Autore Topic: Io so...perché sono un intellettuale  (Letto 28486 volte)

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Offline benvolio

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Io so...perché sono un intellettuale
« : Venerdì 20 Giugno 2014, 16:50:34 »

http://www.corriere.it/speciali/pasolini/ioso.html

... il famoso articolo di PPP sullo stragismo e l'Italia della strategia della tensione.

Non lo posto per parlare di quei fatti, lo posto per provare insieme a precisare la nozione di intellettuale. Discutendo nel topic su Renzi, ma più in generale affrontando argomenti della più disparata fatta, mi sembra sia ormai in voga nella mentalità corrente un modo di pensare che - semplifico - definisco "effettuale". Sempre semplificando, fai il giornalista, lo scrittore? allora sei intellettuale. Sei un medico, un fisico? allora sei un uomo di scienza. Sei un uomo di legge, allora sei un giurista.
Questo approccio alla descrizione, comporta a mio avviso dei vantaggi e degli svantaggi. Vantaggi derivano, senza meno, da un concretezza del modo di vedere le cose e da una richiesta di possesso di competenze. Svantaggi invece provengono da un certo dogmatismo del giudizio e da una incapacità/impossibilità di comprendere l'esatta natura di una condizione culturale, umana, storica, politica.
Così per esempio, a livello collettivo, sulla figura dell'intellettuale abbiamo perso tutto il contributo che va da Gramsci a Pasolini, se siamo portati a considerare intellettuali uomini che hanno a che fare in senso lato con l'esercizio del pensiero o con la creazione del consenso.
Allora proviamo, se volete, a definire cos'è un intellettuale e chi è oggi in Italia intellettuale?

Offline Breizh

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #1 : Venerdì 20 Giugno 2014, 17:55:08 »
Ho appena il tempo di rispondere alla seconda parte della domanda.
È spesso considerato un intellettuale, in Italia (ma non solo), chi pretende di esserlo.

Offline cuchillo

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #2 : Venerdì 20 Giugno 2014, 22:41:54 »
Fondamentalmente un intellettuale è chi capisce prima degli altri come vivremo domani.
Invidio tanto Massaccesi. Ossia Jooooooe D'Amato.

ThomasDoll

Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #3 : Venerdì 20 Giugno 2014, 23:22:16 »
Ti risponde Pasolini nel suo testo:

Citazione
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.

Seguire tutto ciò che succede è impossibile, i fatti non si possono filtrare tutti, le notizie si rincorrono e nessuno può nemmeno aspirare ad avere idea del tutto. Ma quello che sbatte nel rumore di fondo si può intuire, se si ha un orecchio particolare. La melodia che si distingue isolandosi dal caos è il distillato dell'intelletto. Va regalata agli altri, perché sappiano cosa c'è che bisogna sapere davvero. Questo espone il raccontatore a mille conseguenze, alcune piacevoli, altre cattive. Chi dice le cose come stanno rischia. Di sbagliare, di non essere compreso, di pagare per aver rivelato l'inimmaginabile. E paga di persona, talvolta con la vita. Un intellettuale è tale solo se si espone. Rischiando la propria vita, o la propria reputazione, per portare beneficio alla collettività. In cambio, il piacere di rompere i veli e di provare a gudare gli altri a una lettura corretta della realtà.

Un luogo comune: l'Italia sta messa così anche perché non ha più intellettuali di riferimento. Un Pasolini servirebbe come il pane. Ma anche, e chiudo con una bestemmia, un Massimo Troisi.

Offline benvolio

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #4 : Sabato 21 Giugno 2014, 00:27:43 »
Ti risponde Pasolini nel suo testo:

.....
Un luogo comune: l'Italia sta messa così anche perché non ha più intellettuali di riferimento. Un Pasolini servirebbe come il pane. Ma anche, e chiudo con una bestemmia, un Massimo Troisi.

