Autore Topic: Arpad, Béla ed altre storie  (Letto 5657 volte)

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Offline DinoRaggio

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Arpad, Béla ed altre storie
« : Mercoledì 2 Aprile 2014, 16:28:35 »
Sto guardando affascinato da mezz'ora questo documentario (e non è ancora finito).

E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Zapruder

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #1 : Mercoledì 2 Aprile 2014, 20:20:23 »
Allora ti meriti di leggere questo


Giglic

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #2 : Giovedì 3 Aprile 2014, 14:46:07 »
Uno dei più grandi allenatori della storia. Assieme a Pozzo, Meisl, Chapman, Sebes, Feola e pochi altri.

Offline DinoRaggio

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Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #3 : Giovedì 3 Aprile 2014, 17:01:41 »
Il libro di Marani ha ispirato Buffa epr questro documentario bellissimo, mi abbonerei a sky solamente per veder raccontare a Buffa queste storie. Amo questi racconti dove la storia di mischia alla leggenda, e talvolta pure alla Storia.
Purtroppo poi ci sono anche i Magnante, gli Asrogna, insomma tutto il cialtronismo fecale che a trasformato la TV di Murdoch in una sorta di skyasunicredit24.

Ritorniamo a volare altissimo, nel documentario si fa menzione di una partita che "cambiò" il calcio, quella vinta dall'Ungheria per 6-3 in Inghilterra. Ecco il filmato dei gol:



2:49 Puskas  :o

Per chi ha sky, consiglio caldamente di sintonizzarsi su sky sport 1 sabato alle 23,30, c'è da vedere Buffa che racconta il celebre Maracanaço http://guidatv.sky.it/guidatv/programma/sport/calcio/buffa-racconta-storie-mondiali-il-maracanazo-1950-_425996.shtml?eventid=64878878
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Giglic

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #4 : Giovedì 3 Aprile 2014, 17:23:18 »
Il libro di Marani ha ispirato Buffa epr questro documentario bellissimo, mi abbonerei a sky solamente per veder raccontare a Buffa queste storie. Amo questi racconti dove la storia di mischia alla leggenda, e talvolta pure alla Storia.
Purtroppo poi ci sono anche i Magnante, gli Asrogna, insomma tutto il cialtronismo fecale che a trasformato la TV di Murdoch in una sorta di skyasunicredit24.

Ritorniamo a volare altissimo, nel documentario si fa menzione di una partita che "cambiò" il calcio, quella vinta dall'Ungheria per 6-3 in Inghilterra. Ecco il filmato dei gol:



La cosa divertente di quella partita, che cambiò veramente il calcio, fu che gli inglesi, così abituati al WM da associare il ruolo degli avversari al numero di maglia che portavano, non ci capirono assolutamente nulla, vedendo il n. 9 arretrato non sapevano se marcarlo o rimanere in area (ed allora gli arrivavano DUE centravanti). Ma se avessero sfruttato le debolezze Ungheresi, soprattutto in difesa, non avrebbero subito quella débâcle. I tiri in porta furono 35 (avete letto bene: trentacinque) per gli ungheresi e solo sei per gli inglesi, che però ebbero una media realizzativa enorme, del 50%.



2:49 Puskas  :o

Per chi ha sky, consiglio caldamente di sintonizzarsi su sky sport 1 sabato alle 23,30, c'è da vedere Buffa che racconta il celebre Maracanaço http://guidatv.sky.it/guidatv/programma/sport/calcio/buffa-racconta-storie-mondiali-il-maracanazo-1950-_425996.shtml?eventid=64878878

Offline DinoRaggio

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Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #5 : Giovedì 3 Aprile 2014, 18:55:35 »
Il libro di Marani ha ispirato Buffa per questro documentario bellissimo, mi abbonerei a sky solamente per veder raccontare a Buffa queste storie. Amo questi racconti dove la storia si mischia alla leggenda, e talvolta pure alla Storia.
Purtroppo poi ci sono anche i Magnante, gli Asrogna, insomma tutto il cialtronismo fecale che ha trasformato la TV di Murdoch in una sorta di skyasunicredit24.
Scusate, la fretta gioca brutti scherzi.

