www.LaLazioSiamoNoi.itRicordi ed emozioni: è cresciuto insieme alla Lazio, Sergej Milinkovic. Il discorso vale anche al contrario. Il Sergente si è raccontanto a Lazio Style Channel durante la trasmissione "Tell me": dalla famiglia ai gol nei derby, passando per le emozioni dell'arrivo a Roma, con tutte le pressioni conseguenti: "Ho solo fatto quello che tutti si aspettavano da me, devo far vedere ancora tanto. Mi piace rendere felici le persone che mi guardano", ha detto nell'intervista mentre sullo schermo scorrevano i momenti migliori dell'esperienza in biancoceleste.
ARRIVO. "Mi ricordo tutto, dal viaggio alla gente che ho visto all'aeroporto. Ero sotto shock, non mi aspettavo così tanti tifosi. Arrivavo dal Belgio, lì non si segue il calcio come in Italia. Ho pensato che quella gente volesse subito vedere il motivo del mio acquisto. La Serie A naturalmente era più complicata rispetto al campionato in cui avevo giocato fino a quel momento, prima ci si abitua, meglio è. I primi giorni sono stato più in volo che in Cina... Sono arrivato poco prima della partita e sono subito tornato a Roma con la squadra. Ho iniziato con una partita che valeva un trofeo, ho capito subito dove fossi arrivato e cosa gli altri si aspettassero da me".
GOL ALLA FIORENTINA. "Il primo gol è arrivato un po' tardi, mi aspettavo di segnare prima. Mi ha dato la spinta per fare ancora meglio, non poteva bastare quanto fatto fino a quel momento, con quella rete mi sono sentito più libero. Con il tempo ho provato a mettermi sempre più in mostra. Contro la Fiorentina giocammo il 9 gennaio, era il compleanno della Lazio, è stato un bel regalo, forse anche per quello l’ho sentito un po’ di più. Ma non l’ho considerato un segno del destino, ho sempre pensato giorno per giorno".
I DERBY. "Quello nel ritorno della semifinale di Coppa Italia è stato il gol più facile, non c’era nessuno in porta. Dopo l’andata mi sono detto “perché non farne un altro?”. Ho fatto quello dovevo per aiutare la squadra ad arrivare in finale. Tutti i gol sono importanti, ma al derby sono più sentiti, la gente lo aspetta tutto l’anno. I laziali vivono per questa partita, sono riuscito a farne due in quella stagione, mi hanno dato una mano perché so cosa significa per i tifosi. Ora sento il derby come loro, da laziale! Quando sei qui capisci…”.
SOGNO SPEZZATO. "L'anno scorso eravamo a buon punto dopo tutte le vittorie, è stata la prima volta che ho sentito la possibilità di vincere lo scudetto. Poi è arrivato il Covid e ha cancellato i nostri sogni. È stata dura, sono stato a casa 3 mesi sentendo le notizie alla tv, purtroppo ancora non l’abbiamo superata la pandemia. Noi calciatori abbiamo dovuto abituarci a giocare senza i tifosi, è brutto lo studio vuoto, non si vive più il calcio come prima. Quando supereremo tutto si tornerà alla normalità, speriamo presto".
SUPERCOPPA. "Era una partita difficile, vincevamo 2-0, poi meno male che Murgia ha fatto sognare tutti dopo il pareggio della Juventus. Mi è piaciuta talmente tanto la coppa che volevo portarla a casa con me, quindi mi sono fatto fare una riproduzione in miniatura da tenere a casa...".
VANJA. "Siamo uniti, con mio fratello ci sentiamo sempre. Sono più grande, cerco di aiutarlo e di mostrargli la strada migliore. Non abbiamo tanto tempo per vederci, ma quando possiamo siamo insieme. Lui è un po’ più matto, io sono più tranquillo e sereno. È più alto di me, quindi a volte ho paura quando comincia a corrermi dietro, possono venire fuori belle botte... (ride, ndr). Abbiamo giocato contro la prima volta in Lazio-Spal, abbiamo fatto 4 gol, sono contento li abbiano segnati gli altri. Comunque non sarei contento di giocare con lui, avrei più pressioni per la sua prestazione che per la mia".
ORIGINI. "Da piccolo ho conosciuto tanti paesi, vengo da una famiglia, io e Vanja abbiamo preso la strada di papà, ex calciatore. Mia sorella quella di mamma, ex cestista, che ringrazio per il terzo tempo... In tanti mi dicono che stacco come un giocatore di basket. Ho conosciuto tanti paesi e viaggiato molto, sono nato in Spagna a Lleida, ma non ricordo molto. La fase più difficile è stata quando mi sono staccato dalla famiglia per la prima esperienza in Belgio, dovevo fare tutto da solo. Non ero ancora pronto, giocai un po' con la Primavera, poi da dicembre-gennaio in prima squadra. Da lì poi andai alla Lazio".
PERCORSO. “Ho dovuto lavorare tanto, fisicamente e tatticamente. Non cambierei nulla, sono felice di quanto fatto. Mi piace calcolare bene le cose e scegliere. Ho imparato che non va bene andare di fretta, mi piace prima vedere e valutare e solo dopo prendere le decisioni. Spero di poter finire la carriera dicendo ‘sono riuscito a fare tutto ciò che volevo’. Gli amici? Preferisco averne pochi, ma stretti. Cerco di mantenere un po’ le distanze, sono sempre stato così, mi piace far parte di un piccolo gruppo dove però sono sicuro che tutti mi vogliano bene”.
MARUSIC. "Adam ha più o meno la mia età, quindi spesso pensiamo le stesse cose. Ci siamo trovati subito. Ho cercato all’inizio di aiutarlo come hanno fatto gli altri al mio arrivo, faccio i nomi per esempio di Basta, Djordjevic e Lulic. Sono contento di quello che sta facendo".
AMORE. "Siamo insieme da 4 anni, sono contento che sia al mio fianco, mi aiuta in tante cose. Con lei ho trovato tranquillità e felicità, tutto quello che mi serviva".
Pubblicato il 16/04 alle 23.16