E invece, caro Pancrazio, non è una bestemmia manco per niente. Perché, e qui riprendo anche cuchillo, con la cui definizione minimale, ma perfetta, concordo appieno ciò che caratterizza la figura dell'intellettuale è questa sua visione degli sviluppi unita ad una capacità di raccontarla. Pasolini quindi, certamente, ma anche Troisi con la sua coscienza di fondo dei destini individuali messi a confronto in modo non neghittoso con la cultura di massa o della gente, con l'ironia disvelante della narrazione che anticipa i cambiamenti di costume e in qualche modo quasi li esorcizza.
Non quindi chi racconta per creare consenso o indirizzare le menti, ma chi racconta per far sapere, per aiutare a capire ciò che accade, ieri o domani non importa.

CP 4.0

Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #5 : Sabato 21 Giugno 2014, 08:54:56 »
siamo tutti intelletuali, cambia solo il campo di interesse.

e l'apparenza di superiore intelligenza.

Giglic

Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #6 : Sabato 21 Giugno 2014, 09:12:37 »
Fondamentalmente un intellettuale è chi capisce prima degli altri come vivremo domani.

E invece, caro Pancrazio, non è una bestemmia manco per niente. Perché, e qui riprendo anche cuchillo, con la cui definizione minimale, ma perfetta, concordo appieno ciò che caratterizza la figura dell'intellettuale è questa sua visione degli sviluppi unita ad una capacità di raccontarla. Pasolini quindi, certamente, ma anche Troisi con la sua coscienza di fondo dei destini individuali messi a confronto in modo non neghittoso con la cultura di massa o della gente, con l'ironia disvelante della narrazione che anticipa i cambiamenti di costume e in qualche modo quasi li esorcizza.
Non quindi chi racconta per creare consenso o indirizzare le menti, ma chi racconta per far sapere, per aiutare a capire ciò che accade, ieri o domani non importa.

D'accordo con Cuchillo, d'accordissimo con benvolio.

CP, secondo me non siamo tutti intellettuali. Almeno, io di sicuro non mi sento tale. Ognuno di noi ha una visione del mondo, in genere basata sui fatti di cui è a conoscenza e sulle esperienze vissute. Trovare nuovi punti di vista partendo da questo, e saperlo comunicare efficacemente (che è necessario ma non sufficiente: Berlusconi è un ottimo comunicatore, ma credo che neanche Toti si azzarderebbe a definirlo intellettuale) è quel passo in più che ti fa diventare "intellettuale".

Ho però un dubbio: a questo punto, perché non usare la parola "filosofo", che a me piace tanto? L'amore per il sapere, inteso come capacità di comprensione dell'esistente, è terreno della filosofia, per me. Pasolini e Troisi, ognuno del loro campo, sono stati dei filosofi. Ma lo è stato anche Asimov, Diamond, etc. etc.

C'è una bellissima (tanto per cambiare) striscia di Stefano Disegni su Sette, dove spiega in sei vignette (!) perché Ruffini se dice "bella topa" alla Loren sembra di stare al Volturno, e se Benigni fa lo stesso con la Carrà la cosa è invece molto più esilarante. Senza voler entrare nel merito di Benigni (che come intellettuale ormai è in pensione), credo che "cambiate le mutande" (  ;D ), sia la stessa differenza che passa tra Ferrara e Pasolini.

Offline Clazia

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #7 : Sabato 21 Giugno 2014, 12:00:16 »
Fondamentalmente un intellettuale è chi capisce prima degli altri come vivremo domani.

cioè, una specie di Hari Seldon?

ok, vado, passavo al volo da queste parti.  :)
Se volevo sentimme tranquilla mica che nascevo Laziale.

Take a sad song and make it better.

Offline Baruch

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #8 : Sabato 21 Giugno 2014, 12:24:18 »
Ho però un dubbio: a questo punto, perché non usare la parola "filosofo", che a me piace tanto? L'amore per il sapere, inteso come capacità di comprensione dell'esistente, è terreno della filosofia, per me. Pasolini e Troisi, ognuno del loro campo, sono stati dei filosofi. Ma lo è stato anche Asimov, Diamond, etc. etc.

