www.LaLazioSiamoNoi.itCi sono voluti dieci anni, dieci lunghi anni. Finalmente Beppe Signori adesso può ricominciare, riprendere in mano la sua vita dopo che per tantissimo tempo è stato additato come uno immischiato nel calcioscommesse oltre che radiato dal mondo del calcio. Prima l'assoluzione piena, ieri la grazia firmata da Gravina e la parola fine in modo definitivo a questa storia nata male ma fortunatamente finita in modo positivo. L'ex bomber biancoceleste ha ripercorso tutti questi anni ricchi di sofferenze sin dal principio: "Io ero il volto dell’inchiesta. Duemilaundici, non c’era niente. Non c’erano Mondiali, né Europei. Un nome abbastanza noto in Italia e nel mondo che non fosse tesserato, il mio. C’erano tutte le condizioni per trasformarmi da mente, finanziatore e scommettitore nella faccia da mostrare al pubblico. Carne da macello", queste le sue parole riportate dalla consueta rassegna stampa di Radiosei.
Non solo, Beppe Signori da questa storia si porta dietro il dolore ma anche i danni: qualche anno fa un trombo gli ha trafitto un polmone e lo ha quasi ucciso. L'inchiesta ha provato l'uomo ma anche la sua famiglia, sua moglie Tina e i suoi figli che a Roma hanno dovuto subire e non poco. Tornando al mondo delle scommesse per Signori è sempre stata solo una questione di sfide: "Ricordo che alla Lazio feci una scommessa con Maurizio Neri. Era un periodo in un cui non riuscivo a segnare, mi trovavo in grande difficoltà. Scommisi che a fine stagione avrebbe giocato meno minuti lui rispetto ai gol che avrei segnato io. La vinsi, naturalmente".
Tanti sono stati i momenti di sconforto ma adesso Beppe-gol può riniziare: "È già una vittoria rivedere il numero del tesserino da allenatore ottenuto nel 2010, pochi mesi prima dell’arresto. Volevo fare l’allenatore. Dietro una scrivania non mi ci vedevo. Oggi mi piacerebbe rimettermi in gioco".
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