Ataru e chemist, la faccina rossa di vergogna dov'è?  :(  ;D
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Offline DinoRaggio

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Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #6 : Mercoledì 9 Aprile 2014, 08:08:51 »
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Zapruder

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #7 : Giovedì 10 Aprile 2014, 23:19:58 »
Molto bello, Dino, grazie per la segnalazione.

Buffa ha attinto a piene mani da Galeano, ma non solo da lui. Veramente un bel lavoro.

Offline DinoRaggio

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Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #8 : Sabato 12 Aprile 2014, 16:59:00 »
Molto bello, Dino, grazie per la segnalazione.

Buffa ha attinto a piene mani da Galeano, ma non solo da lui. Veramente un bel lavoro.
Intendi questo, di Galeano?



Purtroppo non  ho trovato niente di Buffa o altri divulgatori italiani su un altro mito del calcio danubiano, Matthias "Cartavelina" Sindelar (o come lo chiamano i cechi Matěj Šindelář), con una storia tutta da raccontare, ugualmente ricca di successi e drammi come quella di Weisz. Su youtube ho trovato solo questo filmato, in spagnolo.


E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

Zapruder

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #9 : Sabato 12 Aprile 2014, 19:25:14 »
Proprio quello, Dino.

Su Sindelar immagino conoscerai questo


neweagle

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #10 : Sabato 12 Aprile 2014, 20:24:07 »
Sto guardando affascinato da mezz'ora questo documentario (e non è ancora finito).


bello ma Buffa sbaglia la spiegazione del fuorigioco del primo periodo del calcio
non e' vero che la palla si poteva passare solo indietro o in orizzontale come nel rugby. la palla si poteva tirare in avanti ma quelli che si trovavano di fronte a chi tirava erano in fuorigioco.
la poteva riprendere solo chi aveva tirato in avanti o altri compagni che stavano accanto a lui o dietro di lui. poi venne introdotto il numero di avversari che invece tenevano in gioco quelli davanti.

Offline DinoRaggio

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Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #11 : Sabato 12 Aprile 2014, 22:21:49 »
Questa regola non la sapevo, in pratica il tiratore non doveva avere compagni di squadra fra sé e la porta, se ho inteso bene.

Il libro di Governato non lo conoscevo, su quella partita c'è anche questo



Sulla cosiddetta "partita dell'addio":
http://www.francescopedemonte.it/2012/10/il-bomber-che-sfido-il-nazismo/

Il bomber che sfidò il nazismo

La vicenda umana e sportiva di Mathias Sindelar è una storia fùtbologica. Di quelle che uniscono il calcio alla vita e, di conseguenza, alla storia. Nel rettangolo verde vige, è valsa e per sempre varrà la legge di Nereo Rocco: “in campo come nella vita”. Lo si può dimenticare o ignorare, anche per lunghi periodi, ma il teorema del mitico allenatore triestino è sempre valido. Sempre lo è stato e per sempre lo sarà.

Nello Governato, autore de La partita dell’addio ed ex centrocampista di Como, Lazio, Inter, Vicenza e Savona, penna alla mano racconta le vicende del Mozart del pallone (così era soprannominato Sindelar), in un libro che è una storia di resistenza e che fa riflettere, soprattutto in tempi di “magnati, emiri e cavalieri”, sullo stretto rapporto che spesso ha legato, e lega tuttora, il calcio alla propaganda (di qualunque appartenenza essa sia).

Assieme a Meazza e Sarosi, Sindelar fu semplicemente uno dei calciatori più forti della sua epoca, uno dei primi a sfruttare la propria immagine, ad avere sponsor personali e a trar profitto reclamizzando orologi, vestiti o generi alimentari. Richiesto da mezza Europa calcistica, preferì sempre vestire la maglia bianco-viola dell’Austria Vienna. Anche quando giocare fuori dai confini viennesi avrebbe significato tutelare la propria incolumità.

Nato il 10 febbraio 1903 a Kozlov, nell’odierna Repubblica Ceca, fu protagonista, nonchè capitano, del mitico Wunderteam austriaco di Hugo Meisl: 43 presenze e 27 goal tra il 1927 e il 1938. Storico è rimasto il duello ingaggiato nella semifinale mondiale del ‘34 con il centromediano italiano Luis Monti, detto il boia: 1-0 il risultato a favore dell’Italia e Sindelar all’ospedale con un ginocchio sfasciato. Per quanto, se non fosse stato per le amorevoli cure di Monti, Matthias mai avrebbe conosciuto Camilla Castagnola, italiana di religione ebraica che sarà la sua compagna per la vita. Sindelar e il Wunderteam, queste le voci di un paradigma che si completa solo con il nome di uno stadio: il Prater di Vienna, teatro delle sue prodezze e terreno in cui, assieme a Karl Sesta, sfidò il nazismo.

