'Under 21, vincendo tre Europei consecutivi proprio per la maggiore autonomia nelle valutazioni tecniche, chiuse il cerchio.
Per rispondere alla domanda di Malacarne: sì, l'atteggiamento del pubblico di Napoli fu indecente.
A peggiorare la situazione contribuirono le cretinerie neoborboniche addotte come motivazione.
Bastava scambiare i campi con Germania-Inghilterra, che avrebbe comunque regalato al San Paolo un evento di primaria importanza.
E possibilmente, a cose fatte, escludere a tempo indeterminato il capoluogo partenopeo dal novero delle sedi azzurre.
Qualche considerazione, poi, sul cammino dell'
AlbicelesteIn finale, la Mafia italiana si scatenò in tutta la sua rabbia sanguinosa e precluse all'Argentina - che pure era praticamente ruzzolata in finale - ogni possibilità di vittoria, regalando ai crucchi un rigore da scioglimento della FIFA per indegnità.
Il vero scandalo fu che quella squadraccia fosse arrivata così avanti: col mani di Maradona contro l'URSS ignorato da Fredriksson (per portare a forza l'Argentina alla seconda fase) e l'arbitraggio di Roethlisberger (per far fuori la Jugoslavia nei quarti), persino la direzione di Codesal Méndez trova degna compagnia.
Sottolineo che il fischietto della finale chiuse lì la sua carriera, mentre l'amichetto di Blatter venne in seguito squalificato a vita: il fatto che siano stati scaricati in quel modo conferma, al di là di ogni dubbio, il loro utilizzo con le mansioni di boia.
Ho qualche riserva anche sulla centralità della mafia italiana: perché, ad esempio, la Germania Ovest aveva già risolto il quarto contro la Cecoslovacchia con un rigore inesistente? Interessamenti nostrani anche lì?
Se i tedeschi vinsero quel trofeo fu perché il ruolo dell'Adidas e il marketing nel Belpaese, spinto dai tre tedeschi dell'Inter e da una maglietta che andò a ruba, ne facevano sul piano politico-economico i veri padroni di casa della competizione.
P.S. Abbiamo dimenticato tutti, e stavo per farlo anch'io, un dettaglio fondamentale: i fischi all'inno argentino.
Che c'entrano assai poco con la semifinale, perché iniziarono già a Torino per l'ottavo col Brasile.
Rientro fieramente fra quelli che inaugurarono la manifestazione con gli "olé" ai giocatori del Camerun, perché la presenza nelle sue fila di un'incarnazione dell'antisportività come quello della
Mano de Dios metteva la
Selección al primo posto nella graduatoria del tifo contro.
Del tifo, però: mentre quello scempio - per giunta perpetrato ai danni di un Paese con parecchio sangue italico, ma sarebbe stato tale anche contro una rappresentativa di alieni - rientrava in una barbarie senza precedenti, al limite della profanazione.
In seguito, quell'infame usanza ha preso discretamente piede: ma noi, a quanto mi risulta, siamo stati i primi.
Se qualcuno mi smentisce e mi toglie di dosso questo macigno, gliene sarò grato.
Ma nulla potrà cancellare le sensazioni legate a quei momenti.
Nonostante le innumerevoli malefatte di casa nostra, forse solo per il caso Tortora ho provato una vergogna così profonda e imbarazzante.