C'è una bellissima (tanto per cambiare) striscia di Stefano Disegni su Sette, dove spiega in sei vignette (!) perché Ruffini se dice "bella topa" alla Loren sembra di stare al Volturno, e se Benigni fa lo stesso con la Carrà la cosa è invece molto più esilarante. Senza voler entrare nel merito di Benigni (che come intellettuale ormai è in pensione), credo che "cambiate le mutande" (  ;D ), sia la stessa differenza che passa tra Ferrara e Pasolini.

O tra Saviano e Pasolini. Oggi dovremmo affidarci a uno che che scrive finti tweet pubblicitari per pubblicizzare la “sua” serie tv su Sky. Segno che, anche per colpa dei nuovi modi di comunicare, la cultura è diventata parte integrante della società nel termine più improprio del termine, nel senso che trova ovunque terreno fertile per smettere di essere parte disintegrante della società

Quanto alla filosofia di Massimo Troisi, io ci ho avuto parecchio a che fare per motivi di lavoro. E’ termine parecchio ingombrante, i filosofi di professione storcerebbero il naso. Voglio dire, a parte Pascal che faceva scommesse, in genere loro sono abituati a cercare Dio con profondissime speculazioni intellettuali, mentre Troisi al massimo cercava di trovarlo facendo muovere un vaso col pensiero per diventare famoso e fare un po’ di soldi. Però esiste un pensiero di Massimo Troisi, un pensiero che gioca a nascondino tra le sue battute, e dunque esiste un’etica, un modo di approcciarsi alla vita che dovrebbe essere proprio anche dell’impegno civile, perché è quella che forma un uomo migliore nel privato, e che di conseguenza formerebbe anche società migliori

CP 4.0

Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #9 : Sabato 21 Giugno 2014, 13:32:41 »
D'accordo con Cuchillo, d'accordissimo con benvolio.

CP, secondo me non siamo tutti intellettuali. Almeno, io di sicuro non mi sento tale. Ognuno di noi ha una visione del mondo, in genere basata sui fatti di cui è a conoscenza e sulle esperienze vissute. Trovare nuovi punti di vista partendo da questo, e saperlo comunicare efficacemente (che è necessario ma non sufficiente: Berlusconi è un ottimo comunicatore, ma credo che neanche Toti si azzarderebbe a definirlo intellettuale) è quel passo in più che ti fa diventare "intellettuale".

Ho però un dubbio: a questo punto, perché non usare la parola "filosofo", che a me piace tanto? L'amore per il sapere, inteso come capacità di comprensione dell'esistente, è terreno della filosofia, per me. Pasolini e Troisi, ognuno del loro campo, sono stati dei filosofi. Ma lo è stato anche Asimov, Diamond, etc. etc.

C'è una bellissima (tanto per cambiare) striscia di Stefano Disegni su Sette, dove spiega in sei vignette (!) perché Ruffini se dice "bella topa" alla Loren sembra di stare al Volturno, e se Benigni fa lo stesso con la Carrà la cosa è invece molto più esilarante. Senza voler entrare nel merito di Benigni (che come intellettuale ormai è in pensione), credo che "cambiate le mutande" (  ;D ), sia la stessa differenza che passa tra Ferrara e Pasolini.

come vedi si puo' dare dell'intellettuale a persone diverse a seconda delle proprie preferenze, ergo la parola intellettuale non ha confini e' puo' essere applicata a tutti, anche a chi non crede di esserlo.

o sei davvero convinto di non avere nuovi punti di vista partendo da una visione del mondo, basata sui fatti di cui è a conoscenza e sulle esperienze vissute. E saperlo comunicare efficacemente? :)

e chi davvero non ne e' altrettanto convinto?