Il 12 marzo 1938 le truppe naziste entrarono a Vienna: si realizzava l’Anschluss, l’annessione dell’Austria al terzo Reich. La fine non solo di una nazione, ma anche di una nazionale e l’inclusione dell’Austria alla “Grande Germania” non solo in termini geo-politici, ma anche calcistici. La nazionale tedesca, guidata da Sepp Herberger, si trovò così ad attingere al parco giocatori del Wunderteam, i mondiali francesi imminenti e un solo obiettivo: la vittoria nella coppa Rimet. E per la macchina propagandistica di regime, quale miglior testimonial se non il grande Sindelar?

Il simbolo austriaco, il calciatore apprezzato dagli inglesi, rispettato dagli italiani e che, nelle intenzioni di Berlino, sarebbe stato il “tedoforo” ideale del nazismo in terra francese?

Il 3 aprile 1938, al Prater di Vienna, la prova generale con l’amichevole Austria-Germania: la partita della riunificazione. Il finale fu a favore degli austriaci: 2-0 con goal di Sindelar e raddoppio di Sesta su punizione. A fine incontro il cerimoniale di saluto di fronte ai gerarchi nazisti in tribuna: 20 sieg heil e 2 sole braccia non protese verso gli spalti. Quelle degli autori dei goal.

Un gesto di resistenza che non passò inosservato alla Gestapo viennese. Karl Sesta venne prelevato e interrogato. Sindelar, invece, dopo essersi ufficialmente rifiutato di indossare la maglia tedesca agli imminenti mondiali, venne messo sotto stretta sorveglianza. Per le alte sfere naziste era intollerabile il suo aperto dissenso, un caso da trattare con le dovute cautele, proprio in virtù della grande popolarità del calciatore. La Germania venne sconfitta agli ottavi dalla Svizzera per 4-2, Sindelar non partecipò ai mondiali, ma assistette alla finale tra Italia e Ungheria. Mentre Meazza e compagni salutavano romanamente a metà campo, Mathias veniva acclamato da francesi, fuorisciti italiani e dall’intero Parco dei Principi come simbolo di libertà. Sulla stampa tedesca nessun accenno all’accaduto. Anzi. La presenza a Parigi veniva propagandisticamente sbandierata come una dimostrazione di tolleranza in seno al Reich.

Ma la realtà, purtroppo, era ben diversa. Nonostante la possibilità di giocare in Svizzera, Sindelar e Camilla decisero di rimanere a Vienna. Preferirono restare per far sapere che esistevano, che continuavano ad esserci, una speranza per tutti quelli che non potevano andarsene.

Matthias continuò a fare goal con la maglia dell’Austria Vienna e nella capitale austriaca venne trovato morto affianco alla compagna il 23 gennaio 1939. Ufficialmente la causa del decesso fu avvelenamento da monossido di carbonio, ma le circostanze restano misteriose. I pompieri, infatti, mai trovarono traccia di gas o di guasti alla stufa o al condotto dell’impianto. Sui cadaveri, poi, non venne praticata alcuna autopsia e nessuno seppe mai perchè fosse stata proprio la Gestapo a scoprire i corpi. E le indagini, infine, semmai avvennero, furono superficiali e chiuse in fretta.

Suicidio o tragico incidente? La voce popolare iniziò a parlare di assassinio.
Le esequie furono seguite da 40 mila persone e oltre 15 mila furono i telegrammi giunti alla sede dell’Austria Vienna. Enorme lo sgomento nell’opinione pubblica europea per la scomparsa di un calciatore capace di trasmettere solidarietà verso chi veniva perseguitato.

Mathias Sindelar, detto Cartavelina e Mozart del Pallone, giocò la sua ultima partita a Berlino contro l’Hertha. Era il giorno di Santo Stefano del 1938.
Fece goal. Non si sarebbe mai arreso.
E ra gisumin all'ùart!

