Autore Topic: "Il calcio è inquinato dalle mafie"  (Letto 931 volte)

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bak

"Il calcio è inquinato dalle mafie"
« : Venerdì 16 Luglio 2010, 18:06:59 »
Il dossier-denuncia di Libera: «Scommesse clandestine, partite truccate e riciclaggio di soldi: il pallone è un affare per le cosche»

Riciclaggio di soldi mediante sponsorizzazioni, partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome, il grande affare del mondo ultrà, le «mani» sulle scuole calcio: le infiltrazioni mafiose nel mondo del pallone sono numerose. È la denuncia dell’associazione Libera, che ha presentato il dossier «Le mafie nel pallone - Storie di criminalità e corruzione nel gioco più truccato al mondo. Potenza Calcio: il caso limite», un’anticipazione del libro «Le mafie nel Pallone», di Daniele Poto.

L'associzione punta il dito dalla Lombardia al Lazio, abbracciando la Campania, la Basilicata, la Calabria, toccando la Puglia, con sospetti in Abruzzo e con un radicamento profondo nell’isola siciliana. E il Nord Italia non è affatto immune da questa onda di illegalità applicata al pallone. Più di 30 clan sono direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose ed i casi di corruzione nel mondo del calcio. E alla spartizione della torta partecipa il gotha della mafia, dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso alla cosca dei Pesce e Santapaola.

Oggi, sostiene il dossier di Libera, i clan guardano al mondo del calcio, controllano il calcio scommesse, condizionano le partite, usano il calcio per cementare legami della politica e riciclano soldi. Le inchieste della magistratura, le intercettazioni telefoniche, la cronaca quotidiana dimostrano come anche nel football è presente un alfabeto dell’illegalità tutto italiano, con pertinenze anche straniere: ’ndrangheta, camorra, cosa nostra, sacra corona unita e mafia sono tutte attive ed operative nel corrompere quello che viene interpretato come un enorme affare.

«Mi stupisco di chi si stupisce - ha affermato don Luigi Ciotti, presidente di Libera -: da sempre le mafie hanno controllato sul territorio le squadre di calcio. E oggi più che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi. È necessario rompere i silenzi, avere il coraggio della denuncia seria e documentata ricordando le tante piccole squadre e realtà locali che non hanno perso la trasparenza e la lealtà nel loro agire quotidiano».

«Le mafie - ha aggiunto Don Ciotti - usano il calcio giovanile per arruolare nuova manovalanza. Possedere una squadra di calcio rappresenta in tante realtà un fiore all’occhiello, una testimonianza di prestigio e soprattutto strumento di controllo del territorio». I pericoli - denuncia ancora Libera - di convergenze mafiose e di riciclaggio nel calcio che conta possono essere molto evidenti anche solo dal punto di vista intuitivo. Quando la percentuale di giocatori stranieri tra comunitari ed extracomunitari, nei campionati professionistici nazionali guarda ormai ad un macroscopico 40%, per Libera è evidente che possono nascere fondati sospetti sulla regolarità delle modalità di compravendita. L’acquistare un giocatore straniero potrebbe inoltre, sostiene Libera, essere il comodo ’ombrellò per operazioni offshore.

zorba

Re:"Il calcio è inquinato dalle mafie"
« Risposta #1 : Sabato 17 Luglio 2010, 07:09:12 »
(Il Fatto Quotidiano 17.07.2010)


IL DOSSIER DI LIBERA 

Collusioni tra calcio e mafia

I BOSS NEL PALLONE

(di Luca De Carolis)

Il pallone rotola dove dicono i boss. Attivissimi nel costruire e disfare squadre e campionati, perché dal calcio ricavano denaro, consenso e coperture politiche. Nel Sud, ma anche in Lombardia e nel Lazio. Un giro d’affari e di interessi che coinvolge più di trenta clan, raccontato nei dettagli da Le mafie nel pallone, dossier di Libera presentato ieri a Roma dal fondatore dell’associazione, Don Luigi Ciotti. La relazione, curata dal giornalista Daniele Poto, è fitta di numeri, nomi e date. Prove evidenti del marcio che infesta i campionati minori, fino a contagiare serie B e serie A. Non certo una novità per Don Ciotti, che ammonisce: “Mi stupisco di chi si stupisce, da sempre le mafie controllano le squadre di calcio. Oggi più che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami con la politica, riciclano soldi”. E non solo: “Il calcio   giovanile viene usato dalle mafie anche per arruolare nuova manovalanza, come confermato da tanti collaboratori di giustizia”. Tante ragioni per un fenomeno che coinvolge nomi eccellenti. “Alla spartizione della torta del calcio partecipa il gotha della mafia” sottolinea il dossier: dai Lo Piccolo ai Casalesi, per passare dai Mallardo e dai Misso, sino ad arrivare ai Pesce e ai Santapaola. La pietra angolare del degrado è il caso del Potenza Calcio, attorno a cui si dipana il dossier.