ThomasDoll

Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #10 : Sabato 21 Giugno 2014, 13:54:51 »
Bravo Baruch, la questione sta nel pensiero, che esiste o non esiste. E' una discussione attualissima, negli anni in cui gestivamo Lazionet se ne discuteva ogni giorno ed era quello che segnava la differenza: guardare ai fatti partendo da un insieme di valori di riferimento, piuttosto che rincorrerli per schierarsi e rendersi così riconoscibili e catalogabili. La normalizzazione dell'entità aliena. Quell'esperienza non era fatta da intellettuali ma coinvolse persone intorno a valori condivisi e ricreò, nel suo piccolissimo, una serie di confronti su modi differenti di rapportarsi alla vita, lanciando qualche ponte che ha reso possibile, in molti casi, il dialogo tra elementi in apparenza lontanissimi tra loro. L'intuizione felice fu la convergenza sul linguaggio, che poi era accozzata al tema della netiquette, una sorta di politically correctness di internet che era stata pensata, lei sì, da qualche intellettuale con gli attributi fumanti.
E' il segno tangibile che anche in un contesto circoscritto e modesto l'azione comune porta a un costrutto di idee che è la base per far coagulare un pensiero. Quanto agli intellettuali che indirizzano il consenso e l'umore popolare, chi più perfetto, come esempio, di Gabriele D'Annunzio?
Colgo il riferimento di Giglic a Isaac Asimov, che conosco molto bene per averlo letto, riletto e straletto qualche decennio fa. Asimov è stato un grande divulgatore (il suo "Libro di Fisica" mi ha accompagnato per anni, l'ho letto e l'ho ripreso un sacco di volte) e uno straordinario scrittore di fantascienza e non solo, visto che i suoi Vedovi neri erano e restano tra le letture più gustose. Aveva un contenuto moraleggiante, a suo modo, e cercava, costruendo insieme agli altri le regole dello scrivere di SF, anche di mettere in piedi un impianto che nobilitasse, in qualche modo, una scrittura che è rimasta "di genere", anche se ha regalato grandi firme alla letteratura contemporanea. Non so quanto la sua enorme produzione artistica faccia di lui un intellettuale, ma mi accorgo che il mio sapere non mi consente di dare una definizione finita dell'intellettuale, e dunque può starci anche lui e a buon diritto.
E' un argomento che, a veder bene, potrebbe non finire mai. Maledico la mia ignoranza che non mi consente di seguire Baruch nei percorsi filosofici di cui, da homo amministrativo, so pochissimo, a parte lo sconvolgimento provato leggiucchiando qualcosa senza avere orecchie per capire. Quanto a Saviano, è una figura a me sempre parsa opaca, dunque evito di giudicarlo male per non offendere chi crede sia un simbolo della lotta alle mafie.

Offline Baruch

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #11 : Sabato 21 Giugno 2014, 14:59:38 »
La definizione del termine è variata molto nel tempo e nei luoghi. Come quasi sempre avviene, il modo migliore è quello di attenersi all’etimologia: intellettuale è colui che fa uso dell’intelletto, e il termine intelletto vuol dire inter legere, leggere tra. L’intellettuale è dunque chi è capace non solo di leggere un evento, ma di leggere attraverso esso o tra essi. Però, ed è l’assunto di partenza di Benvolio, si finisce per leggere per, leggere affinché, cadendo nell’engagement e rimpolpando la schiera delle controfigure degli intellettuali, l’intellighenzia. L’intellettuale dev’essere anzitutto libero, altrimenti non può esistere attività teoretica. Massimo Troisi è uno dei principali esempi di libertà. La definizione di cuchillo (“Un intellettuale è chi capisce prima degli altri come vivremo domani”) è dunque corretta perché contiene in sé l’assunto di cui sopra: “Un intellettuale è chi, leggendo liberamente gli eventi e le loro connessioni, capisce prima degli altri come vivremo domani”. Capire liberamente è l’attività più etica che esista. Ma è un discorso speculativo, perché è difficilissimo per chiunque metterlo in pratica, e soprattutto metterne in pratica la diretta conseguenza (agire liberamente)