La serie A è un torneo di limpidezza cristallina, gli arbitri non hanno alcunché contro la Lazio e si distingueranno per l'assoluta imparzialità, non ci saranno trattamenti di favore o a sfavore nei confronti di alcuno. Sarà un torneo di una regolarità esemplare. (19-8-2016)

neweagle

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #12 : Sabato 12 Aprile 2014, 22:50:10 »
Questa regola non la sapevo, in pratica il tiratore non doveva avere compagni di squadra fra sé e la porta, se ho inteso bene.


 
No, li poteva avere ma loro non potevano partecipare all'azione, chi era davanti al portatore era in fuori gioco, il portatore di palla tirava in avanti ma loro non potevano partecipare all'azione.
Se la palla veniva recuperata dagli avversari ritornavano in gioco, oppure se la palla li superava e veniva ritoccata da un compagno.

Prova a pensare a due linee che si fronteggiano, una tira in avanti è tutti salgono, l'altra prende la palla e la difende dall'assalto della linea avversaria, spesso rilancia a sua volta in avanti e sale, oppure manda in avanti qualche giocatore isolato, che fa salire la squadra.

Comunque passaggi in avanti si, ma chi stava davanti non poteva toccarla.

neweagle

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #13 : Sabato 12 Aprile 2014, 23:29:23 »
Il Maracanaço raccontato da Buffa


http://www.dailymotion.com/video/x1m3ytg_federico-buffa-racconta-storie-mondiali-il-maracanazo_sport
Il 16 luglio 1950, nello stadio Maracaná di Rio de Janeiro, nacque una delle ultime leggende del calcio rioplatense; quel giorno, l'imponente centromediano uruguayano Obdulio Varela mise a tacere centocinquantamila tifosi che inneggiavano al goal brasiliano durante la finale della Coppa del Mondo, segnato dall'attaccante Friaca. Al sesto minuto del secondo tempo, il Brasile aprì le marcature incoraggiato dalle tribune zeppe del Maracaná, inaugurato proprio per questa partita. Allora, tutta Rio de Janeiro fu un'esplosione di giubilo; i petardi e i fuochi d'artificio si accesero nello stesso tempo. Obdulio, un ragazzone tagliato con l'accetta, raggiunse la sua porta già violata, prese il pallone in silenzio e lo strinse fra il braccio destro e il corpo. I brasiliani ardevano di giubilo e chiedevano altri goal. Quella modesta squadra uruguayana, seppure temibile, era una buona preda per conquistare il titolo mondiale. Forse l'unico che seppe capire la drammaticità di quell'istante, di ponderarla freddamente, fu il grande Obdulio, capitano - e molto di più - di quella squadra giovane che cominciava a disperarsi.
Sicché piantò gli occhi grigi, neri, bianchi, rilucenti, contro tutta quella luce, gonfiò il petto massiccio, e si avviò muovendo appena i piedi, provocatore, senza rivolgere una parola a nessuno, e la gente dovette aspettare tre minuti prima che arrivasse in mezzo al campo e rivolgesse all'arbitro dieci parole in uno spagnolo incomprensibile. Non ebbe orecchi per i brasiliani che lo insultavano perché avevano capito la sua manovra geniale: Obdulio raffreddava gli animi, metteva distanza fra il goal e la ripresa di modo che, da quel momento, la partita e l'avversario di ritrovassero diversi.

Obdulio Varela
Il riposo del re del centrocampo
"Futbol" di Osvaldo Soriano

neweagle

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #14 : Sabato 12 Aprile 2014, 23:38:59 »
Il Mondiale del 1950