Il caso potenza. Nell’autunno 2009 il Potenza gioca in Prima Divisione (la vecchia serie C1), anche con discrete ambizioni. Ma il 23 novembre 2009 il patron della società, Giuseppe Postiglione, finisce in manette, assieme ad otto tra dirigenti di altre società e collaboratori del club. Tra questi c’è Antonio Cossidente, uno dei capi storici del clan dei Basilischi. Un sodalizio criminale nato nel 1994 come costola delle ‘ndrine calabresi dei Pesce e dei Serrano, ma in buoni rapporti anche con la camorra. A chiedere l’arresto di Postiglione e dei suoi sodali per associazione a delinquere, finalizzata alla frode sportiva, è stato il procuratore antimafia, Francesco Basentini. Il quadro delineato da Basentini dopo due anni di indagini è inquietante: il Potenza è una società collegata, o quantomeno connivente, con ‘ndrangheta e camorra, guidata da un presidente che si prodiga per aggiustare i risultati delle partite e guadagnare dal calcio scommesse. Postiglione è accusato di aver scommesso ingenti cifre su sette partite del campionato 2008-2009 di Prima Divisione e su un incontro di serie B, Ravenna-Lecce, del 20 aprile 2008. Solo dalla puntata sulla gara del Ravenna avrebbe guadagnato 86 mila euro. Un giro di affari enorme, alimentato da una folla di informatori, calciatori e dirigenti corrotti. Un pozzo da cui il presidente del Potenza attingeva con l’aiuto di Cossidente, come scrivono i magistrati: “Postiglione metteva a disposizione le proprie risorse economiche e la struttura societaria, mentre Cossidente offriva la propria assistenza criminale e i servizi dei suoi violenti collaboratori per garantire l’obiettivo prefissato”. Postiglione avrebbe truccato anche Potenza-Salernitana del 20 aprile 2000, vinta per 1 a 0 dai campani, che si erano così guadagnati la promozione in serie B. La procura della Federcalcio aveva indagato, senza esito. Basentini chiarisce il quadro. Per far vincere la Salernitana, Postiglione aveva ottenuto dai dirigenti campani 150 mila euro. Il prezzo per mandare in campo un Potenza privo di buona parte dei titolari. Sulla spinta delle nuove carte, il 19 marzo 2010 la Corte di giustizia federale esclude il club dal campionato e inibisce per cinque anni Postiglione. Pochi giorni dopo il Tribunale per l’arbitrato mitiga lievemente le sanzioni: il Potenza verrà retrocesso in Seconda Divisione. D’altronde sul club gravavano ombre da anni. Nel 2004 l’allora presidente, l’avvocato Piervito Bardi, venne arrestato per associazione a delinquere di tipo mafioso e favoreggiamento. Postiglione era arrivato alla presidenza del club due anni dopo, a soli 24 anni. “A Potenza – ricorda il dossier – si maligna che la fortuna della famiglia Postiglione sia dovuta all’investimento nei ripetitori televisivi, successivamente affittati a Mediaset”. Quel che è certo è l’ex patron, ora sotto processo, aveva mille contatti. A Roma transitava spesso all’albergo Plaza, dove si conoscevano in anticipo i risultati delle partite di serie A. Tra queste, Atalanta-Livorno del 4 maggio 2008. Dovevano vincere i toscani, ma qualcuno non rispettò le consegne, e finì in rissa. Ma le combine sono continue. Secondo Corrado Zunino, giornalista di Repubblica, solo nel campionato scorso sarebbero state truccate almeno 25 partite di B. Tutto negli interessi degli scommettitori, e quindi della malavita organizzata, che dalle puntate trae enormi guadagni. Lo confermano i rapporti degli ultimi tre anni della Dia. Poi ci sono vecchie ma attualissime storie.

Gli esordi di Dell’Utri. Come quella degli esordi di Marcello Dell’Utri in una società storica del calcio palermitano, la Bacigalupo. Li ricorda un pm in uno dei processi al senatore per estorsione ai danni di Vincenzo Garraffa, patron della Pallacanestro Trapani: “La nascita dei rapporti tra Dell’Utri e l’associazione mafiosa è di difficile datazione. Dovendoci basare sugli elementi raccolti, pienamente provati in dibattimento, occorre dire che i primi certi rapporti con esponenti mafiosi li ebbe nella Bacigalupo”. Club frequentato anche dal boss Gaetano Cinà, condannato a nove anni per associazione mafiosa. L’uomo che chiamava Dell’Utri “allenatore” e gli raccomandò il figlio, prima nel Varese e poi nel Palermo.