Offline giamma

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #12 : Sabato 21 Giugno 2014, 14:59:42 »
Il Devoto-Oli se la cava così:
2. s.m. e f.
Persona fornita di una buona cultura o cultore di studi per lo più
riconducibili a un moderno valore umanistico, spec. in quanto ritenuto
capace di esercitare una profonda influenza nell'ambito di un'organizzazione
politica o di un indirizzo ideologico: per "intellettuali" occorre intendere… tutto
lo strato sociale che esercita funzioni organizzative in senso lato, sia nel campo
della produzione sia in quello della cultura, e in quello politico
amministrativo (Gramsci); a volte iron. o spreg., per sottolineare
un'astratta cerebralità o un'ostentazione di superiorità. [Dal lat. tardo
intellectualis, der. di intellectus –us 'intelletto'].
Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe. (C. H. Spurgeon)

Offline aquilafelyx

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #13 : Giovedì 31 Luglio 2014, 16:32:28 »
M'illumino di Lulic

Bajo las águilas silenciosas, la inmensidad carece de significado.


Chi ha paura di perdere non merita di vincere

Offline Frusta

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #14 : Giovedì 31 Luglio 2014, 17:47:20 »
cioè, una specie di Hari Seldon?

ok, vado, passavo al volo da queste parti.  :)

Non solo Hari Seldon, ma anche Qfwfq, anzi, soprattutto lui :)
P.s.
Aò, 'ntenannà che il discorso comincia a farsi serio sul serio.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline BobLovati

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #15 : Giovedì 31 Luglio 2014, 18:01:59 »
Ho appena il tempo di rispondere alla seconda parte della domanda.
È spesso considerato un intellettuale, in Italia (ma non solo), chi pretende di esserlo.

d´accordo, purtroppo

Fondamentalmente un intellettuale è chi capisce prima degli altri come vivremo domani.

anche, ma non solo
Laziale, Ducatista e fiumarolo

Siamo noi fortunati ad essere della Lazio, non la Lazio ad avere noi

“LA MOGLIE DI CESARE DEVE NON SOLO ESSERE ONESTA, MA ANCHE SEMBRARE ONESTA.”

Offline Frusta

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #16 : Venerdì 1 Agosto 2014, 14:09:15 »
http://www.corriere.it/speciali/pasolini/ioso.html
...che va da Gramsci a Pasolini, se siamo portati a considerare intellettuali uomini che hanno a che fare in senso lato con l'esercizio del pensiero o con la creazione del consenso.
Allora proviamo, se volete, a definire cos'è un intellettuale e chi è oggi in Italia intellettuale?
Gramsci e Pasolini non possono essere definiti intellettuali tout-court, ma intellettuali "di sinistra", anzi, meglio direi intellettuali comunisti.
Tenendo però presente che qualsiasi aggettivo aggiunto al termine "itellettuale" ne sminuisce la valenza, perché non può non condizionarlo; tanto è vero che in certi casi diventa necessario aggiungerci l'aggettivo "onesto".
Questo perché è difficilissimo esserlo per un intellettuale condizionato da una ideologia.
E infatti quando Pasolini nell'articolo che citi, dopo quella lunga sequela di "IO SO" ci dice che:
...Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico... e via intellettualeggiando, in realtà NON SA (o se LO SA cade l'aggettivo "onesto") che sta parlando di un partito finanziato dalla potenza straniera egemone dello schieramento politico-militare nemico del Paese di cui Pasolini ed il suo PCI sono parte.
A meno che (ed è esattamente quello che penso) non volesse sostituire il Paese sporco, disonesto, idiota, ignorante e consumistico con un Paese pulito, onesto, intelligente, colto ed umanistico rappresentato totalitariamente dal partito comunista.
E quello che hai linkato ti sembra l'articolo di un "intellettuale", Benvò?  ;) A me sembra piuttosto quello di un mentecatto.
Lazio, ti amo con tutta la feniletilamina, l’ossitocina, la dopamina e la serotonina che mi circolano nel cervello, che rendono il mio pensiero poco logico e che mi procurano strane sensazioni in tutta l’anatomia e battiti sconclusionati nell’organo principale del mio apparato circolatorio.