Nasceva la televisione a colori. I computer facevano mille somme al secondo. Marilyn Monroe si affacciava a Hollywood. Un film di Buñuel, I dimenticati, si imponeva a cannes. L'automobile di Fangio trionfava in Francia. Bertrand Russell vinceva il Nobel. Neruda pubblicava il suo Canto general e apparivano le prime edizioni di La vita breve di Onetti e Il labirinto della solitudine di Octavio Paz.
Albizu Campos, che molto aveva combattuto per l'indipendenza del Portorico, era condannato negli Stati Uniti a settantanove anni di carcere. Un delatore consegnava Salvatore Giuliano, il leggendario bandito dell'Italia del sud, che cadeva crivellato dai colpi della polizia. In Cina, il governo di Mao faceva i suoi primi passi proibendo la poligamia e la vendita dei bambini. Le truppe americane, avvolte nella bandiera delle Nazioni Unite, entravano nella penisola di Corea mettendola a ferro e fuoco, mentre i giocatori di calcio sbarcavano a Rio de Janeiro per disputarsi la quarta Coppa Rimet, dopo la lunga parentesi degli anni della guerra mondiale.
Sette paesi americani e sei nazioni europee appena risorte dalle macerie parteciparono al torneo brasiliano del 1950. La FIFA proibì la partecipazione della Germania. Per la prima volta l'Inghilterra si presentò al campionato mondiale. Fino ad allora gli inglesi non avevano creduto che tali scaramucce fossero degne della loro attenzione. La formazione inglese fu sconfitta dagli Stati Uniti, che lo crediate o no, e il gol della vittoria americana non fu opera del generale George Washington ma del centravanti haitiano e nero chiamato Larry Gaetjens.
Brasile e Uruguay giocarono la finale al Maracaná. I padroni di casa inauguravano lo stadio più grande del mondo. Il Brasile era il grande favorito, la finale era una festa. I giocatori brasiliani, che avevano travolto tutti gli avversari di goleada in goleada, alla vigilia ricevettero in dono degli orologi d'oro che sulla cassa portavano la scritta: "Ai campioni del mondo". Le prime pagine dei giornali erano state stampate in anticipo, era già pronta l'immensa sfilata dei carri di carnevale che avrebbe dato il via ai festeggiamenti ed erano già state vendute mezzo milione di magliette con grandi scritte che celebravano l'inevitabile vittoria.
Quando il brasiliano Friaça segnò il primo gol, un tuono di duecentomila grida e innumerevoli petardi fece vibrare il monumentale stadio. Ma poi Schiaffino infilò il gol del pareggio e un diagonale di Ghiggia consegnò il campionato all'Uruguay che finì per vincere 2-1. Quando arrivò il gol di Ghiggia, il silenzio calò sul Maracaná, il più straordinario silenzio della storia del calcio, e Ary Barroso, il musicista autore di "Aquarela do Brasil", che stava trasmettendo la partita a tutto il paese, decise di abbandonare per sempre la carriera di cronista di calcio.
Dopo il fischio finale, i radiocronisti definirono la sconfitta come "la peggiore tragedia della storia del Brasile". Jules Rimet passeggiava per il campo, sperduto, abbracciato alla coppa che portava il suo nome. "Mi trovai solo con la coppa tra le braccia, senza sapere che cosa fare. Alla fine trovai il capitano uruguagio Obdulio Varela e gliela consegnai quasi di nascosto. Gli strinsi la mano senza dire una parola."
In una tasca, Rmet teneva il discorso che aveva preparato in omaggio al Brasile campione.
L'Uruguay aveva vinto in modo pulito: la squadra uruguagia aveva commesso undici falli, il Brasile ventuno.
Il terzo posto fu della Svezia. Il quarto della Spagna. Il brasiliano Ademir si aggiudicò la classifica dei marcatori con nove reti, seguito dall'uruguagio Schiaffino con sei e dallo spagnolo Zarra con cinque.

Moacir Barbosa

Al momento di scegliere il miglior portiere, i giornalisti del Mondiale del 1950 votarono all'unanimità il brasiliano Moacyr Barbosa. Barbosa era anche, senza dubbio, il miglior portiere del suo paese, gambe come molle, uomo sereno e sicuro che trasmetteva certezze alla squadra, e continuò a essere il migliore fino al giorno in cui si ritirò dai campi, qualche tempo dopo, quando aveva più di quarant'anni. In tanti anni di calcio, Barbosa evitò chissà quanti gol e senza fare mai male ad alcun attaccante.
Ma nella finale del 1950 l'uruguagio Ghiggia lo aveva sorpreso con un tiro secco dal vertice destro dell'area. Barbosa, che era leggermente avanzato, spiccò un salto all'indietro, sfiorò la palla e ricadde. Quando si rialzò, sicuro di avere deviato il tiro, trovò il pallone in fondo alla rete. E quello fu il gol che sconvolse lo stadio Maracanã e consacrò campione l'Uruguay.
Passarono gli anni e Barbosa non fu mai perdonato. Nel 1993, durante le eliminatorie per il Mondiale degli Stati Uniti, volle fare gli auguri ai giocatori della nazionale brasiliana. Andò a trovarli in ritiro ma le autorità calcistiche gli vietarono l'ingresso. A quel tempo viveva ospite in casa di una cognata, senza altra entrata che una pensione miserabile. Barbosa commentò: "In Brasile la pena per un crimine più lunga è trent'anni di carcere. Io da quarantatré anni pago per un crimine che non ho commesso."

