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Il coraggio di Acerbi e la macchina del fango
Il difensore del Sassuolo, di nuovo in lotta contro il cancro, rompe il silenzio: io infamato. Il mondo dell'informazione troppo spesso irrispettoso. [X. Jacobelli]
L'angoscia e la preoccupazione che scandiscono le giornate di Francesco Acerbi, 25 anni, difensore del Sassuolo di nuovo in lotta contro il cancro, fanno da contraltare alla superficialità e al pressappochismo con cui il caso è stato trattato dalla macchina del fango di un'informazione che troppo spesso non dimostra né rispetto né sensibilità.
Dopo l'ultimo controllo antidoping, Acerbi è risultato positivo a un ormone riconducibile alla cura cui il giocatore è stato sottoposto essendo stato operato d'urgenza l'estate scorsa a causa di un tumore al testicolo. La sostanza potrebbe essere stata autoprodotta dal corpo in caso di recrudescenza della patologia ed è per questo che sono scattati i nuovi accertamenti clinici.
"Non ho mai preso alcuna sostanza, come sostiene anche il comunicato del Sassuolo e quindi è brutto essere tacciato come dopato". Il giocatore era stato sospeso a scopo preventivo per il match di domenica scorsa contro la Juve. Ma è bastata la definizione di positività al controllo antidoping per scatenare una ridda di insinuazioni, congetture, giudizi sommari cuciti addosso a un ragazzo di venticinque anni che lotta contro il cancro e il cui dramma non conta per quelli che sputano sentenze un tanto al chilo.
Non c'è bisogno di commenti. Bastano le parole pronnciate da Acerbi durante la trasmissione Tiki Taka, n onda lunedì sera su Italia Uno: "Queste accuse mi hanno dato molto, troppo fastidio. Non tanto per me, non penso a me stesso, quanto ai miei cari. L'ormone elevato può essere conseguenza di tante cose. Chi dice che io sia un dopato come fa a saperlo ancora prima che io abbia fatto gli esami? Non ho pensato di querelare nessuno, io penso alla salute. Capisco che i giornali debbano far parlare: possono dire che sono scarso, ma sulla salute non si scherza perché poi fanno star male le persone, i miei genitori e la mia ragazza, perché loro stanno male veramente. Queste cose non le auguro mai a nessuno, ci mancherebbe, ma vorrei vedere se accadessero ai loro figli: non possono sputtanare un professionista quale sono, non possono puntare il dito su una cosa che non sanno. Chiedo rispetto per la mia salute e per i miei cari.
Ho fatto l'antidoping altre volte prima di Cagliari. Se avessi assunto qualcosa mi avrebbero fermato già prima. Sono incazzato, prima di emettere sentenze bisognerebbe guardare quale sia la verità: chi ha detto queste cose ha infamato me, la società e anche il dottore".
Per fortuna, Acerbi non è solo. L'amore della sua ragazza e dei suoi familiari, il sostegno dei compagni di squadra del Sassuolo, dei tifosi, della gente che ammira il coraggio e la forza d'animo di un ragazzo che, dopo essere stato operato, in estate si era subito trasformato nel testimonial della prevenzione e della lotta contro il cancro. Non mollare, Francesco. Siamo con te.
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