Offline Skorpius

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #17 : Venerdì 1 Agosto 2014, 15:22:22 »
Fondamentalmente un intellettuale è chi capisce prima degli altri come vivremo domani.

Pensavo che questa fosse la definizione di scrittore di fantascienza

Gramsci e Pasolini non possono essere definiti intellettuali tout-court, ma intellettuali "di sinistra", anzi, meglio direi intellettuali comunisti.
Tenendo però presente che qualsiasi aggettivo aggiunto al termine "itellettuale" ne sminuisce la valenza, perché non può non condizionarlo; tanto è vero che in certi casi diventa necessario aggiungerci l'aggettivo "onesto".
Questo perché è difficilissimo esserlo per un intellettuale condizionato da una ideologia.
E infatti quando Pasolini nell'articolo che citi, dopo quella lunga sequela di "IO SO" ci dice che:
...Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico... e via intellettualeggiando, in realtà NON SA (o se LO SA cade l'aggettivo "onesto") che sta parlando di un partito finanziato dalla potenza straniera egemone dello schieramento politico-militare nemico del Paese di cui Pasolini ed il suo PCI sono parte.
A meno che (ed è esattamente quello che penso) non volesse sostituire il Paese sporco, disonesto, idiota, ignorante e consumistico con un Paese pulito, onesto, intelligente, colto ed umanistico rappresentato totalitariamente dal partito comunista.
E quello che hai linkato ti sembra l'articolo di un "intellettuale", Benvò?  ;) A me sembra piuttosto quello di un mentecatto.

Perchè usare l'aggettivo condizionato?
Se Pasolini (o chi altri vuoi nominare) pensa che quella ideologia sia il sistema morale/politico/economico/sociale migliore per l'essere umano semplicemente sbaglia (dal tuo punto di vista).
Anche se avesse voluto sostituire il sistema italiano con quello sovietico pensando fosse il sistema migliore non è condizionato ha semplicemente una idea diversa
La gente dice che sono cattivo, ma in verità ho il cuore di un bambino: lo tengo in un barattolo, sul comodino.

Offline Frusta

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Re:Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #18 : Venerdì 1 Agosto 2014, 19:16:13 »
Perchè usare l'aggettivo condizionato?
Se Pasolini (o chi altri vuoi nominare) pensa che quella ideologia sia il sistema morale/politico/economico/sociale migliore per l'essere umano semplicemente sbaglia (dal tuo punto di vista).
Anche se avesse voluto sostituire il sistema italiano con quello sovietico pensando fosse il sistema migliore non è condizionato ha semplicemente una idea diversa
Quindi chiunque pensi che l'ideologia di Hitler o quella di Pol Pot sia per me il sistema (secondo lui) migliore ha semplicemente un' idea diversa? Deve darselo da solo, però, l'appellativo di intellettuale, oppure farselo riconoscere dalla cerchia dei suoi sodali, esattamente come accade con Pasolini.
Per me un intellettuale deve essere riconosciuto universalmente come tale, altrimenti è come lo scarrafone che è bello solo per mamma sua.
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Offline Skorpius

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Io so...perché sono un intellettuale
« Risposta #19 : Venerdì 1 Agosto 2014, 19:37:43 »
Ha sicuramente una idea diversa... Il giudizio di valore dipende esclusivamente dai tuoi valori.
La gente dice che sono cattivo, ma in verità ho il cuore di un bambino: lo tengo in un barattolo, sul comodino.