Obdulio

Ero un ragazzino pazzo per il calcio, e come tutti gli uruguagi ero attaccato alla radio ad ascoltare la finale della Coppa del Mondo. Quando la voce di Carlos Solé mi fece arrivare la triste notizia del gol del Brasile, il morale mi finì sotto i tacchi. Allora mi appellai al più potente dei miei amici. Promisi a Dio una quantità di sacrifici se fosse comparso nel Maracanã e avesse dato una svolta alla partita.
Non ho mai ricordato tutte le cose che avevo promesso e per questo non ho potuto mantenerle. La vittoria dell'Uruguay, davanti a una folla come mai si era vista a una partita, era stata senza dubbio un miracolo, ma il miracolo era stato opera di un mortale in carne e ossa chiamato Obdulio Varela. Obdulio aveva raffreddato la partita proprio quando stavamo per essere travolti dalla valanga, e in quel momento si era caricato la squadra intera sulle spalle e con la sola forza del coraggio aveva remato controvento e controcorrente.
Alla fine di quella giornata i giornalisti assediarono l'eroe. Ma lui non gonfiò il petto proclamando che eravamo i migliori e che nessuno avrebbe avuto scampo con l'artiglio charrúa.
"È stato un caso", mormorò Obdulio. scuotendo la testa. E quando tentarono di fotografarlo si girò di spalle.
Passò quella notte bevendo birra, di bar in bar, abbracciato agli sconfitti, ai banconi di Rio de Janeiro. I brasiliani piangevano. Nessuno lo riconobbe. Il giorno seguente fuggì dalla folla che lo aspettava all'aeroporto di Montevideo, dove il suo nome brillava in un enorme cartellone luminoso. In mezzo a quella euforia, riuscì a passare inosservato travestito da Humphrey Bogart, con un cappello calato fin sul naso e un impermeabile con i risvolti sollevati.
Come ricompensa per l'impresa, i dirigenti del calcio uruguagio si assegnarono le medaglie d'oro. Ai giocatori diedero delle medaglie d'argento e un po' di denaro. Il premio che ricevette Obdulio gli bastò appena per comprare una Ford del 1931, che gli venne rubata dopo una settimana.

"Splendori e miserie del gioco del calcio"
Eduardo Galeano

Zapruder

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #15 : Domenica 13 Aprile 2014, 06:47:31 »
bello ma Buffa sbaglia la spiegazione del fuorigioco del primo periodo del calcio
non e' vero che la palla si poteva passare solo indietro o in orizzontale come nel rugby. la palla si poteva tirare in avanti ma quelli che si trovavano di fronte a chi tirava erano in fuorigioco.
la poteva riprendere solo chi aveva tirato in avanti o altri compagni che stavano accanto a lui o dietro di lui. poi venne introdotto il numero di avversari che invece tenevano in gioco quelli davanti.

Beh, il senso è quello. E' la stessa regola del rugby, per il quale comunemente si dice che "non si può passare la palla in avanti", intendendo che non si può passarla a compagni che sono oltre la linea del pallone al momento del passaggio.

Giglic

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #16 : Domenica 13 Aprile 2014, 07:38:32 »
Beh, il senso è quello. E' la stessa regola del rugby, per il quale comunemente si dice che "non si può passare la palla in avanti", intendendo che non si può passarla a compagni che sono oltre la linea del pallone al momento del passaggio.

Nel rugby non si può passare la palla in avanti CON LE MANI. L'In avanti c'è anche se tutti sono indietro la linea del pallone.

Sulla regola del fuorigioco: attenzione che la regola del passaggio a qualcuno posto avanti al portatore palla è addirittura più antica dell'istituzione del ruolo del portiere (che viene dalle Sheffield rules e non da quelle di Cambridge). Il fuorigioco passò rapidamente da "più di tre" ad "almeno tre" difensori tra il giocatore e la linea di fondo (e fu una rivoluzione molto maggiore di quella del 1925, visto che si introdusse poi il portiere che era un difensore a tutti gli effetti: in pratica i difensori passarono da 4 a due).

Su Sindelar: un grande, semplicemente.

neweagle

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #17 : Domenica 13 Aprile 2014, 08:27:15 »
Beh, il senso è quello. E' la stessa regola del rugby, per il quale comunemente si dice che "non si può passare la palla in avanti", intendendo che non si può passarla a compagni che sono oltre la linea del pallone al momento del passaggio.
Buffa lascia pensare a un gioco che si sviluppa similmente al rugby, con la gente che avanza passandosi la palla in orizzontale o all'indietro, avanzi palla al piede e la dai latateralmente.

si pensa, dopo aver ascoltato Buffa, che il pallone non potesse essere calciato in avanti.
e' sbagliato, la palla in avanti si calciava e come, solo che non potevano prenderla quelli che atavano davanti.

comunque eccola la regola, nr 6 dell'8 dicembre 1863.

6)Quando un giocatore ha calciato la palla, i suoi compagni che si trovano più vicini alla linea di porta avversaria sono in fuorigioco. Questi non possono toccare la palla, né impedire in qualsiasi modo agli altri avversari di farlo. Ma nessun giocatore è in fuorigioco su rimessa dal fondo.


Giglic

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #18 : Domenica 13 Aprile 2014, 08:34:36 »
Buffa lascia pensare a un gioco che si sviluppa similmente al rugby, con la gente che avanza passandosi la palla in orizzontale o all'indietro, avanzi palla al piede e la dai latateralmente.

si pensa, dopo aver ascoltato Buffa, che il pallone non potesse essere calciato in avanti.
e' sbagliato, la palla in avanti si calciava e come, solo che non potevano prenderla quelli che atavano davanti.

comunque eccola la regola, nr 6 dell'8 dicembre 1863.

6)Quando un giocatore ha calciato la palla, i suoi compagni che si trovano più vicini alla linea di porta avversaria sono in fuorigioco. Questi non possono toccare la palla, né impedire in qualsiasi modo agli altri avversari di farlo. Ma nessun giocatore è in fuorigioco su rimessa dal fondo.

Esiste un bel documentario su history channel (credo sia reperibile anche sul tubo) che senza darti torto da però ragione a Buffa. NON ERA CONVENIENTE calciare la palla in avanti (a meno che non fosse l'unica soluzione possibile: tattica i cui rimasugli si possono vedere oggi nel quarto down del football americano). e questo perché più la palla genica portata avanti, meno spazio c'era per il fuorigioco. La regola n. 6 venne modificata già nel 1866 con la storia dei "più di tre" che ho detto prima

neweagle

Re:Arpad, Béla ed altre storie
« Risposta #19 : Domenica 13 Aprile 2014, 08:51:45 »
Esiste un bel documentario su history channel (credo sia reperibile anche sul tubo) che senza darti torto da però ragione a Buffa. NON ERA CONVENIENTE calciare la palla in avanti (a meno che non fosse l'unica soluzione possibile: tattica i cui rimasugli si possono vedere oggi nel quarto down del football americano). e questo perché più la palla genica portata avanti, meno spazio c'era per il fuorigioco. La regola n. 6 venne modificata già nel 1866 con la storia dei "più di tre" che ho detto prima
aspetta pero', un conto e' come si sviluppava il gioco, lateralmente o con palla in avanti e poi tutti su, un altro e', come dice Buffa, che la palla di non si poteva passare in avanti.

ho visto delle rievocazioni su partite con le regole del 1863 e abbiamo anche provato a giocarci (ne parlai anche qui nel forum).

all'inizio tendi a salire come dici tu, palla al piede e passaggi laterali, ma poi quando vieni aggredito la butti in avanti e fai salire la squadra, praticamente la passi all'avversario e lo aggredisci, se riprendi la palla parecchio in avanti provi con il dribblig o con il passaggio dietro e il tiro.

il passaggio in avanti, il lancione, da quello che ho capito io, era il migliore per raggiungere la porta avversaria.